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Cercando la parola “vegan” in un motore di ricerca di immagini si troveranno per prime delle foto di vegetali (solitamente in funzione alimentare). Anche cercando libri riguardanti il “veganismo” ci si imbatte soprattutto in libri di ricette alimentari o relativi alla dieta. E non possiamo dimenticare l’evidenza del fatto che la radice semantica del termine stesso rimandi al “vegetale”. E non alla sofferenza e alla morte. Pare esservi insomma nella percezione collettiva e nella cultura una visione superficiale (nel senso quasi “geometrico” della parola) della pratica vegana: essendo consapevoli di come la “parola”, l’ “immagine” e la “comunicazione” abbiano il potere di plasmare la realtà, non si può che essere preoccupati.
Ci si concentra su ciò che le persone vegane fanno e non sul perché lo fanno (o sul perché lo dovrebbero fare…), ovvero sui mille modi di mangiare soia e insalata e non sul fatto che non si vuole essere complici dell’uccisione di Animali, e pertanto si mangia, tra le altre cose, la soia… solo come mera conseguenza di ben poca importanza. Due considerazioni sono essenziali a questo riguardo: il concentrarsi sul “cosa fanno” e non sul “perché” rende la figura della persona vegana (o vegetariana) facilmente incasellabile nei molteplici stili di vita di questa attuale società/cultura. Ben più difficile (se non impossibile secondo alcuni) è “incasellare” nella attuale società chi ritiene che Umani e altri Animali abbiano pari dignità, con tutte le enormi conseguenze. L’altra considerazione riguarda il rischio che delle persone vegane rimangano prigioniere della “torre d’avorio” del “fare” e cessino di interrogarsi sul perché lo fanno, con il rischio di divenire non un attore ma una sterile comparsa sul palco della Storia e della Società.
È pertanto importante ribadire sempre che il fondamento della pratica vegana è di natura etica, ovvero il riconoscimento della pari dignità di Umani e altri Animali e la ricerca di modi di vita rispettosi delle prerogative (vita, libertà, qualità dell’esistenza,…) di ogni Animale. Insomma ci vorrebbero meno libri di diete vegane e più libri come quello recensito in questa pagina.
Andrea Furlan
Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Anno II / Numero Speciale del 15 Maggio 2008, p. 2
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