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Interessante e condivisibile articolo pubblicato da Earth Riot e riguardante la sciagurata tendenza ad organizzare raccolte fondi per acquistare Animali dagli allevatori per salvarli dal macello e contribuendo così ad alimentare direttamente il fenomeno della zootecnia con tutte le sue atrocità.
Liberazione animale: necessario IBAN
Pagare gli allevatori per salvare gli animali dalla macellazione! Una nuova, inquietante moda si sta facendo largo in quell’ambiente animalista/animalaro, privo di ogni ideologia antispecista e di un minimo di percorso politico, lanciata e sostenuta da alcune realtà dal discutibile e dubbio operato che auspicano la liberazione animale a suon di assegni. Non è nostra intenzione generalizzare, ma fare un po’ di chiarezza su ciò che si dovrebbe intendere veramente quando si parla di liberazione animale e sul fine ultimo di questa lotta. L’abbiamo definita moda perché ci auguriamo che possa passare velocemente e senza danneggiare ulteriormente la causa e chi, realtà e singoli, si impegna realmente per il raggiungimento della liberazione animale, quella vera, a lungo termine, solida e duratura, basata sui principi dell’antispecismo e quindi della liberazione totale.
Abbiamo sempre sostenuto come la liberazione animale debba essere raggiunta esclusivamente attraverso il risveglio delle coscienze e una più spiccata consapevolezza del peso che hanno le proprie scelte quotidiane, oltre alle azioni dirette di liberazione e sabotaggio dei luoghi simbolo di prigionia e sfruttamento. Acquistare un animale significa, intanto, assegnare un valore economico alla vita di un essere vivente e, che si tratti di un cane o di chi viene definito “da reddito”, ovvero destinato alla macellazione, rafforza quella privazione della soggettività che gli animali sono già costretti a subire. Ultimamente abbiamo notato un’iniziativa in particolare, finalizzata alla raccolta di un’ingente somma di denaro tramite bonifici bancari, ovvero il prezzo che è stato assegnato alla vita di una mucca che verrà “liberata/pagata” all’allevatore per essere graziata dal macello. Un’iniziativa di questo tipo è quanto di più lontano ci possa essere da ciò che si intende per liberazione animale, perché favorisce il sistema specista e finanzia direttamente la prigionia della successiva vittima animale e chi lucra sul suo sfruttamento. Questo modo di condurre la lotta, che in verità lotta non è, fa da eco a un’inquietante trend che contribuisce a generare un attivismo molto sterile, fatto di selfie, desiderio di protagonismo, apericena sempre più partecipati e presidi disertati, privo di ogni ideologia e impegno reale nel diffondere in prima persona la verità e le informazioni necessarie per raggiungere la vera liberazione, a 360° gradi, degli animali, delle persone, della Terra. Noi non vogliamo avere l’arroganza di insegnare niente a nessuno, stiamo facendo il nostro percorso, come tante realtà antispeciste, con quella giusta dose di umiltà che permette di mettersi in discussione ogni giorno per migliorarsi e rendere più efficace la lotta. L’antispecismo è un concetto in costante evoluzione, va nutrito e aggiornato, ma la sua identità è basata su alcuni imprescindibili principi che non possono e non devono esser messi in discussione. Pensare di giungere alla liberazione animale finanziando quelle stesse persone, strutture, industrie e sistemi che sulla schiavitù e lo sfruttamento animale hanno costruito un impero significa non aver compreso il fine ultimo della lotta. Ogni azione di chi si impegna in questa lotta deve essere finalizzata alla chiusura di ogni allevamento, che sia stato eretto per la produzione di carne e derivati animali, capi in pelle e pelliccia o per la sperimentazione animale. Una lotta contro ogni forma di dominio e prevaricazione animale, ambientale e sociale, che non possono essere sgretolate pagando chi ne fa il proprio pane quotidiano. Una lotta che deve essere condotta con pazienza, costanza e sacrificio, nutrita da una costante informazione pulita che porti a dialogare con le persone e dalle azioni dirette di liberazione animale. Due aspetti che non possono prescindere l’uno dall’altro, perché purtroppo le gabbie si continueranno a riempire fino a quando ci sarà chi finanzia i mercati basati sullo sfruttamento di altri esseri viventi, che a pagare sia un consumatore, un macellaio o una persona che prova empatia e vuole in qualche modo salvare una vita. Gli animali non sono “da reddito”, non sono “da coccole”, sono semplicemente animali, abitanti della Terra esattamente come noi, che come noi devono poter vivere in libertà la propria vita, perché siamo tutti terrestri.
Earth Riot
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Per questo non ho apprezzato l'”accordo” tra LAV e Università di Modena quando hanno pagato le spese per lo “smaltimento dei macachi sopravvissuti” al posto dell’università.
Secondo me l’università ha fatto un affare.
Caro Danilo: sicuramente l’università in questione ha fatto un grande affare, soprattutto con un netto guadagno di immagine con nessuno sforzo.
Lav e altre associazioni tendono ad affrettare i tempi di chiusura di alcune campagne con ogni mezzo a disposizione per ottenere consensi e quanti più versamenti nel 5×1000.Infatti la campagna sui macachi di Modena e quella (su cui preferisco non esprimermi),sui conigli di quest’anno,vengono pubblicizzate guarda caso nello stesso periodo dell’anno!
Aggiungo che dopo il polverone per i macachi e il clima di esaltazione che si scatenò,gli unici a non poter festeggiare sono i macachi stessi,che si trovano tutt’ora all’interno dello stabulario in attesa dell’effettiva e tanto proclamata liberazione!
Anche questo è vero, ma bisogna dire che non è solo la LAV a comportarsi in questo modo.
nel frattempo che si realizzi il cambiamento radicale, ammiro comunque chi strappa dal macello esseri che come tutti gli altri peraltro, meritano di vivere.
E’ poco ma salva qualcuno.
ovviamente non dimenticando tutti gli altri.
ma il processo e’ lento……….,
Grazie
Di sicuro il cambiamento necessita di moltissimo tempo, ma nel frattempo è giusto aiutare e salvare gli Animali, con ogni mezzo, ma non diventando la causa della sofferenza di altri Animali.
Casca a pennello.
Questo è quanto afferma Guido, uno dei fondatori della Fattoria delle Coccole, nel loro evento pubblico #1000cuori (https://www.facebook.com/events/1663759357200065/): “Quando si riscatta in animale, se si paga il “prezzo di mercato”, non si avvantaggia in alcun modo il venditore che avrebbe comunque preso gli stessi soldi da un commerciante o un macellaio. Non siamo d’accordo con il dare un valore economico agli animali ma, purtroppo, questa è la realtà attuale nella quale tutti viviamo e dove ogni giorno migliaia di animali vengono venduti per essere ucciso.”
Se si paga un prezzo in automatico si sta mercificando l’individuo.
L’allevatore si avvantaggia proprio perchè ci campa con il corrispettivo in denaro dell’animale venduto, indipendentemente se viene venduto a un animalista, un macellaio o un commerciante.
Certo si cambia il destino di quell’individuo in particolare, ma oltre a non cambiare quelle realtà che fanno esistere il sistema che campa sullo sfruttamento animale, si diventa parte di quel sistema arricchendolo.
Eppure, a quella risposta, molti gli han dato ragione e molti stanno adottando questi animali (che non si sa chi siano, da dove arrivano, dove andranno, come verranno riscattati etc). Altro che cambiamento in atto nel mondo… queste cose demoralizzano…
Magari qualcuno dovrebbe aprire un po’ gli occhi…
Ciò che dici è il vero fulcro del problema che nasce da una serie di cause.
Per prima cosa il poco o nullo approfondimento (ma possiamo tranquillamente parlare di ignoranza) da parte di chi fa tali affermazioni – e di chi è d’accordo – delle tematiche antispeciste: se l’azione per la liberazione animale fosse preceduta da una sana e indispensabile elaborazione teorica (pensiero e azione e non azione e forse dopo pensiero se rimane del tempo), tutto ciò non accadrebbe.
Questa situazione è scaturita da uno scollamento che è avvenuto negli anni tra chi si occupava della teoria e chi si occupava dell’azione. I primi si sono rinchiusi in una sorta di bolla autoreferenziale ed elitaria che li ha allontanati dai secondi, che hanno preferito agire senza pensare a una minima pianificazione per il futuro.
Una seconda causa è sicuramente il senso di impotenza che la prima causa ha fatto nascere nelle persone umane che hanno a cuore la liberazione animale: per troppo tempo non ci sono stati progetti davvero efficaci e iniziative positive che fossero in grado – con cognizione di causa – di fornire risultati tangibili.
La lotta per la liberazione animale se non ottiene nel tempo dei successi diviene frustrante.
Per questo si è ripiegato sull’unica modalità che permetta di ottenere una “liberazione” immediata di Animali: il commercio.
In tal modo non solo – come tu giustamente fai notare – si mercifica l’individuo relegandolo di nuovo al ruolo di oggetto scambiato mediante del denaro, ma si avalla e si alimenta addirittura il meccanismo di sfruttamento per fini economici degli Animali: la zootecnia nelle sue mille sfumature ne esce potenziata economicamente e anche ripulita eticamente visto che ci possono essere ora anche allevatori che cedono per denaro gli Animali a chi li “salva” invece di mandarli al macello. Un’operazione molto utile quindi sia dal punto di vista economico, sia da quello dell’immagine.
Non dovrebbero esistere Animali da comprare o da vendere, né Animali “da coccole” o con una anche minima finalità o utilità. Se esistesse un movimento forte nella teoria e nella pratica si potrebbero usare mille altri modi per ottenere una vera liberazione di Animali costretti in schiavitù, ma la situazione dell’animalismo e dell’antispecismo italiano è così compromessa, che molto altro non ci si può aspettare e gli attivisti si aggrappano a qualsiasi soluzione, anche la più stupida e dannosa.
Giorgio Vasari, nella sua opera “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri”, a proposito di Leonardo, scrive “passando da i luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandoli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che n’era chiesto, li lasciava in aria a volo, restituendoli la perduta libertà”.
Da allora parecchio tempo è passato e, per quanto sia comprensibile e commovente il gesto di Leonardo, non si deve imitare.
Aggiungo che chi acquista animali per salvarli dal macello è da considerare pari a chi li acquista come animali domestici “da coccole”: ogni volta che si acquista un animale, si alimenta un sistema di fabbricazione, di morte, di profitto. Gli animali “da reddito” salvati dalla morte non sono tanto diversi da quelli in vendita nei negozi di animali. E’ vero che i primi sono destinati a morte certa mentre i secondi no ma bisogna andare alla radice del problema dove si trova un male grave quanto la morte, cioè lo sfruttamento. L’articolo è perfetto: complimenti a Earth Riot che lo ha scritto e a Veganzetta che lo ha risproposto.
In Asia ancora oggi in molti mercati si vendono Animali (soprattutto Uccelli) ai turisti che pagano per poterli poi liberare dalle gabbie.
La liberazione animale non può e non deve divenire un commercio.
E’ anche vero però che a volte la compassione genuina può essere più forte degli ideali. Se un contadino vicino a me domani porta una mucca al macello che ha vissuto tutta una vita di sofferenze legata ad una catena, posso farmi trasportare dalle emozioni e decidere di pagare l’animale per assicurargli un destino più confortevole. Ma questo ovviamente è un caso eccezionale, molto vicino per altro a quello citato da Paola di Leonardo. Le emozioni sono più forti quando le viviamo con un impatto diretto.
Ma ovviamente questo non può diventare un metodo sistematico di portare avanti la causa. E chi lo fa chiedendo versamenti in denaro è doppiamente colpevole.
Poi, io penso che comunque i casi vanno sempre presi singolarmente. Il caso sopra citato della LAV e dei macachi di Modena (dove, da quel che ricordo, la LAV si è offerta di pagare le spese per la sistemazione dei macachi, anche se attualmente mi pare di aver capito che non sono stati ancora portati via dall’università) è ben diverso dal caso di un animale da macello che si “libera” pagando l’allevatore. Le situazioni sono molto diverse, effetti compresi.
Esiste un doppio problema:
Il peso morale della consapevolezza del fatto che se non si agisce un Animale sia destinato a morire, e il fatto incontrovertibile che se si paga chi lo ha sfruttato e intende ricavare del denaro uccidendolo, non si farà altro che fare il suo gioco e si contribuirà alla schiavizzazione di altri Animali per gli stessi motivi. La nostra posizione non è facile, non lo è mai perché si agisce – o non si agisce – rischiando la pelle degli altri e non la nostra. Bisogna quindi scindere la posizione personale (e le azioni personali), dalla posizione pubblica e di movimento: se vi possono essere delle azioni in tal senso dal punto di vista personale, non è possibile adottare come movimento antispecista l’idea di pagare gli aguzzini per liberare Animali.
La questione non è meno intricata di quella che si propone ogni qualvolta ci sia un riscatto da pagare o meno, dopo un rapimento ( fra umani ). In linea di massima il pagamento non fa che rafforzare la pratica criminale e, malgrado salvi qualche vita, ne mette a repentaglio molte altre. Insomma la soluzione non è semplice, sopratutto quando ci sono coinvolgimenti emotivi per il fatto di conoscere le vittime e dover decidere della loro sorte. Anche gli antischiavisti ebbero tale quesito da risolvere, poichè in un primo periodo essi pensarono di combattere lo schiavismo acquistando gli schiavi direttamente dai trafficanti, per sottrarli alle catene. Ciò però non sortì alcun effetto, e lo schiavismo venne superato, almeno sulla carta, soltanto dopo le liberazioni organizzati da gruppi di attivisti coraggiosi quali gli Underground Railroad.
Ciao Paola Re,
il problema della liberazione animale sicuramente non si risolve dando dignità (con il riscatto) a quei poveretti che per mano di chi li sfrutta finirebbero sotto affilati coltelli…
Ma penso che sia un piccolo inizio, quello di sensibilizzare le persone, che,nel vedere tali azioni, possono riflettere.
Dare la libertà ad una mucca o un tacchino, significa in qualche modo, avere uno strumento in più per poter dire stop a tanta crudeltà.
Ciao Rossella, infatti io mi sono emozionata quando ho letto quelle parole sulla vita di Leonardo e trovo il suo gesto comprensibile, finché resta un eccezione. L’articolo proposto da Veganzetta parla di ben altro cioè una consuetudine consolidata che non trovo affatto comprensibile e sono d’accordo con ciò che è espresso nell’articolo e anceh nel commento di Cristina Beretta.
Oggi ho letto questa notizia e ho pensato a che cosa avrei fatto se mi fossi trovata al posto del signore in questione. Non lo so. http://www.lastampa.it/2015/12/08/societa/lazampa/animali/un-uomo-compra-al-mercato-del-cibo-due-tartarughe-marine-e-le-libera-in-mare-Q0B5hCouFUV9xbKsLOBctM/pagina.html
Ecco, questo intendevo sopra quando dicevo che bisogna valutare caso per caso. In questo caso, a mio parere, sicuramente l’effetto non è da sottovalutare, infatti l’azione ha avuto, pare, una certa risonanza mediatica, stimolando una riflessione pubblica (anche se su principi che personalmente non condivido). Ma mai, mai, il riscatto in denaro deve diventare una prassi abituale del movimento.
Sicuramente la questione è spinosa e dolorosa, ogni caso deve essere valutato e ponderato accuratamente. Il problema è che non divenga una prassi come giustamente dice Ludovico.