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Continuiamo la trattazione dell’articolo “a puntate” La lontananza uccide? Diritti animali e compassione di Filippo Trasatti inaugurato lo scorso numero. Buona lettura.
La lontananza uccide? Diritti animali e compassione (seconda parte)
Le operazioni del diritto
Il diritto, come creazione culturale umana, è necessariamente antropomorfico e antropomorfizzante nella misura in cui è il risultato di un punto di vista umano sul resto del mondo. Una parentesi breve a proposito di antropomorfismo. Vinciane Despret lo ha definito ironicamente il peccato capitale per lo scienziato, il più grave peccato dopo la mela di Adamo. Forse bisogna ammettere che ci sono gradi diversi e sensi diversi in un approccio antropomorfico*. Non solo forse bisogna ammettere che in una certa misura l’antropomorfismo, se non è annullamento/assimilazione dell’altro, può servire da elemento per una maggiore inclusività. E che il motto Amicus Plato sed magis veritas (“Mi è amico Platone, ma mi è più amica la verità”) serve spesso a continuare le pratiche di squartamento degli Animali. Dietro all’orrore dell’antropomorfismo c’è l’antropocentrismo che non solo vuol porre l’uomo al centro, ma vuol tagliare ontologicamente il continuum evolutivo e rimuovere il nostro essere animale. Sicché si potrebbe dire che il peccato capitale, se vogliamo continuare a usare l’ironia di Despret non sia tanto l’antropomorfismo, ma l’antropocentrismo che fa dell’Umano la misura di tutte le cose. In ogni caso, antropomorfismo a parte, il diritto trasforma, attraverso alcune operazioni un altro in “soggetto” attivo e passivo al tempo stesso, attribuendogli delle caratteristiche che si ricavano a partire da uno sfondo ontologico, epistemologico, antropologico, culturale e ideologico. Oppure lo trasforma in un oggetto dotato di certe qualità, di certe proprietà , che si trova in una certa relazione con altri oggetti e con gli Umani. E’ evidente come alla base di questa ripartizione tra soggetti e oggetti giuridici, tra agenti e pazienti morali ci sia un’ontologia di sfondo che consente e supporta il diverso trattamento. Quando parliamo di “soggetti” val la pena di ricordare come il diritto si riferisca certo in primo luogo a persone fisiche, Umani, ma come abbia proiettato caratteristiche umane su persone giuridiche, ossia aggregati astratti dotati di interessi, antropomorfizzandole. Corpo morale e persona giuridica sono formati da un substrato materiale, rappresentati da una pluralità di persone, con uno scopo, un patrimonio, e un elemento formale, ossia il riconoscimento della personalità da parte del sistema. Alla persona giuridica, ad esempio ad una multinazionale sono attribuite attitudini, qualità, interessi, desideri, espressioni di comportamento proprie degli Umani, mentre altri Animali, viventi e senzienti, sono invece considerati “cose mobili” dalla legislazione civile moderna e in quanto tali diventano oggetto di diritti soggettivi da parte dell’Umano, in primo luogo la proprietà. Da questo esempio si vede bene il carattere costruttivo del concetto di “soggetto” di diritto, niente di naturale, niente che dio abbia deciso da qualche parte, in un qualche tempo remoto, a meno che si voglia sostenere, come qualcuno senza vergogna farebbe, che anche le multinazionali hanno dio dalla loro. Dunque i “soggetti” si costruiscono e i modi per farlo cambiano nel tempo, come pure la ripartizione tra soggetti e oggetti. Nel diritto romano gli schiavi erano considerati res, al pari degli Animali e delle cose. Oggi questa codificazione scritta risulta inammissibile, anche se nei fatti la schiavitù in altre forme continua ad esistere. Potremmo dire che c’è stato un progresso che ha incluso tra i soggetti giuridici esseri Umani che prima erano meri oggetti. Ossia c’è stato un processo di inclusione di un numero sempre maggiore di enti umani nel ruolo di soggetti. E tuttavia bisognerebbe guardarsi da un ottimismo troppo facile: basta vedere cosa sta accadendo con le “non persone” migranti.
Il sociologo Dal Lago ha utilizzato per i migranti esclusi dai diritti il concetto di “non-persona” mostrando la spoliazione che avviene per ragioni puramente giuridiche, sociali e politiche**. “La negazione istituzionale di diritti fondamentali ad esseri che ad essi hanno titolo non si limita a privare le vittime degli oggetti di tali diritti, ma costituisce un attacco diretto nei confronti dei diritti stessi. In altre parole tale negazione non viola semplicemente ciò che è giusto, ma la stessa idea di giustizia”***.
Tuttavia anche se appare anche chiaro, come dice Gary Francione, che finché gli Animali sono una proprietà , non ci sarà mai un bilanciamento tra gli interessi umani e non umani, come non c’era in passato tra gli schiavi e i loro padroni, interessa però qui continuare a ragionare a un livello diverso: quelle che potremmo chiamare le operazioni in atto nel dispositivo del diritto, operazioni che sembrano astratte, ma nei fatti permettono di ripartire il senso, proprietà , rilevanza e irrilevanza degli enti del mondo e trasformando differenze in fondamento del dominio.
(Continua nel prossimo numero…)
Filippo Transatti
Note:
* Paola Cavalieri nota giustamente che “l’accusa di antropomorfismo ha tutta l’apparenza di una petizione di principio. Se infatti il problema in questione è quello di verificare se umani e non umani condividano delle proprietà mentali, non si può assumere a priori che sia irragionevole e non scientifico attribuire agli animali proprietà mentali umane” in La questione animale, Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 25.
** Alessandro dal Lago, Non-persone, Feltrinelli, Milano 1999.
*** Paola Cavalieri, op.cit., p. 170.
Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Anno III / n° 2 del 18 giugno 2009, p. 2
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