Cos’è il “pubbli-specismo”?


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pubblispecismo

Gli animali esistono su questa Terra per se stessi. Non sono stati creati per gli umani, così come i neri non sono stati creati per i bianchi né le donne per gli uomini

Alice Walker

Fonte: antipub.org 1

Il “pubbli-specismo” è il risultato dell’incontro tra due flagelli della nostra società: la pubblicità e lo specismo.
Lo specismo è la discriminazione arbitraria basata sul criterio della specie, responsabile della perdita di migliaia di vite ogni anno.
Gli interessi fondamentali degli animali non umani (l’interesse a non soffrire, a vivere la propria esistenza liberamente, etc..) sono totalmente ignorati se entrano in conflitto con gli interessi umani.
Ad esempio, specismo è il processo che giustifica il fatto che vita e benessere di un maiale, animale sensibile e intelligente, valga meno del piacere di un qualsivoglia umano a godere del piacere di assaporare il prosciutto.
Diamo per certo che gli esseri viventi non umani siano degli “esseri inferiori”, dei “sotto-esseri”; ma la specie non è un criterio di valutazione più valido del colore della pelle o del sesso per determinare come dovremmo considerare gli interessi di un altro individuo dal momento che i suoi interessi sono importanti di per sé.
Così lo specismo diviene sostegno del carnismo, secondo cui è normale, naturale e addirittura necessario mangiare prodotti derivati dallo sfruttamento degli animali. Questo discorso è ampiamente diffuso nella nostra società e riconosciuto come legittimo dalla maggior parte di noi.

La pubblicità gioca un ruolo molto importante nella diffusione di questa ideologia pervasiva: impone i suoi standard, detta il nostro comportamento, sceglie per noi cosa è normale o cosa non lo è.

Ci fornisce soltanto una visione parziale dello sfruttamento degli animali, giocando sui valori consensuali e sulle emozioni (la tradizione, il piacere, la ricchezza, la semplicità, la tenerezza…) ci manipola e soffoca le potenzialità del nostro spirito critico.

Attraverso la pubblicità, gli animali sono ridotti alla loro materialità e considerati come “oggetti di consumo”: non sono esseri senzienti, ma bistecche, cosce, prosciutti, pancetta, braciole, filetti.
La loro individualità viene completamente negata, sono solo e unicamente risorse a nostra disposizione.
La pubblicità è quindi un pilastro centrale di oppressione specista, attraverso continue ripetizioni e assistendo a comportamenti standardizzati, alla fine abbiamo interiorizzato che sia normale, addirittura banale mangiare un animale allevato a questo scopo o consumare quello che egli “produce”.

Questa idea secondo cui sarebbe insito nello scopo della loro vita essere utilizzati dalla specie umana, si cristallizza nel concetto di “cibo suicida” (in inglese nel testo “suicide food”, N.d.T.); gli animali sono a nostra disposizione, si offrono a noi e condiscendenti compiono la loro missione di beni di consumo. Secondo questa teoria, sarebbe così tanto insito nella loro natura esserci utili che non ci sarebbe neppure bisogno di costringerli!
pubblispecismo1Gli animali non umani sono abitualmente rappresentati come strumenti, mezzi per uno scopo a loro estraneo; il valore della loro esistenza è ridotto alla loro capacità di produzione.

Anche se ogni animale è un individuo unico con una esperienza e percezione del mondo soggettiva e a sé stante, la pubblicità tende a de-individualizzarli facendo riferimento a un “animale-oggetto”, una sorta di astrazione inerte, passiva e senza interessi particolari.

Il modo in cui gli animali vengono utilizzati dalla pubblicità richiama per molti versi il “pubbli-sessismo”: gli individui sono rappresentati principalmente come corpi da consumare e di cui appropriarsi.
E’ interessante notare che il linguaggio pubblicitario utilizza molti parallelismi tra la carne e le donne, a volte identificandole addirittura in una pratica che potremmo definire “carno-sessismo”.

Oggi gli esseri viventi non umani sono merci (che si possono vendere, comprare e mangiare) i loro interessi non vengono presi in considerazione o addirittura sostanzialmente negati.
pubblispecismo2La pubblicità è parte di questa violenza, riducendo animali a oggetti, contribuisce al perpetuarsi del loro sfruttamento.
La presenza di animali nella pubblicità è solo simbolica. È la loro completa assenza come esseri senzienti ad essere tristemente reale.

La pubblicità cristallizza l’alienazione degli animali non umani e dimostra concretamente il disprezzo che abbiamo per loro.
Esiste quindi una reale difficoltà a mettere in discussione lo specismo in un ambiente profondamente carnista.
Resta necessario cambiare la percezione che abbiamo degli animali, che sono esseri senzienti, con i propri interessi e preferenze.

Bisogna ricordare che la loro vita appartiene a loro ed è necessario includerli nel nostro circolo morale. La pubblicità, ancora una volta, è un ostacolo al progresso morale e sociale.
Il suo modo di presentare gli animali non umani come oggetti perpetua la discriminazione arbitraria nei loro confronti.
Le violenze e le ingiustizie subite dagli animali non-umani non potranno essere limitate finché la propaganda carnista continuerà a essere supportato in maniera istituzionalizzato attraverso la pubblicità.

La pubblicità è un discorso ideologico che porta a non vedere più la realtà della vita, i valori della vita, le dimensioni dell’essere e gli altri se non come delle merci che si producono e si vendono

François Brune


Traduzione dal francese a cura di Ada Carcione per Veganzetta


Note:

1) L’associazione denominata “R.A.P. RESISTANCE A L’AGGRESSION PUBLICITAIRE”, nata ufficialmente nel 1992 e con distaccamenti in 7 città francesi, si pone come obiettivo quello di combattere contro gli effetti negativi della pubblicità.

Agisce in termini legali, organizzando oltre al costante osservatorio, iniziative di divulgazione e talvolta di denuncia relative all’abuso del mezzo pubblicitario le cui conseguenze ricadono sui cittadini e sull’ambiente e, talvolta, violano le leggi vigenti in materia.

Sul sito dell’associazione (in lingua francese) sono reperibili documenti e approfondimenti sui temi più svariati, dal sessismo alla violenza nonché molti consigli di “autodifesa” che, sebbene sviluppati sulla base dell’esperienza francese, possono essere utili anche in Italia per rendersi conto della concreta influenza della pubblicità sulle nostre vite e sulle nostre scelte e per svincolarci da questa influenza di cui non sempre siamo coscienti.

Fra i numerosi approfondimenti, uno è stato dedicato al “pubbli-specismo”, ovvero al risultato dell’incontro fra pubblicità e specismo e all’immagine pubblicitaria degli Animali, visti come oggetti di consumo.


Materiale utile
antipub.org 
suicidefood.blogspot.fr
publispeciesism.tumblr.com


Tutte le immagini riportate in questo articolo provengono dal sito web antipub.org distribuire con licenza Creative Commons BY-SA


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4 Commenti
  1. Paola Re ha scritto:

    Molto interessante questo articolo. Tutto vero. E se la pubblicità ha come destinatario un pubblico di età infantile, è vero al quadrato!
    Intanto si avvicina il 1 Maggio, giorno a partire dal quale non ci sarà più pubblicità su RAI YOYO, canale RAI per bambini, e sarà presto tolta anche dai canali culturali RAI STORIA e RAI 5
    http://www.dday.it/redazione/18269/ufficiale-via-la-pubblicita-da-rai-yoyo-dal-1-maggio-2016
    E’ un piccolo passo avanti, sperando che i cartoni animati siano almeno decenti.
    Resta il fatto che la pubblicità altrove non cambierà certo stile, anzi, si fa sempre più viscida e subdola.

    24 Aprile, 2016
    Rispondi
  2. Roberto Contestabile ha scritto:

    Indubbiamente il connubio “specismo-pubblicità” è intrinseco! Da secoli l’essere Umano si adopera per meglio utilizzare a proprio piacimento tutte le risorse viventi, ma nell’ultimo secolo così pieno e valorosamente ricco di innovazione teconologica egli ha dato il meglio di sè per esaltare questo concetto di supremazia e potere. Bisogna anche sottolineare che esiste da così poco tempo per considerarlo abile alla sopravvivenza, quindi non è ancora possibile prevedere un progresso mentale utile alla salvaguardia di tutte le specie. Non oggi e non con questi sistemi così ingannevoli che creano invece morte e devastazione.
    La crescita infinita dettata da rigide regole capitaliste avrà certamente un termine abbastanza precoce. 200 miliardi e forse più di Animali uccisi ogni anno a fronte di 7/8 Umani…sono un confronto insostenibile, e non solo in base ad un concetto di nutrizione.

    25 Aprile, 2016
    Rispondi
  3. Rob Benatti ha scritto:

    In Francia esistono da tempo gruppi e collettivi di elaborazione antispecista che personalmente ammiro. E’ come se fossero in grado di vedere più in alto e più lontano. Tutto l’articolo è attraversato dai concetti marxisti di “merce”, di “alienazione” e di “oggettivazione”. E’ assolutamente evidente la relazione tra industria della carne e mercificazione degli animali, non per caso si definiscono “animali da reddito”. E’ altrettanto evidente che se c’è un reddito, ci sono anche investimenti, finanziamenti, profitti. Da qui il ruolo della pubblicità che collabora al processo di mercificazione di massa degli animali. Tanto che sul versante opposto anche l’animale cosiddetto domestico è oggetto di mercificazione: farmaceutica, veterinari, cibo, crocchette, accessori… In effetti, a ben guardare, entrambe le facce della medaglia sono componenti dello specismo. Laddove la prima faccia dello specismo è crudele e violenta, mentre la seconda faccia della medaglia è funzionale alla prima. Grazie per l’articolo!

    26 Aprile, 2016
    Rispondi
  4. cristina beretta ha scritto:

    A ben pensarci, tutta la baracca dello specismo si regge proprio sui messaggi pubblicitari reificanti, siano essi finalizzati al consumo dei corpi animali, come di qualsiasi altro consumo alternativo, compreso il fenomeno di moda veg, in cui il referente animale è assente. E’ l’idea che sarebbe in nostro potere guardare al mondo con la finalità di utilizzarlo secondo schemi prefabbricati e addirittura pubblicamente condivisi, a opacizzare il nostro sguardo, rendendoci infine ciechi.
    Ottimo articolo!

    27 Aprile, 2016
    Rispondi

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