Igualdad Animal e la maionese vegana di Unilever


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unilever

Più volte abbiamo parlato della capacità del sistema consumistico di adattarsi alle esigenze dei nuovi consumatori vegani chiarendo che, al crescere del loro numero in Italia e nel mondo, esso ha creato un indotto di offerte, servizi e prodotti studiati ad hoc per le loro esigenze.
Più volte abbiamo chiarito che al crescere numerico di chi non consuma prodotti di origine animale non sempre corrisponde una crescita della coscienza connessa alle ragioni etiche del veganismo e dell’antispecismo e ci siamo trovati davanti a numerose e sintomatiche manifestazioni del boom economico connesso al “fenomeno vegan” che ha investito gli ambiti più svariati.
Oggi, riteniamo sia ancor più doveroso soffermarci a riflettere sull’argomento, spinti da una notizia che ci ha lasciati quantomeno perplessi.
Una delle organizzazioni che s’impegna maggiormente nell’informazione e nell’attivismo per combattere lo sfruttamento animale a livello mondiale, Igualdad Animal, pare infatti essere caduta nella rete del “consumismo vegan” ed ha dedicato un articolo ad un nuovo prodotto distribuito dalla Hellmann’s, nota casa produttrice di prodotti alimentari ed emanazione del colosso Unilever.
Nello specifico, al centro dell’entusiastico articolo, troviamo una maionese vegana che – stando a quanto leggiamo – sarà reperibile sui banchi dei supermercati americani già alla fine di questo mese. Nell’articolo, che palesemente vuole annunciare una “buona notizia”, si legge testualmente:

Il suo lancio rafforza ulteriormente la crescita inarrestabile dei prodotti a base di vegetali. La carne, le uova e il latte stanno cedendo il passo a una nuova gamma di prodotti alternativi che sono sempre più richiesti dai consumatori di tutto il mondo”, e ancora “Certo è che i giganti alimentari come Unilever si stanno muovendo verso alternative alla carne, latte e uova.

Certamente il prodotto verrà commercializzato sull’onda della massificazione del veganismo di cui accennavamo e questo potrebbe già di per sé essere criticabile da parte nostra, ma ancor più riteniamo gravissimo che tale articolo riguardi proprio il prodotto in questione, partorito direttamente dalla multinazionale Unilever e ancor più riteniamo grave che sia proprio un’associazione animalista come Igualdad Animal a scivolare su un argomento così delicato, dedicando uno spazio a un prodotto figlio di una madre tanto crudele. Ciò che maggiormente suona non solo stonato ma insostenibile, è che si dia tanto rilievo al prodotto e si sorvoli sul nome di chi lo produce liquidando la questione con una semplice frase: «Il gigante della maionese Hellmann’s, i cui prodotti sono commercializzati in tutto il mondo».
Non si tratta di una leggerezza da poco se pensiamo a cos’è Unilever, cosa rappresenta, e a quanti effettivi crimini abbia commesso e continui a commettere nei confronti degli Animali, degli Umani e del pianeta Terra.

Unilever, per chi non lo sapesse, nasce nel 1930 dalla fusione di due società preesistenti, l’inglese Lever Brothers e l’olandese Margarin Unie, e giunge ai giorni nostri con un processo di inarrestabile espansione e ascesa che l’hanno resa una tra le multinazionali più potenti presenti sul mercato.
Oggi Unilever è leader nel campo dell’alimentazione, delle bevande, dei prodotti per l’igiene personale e per la pulizia della casa e vanta fra le sue fila numerose marche locali e globali molte delle quali a loro volta dominanti sul mercato. E’ presente in 90 Paesi con oltre 200 filiali e possiamo affermare che sia fra i gruppi più importanti nel settore dei beni di largo consumo. Unilever è leader anche in Italia e occupa il primo posto tra le imprese alimentari italiane operando sul nostro territorio attraverso cinque società autonome che fanno capo a Unilever Italia S.p.A. ovvero Sagit, Lever Fabergè, Van Den Berg, Calvin Klein Cosmetics, Diversey. Oggi la multinazionale alimentare e chimica è presente in 75 Paesi ed è classificata al 43° posto della graduatoria mondiale, fattura 88.000 miliardi di dollari e impiega 267.000 persone umane.
Non è certamente solo la “grandezza” della Unilever a sconvolgerci e a rendere inaccettabile che Igualdad Animal abbia scelto di sponsorizzare un suo prodotto, quanto la condotta decisamente poco etica di quest’azienda nei più svariati ambiti.
La multinazionale, infatti, si è resa complice come molte altre di regimi oppressivi in Brasile, Colombia, Egitto, El Salvador, Guatemala, Honduras, India, Indonesia, Kenya, Messico, Perù, Filippine, Senegal, Sri Lanka, Turchia e Uganda; ha mancato più volte di riconoscere diritti sindacali ai suoi lavoratori imponendo, in svariati casi che i sindacati non interferissero con la produzione e distribuzione delle merci (1988, fabbrica Elida Gibbs, Sudafrica); le condizioni dei suoi lavoratori sono state definite “da manuale del colonialismo” dal sindacato internazionale degli alimentaristi in più casi, tanto che l’azienda può essere ritenuta uno dei massimi responsabili delle gravi condizioni in cui versano milioni di contadini del sud del mondo a causa dei suoi metodi commerciali e inoltre ha impiegato e continua ad impiegare lavoratori non in età da lavoro in aziende agricole di semi di cotone e varie altre materie prime che la riforniscono.
Secondo il rapporto 2005 di ActionAid “Power Hungry” i vertici Unilever sono stati complici di lavoro minorile in Andhra Pradesh, in India. La pubblicazione annovera 82.875 bambini impiegati in aziende agricole di semi di cotone nell’India meridionale dal 2003 al 2004 di cui 12.375 impiegati in aziende multinazionali come Unilever.
Inoltre la multinazionale è stata accusata di assumere personale con contratti temporanei con conseguente riduzione della paga e negazione dei diritti fondamentali come pensioni e accesso alle cure mediche, in India, Kenya, Tanzania, Malawi e Zaire dove coltiva tè su una superficie pari a 17.000 ettari, lo commercializza, lo miscela e lo rivende attraverso la consociata Brooke Bond (marchio Lipton) che possiede il 98% del mercato del tè confezionato in India e che fu addirittura protagonista nel 1973 di una denuncia relativa alle condizioni dei lavoratori e di diverse interrogazioni del parlamento inglese a seguito delle quali dovette ammettere che un bambino su 5 soffriva di malnutrizione in Assam.
Queste le macchie relative alla condotta di Unilever nei confronti dei Paesi fornitori di materie prime e nei confronti dei lavoratori, ma l’azienda non brilla neppure nell’ambito della sua politica di tutela dell’ambiente.
Numerosi sono infatti i casi in cui questa è stata multata per via del rilascio di sostanze tossiche, per superamento dei livelli di scarico consentiti ed è accaduto più volte che venisse sanzionata per inquinamento delle acque. In più, il suo contributo alla deforestazione in Indonesia e la sua compromissione nell’acquisto di olio di palma da distributori non in linea con le normative ambientali sono certificati.
La compagnia è stata multata per 5.000 sterline nel 1990 causa il rilascio di 50 tonnellate di acido solforico concentrato dalla sua fabbrica Crossfield Chemicals a Warrington (Gran Bretagna). Secondo il Registro dell’Autorità Nazionale dei Fiumi, nel periodo Gennaio-Marzo 1991 la compagnia ha superato gli scarichi consentiti tre o più volte. Inoltre, tra l’1 settembre 1989 e il 31 agosto 1991 la compagnia fu dichiarata colpevole di inquinamento delle acque.
Nel 2010 il California Air Resources Board ha comminato alla Unilever una multa di ben 1,3 milioni di dollari per inquinamento atmosferico.

Ma veniamo alla questione che dovrebbe riguardare da vicino Igualdad Animal: quasi tutti i cosmetici prodotti dalla Unilever sono testati sugli Animali; dai prodotti per l’igiene intima fino a quelli per la pulizia della casa; quasi il 90% dei prodotti a marchio Unilever sono passati dai laboratori di sperimentazione a spese di milioni di Animali. L’edizione 2009 del Bollettino ‘’Uncaged Campaigns’’ dichiarava che vivisettori della Unilever siano stati coinvolti nel sacrificio di Topi in un ripetersi di test d’avvelenamento che prevedevano l’utilizzo di ingredienti chimici quali butilparaben e metilparaben, somministrati come cibo quotidiano e che questi abbiano impiegato tecniche non protocollari, come l’emorragia retro-orbitale.

Da anni, a causa di queste ripetute crudeltà perpetrate nei confronti di Animali e Umani, Unilever è soggetta, insieme ad altre multinazionali, ad una campagna internazionale di boicottaggio mirata proprio a mettere in evidenza il rifiuto da parte dei consumatori di queste pratiche.
Appare adesso più chiara quale sia la motivazione che oggi ci spinge a segnalare quanto speravamo fosse noto ma che, evidentemente, non è stato sufficiente a far riflettere Igualdad Animal prima di pubblicare sulle proprie pagine un trionfale annuncio relativo alla commercializzazione di un prodotto scaturito dall’“ingegno” di tale colosso. Immaginiamo che chiunque possa comprendere adesso come mai consideriamo sempre più pressante l’urgenza di porre dei chiari paletti miranti a dividere nettamente il “fenomeno vegan”, ovvero la diffusione sempre maggiore del consumo di prodotti vegani, dal veganismo etico che non può prescindere dalla presa di coscienza di dati così macroscopici relativi al curriculum di un’azienda che, per quanto produca maionese senza derivati animali, non può certo definirsi etica.
Riteniamo che il messaggio veicolato da Igualdad animal, tenuto anche conto della sua notorietà, sia eticamente inaccettabile, strategicamente pericoloso e totalmente fuorviante, in quanto rischia di peggiorare la già complessa situazione di confusione relativa ai contenuti etici del veganismo. Suona inoltre indicativa e ironica la posizione di Unilever che oggi sponsorizza il suo prodotto vegano e che fino a poco tempo fa addirittura denunciava un’altra azienda, accusandola di voler ingannare i consumatori, perché produceva un prodotto identico chiamandolo “maionese” sebbene non contenesse uova. Quanto esposto poc’anzi è l’ennesima prova che a muovere tutto – a fare sì che sul mercato appaiano ogni giorno sempre più prodotti per consumatori vegani – altro non è se non il profitto e ci ricorda che il “fenomeno vegan”, in questi termini, altro non è se non un fenomeno legato al consumo, un’occasione per l’introduzione sul mercato nuovi prodotti più “socialmente accettati” e ritenuti “sostenibili” da chi ancora non ne coglie la pericolosità.

Sperimentazioni sugli Animali, devastazione ambientale, sfruttamento delle risorse della Terra, sfruttamento dei lavoratori, sono crimini che non possono essere dimenticati solo perché un’azienda mette sul mercato un prodotto falsamente etico; non possiamo accettare che siano proprio voci che fino ad oggi si sono spese per l’informazione sullo sfruttamento animale a fare da megafono a tale ipocrisia. E’ necessario evidenziare questo caso come esempio macroscopico di un fenomeno sempre più ampio e preoccupante.
Non possiamo non fare appello alle mozioni del veganismo etico, che non possono prescindere da quelle legate all’antispecismo e al rifiuto totale dello sfruttamento di ogni essere vivente – Animale umano o non – e non possiamo che sottolineare come questo aspetto sia sempre più spesso ignorato anche da chi in questo ambiente si muove da anni e oggi, invece, pare risucchiato in un meccanismo capitalista-verde che nulla ha da invidiare rispetto al vecchio capitalismo tradizionale.

Le soluzioni praticabili passano innanzi tutto da una presa di coscienza del fenomeno al quale stiamo assistendo, per arrivare ad una concretizzazione sempre maggiore di azioni quotidiane che dimostrino che non sono i numeri a contare ma la qualità delle ragioni che conducono a una presa di posizione. Crescono i vegani salutisti, i vegani che ignorano crimini come quelle perpetrati da Unilever, per salvaguardare solamente la propria esistenza e la propria salute a spese non solo degli Animali ma anche di altri Animali umani.
Con insistenza continueremo a ribadire che la nostra posizione non è una posa, una moda, un’opzione o uno “stile di vita” ma è parte di una riflessione etica e politica – per quanto questa parola oggi faccia più paura che mai – di rottura e ribellione costante a un sistema che reprime, sfrutta e uccide gli Animali, gli Umani e la Terra.

Ada Carcione


Igualdad Animal y la mayonesa vegana de Unilever

Hemos hablado varias veces de la capacidad del sistema de consumo para adaptarse a las necesidades de los nuevos consumidores veganos aclarando que, con el aumento de su número en Italia y en el mundo, se han creado más ofertas, servicios y productos diseñados específicamente para sus necesidades.
Hemos manifestado repetidas veces que el número cada vez mayor de los que no consumen productos de origen animal no siempre se corresponde a un crecimiento de la conciencia en relación con las razones éticas para adoptar  el veganismo y antiespecismo, y nos encontramos frente a numerosas y sintomáticas manifestaciones de “boom economico” conectada al “fenómeno vegano” que ha invertido en los ámbitos más variados.

Hoy en día, creemos que es más imprescindible hacer una pausa y reflexionar sobre el tema, impulsado por las noticias que nos dejan perplejos.

Una de las organizaciones que llevan a cabo más información y activismo para luchar contra la explotación animal en el mundo es Igualdad Animal, de hecho, parece estar cayendo en la web de “consumismo vegano” y dedica un artículo a un nuevo producto distribuido por Hellmann, conocido fabricante de alimentos y la emanación del gigante Unilever.
En concreto, en el entusiasta articulo, nos encontramos con una mayonesa vegana que – de acuerdo a lo que leemos – estará disponible en los estantes de los supermercados estadounidenses a finales de este mes. En el artículo, que claramente quiere anunciar “buenas noticias”, se lee textualmente:

Su lanzamiento refuerza aún más el crecimiento incesante de productos a base de vegetales. Carne, huevos y leche están dando paso a una nueva gama de alternativas, que son cada vez más demandada por los consumidores de todo el mundo”, e incluso “Lo que es seguro es que los gigantes de la alimentación como Unilever se están moviendo hacia alternativas a la carne, leche y huevos.

Por supuesto, el producto será comercializado como consecuencia de la masificación del veganismo que hemos mencionado y esto podría en sí mismo ser criticado por nuestra parte, pero creemos aún más grave que dicho artículo se refiere precisamente al producto en cuestión, dado a luz directamente de la multinacional Unilever e incluso más serio creemos que es el resbalón de la asociación de derechos animales Igualdad Animal, es un tema tan delicado, dedicando un espacio en un producto hijo de una madre cruel. Lo que suena en su mayoría, no sólo fuera de tono, pero si no sostenible, es que da tanta importancia al producto a su nombre y sobrevuelos de aquellos que se hacen una pregunta con una frase sencilla: “El gigante de la mayonesa Hellmann, cuyos productos se comercializan en todo el mundo”.

Esto no es un peso ligero si pensamos en lo que, y lo que es Unilever, y cuántos crimenes reales ha cometido y sigue cometiendo contra los Animales, los Humanos y el planeta Tierra.

Unilever, para los no iniciados, fue fundada en 1930 por la fusión de dos empresas existentes, los Lever Brothers británicos y holandeses Margarin Unie, y llega hasta nuestros días con una expansión implacable y proceso de ascensión convirtiéndose en una de las corporaciones más poderosas en el mercado.
Hoy Unilever es una empresa líder en el campo de los alimentos, bebidas, productos de cuidado personal y la de limpieza de la casa y cuenta entre sus filas con un número de marcas locales y globales muchas de las cuales a su vez dominan en el mercado. Está presente en 90 países con más de 200 oficinas y podemos decir que es uno de los grupos más importantes en el sector de bienes de consumo. Unilever es también un líder en Italia y ocupa el primer lugar entre las empresas alimentarias italianas que operan en nuestro territorio a través de cinco empresas autónomas que son propiedad de Unilever Italia S.p.A. es decir Sagit, Lever Faberge, Van Den Berg, Calvin Klein Cosmetics, Diversey. Hoy en día la comida y la multinacional química está presente en 75 países y ocupa el puesto número 43 en la clasificación mundial, 88.000 millones de dólares en billetes de un dólar y emplea a 267.000 seres humanos.

Ciertamente no es sólo la “grandeza” de Unilever para impactar y hacer inaceptable que Igualdad Animal haya decidido patrocinar un producto, a pesar de la conducta muy poco ética de esta empresa en diversos campos.

La multinacional, de hecho, cómplice como muchos otros regímenes opresivos en Brasil, Colombia, Egipto, El Salvador, Guatemala, Honduras, India, Indonesia, Kenya, México, Perú, Filipinas, Senegal, Sri Lanka, Turquía y Uganda; ha negado en repetidas ocasiones el reconocimiento de los derechos sindicales de sus trabajadores al exigir, en muchos casos que los sindicatos no interferir con la producción y distribución de bienes (1988 Elida Gibbs fábrica, Sudáfrica); las condiciones de sus trabajadores han sido llamadas “manual de colonialismo” por la Unión Internacional de nutricionistas en la mayoría de los casos, por lo que la empresa puede ser considerada una de las máximas responsables de las graves condiciones de millones de campesinos del Sur del mundo, por causa de sus métodos comerciales, se usan y se continúa empleando trabajadores que no están en edad de trabajar en las granjas de semillas de algodón y varias otras materias primas que suministran De acuerdo con el informe de 2005 de Actionaid “Power Hungry” los líderes de Unilever eran cómplices de trabajo infantil en Andhra Pradesh, India. La publicación incluye 82.875 niños empleados en las granjas de algodón sur de la India de 2003 a 2004 de los cuales 12.375 empleados en compañías multinacionales como Unilever.

Además, la multinacional ha sido acusada de contratar personal con contratos temporales obteniendo como resultado la reducción de pago y la negación de los derechos básicos, tales como pensiones y el acceso a la atención médica, en la India, Kenia, Tanzania, Malawi y Zaire, donde se cultiva té en una superficie de 17.000 hectáreas, lo comercializa, se mezcla y lo revende a través de su filial Brooke Bond (marca Lipton), que posee el 98% del mercado de té envasado en la India e incluso fue protagonista en 1973 de una denuncia relativa a las condiciones de los trabajadores y de diversas preguntas del parlamento británico como resultado de lo cual tuvo que admitir que uno de cada cinco niños sufría de desnutrición en Assam.
Estas manchas relativas a la conducta de Unilever en los países proveedores de materias primas y hacia los trabajadores, la compañía tampoco brilla incluso en el contexto de su política medioambiental.
De hecho hay numerosos casos en los que esto ha sido multada debido a la liberación de sustancias tóxicas, por exceder el nivel permitido de descarga y varias veces fue sancionada por la contaminación del agua. Además, su contribución a la deforestación en Indonesia y su deterioro en la compra de aceite de palma no está en consonancia con las normas ambientales que deberían estar certificadas.

La compañía recibió una multa de £ 5.000 en 1990 debido a la liberación de 50 toneladas de ácido sulfúrico concentrado a partir de su fábrica de productos químicos Crossfield en Warrington (Reino Unido). Según la Autoridad de Registro Nacional de Ríos, en el período comprendido entre enero-marzo de 1991, la compañía ha superado las descargas permitidas en tres o más veces. Además, entre el 1 de septiembre 1989 y el 31 agosto de 1991, la compañía fue declarada culpable de la contaminación del agua.

En 2010, California Air Resources Board (la Junta de Recursos del Aire de California) ha impuesto una multa de al Unilever así $ 1,3 millones para la contaminación del aire.

Pero llegamos a la cuestión que debe preocupar estrechamente Igualdad Animal: casi todos los productos cosméticos de Unilever son testados en Animales; desde productos para la higiene íntima hasta los de limpieza del hogar; casi el 90% de los productos de marca a Unilever ha pasado por laboratorios de experimentación a expensa de millones de Animales. La edición de 2009 del Boletín “Uncaged Campaigns” declaró que los vivisectores Unilever habían estado involucrados en el sacrificio de Ratones en una prueba de veneno repetido que incluye el uso de ingredientes químicos tales como metilparabeno y butilparabeno, administrados como comida diaria y que éstos habían utilizado estas técnicas fuera de protocolo, como el sangrado retro-orbital.

Durante años, debido a estas crueldades perpetradas en la confrontación de Animales y Humanos, Unilever está sujeta, junto a otras multinacionales, a una campaña de boicot internacional dirigida precisamente a poner en evidencia el rechazo de los consumidores de estas prácticas.
Aparecen ahora más claro cuál es la motivación que nos impulsa hoy para informar de lo que esperábamos era conocido, pero que, evidentemente, no fue suficiente para hacer reflexionar Igualdad Animal antes de publicar en sus páginas un anuncio triunfal en la comercialización de un producto desde su origen “ingenio” de este coloso. Nos imaginamos que cualquiera puede entender ahora por qué la urgencia de poner en juego claras, destinadas a dividir fuertemente el fenómeno “vegano” consideramos más urgentes, o la creciente popularidad del consumo de productos veganos, el veganismo ético que no puede ser separada de los datos de conciencia de manera macroscópica relacionados con el plan de estudios de una empresa productora de mayonesa como ningún derivado de Animales, no pueden ser definidos sin duda ética.
Creemos que el mensaje transmitido por Igualdad animal, teniendo en cuenta también su reputación, es éticamente inaceptable, estratégicamente peligroso y totalmente engañoso, ya que podría empeorar la ya compleja situación de confusión en relación con el contenido ético del veganismo. Juega la posición de Unilever que hoy también patrocina indicativos e irónicos de los productos veganos y sus consumidores y que hasta hace poco incluso denunció otra compañía, acusándola de querer engañar a los consumidores, ya que produce un producto idéntico que calificó de “mayonesa” a pesar de que no contenía los huevos. Como se ha explicado anteriormente, es una prueba más que se mueven alrededor – para asegurarse de que aparecen en el mercado cada día más y más productos para los consumidores veganos – no es nada si no la ganancia, y nos recuerda que el fenómeno “vegano”, en estos términos, no es nada si no es un fenómeno relacionado con el consumo, una oportunidad para la introducción en el mercado nuevo y “socialmente más aceptables productos” y consideran “sostenible”, de los que todavía no captan el peligro.

Las pruebas en Animales, destrucción del medio ambiente, la explotación de los recursos de la Tierra, la explotación de los trabajadores, son delitos que no se puede olvidar porque una empresa pone en el mercado un producto ético falso; no podemos aceptar que son sólo rumores, hasta ahora invierte en información sobre la explotación animal para actuar como un megáfono para esta hipocresía. Es necesario destacar este caso como un ejemplo flagrante de un fenómeno cada vez más amplió y preocupante.
No podemos apelar a las mociones del veganismo ético, que no puede desatender el antispecismo y el rechazo total de la explotación de todos los seres vivos – Humano o Animal – y no podemos dejar de señalar que este aspecto cada vez más está siendo ignorada incluso por aquellos que en este entorno se mueve desde hace años y en la actualidad, sin embargo, al parecer aspirado en un mecanismo capitalista-verde que no tiene nada que envidiarle en comparación con el viejo capitalismo tradicional.

Las soluciones factibles pasan en primer lugar de una toma de conciencia, fenómeno al que estamos asistiendo, para llegar a una conciencia cada vez mayor de las acciones diarias que demuestran que no son los números lo que cuenta, si no la calidad de las razones que llevan a tomar una posición. El creciente movimiento vegano conscientes de la salud, los veganos que ignoran crímenes como los cometidos por Unilever, sólo para proteger su propia existencia y su propia salud a expensas no sólo de los Animales, sino también de otros Animales humanos.
Insistentemente que continuamos reiterar que nuestra posición no es una pose, una moda, una opción o un “estilo de vida”, pero es parte de una reflexión ética y política – por lo que esta palabra hoy día sufren más miedo que nunca – rompiendo la constante rebelión contra un sistema que reprime, explota y mata a los Animales, los Humanos y la Tierra.

Ada Carcione

Traduzione a cura di Gonxo Xervi


Fonti consultate:

http://www.igualdadanimal.org/noticias/7419/la-famosa-marca-hellmanns-lanza-una-mayonesa-sin-huevo
http://www.women-ww.org/documents/CertifiedUnileverTea.pdf
https://www.actionaid.org.uk/sites/default/files/doc_lib/13_1_power_hungry.pdf
http://www.ethicalconsumer.org/badnews.aspx
http://www.ecn.org/molino/giornale/numero10/boycott.htm
Rivista Altreconomia, maggio 2000, pg. 9.
http://business-humanrights.org/en/bbc-investigates-inhumane-working-conditions-in-tea-plantations-in-assam-india-brands-respond
http://www.greenpeace.org/usa/research/how-unilever-palm-oil-supplier
http://www.ukessays.com/essays/environmental-sciences/environment-responsibility-and-performance-of-unilever-corporation-environmental-sciences-essay.php
http://www.uncaged.co.uk/animaltesting.htm
http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-2345276/Food-giants-Nestle-Unilever-caught-animal-testing-scandal.html
http://www.ethicalconsumer.org/companystories.aspx?CompanyId=560872&CategoryId=207


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7 Commenti
  1. Cori ha scritto:

    Personalmente quello che mi lascia perplessa è quando una multinazionale, un marchio che palesemente aderisce al sistema carnivoro, e che su 100 prodotti 90 si producono con la sofferenza estrema, lo sfruttamento e la morte di esseri senzienti, improvvisamente tira fuori dal cilindro 10 prodotti vegani. A che scopo poi?
    Si sono svegliati di notte con i rimorsi di coscienza? Sono diventati più buoni e più etici? Non credo proprio! Anzi metto in dubbio che abbiano una coscienza, di etica poi, non ne parliamo.
    Dal mio punto di vista, semplicemente prendono la strada più comoda e conveniete, incrementano le vendite perchè riescono attraverso lo zuccherino che offrono ai vegani, far star buoni un bel 80% di quei “rompiscatole”, assicurandoseli come nuovi clienti, fanno bella figura davanti a quei consumatori un po superficiali (80%) . Per me sono diventati ancora più scaltri, opportunisti e aggressivi.
    La tattica che usano queste aziende, è quella del gettare il fumo negli occhi. Qualcuno penserà, beh non fa niente, importante è sostenere la causa. Non sono dello stesso parere poichè “il fine che giustifica il mezzo” non permette un vero cambiamento di coscienza e domani potrebbe essere che i bambini che nascono saranno vegani sin dalla nascita, perchè carne non se ne mangerà più e la causa sarè stata conseguita. Ma saranno più svegli e più liberi? O sono semplicemente così perchè già acquisito e già facente parte del loro DNA. Così andremo avanti da un secolo all’altro, da una guerra ad un altra, da una causa ad un altro con la credenza di essere migliori rispetto alle generazioni passate di cui non ne abbiamo nemmeno il vago ricordo e tantomeno una corretta informazione storica, credendoci più evoluti rispetto a ciò che chiamiamo passato. Ma è davvero così, o passiamo da un abito all’altro da un colore all’altro mentre continuiamo a cammminare sul posto in cerca di un ipotetico risveglio e di una apparente libertà?

    16 Febbraio, 2016
    Rispondi
  2. LoVegan ha scritto:

    Basta andare a rileggere la definizione che diede Watson del Veganismo per spazzare via ogni dubbio. Un prodotto testato o che comporta comunque l’uso di animali (vedi miele) non è vegan. Anche l’olio di palma, pur essendo vegetale, non è vegan. Unilever è da decenni nella black list, sterminano miliardi di animali tra test e macellazione, non può essere certamente definita animal-friendly solo perchè produce un prodotto vegan per attirare consumatori che si fanno abbindolare. Non è questione di pignoleria, è solo coerenza; se non piace la definizione originale, la si può trasformare usando un altro termine

    16 Febbraio, 2016
    Rispondi
    • Cereal Killer ha scritto:

      Ciao Marco,

      Grazie per l’interessante link di cui non eravamo a conoscenza.
      La questione di Igualdad Animal è stata evidenziata perché IA è la capostipite di un nuovo modo di fare attivismo che rappresenta per eccellenza la deriva dell’animalismo radicale verso nuove posizioni welfariste e legaliste. Ora che il passo è stato fatto seguiranno a ruota, ovviamente, Animal Equality e poi Essere Animali che però ha ancora un grande problema da cui liberarsi: alla sua nascita si è definita associazione antispecista e ciò è riportato anche nello statuto. Prima lo farà e meglio sarà per tutte/i.

      17 Febbraio, 2016
      Rispondi
  3. cristina beretta ha scritto:

    Confondere le richieste politiche con il bon ton a tavola, quello per intenderci che ci fa strizzare l’occholino al nostro commensale che sostiene di aver ridotto il consumo di certi ingredienti, porta a conseguenze devastanti per il movimento. Forse per essere attivisti, anzichè sedicenti tali, bisognerebbe seguire un corso di studi ad hoc.

    17 Febbraio, 2016
    Rispondi
    • Cereal Killer ha scritto:

      Cara Cristina,
      Hai davvero ragione. Non servirebbero però dei corsi ad hoc, servirebbe semplicemente pensare e leggere qualcosa prima di agire… Perché fino ad ora si è agito quasi sempre senza pensare.

      17 Febbraio, 2016
      Rispondi
  4. Eduardo ha scritto:

    cito l’autrice: “non sono i numeri a contare ma la qualità delle ragioni che conducono a una presa di posizione. ”

    Grazie del contributo alla riflessione, come sempre.

    24 Febbraio, 2016
    Rispondi

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