Icaro e la superbia antropocentrica


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Icaro di Henri Matisse“Icaro” di Henri Matisse è un’opera famosissima che ben rappresenta il suo ultimo periodo artistico, quando i problemi di salute che lo affliggevano non gli permettevano più di dipingere come prima. L’opera è un papÍer découpé ossia un collage ottenuto mediante una particolare tecnica inventata dal pittore negli anni ‘40 del secolo scorso e si rifà alla ben nota figura mitologica greca.
Icaro, figlio di Dedalo costruttore del noto labirinto del Minotauro, per fuggire dal labirinto stesso dove viene rinchiuso con il padre dal re Minosse, utilizza delle ali di cera costruite da Dedalo, il quale saggiamente gli chiede di non volare troppo vicino al Sole che con il suo calore avrebbe sciolto la cera delle ali. Icaro ovviamente non ascolta il padre, punta dritto verso l’astro attirato dalla sua luce folgorante, le ali si sciolgono e lui precipita in mare morendo.
Osservando il collage su sfondo blu del maestro postimpressionista e capostipite dei Fauves, è possibile interpretare la sua opera in modi diversi rispetto a ciò che Matisse intendeva comunicare (per fortuna l’arte ci permette infiniti punti di vista personali). Ad esempio il corpo scuro di Icaro non è in volo, ma potrebbe essere un corpo ormai precipitato che galleggia nel blu delle acque del Mar Mediterraneo che è al contempo principio e fine di ogni cosa che ci riguarda. Le braccia sono aperte in una posa scomposta, prive di energia si agitano debolmente seguendo l’andamento del moto ondoso, il capo è inclinato, le gambe gonfie. Le stelle non sono vicine, ma lontanissime, come sempre irraggiungibili e si rispecchiano nell’acqua. Icaro continua a guardarle, crede ancora di poterle toccare, ma è tutto solo un’illusione: ha tentato di raggiungerle, è caduto e ha fallito. Il suo cuore è ridotto ad un puntino rosso, ormai sempre più piccolo e debole, sta morendo.
Questa interpretazione non ci parla del volo del protagonista, ma delle sue conseguenze e in realtà si avvicina molto ad un’altra opera di Matisse intitolata “La caduta di Icaro“ realizzata nel 1943, dunque curiosamente concepita prima della più famosa di cui si sta parlando, che invece risale al 1947.
“Icaro” pertanto potrebbe essere la rappresentazione simbolica di un’umanità superba e presuntuosa che crede di poter superare ogni ostacolo, ogni limite, di infrangere ogni barriera e ogni regola della Natura: un’umanità cronicamente malata di antropocentrismo, totalmente impegnata in una rincorsa senza soluzione di continuità per appagare ogni suo desiderio, che la porterà a precipitare e inevitabilmente a schiantarsi.
La figura di Icaro più che mai attuale, infatti la nostra è per certo l’epoca della rincorsa, dell’accelerazione verso i traguardi che di volta in volta ci prefiggiamo di raggiungere e superare, senza tener conto in alcun modo dei nostri limiti animali. Eppure la Natura ci parla di continuo – inascoltata – delle inevitabili e tragiche conseguenze dell’idiozia antropocentrica che ci possiede. Il vero enorme dramma è che l’umanità moderna con la sua frenesia autodistruttiva, potrebbe portare con sé nel baratro tutti gli altri viventi incolpevoli e il pianeta stesso.

Adriano Fragano


Immagine in apertura: Henri Matisse, Icarus (Icare) da Jazz, 1947


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