Che fine ha fatto il Pinguino africano?


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Il fotoreporter Thomas P. Peschak ha fatto questo scatto nel marzo del 2017 nell’isola di Halifax in Namibia1 e l’anno successivo è stato premiato al World Press Photo. L’immagine mette a confronto una vecchia fotografia (si tratta di una diapositiva del 1890) che ritrae una colonia di Pinguini africani, con la realtà attuale nello stesso luogo. Come si può vedere il numero di Pinguini africani della colonia è nettamente diminuito. In realtà si può dire che la colonia è quasi scomparsa. D’altra parte come potrebbe essere diversamente se si considera che il Pinguino africano, una volta l’Uccello marino più diffuso dell’Africa australe, è ora in via di estinzione?

Oggi, nella maggior parte delle zone, sopravvive solo il 2,5 per cento della popolazione di Pinguini di circa 80 anni fa. In pratica, in meno di un secolo, abbiamo sterminato una cifra che oscilla tra l’80 e il 97,5 per cento di tutti i Pinguini africani presenti nel pianeta, riducendo inoltre il loro tasso di natalità del 50%2.
E non è andata meglio neppure al Pinguino Imperatore dell’Antartide. Nonostante il nostro minor impatto nel continente di ghiaccio, siamo comunque riusciti a cancellarne quasi il 50% e il Pinguino imperatore potrebbe addirittura estinguersi entro il 2100. Come abbiamo fatto? Per quanto riguarda il Pinguino africano prima di tutto ci siamo impossessati del guano per produrre fertilizzanti, fondamentale per la nidificazione dei Pinguini, poi abbiamo utilizzato le uova per dar vita a presunti piatti prelibati molto richiesti e infine abbiamo pescato fino alla quasi totale scomparsa, le Acciughe e le Sardine della costa che sono il loro nutrimento di base.
Facile no? In Antartide invece ci è “bastato” innalzare le temperature e ridurre così il ghiaccio. I Pinguini non potevano certo passare indenni da tutto questo.

E ora?

E ora come al solito dovremmo cercare di correre ai ripari, ma, come al solito, di correre ai ripari se ne farà solo un gran parlare e basta. In pratica invece l’inversione di tendenza necessaria a riparare i danni causati resterà probabilmente molto teorica, quasi un desiderio e poco più. Non è pessimismo, è che raramente le cose fino a oggi sono andate in modo diverso da così.

Francesco Cortonesi

Note:
1) www.worldpressphoto.org/collection/photo/2018/environment/thomas-p-peschak
2) Fonti consultate:
https://books.google.it
www.repubblica.it/ambiente
https://scienze.fanpage.it
www.africarivista.it


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Un commento
  1. Paola Re ha scritto:

    Quando si confrontano le foto del prima (mica tanto prima) e del dopo viene da piangere: animali, foreste, ghiacciai, coste…
    La specie umana è il cancro del pianeta Terra. E gli altri pianeti stiano all’erta perché arriverà pure lì.

    12 Febbraio, 2019
    Rispondi

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