Il paese dei Tori uccisi


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Toro - illustrazione di Emy Guerra

Un Maiale di plastica a dimensioni reali appeso a testa in giù nel reparto “carne” di un centro commerciale1 in Portogallo. Appeso a testa in giù nella posizione tipica dello sgozzamento… Apologia dell’assassinio vorremo poter scrivere in un lontano e forse utopico futuro, ma di esaltazione della crudeltà  sugli altri Animali comunque si tratta.
In altri Paesi, egualmente colpevoli dello sfruttamento animale, questo non accade. In Portogallo sono ancora praticate delle “corride” (le touradas): che vi sia un legame?
L’impatto – certamente soggettivo e limitato – con la situazione in cui versano gli altri Animali in Portogallo non è stato dei migliori: randagismo di Cani diffuso e comunemente accettato, cadaveri di piccoli di Maiale esposti con velleità  artistiche a feste di matrimonio, assieme a cadaveri di Conigli scuoiati e in posizione di grottesca danza, urla di Maiali che stavano venendo uccisi tra il cantare dei Grilli nella campagna. Segni e sintomi molto evidenti e non celati di un certo atteggiamento verso gli Animali.
E ancora (e soprattutto): pubblicità  delle locali corride su giornali e riviste (“è vietato l’ingresso ai minori di sei anni”), consumo alimentare dei cadaveri di Maiali, Polli e altri Animali diffusissimo e incentivato da locali dedicati.

Nella sostanza nulla di totalmente diverso dagli altri Paesi europei, ma quello che balza all’occhio di uno straniero è appunto la visibilità  e l’esaltazione (apologia) di tutto questo, che raggiunge il suo apice nella pratica di tortura pubblica e spettacolarizzata che risponde al nome di “tourada”. La prima cosa da chiarire riguardo a questa pratica (per sgombrare il campo da dubbi e distinzioni inutili) è che il Toro viene ucciso, non in pubblico (se non nel caso della città  di Barrancos, al confine con la Spagna, dove per una legge deroga del 2002 è possibile l’uccisione nel Toro nell’arena), ma viene ucciso.
La tourada consiste nella “lotta” impari tra degli Umani e un Toro all’interno di un’arena: lo svolgimento si sviluppa in varie fasi in cui si alternano Umani che montano dei Cavalli (a volte feriti e uccisi dal Toro nella lotta) e infieriscono con lance sul Toro, e Umani in gruppo, appiedati, che a mani nude cercano di atterrarlo2 . Questo in sintesi lo svolgimento, con tanto di banda musicale.
La tourada portoghese ha una lunga tradizione che trae origine dalla caccia al Toro (o all’Uro) praticata dagli antichi Iberici, solitamente montando un Cavallo. Da questa caccia derivarono poi forme di lotta e uccisione rituale contro Tori (apprezzate a quanto pare anche dai conquistatori islamici durante il loro dominio sulla regione). La forma di spettacolo pubblico organizzato in apposite aree viene assunta attorno al XII secolo, durante il regno del re Alfonso I, accanito sostenitore della pratica. Interessante però notare come nel Secolo dei Lumi le touradas vennero proibite con decreto del plenipotenziario Marchese di Pombal e poi nuovamente proibite (temporaneamente) con regio decreto nel 1836 con la seguente motivazione: «Considerato che le corride di tori sono un divertimento barbaro ed improprio per una nazione civilizzata, ed inoltre che spettacoli simili hanno l’unico effetto di abituare gli uomini al crimine ed alla ferocia, e desiderando io rimuovere tutte le cause che possano impedire o ritardare lo sviluppo morale della nazione portoghese, decreto che da ora in avanti sono proibite in tutto il Regno le corride di tori».

Per quanto oggi la tourada sia totalmente avversata dalla metà  della popolazione3 , gode ancora del forte apprezzamento e sostegno da parte di almeno il 30% di essa (si stimano circa 700.000 spettatori paganti all’anno e circa 2000 Tori uccisi), di moltissimi turisti e di tanti emigrati portoghesi quando tornano nella madrepatria. Inoltre, vi è il fortissimo supporto pubblico e privato (sovvenzioni, associazioni pro tauromachia, emittenti televisive – anche pubbliche -, siti web e riviste dedicati, importantissime aziende che hanno interessi diretti negli introiti delle corride4 ). A quanto appare dai dati conosciuti e dalle conversazioni avute nel corso del viaggio, vi è sicuramente una fortissima componente di orgoglio nazionale e tradizionale nel sostegno alla tourada, (come dimostra il grande apprezzamento riscosso dalle touradas presso gli emigranti quando tornano in madrepatria per le vacanze) e il pubblico pare più interessato a una affermazione di orgoglio tradizionalista5 che alla visione della tortura di un Toro (la sua morte fa parte appunto delle “tradizioni” del Paese, al di là  della “pena” che si può provare per la sua sorte).
Sebbene negli ultimi anni vi sia stata una contrazione degli spettatori, non è da escludere un’inversione di tendenza: la lobby della tourada sta promuovendo la pratica con la pubblicità  e con idee quali le arene mobili prefabbricate (che possono essere portate anche in paesi sprovvisti di arene): il sistema pare funzionare e attirare nuovi spettatori paganti. Tra coloro che sono avversi alla tourada (tra cui moltissimi giovani, e in Portogallo è da notare che spessissimo chi è giovane, cosmopolita, istruito e con interessi creativi o intellettuali è vegetariano o vegano) vi sono coloro che hanno sviluppato una lotta civile e organizzata: tra questi spiccano l’associazione nazionale Animal6 e alcuni gruppi spontanei nati in città  in cui si sta cercando di impiantare la tourada, come Marinha Grande7 .
Abbiamo avuto la possibilità  di partecipare a una manifestazione anti-tourada il 12 agosto 2010 presso l’arena di Lisbona, di poter intervistare la presidentessa di Animal, Rita Silva, e una rappresentante del movimento spontaneo di Marinha Grande, Ana Malta (nell’occasione è stato letto anche un comunicato della Veganzetta8 ).
Oltre a quanto descritto nel presente reportage, dalla conversazione è emersa una questione di grande interesse: esiste dunque questo legame tra esaltazione dello sfruttamento animale e la situazione portoghese? Ovverosia, è legittimo il dubbio che la pratica della tourada crei una sorta di rallentamento nello sviluppo di una sensibilità  sociale verso l'”altro” (nel caso specifico gli altri Animali)?

La sensazione è che il continuo show di torture spettacolari, uccisioni, cadaveri di Animali, tenga il livello della sensibilità  sociale (più che individuale) piuttosto basso, rendendo superfluo e assolutamente fuori luogo (agli occhi di moltissimi) solo accennare, ad esempio, al veganismo o a concetti di pari dignità  tra le varie specie: sarebbe come discutere del problema morale della violenza sulle minoranze etniche mentre si è in una trincea di una guerra mondiale. La questione non è da poco: un problema ancillare (la tourada rispetto ai mattatoi è un nonnulla) potrebbe invece essere focale per modificare la cultura di dominio.
Rita Silva, di fronte alla questione della tourada come “blocco” dello sviluppo di una cultura antispecista in Portogallo, in virtù della sua esperienza sul campo alla fine ci ha risposto: «sì, effettivamente sì».

Andrea Furlan


Note:

1) Per dovere di cronaca, nello stesso centro commerciale vi era un reparto di alimentazione vegetariana e vegana che farebbe invidia a un negozio specializzato italiano.
2) Video: http:// www.youtube.com/watch?v=415iEbS791c
3) Per la precisione dal 50,5% secondo il sondaggio nazionale realizzato in Portogallo da Metrix nel febbraio/marzo 2007.
4) Ad esempio la oligopolista Sagres, produttrice della birra più diffusa nel paese. Le emittenti televisive RTP (pubblica) e TVI.
5) Interessante riguardo a questo la lettura data all’abolizione delle corride in Catalogna nell’articolo “La corrida nel labirinto del Minotauro” di G. Gutierrez, Internazionale n. 864, anno 2010, p. 90.
6) www.animal.org.pt
7) http://mgranti-touradas.blogspot.com
8) www.veganzetta.org/?p=626


Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Inverno 2010 / n° 2 del 31 dicembre 2010, p. 3


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