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Decrescita e antispecismo: due compagni di strada
Vivere la decrescita: un libro per una decrescita antispecista
Crescita illimitata (della produzione, dei consumi, della popolazione, dei territori occupati, di tutto) come pratica dominante nelle attuali società industrializzate e specismo, o antropocentrismo (e in generale visione gerarchica dei rapporti fra i viventi), come visione del mondo nata per giustificarla: sono due pezzi di un’unica cosa, di un unico meccanismo che, oggi come non mai, ha raggiunto livelli estremi di efficienza e devastante attivismo. Due pezzi indivisibili perché ciascuno ha bisogno dell’altro per continuare a esistere, tanto che è impensabile attaccare l’uno continuando ad ammettere l’altro. Eppure è ciò che oggi avviene: da una parte abbiamo l’idea antispecista, chiusa nel bozzolo della filosofia morale e delle sue argomentazioni, tanto irreprensibili quanto vane perché non è la filosofia che forma il mondo ma se mai il contrario. Un’idea che, dall’interno di quel bozzolo, non ha mai sentito il bisogno di formulare alcuna ipotesi di critica sociale e dunque, infine, nessun progetto attuativo*. Dall’altra il movimento per la Decrescita, fortemente impegnato a promuovere un insieme di pratiche alternative e sostenibili ma inconsapevole del fatto che solo in una società umana che ha rimosso dal suo immaginario il tumorale mito antropocentrico esse possono attecchire come una prassi naturale piuttosto che esser viste come un ripiego posticcio, una costrizione da attuare a denti stretti sotto la spinta del disastro ecologico globale.
Dall’esigenza di fare un primo passo per rimuovere questa incomunicabilità è nato il libro Vivere la Decrescita, da poco uscito presso le Edizioni per la Decrescita Felice del Gruppo Editoriale Italiano. Il filo conduttore dell’opera è la narrazione di una ormai lunga esperienza personale di autoproduzione di beni di consumo e servizi. Questa è la pratica base della Decrescita perché rappresenta il primo gradino dell’uscita dal meccanismo del mercato e dunque dalla dipendenza totale dell’individuo dalla società della crescita. Il discorso però viene progressivamente allargato fino a spingersi a più riprese ad abbracciare la scala planetaria. Destinato al pubblico della Decrescita, si può dire che esso è stato scritto tentando di fare propria la più classica regola della buona comunicazione: partire dalle premesse condivise (e nel far ciò, naturalmente, rendere esplicito che tali premesse ci sono). La pratica dell’autoproduzione ne rappresenta dunque il filo conduttore ma il libro porta a più riprese il discorso verso una visione concretamente altra del rapporto fra sé e il mondo vivente non umano. L’intento è quello di condurre gradualmente il lettore, partendo dalla sua ottica ecologista, verso una visione non più viziata dal dualismo Umano-ambiente bensì orizzontale e paritaria nella quale l’Umano è visto come membro di una rete indivisibile di comunità viventi in cui è pienamente immerso.
Per 12 dei suoi 15 capitoli il libro, pur con l’impostazione sopra detta, si mantiene entro gli argomenti classici della Decrescita, senza che per ciò esso debba risultare di minore interesse per chi si riconosce nell’antispecismo. Quegli argomenti infatti sono da considerarsi fondanti per qualunque ipotetica società che inglobi una visione non specista nel suo modello culturale. Nel tredicesimo capitolo viene affrontato il tema della devastazione ambientale provocato dall’industria della carne, tema “stranamente” taciuto anche nei più rigorosi ambienti ecologisti. Il capitolo successivo compie il passo finale svolgendo un percorso concettuale che, a partire dalla genesi dell’antropocentrismo, deduce dai principi della Decrescita la necessità del superamento dell’antropocentrismo stesso. Il capitolo conclusivo torna infine ai temi classici della Decrescita, suggerendo con ciò al lettore che da essa non siamo mai usciti, che tutto, compreso il no all’antropocentrismo, è interno a essa, e che ne è dunque un mattone necessario.
Filippo Schillaci
Note della Redazione:
* Per correttezza e trasparenza abbiamo pubblicato per intero il testo fornitoci anche se in qualità di vegani antispecisti siamo in assoluto disaccordo sul giudizio fornito dall’autore. Se è vero che l’antispecismo si connota come linea di pensiero problematica ed ancora in pieno sviluppo, è anche vero che il pensiero antispecista è da ritenersi quanto di più critico ed alternativo all’attuale modello sociale umano vigente. Dai bozzoli nascono tante farfalle: una di esse è la Veganzetta
Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Anno III / n° 2 del 18 giugno 2009, p. 2
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