BEN-ESSERE ANIMALI


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Come un topolino in gabbia: nutrito, accudito, scaldato, al sicuro, ma sempre in gabbia.
(Isaac Asimov, Io, Robot)

L’associazione animalista Essere Animali (d’ora in poi EA) ha avviato un programma di monitoraggio e valutazione delle pratiche zootecniche dei maggiori allevamenti di Suini in Italia, il tutto nell’ambito della campagna di “sensibilizzazione aziendale” denominata SOSPIG. Nella pagina web dedicata a questa tipologia di campagne di EA si legge:

SOSPIG
La maggior parte dei maiali macellati in Italia nascono in allevamenti in cui le scrofe vivono quasi metà della loro vita in gabbia e ai cuccioli vengono praticate mutilazioni come il taglio della coda e la castrazione. SOSpig è una campagna che mira a eliminare queste gravi problematiche, coinvolgendo supermercati e grandi aziende alimentari.

La campagna è articolata e consta di varie attività: dall’informazione sulla sofferenza degli Animali negli allevamenti, alla raccolta firme per chiedere alle aziende alimentari e produttrici di salumi di eliminare le gabbie di gestazione per le scrofe e la mutilazione dei suinetti:

Facciamo sentire la nostra voce alle aziende alimentari per chiedere di intervenire per eliminare l’utilizzo delle gabbie per le scrofe e le mutilazioni per i suinetti: eliminare nel più breve tempo possibile queste pratiche è un passo necessario.

Al suggerimento a chi segue la campagna di considerare un’alimentazione “veg” che gioverebbe alla forma fisica, al pianeta e dulcis in fundo rispetterebbe pure gli Animali.
Ma soprattutto spicca, come già accennato, l’osservazione e valutazione delle attività delle principali aziende italiane produttrici di salumi in fatto di benessere animale (Quanto si impegnano per il benessere dei suini?). In buona sostanza EA monitora dal 2023 i “progressi” che tali aziende farebbero per migliorare la misera e breve esistenza dei Suini rinchiusi nei propri allevamenti:

Dopo la prima edizione nel 2023, nel 2024 abbiamo analizzato di nuovo le comunicazioni pubbliche di alcuni grandi produttori di salumi per vedere se e quali passi avanti hanno fatto per migliorare le condizioni di allevamento di scrofe e suini per la produzione di carne, partendo dall’eliminazione delle cause di maggior sofferenza.
Gli 11 criteri impiegati per la valutazione sono legati alle richieste della nostra campagna SOSPig.

La “pagella” di quest’anno è stata da poco resa pubblica:

Pagella allevamenti Suini 2024 Essere Animali

In essa sono elencate e valutate tutte le voci proposte dall’associazione sul benessere animale dei Suini negli allevamenti di 8 grandi aziende nazionali che lucrano sulla loro pelle. Per il secondo anno consecutivo la vincitrice, promossa a pieni voti (manca la lode, ma a tutto si può rimediare) è l’azienda Fumagalli Salumi, le altre seguono a grande distanza ed alcune rispetto alla pagella del 2023 sono addirittura peggiorate, dimostrando peraltro quanto una classifica del genere possa interessare e influenzare la dirigenza di aziende del genere.

Purtroppo sono sempre più numerose le associazioni animaliste (e non solo) che abbassano costantemente l’asticella delle attività in favore degli Animali, pur di incontrare il favore di un pubblico disinteressato e specista. Cercando di infastidire il meno possibile e di non urtare la sensibilità (!) di chi consuma corpi di Animali, queste realtà incontrano così il favore di numerose persone umane, che grazie ad un messaggio talmente banale ed edulcorato da non scontentare nessuno, possono permettersi di non cambiare nulla nei propri comportamenti e al contempo di alleggerirsi pure la coscienza, qualora ve ne fosse una.
EA in questo triste contesto ha compiuto però un passo in più: adottando una pagella sul comportamento delle maggiori aziende allevatrici di Suini del nostro Paese, stabilisce un precedente che indubbiamente la distingue. Dare un voto positivo sulle attività di un allevamento di Suini, significa valutare positivamente la gestione di un campo di concentramento e sterminio, legittimandolo. Dal punto di vista morale tutto ciò è molto grave e lascio ponderarne la portata a chi legge. Dal punto di vista della comunicazione è un’idea talmente fallimentare da costituire addirittura un boomerang, perché permette ad un’azienda che alleva Maiali per farne cibo di affermare che un’associazione animalista ne promuove a pieni voti le pratiche. In effetti è ciò che Fumagalli Salumi sta facendo da due anni a questa parte. Sul suo sito web l’azienda dichiara:

L’associazione animalista “essereanimali.org”, impegnata in Italia e all’estero nel monitoraggio delle condizioni di allevamento di scrofe e suini all’interno della zootecnia, ha promosso Fumagalli Salumi a pieni voti, conferendo il massimo punteggio negli 11 criteri di valutazione. Una notizia importante che per certi versi mette a tacere molti pregiudizi generalizzati sulle aziende del nostro settore, esortando le altre realtà a intraprendere un cammino fatto di impegno e investimenti costanti in tal senso.

Certamente per l’immagine della Fumagalli Salumi si tratta di una notizia importante, che le permette di sbaragliare la concorrenza e di farsi pubblicità con in più l’aiuto prezioso e diretto di un’associazione animalista (in pratica col plauso del nemico). Cosa si potrebbe volere di più? Fumagalli Salumi ha già lanciato una linea dal nome Freschi di Filiera «da materia prima nazionale» – è facile immaginare di che materia si tratta – che ovviamente segue le «modalità virtuose di allevamento» adottate. Ora chi consumerà questi salumi, potrà farlo senza il minimo scrupolo di coscienza anche grazie alla pagella di EA. Inutile aggiungere che il fatturato dell’azienda in questione è destinato certamente a salire.

A questo punto verrebbe spontaneo chiedersi se chi ricopre ruoli dirigenziali in EA abbia perso il lume della ragione; in realtà ciò che l’associazione persegue è chiaramente una strategia ad ampio raggio e con target diversificati, basata sul concetto di benessere animale ben spiegato per esempio dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) che guarda caso ha sede a Parma, la capitale mondiale del prosciutto. L’autorità sull’argomento afferma:

La sicurezza della filiera alimentare è direttamente connessa al benessere degli animali, in particolare nel caso degli animali allevati per produrre alimenti, dati gli stretti legami esistenti tra benessere degli animali, salute degli animali e malattie di origine alimentare. Fattori di stress e condizioni di scarso benessere possono avere come conseguenza negli animali una maggiore predisposizione alle malattie trasmissibili. Ciò può rappresentare un rischio per i consumatori, ad esempio tramite le comuni tossinfezioni alimentari causate dai batteri Salmonella, Campilobacter ed E.Coli. Le buone prassi per il benessere degli animali non solo riducono inutili sofferenze, ma contribuiscono anche a rendere gli animali più sani. Inoltre il Trattato di Lisbona del 2009 ha riconosciuto esplicitamente che gli animali sono esseri senzienti e che l’UE e i suoi Stati membri hanno la responsabilità da un punto di vista etico di prevenire maltrattamenti, dolore e sofferenza.

Il benessere degli animali destinati alla produzione degli alimenti dipende in larga parte da come vengono gestiti dall’uomo. Numerosi sono i fattori che possono influire sul loro benessere: ad esempio il tipo di stabulazione e le zone di riposo, lo spazio a disposizione e la densità dei capi, le condizioni di trasporto, i metodi di stordimento e di macellazione, la castrazione dei maschi e il taglio della coda.

Dunque è questa la cornice ideologica all’interno della quale EA si muove nel tentativo di influenzare il mondo zootecnico e della produzione alimentare, ed è per questo che ha lanciato campagne come SOSPig o come ANCHE I PESCI, oppure la campagna contro le crudeltà subite dal Polli venduti dalla LIDL.
La campagna SOSPig tratta semplicemente delle “buone prassi” che istituzioni europee come l’EFSA sostengono per tutelare la sicurezza della filiera alimentare: dato che la maggior parte degli allevamenti di Suini in Italia le ignora, EA potrebbe certamente organizzare delle proteste, fare delle investigazioni, sporgere delle denunce. Ma per quanto riguarda una pagella dove si punisce chi non le rispetta e si premia chi le applica, non dovrebbe di sicuro essere un’associazione che si definisce animalista a stilarla.
La vicenda della pagella è una chiara conseguenza del continuo e inesorabile scivolamento di EA verso posizioni sempre più lontane non solo da quelle antispeciste e vegane (la distanza è ormai siderale), ma anche da quelle molto più blande e generiche animaliste, arrivando ad oggi a gareggiare con realtà come CIWF. L’involuzione dell’associazione è ancor più dolorosa se si pensa da quale passato di esperienze di lotta e da quali posizioni etiche e politiche provengono coloro che l’hanno fondata: un passato che pare ormai remotissimo, che conosco e che nulla ha a che vedere con ciò che propone EA oggi; un passato di attivismo, radicalità, speranze, lotta e purtroppo anche delusioni.

Non desidero fare un processo ad EA perché credo e spero che chi ne fa parte sia mosso da buoni propositi, perché le investigazioni sulle condizioni degli Animali negli allevamenti che conduce e rende pubbliche sono necessarie e per molti altri motivi, ma intendo evidenziare che l’inseguire supinamente concetti specisti, ipocriti e strumentali come quello del benessere animale, accettando inevitabilmente costanti cedimenti etici, nella speranza infantile di interessare il grande pubblico a tematiche tragiche che non vuol vedere, può portare solo ad aberrazioni come promuovere col massimo dei voti chi per professione alleva e uccide Animali.
Il benessere animale è una sorta di gorgo, come un maelstrom, che risucchia tutto e dal quale è impossibile uscire, che inevitabilmente spoglia l’ideale della liberazione animale della propria identità e radicalità riducendolo a semplice welfarismo.
Non sarà mai possibile indurre in questo modo chi sfrutta gli Animali per lucro a smettere di farlo, per diversi motivi, primo fra tutti il fatto che esiste un enorme e fiorente mercato dei loro corpi (questo lo sa anche EA); il massimo che si potrà ottenere – pagando in cambio un prezzo enorme – è un trattamento meno crudele (sempre e solo secondo i nostri standard) degli schiavi non umani prima che vengano mandati al macello. Questo non ha nulla a che vedere con la liberazione animale e non potrà fare altro che allontanarne sempre più la realizzazione. L’unico benessere possibile e auspicabile è quello che potranno provare degli Animali finalmente liberi da ogni gabbia, sfruttamento, sofferenza e costrizione. Spero vivamente che nel 2025 non ci sarà più alcuna pagella che premia chi li sfrutta e umilia.

Adriano Fragano


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Un commento
  1. Claudio ha scritto:

    Condivido il fatto che stilare le pagelle sia un clamoroso autogol.
    Vengono stigmatizzate 7 aziende su 8 rilevando che la stragrande maggiornaza degli allevamenti intensivi utilizza pratiche lesive.
    Viene purtroppo comunicato anche un altro concetto, promuovendo una di quelle aziende a pieni voti si certifica (con il timbro animalista ahimè) che è possibile sfruttare i corpi animali in maniera etica e virtuosa.
    Detto questo, EA persegue “una strategia ad ampio raggio e con target diversificati”, quella del focus sul benessere animale è una di queste e certamente non fa piacere a chi ha già preso consapevolezza della questione animale vedere che si debba ricorrere a questo grimaldello (welfarismo) per aprire le porte della rilevanza mediatica, abbattere il muro dell’indifferenza ed interessare il grande pubblico a questa causa.
    Sarebbe ottimistico pensare che Il salto tra “crudeltà negli allevamenti intensivi” e “adozione dieta vegetale” (per non parlare di filosofia vegana come fine ultimo) sia così semplice, in mezzo ci sono tanti meccanismi difensivi e scusanti per mantenere la propria posizione privilegiata; perciò EA sostiene la strategia dei piccoli passi, accompagnando le persone verso l’alimentazione vegetale con progetti quali veganuary, settimanaveg, incoraggiando le aziende (almeno) ad aggiornare le politiche sul benessere animale (il massimo che si può ottenere da chi lucra sul loro sfruttamento).
    E’ l’approccio, controverso, ispirato da soggetti come Melanie Joy e Tobias Leenaert (Beyond Carnism), “prova ad essere più vegan possibile”, riduci il consumo di prodotti di origine animale, aumenta il consumo di prodotti di origine vegetale. Creare o intercettare alleati, dove una sorta di famiglia allargata composta da reducetariani, flexitariani, vegetariani, soggetti sensibili alle crudeltà, dovrebbe supportare il veganismo e la causa animale ad esempio donando ad organizzazioni vegan/animaliste, chiedendo più pasti vegani scuola/mense/lavoro, diffondendo materiale etc. una rivoluzione morbida, lenta ma costante con lo scopo di veganizzare la società e coinvolgere più persone possibili.
    Che questa sia una strategia ottimale solo il tempo potrà dirlo, ciò che si paventa se non si lavora a tutti i livelli anche sui fondamenti etici (ma è poi il compito di EA?) è il rischio di rimanere per sempre nel limbo del “faccio quel che posso”, riducendo i consumi, acquistando consapevolmente dall’allevatore dietro casa, o firmando petizioni contro le inutili sofferenze, senza progredire verso una cultura che si oppone allo specismo, antropocentrismo, suprematismo umano.

    4 Novembre, 2024
    Rispondi

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