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E’ salito agli onori (orrori) delle cronache un video amatoriale che ritrae un Umano in divisa da soldato che tiene in mano un neonato di Cane, lo mostra alla telecamera ridendo e poi lo getta in un crepaccio. Nelle prime sequenze si vede il volto di quel piccolo tenuto per la collottola da una mano umana guantata: nel suo volto vi è tutta la sincerità e la inconsapevolezza, il bisogno di amore che porta a fidarsi, di qualsiasi bambino. Scodinzolava. Era lì, sospeso, inerme, istintivamente fiducioso nella vita. Ma quando l’Umano lo ha lanciato ha gridato, perché aveva percepito il tradimento, la violenza, la fredda malvagità rivolta verso di lui, non perché sapeva di stare per morire.
Cerchiamo di immaginare la sua vita, prima di quel momento fatidico, affinché egli non sia solo quel cumulo di fotogrammi gettati in pasto alla curiosità umana. Nacque in una terra calda e arida, ancor più inaridita dagli orrori della violenza della guerra che tutti indistintamente colpisce, vittime e carnefici. Forse sua madre ed i suoi fratelli furono uccisi, forse lui fu strappato alla sua famiglia per un gioco crudele. Ma sicuramente fece in tempo a dormire accanto ai suoi fratelli ed a sua madre per un po’ di giorni, godendo del calore della sicurezza di una famiglia. Sicuramente la sua voglia di vivere gli mostrava un mondo comunque interessante per quanto devastato: era l’unico mondo che conosceva e nel quale trovava i suoi spazi di gioco, gioia e serenità con la sua famiglia.
Fino a quando qualcuno entrò in questo mondo e forse con la forza, forse con l’inganno, lo prese e lo catapultò dal suo piccolo e sereno nido famigliare e lo mostrò al mondo negli ultimi istanti della sua vita, così, tanto per ridere. Col suo gesto di sopraffazione l’Umano ha mostrato al mondo la sua pochezza e la forza titanica di uno sguardo che chiede ed è pronto a dare amore, perché il protagonista era e sarà solo lui, il piccolo Cane.
Andrea Furlan
Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Anno II / n° 2 del 15 Aprile 2008, p. 1
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occhi lucidi, un nodo alla gola che non si scioglie, il pensiero di quel piccolo cucciolo di cane che vola nel vuoto,… lascerà il suo corpo violato in fondo al crepaccio… l’anima innocente sarà intoccabile e inviolabile, si unirà alla sua famiglia e guarderà dall’alto la fine del suo indefinibile assurdo carnefice.
grazie Andrea
così scrivi… e traspare l’umano desiderio di vendetta, di cancellare il “male” con una dose maggiore di “male”.
Unire nella sofferenza vittima e carnefice, tramutando il carnefice in un’ennesima vittima.
Ti capisco è ovvio. Ma se penso a quella piccola vittima, ed a tante altre, sento che in loro non albergherebbe desiderio di vendetta. Non ha senso pensarlo… io credo che in loro permanga solo una domanda senza risposta, riguardo al come ciò sia potuto accadere. Neppure al “perché”…
Proviamo ad indagare, a riflettere “a cuore aperto” su questo punto…