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La copertina del numero di settembre 2014 della rivista mensile di business Millionarie propone una ragazza bionda, sorridente e nuda, con il corpo completamente dipinto a mo’ di globo terracqueo, e con un cartello che le copre il bacino. Si potrebbe pensare alla solita trovata pubblicitaria sessista che usa il corpo delle donne per attirare l’attenzione (e lo è infatti), ma questa volta c’è anche un elemento in più che vale la pena analizzare: il cartello riposta in inglese la scritta “salva la Terra: diventa vegan“.
Che succede? Uno dei più famosi mensili italiani di business che si occupa di idee e risorse per lanciare nuove attività produttive, commerciali e speculative, si è trasformato in un opuscolo informativo sul veganismo? Nulla di tutto ciò.
Lo speciale dedicato a una fantomatica “rivoluzione vegana” consiste in una serie di indicazioni – sensate dal punto di vista capitalistico – sul come fare soldi sfruttando la moda dilagante del veganismo: “10 idee su cui puntare” suggerisce Millionarie. Dieci soluzioni per far soldi con le persone vegan. La trasformazione è compiuta, lo sdoganamento è totale: il veganismo non infastidisce o preoccupa più nessuno (tranne qualche dietologo o alimentarista prezzolato dalle aziende del comparto zootecnico o alimentare preoccupate della diminuzione di fatturato, o qualche regista in malafede in cerca di notorietà), l’idea vegan è una rivoluzione spuntata, innocua e accondiscendente, un fenomeno dilagante che interessa sempre più il mondo della produzione e del commercio, perché foriero di nuove opportunità per “fare soldi”. Nasce una nuova figura nel firmamento delle aziende della piccola e grande produzione: il vegan-consumatore (o la vegan-consumatrice per par condicio), una figura chimerica che fonde finalmente le caratteristiche del consumatore medio, con una patina etica che nobilita tutto ciò che ammanta: un prodotto vegano fa bene alla salute, alla Terra, agli Animali, e alle tasche di chi lo produce e lo commercializza a prezzi esorbitanti. Un consumatore “etico” dalla coscienza finalmente pulita e leggera, che può comprare e consumare con l’errata ma incrollabile convinzione che finalmente qualcosa di giusto viene fatto per gli altri, senza modificare di una virgola le nostre abitudini, senza rinunciare a nulla, e senza mettere in discussione l’impianto di base di una società del dominio, dei consumi e dello sfruttamento, che approfitta di ogni nuova occasione – anche quelle che vengono impropriamente chiamate rivoluzioni – per trarre nuovi stimoli per prosperare.
Chi pensa che questo sia l’inevitabile scotto da pagare per modificare il nostro rapporto con altri Animali, sbaglia enormemente, basti pensare per esempio a cosa significa l’olio di palma per milioni di Animali cacciati dalle loro zone di origine, uccisi o imprigionati, il tutto per ottenere uno degli ingredienti immancabili anche nella formulazione dei prodotti vegan; senza parlare poi delle devastazioni ambientali, delle stragi di Animali e dello sfruttamento dei suoli causati dalle produzioni estensive e iper-meccanizzate di vegetali per l’alimentazione umana.
Un sistema basato sull’interesse economico, e non sull’individuo non potrà mai essere un sistema giusto ed equo con i viventi, ciò a prescindere che esso sia contraddistinto da una pratica vegana o meno. Il vegan-consumismo nato e foraggiato per scopi quasi esclusivamente egoistici (la nostra salute, la nostra forma fisica, la lotta alle nostre cosiddette malattie del benessere, l’ecosistema da tutelare perché utile alla nostra sopravvivenza), diviene l’elemento cardine di un nuovo tipo di capitalismo: il vegan-capitalismo, basato su premesse etiche di facciata (e quindi ancora più pericoloso), ripulito e votato, come sempre, al guadagno.
Millionaire tutto ciò lo ha capito bene, come lo hanno già capito in molte/i; chi ancora stenta a capirlo paradossalmente sono le persone vegane, così felici e soddisfatte di trovare finalmente un’alternativa percorribile all’alimentazione carnea, inconsapevoli del fatto che stanno divenendo meramente una nuova categoria di consumatori da soddisfare in una società sempre più multiforme e sfaccettata, ma che obbedisce sempre e solo alle medesime ferree logiche di sempre. Con il veganismo molte persone, gruppi e azienda faranno soldi a palate, chi non starà meglio saranno come sempre gli Animali (ammesso e non concesso che la loro sorte davvero interessi alle nuove moltitudini di vegan) che, se non perderanno la vita in un macello, la perderanno in altri modi, o saranno costretti a vivere miseramente come prima seppur (forse) in numero ridotto rispetto alle ecatombi attuali. Ma questo – qualora effettivamente si avverasse – è davvero ciò per cui abbiamo lottato per tanto tempo? E’ realmente ciò che Donald Watson fondatore del veganismo moderno (etico e non dietetico) sperava? Sicuramente no. Per sua fortuna è morto da tempo, e si è risparmiato la pena di assistere a una deriva, che sa tanto di svendita al miglior offerente, di un’idealità.
In apertura: copertina della rivista Millionaire di settembre 2014
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concordo con il vostro punto di vista, purtroppo molti di noi si concentrano sulla questione alimentare, dimenticando che il problema sta alla base della nostra società, sognano una vita facile fatta di supermercati e ristoranti alla nostra portata, senza chiedersi cosa davvero succederebbe se la cosa si avverasse, quante risorse dovremmo sfruttare, quante colture intensive, quanta distruzione? siamo consumatori e stiamo alimentando le industrie e le lobby, non saremmo più una spina nel fianco se ci accontentiamo della varietà di prodotti messi in vetrina.
Ciao Ambra,
Ciò che dici è purtroppo assolutamente vero.
Sicuramente è comprensibile che le persone siano contente di trovare prodotti adatti ai vegan, ma a quale prezzo?
In fin dei conti non dovremmo assolutamente chiedere rispetto e diritti per noi, ma rispetto e libertà per gli Animali e per chi viene sfruttato a causa dei nostri comportamenti come singoli e collettività.
L'”opzione vegana” nei ristoranti, o nei bar, o nei supermercati è un fallimento, non una vittoria: significa che il sistema (lo stesso che stermina, tortura e domina miliardi di Animali ogni giorno), si è accorto di noi, si è accorto che stiamo crescendo di numero, e ci usa per creare nuove opportunità per crescere. Essere vegan significa obiettare, protestare, non prendere parte a ciò che reputiamo sbagliato, ma se d’ora in poi ci sarà sempre una soluzione sotto forma di beni, servizi e prodotti anche per noi, la nostra protesta non servirà più a nulla.
Focalizzando il problema sui diritti della minoranza vegan, si perde di vista il vero scopo del veganismo: non impattare sugli altri.
Ecco, ci mancava solo questa :/
Come sempre il problema viene dall’interno, visto che anche chi si dichiara enfaticamente vegan etico/a non fa il minimo sforzo di informarsi (ed informare). Il caso olio di palma è emblematico: vero che è vegan, ma causa morte e distruzione.
Purtroppo non siamo una forza tale da spostare equilibri economici, ma io non me la sento di applaudire l’arrivo sul mercato di prodotti “vegan”, in realtà creati solo per gli intolleranti, perché non considero vegan qualcosa che comporti un danno ad altri (animali umani o non umani, il pianeta).
Non è estremismo, è coerenza. E secondo me è il minimo che ci si possa aspettare
Come in tutte le cose l’uomo coglie l’opportunità di un guadagno….ma l’altra parte della medaglia è anche far conoscere ai media cosa c’è realmente dietro allo stile di vita Vegan….e allora ben venga la pubblicità e purtroppo anche il resto…..meglio che se ne parli,
quanta gente ha iniziato un percorso solo per “moda” e poi ha finalmente capito e ha trasformato se stesso.
ciao
Sinceramente questo articolo mi ferisce molto perché in quel numero si parla anche della mia attività. Prima di tutto bisogna fare dei distinguo tra le grosse aziende o gruppi o multinazionali che fiutano il business e decidono di approfittare della crescente domanda di prodotti vegetali e un vegano come me che cerca di crearsi un mestiere dalla sua creatività diffondendo le idee in cui crede non solo nella forma ma anche nella sostanza: non prendo una maglietta in cotone spruzzato di pesticidi che ha ammazzato flora e fauna e ci scrivo sopra vegan per fare fessi i vegani stregati dal capitalismo green, io scelgo cotone biologico fairtrade che non sfrutta la manodopera, prodotto con energia solare ed eolica e lo stampo con i colori più sostenibili e usando prodotti per la pulizia a base vegetale. Lo faccio perché sono vegana, perché amo disegnare, perché non avevo un lavoro, e non faccio del male a nessuno mentre lo faccio. Ho sempre fatto attivismo, organizzo eventi e benefit, sono vegana esclusivamente per etica e non credo di dovermi vergognare del mio lavoro. Come grafica e serigrafa rifiuto tutti i lavori per clienti che hanno a che fare con lo sfruttamento animale, non credo che le mie scelte mi portino a fare un sacco di soldi ma semmai il contrario e oltre a dover combattere con le tasse, le bollette, la gente che non paga, le scadenze, lo stess e la paura di fallire tocca combattere anche con i vegani duri e puri. Tutti dobbiamo lavorare, se avessi un negozio di abbigliamento-spazzatura tossico pieno di formaldeide, pvc e ftalati sarei più dignitosa perché non sfrutto la causa? Sinceramente il taglio della rivista non piace neanche a me, ma cosa vogliamo pretendere da una rivista di economia e business? Ovviamente quando mi hanno intervistata ho parlato anche di etica ma loro tagliano e cuciono come pare a loro, non per questo devo essere messa in croce. Ovvio che io accetti di essere intervistata, è pubblicità gratis. Un sacco di soldi? Sapete cosa significa fatturare 25 mila euro all’anno in italia? Sapete cosa mi rimane in mano? E in più mi tocca anche sentirmi sporca. Sapete, se avessi una casa regalata da mamma e papà in campagna con ettari di terreno starei lì a fare autoproduzione dal tofu alle mutande, ma purtroppo ho da pagare affitti e bollette e in ogni caso anche chi fa quella vita ogni tanto compra qualcosa e non credo che vada a controllare tutta la filiera. Qui siamo arrivati a un punto in cui si preferisce dare i soldi a un discount o supermercato qualunque che a una persona che vuole coniugare la sua scelta etica al lavoro. Se avessi una pellicceria avrei meno critiche…
Bisognerebbe andare in fondo alle cose e capire la differenza tra la Coop che fa gli hamburger di soia e li mette accanto a quelli normali e i piccoli, piccolissimi imprenditori vegani che aprono ristoranti o negozi lottando ogni giorno e facendo scelte anche non concorrenziali pur di non vendere merda ma prodotti etici, persone che fanno le loro battaglie per gli animali, ognuno a modo suo, e che non devono essere bollate come commercianti e basta.
Cara Chiaralascura,
Tu scrivi: “Bisognerebbe andare in fondo alle cose” e dici bene. Hai letto accuratamente l’articolo? Non ci sono accuse dirette a persone umane come te.
Questo articolo ti ferisce forse perché nemmeno tu ti sei sentita a tuo agio ad essere intervistata da un periodico del genere. C’è pubblicità e pubblicità non credi?
“Ovviamente quando mi hanno intervistata ho parlato anche di etica ma loro tagliano e cuciono come pare a loro“, ti aspettavi qualcosa di diverso?
Nessuno vuole crocifiggere chi è vegan e deve lavorare per campare – nemmeno chi ti scrive ha ereditato nulla – l’importante è che la questione etica rimanga sempre in primo piano. Ci sono persone umane vegane che fanno ciò che fanno per convinzione e pensando sinceramente a un cambio culturale, altre che sfruttano l’occasione per fare affari. Essere vegan non significa automaticamente liberarsi da sovrastrutture mentali che ben conosciamo. Su questo sito web si discute, non ci sono processi: è una questione di coscienza individuale.
I tuoi esempi su negozi con prodotti spazzatura e pellicce lasciano il tempo che trovano. Tu hai fatto delle scelte, come tutti, e come tutti hai diritto a esprimere la tua visione e la tua idea, ma lascia che anche gli altri possano fare altrettanto: come giustamente affermi ciascuno a modo suo fa le proprie battaglie per gli Animali, e questo non significa per forza che ti si debba attaccare direttamente, ma che è legittimo esprimere una forte preoccupazione su ciò che sta accadendo.
E io sono “la pasticcera menzionata nell’altro articolo” : Silvia. 5 anni fa quando facevo pasticceria tradizionale mi sono resa conto dell’impatto di una pasticceria. Dopo la macelleria e’ decisamente l’attivita’ tra le piu’ incriminabile per l’uso IMPRESSIONANTE di derivati animali. Ma a un dolce si rinuncia malvolentieri, come a molte altre cose del resto..
Non avevo scelta: o cambiavo lavoro; o cambiavo i pasticcini.. pronti a tutto abbiamo tentato la seconda strada: e oggi a differenza di 5 anni fa molta piu’ gente mangia dolci vegan. Ora: questo mi pare il successo di cui gioire.. invece di accusarli di andare dietro ad una moda proviamo ogni tanto a essere meno polemici e sentirci meno superiori di chi vegan ancora non e’ e finiamola con lamentarci di tutto sempre! viviamo in una societa’ , in citta’ dove il tempo per l’autoproduzione o simili e’ ancora lontana dalla diffusione, quindi quale migliore arma che sostituire (almeno per iniziare) un’abitudine onnivora con una vegan? Ho sentito lamentarsi di non trovare mai nulla da mangiare , e adesso ci si lamenta che si trova di tutto.. ma come volete che si diffondano i pensieri? le idee? le abitudini? In questo caso il giornale menziona ARTIGIANI e non lobby o multinazionali quindi questo articolo ( nonostante vi segua sempre) e’ fuori luogo: insomma se uno nella vita e’ cuoco… non puo’ diventare un cuoco vegan ma deve diventare cosa? meccanico anonimo? Nel nostro caso non abbiamo fatto di una moda un mestiere ma di un mestiere una linea diretta con la nostra scelta. Le battaglie si fanno anche cosi’, mettendosi in gioco. Quando si parla di lavoro si innescano tutti i meccanismi insiti nel commercio! Ma se piu’ gente mangia vegan, assaggia il vegan, parla del vegan non puo’ essere un male, siamo all’inizio , preferiamo forse che non se ne parli? ci sono numerose persone al mondo a cui degli animali non frega nulla.. ma della loro pellaccia si .. e le cose cambieranno ancora, sono all’inizio si devono assestare. Siete giornalisti quindi non vi devo raccontare i meccanismi di testate come MIllionaire, ma sapevo , quando sono stata contattata che ci sarebbero stati vegani contrari (ormai ci sono sempre per ogni cosa), perche’ se di vegan ne parla Terra nuova (ad esempio) che non e’ vegan, ci piace, se lo fa una rivista diversa ( che parla di business ad esempio) per qualche motivo no. chi ha piu’ pregiudizi? Non ci sta bene che anche realta’ diverse si interessino a noi? Sono Una di quelle contrarie alla scelta salutista.. ambientale..etc, qui ci si fa in 4 per gli animali in mille e passa modi. e NON SIAMO RICCHI ne lo stiamo diventando anzi! non avete idea degli sforzi immani per stare in piedi.. c’e’ un detto: ” chi non fa non sa”. In questo caso Voi non sapete appunto: E vi assicuro che con un negozio pubblico come il nostro o i messaggi di una maglietta si fa molto di piu’ per la causa di un articolo distruttivo come questo. Inoltre avendo a che fare con il pubblico siamo noi che possiamo essere il barometro del cambiamento e di come sta avvenendo . La moda sta confondendo e ingannando molti tra imprenditori e clienti.. ma tutto viene a galla, tutto. L’esempio della margarina e’ uno degli eccessi e spauracchi che ci rende incoerenti.. ma questa e’ un’altra storia …
E benvenuta Silvia,
Nessuno si sente superiore agli altri, questo lo si è detto mille volte su Veganzetta (che tu dici di seguire da tempo e quindi dovresti saperlo).
La critica è il sale di ogni questione morale, e se non siamo capaci noi vegan di fare autocritica tanto vale seguire la corrente e subire ciò che arriva. Avrai letto in passato che nessuno in questo luogo virtuale si lamenta di non trovare nulla da mangiare in giro, e mai su Veganzetta si è parlato di salute, cucina, cibo, dieta e altro, quindi almeno questo concedilo.
Come già detto a Chiaralascura la tua scelta l’hai fatta ed è legittima, come è legittimo avere una posizione e difenderla, lascia però anche agli altri la possibilità di farlo. L’unico articolo fuori luogo (e di molto) è quello pubblicato su Millionaire, inutile venirti a spiegare perché.
Tu scrivi “ci sono numerose persone al mondo a cui degli animali non frega nulla.. ma della loro pellaccia si .. e le cose cambieranno ancora, sono all’inizio si devono assestare“, ne sei sicura?
Ti si potrebbe rispondere: “ci sono numerose persone al mondo a cui degli animali non frega nulla.. ma della loro pellaccia si .. e per loro le cose non cambieranno mai“. Il veganismo è una visione altruistica della vita, non lo si può veicolare agli altri perché fa bene alla loro pellaccia.
La preoccupazione non è che tu abbia un negozio di dolci e viva di questo, assolutamente no, ma come la filosofia vegan viene percepita e comunicata. Non si tratta quindi di te o di Chiaralascura, o di altri che la pensano come voi, delle vostre attività e dei soldi che fate o non fate (che sono questioni che riguardano solo voi), ma dell’uso che il sistema economico e produttivo della nostra società specista intende fare del veganismo.
Chi ha ragione? Sarà il tempo a fornirci una risposta.
Che realtà diverse si interessino ai vegan va benissimo, ci mancherebbe, bisogna solo capire perché se ne interessano: se vedono nel fenomeno vegan un potenziale bacino di utenti compratori, permetti che qualche vegan non ne sia contenta/o e possa dissentire.
Veganzetta non è Terra Nuova.
“Chi non fa non sa” giusto anche perché non conoscendosi direttamente nemmeno tu sai nulla degli altri, e di cosa fanno.
Di sicuro un negozio come il vostro di messaggi ne veicola molti, bisogna intendersi però sul tipo di messaggio veicolato, e su come gli altri lo recepiscono. Con ciò non si intende dire che voi non sappiate fare bene il vostro lavoro o l’attivismo, ma che forse abbiamo visioni e scopi diversi.
Grazie per il tuo contributo.
Io ho letto attentamente ma mi sento comunque buttata in mezzo nel calderone delle “Dieci soluzioni per far soldi con le persone vegan” quando la mia storia è più un “cercare di stare a galla rifiutando lavori da dipendente o freelancer in cui dovrei fare la grafica a Sammontana e scegliere invece di rivolgermi solo a clienti con i miei stessi valori”. Non è una scelta comoda, facile e remunerativa, è una scelta molto difficile. Non mi sento a mio agio con nessun giornalista se è per questo, è difficile che vadano in fondo a qualcosa, però un articolo, anche il meno acuto, può suscitare curiosità e voglia di approfondire. Spesso le persone mi scrivono perché hanno letto un articolo e non è sempre per comprare una maglietta, anzi molte volte è per chiedermi i motivi della mia scelta o approfondire la questione animale. Quando dici che c’è pubblicità e pubblicità evidentemente non hai idea di cosa significhi cercare di emergere in Italia come azienda in modo onesto, senza soldi e senza agganci.
Chiaralascura,
Quindi tu vuoi dire che Millionaire non ha pubblicato l’articolo con l’intento di fornire a chi lo legge delle idee per fare soldi con il mercato emergente vegan?
C’è pubblicità e pubblicità, e chi ti risponde lo fa con cognizione di causa.
Fino a quando la vita umana sulla Terra si baserà su di un sistema capitalista ipnotico e fuorviante solo per le popolazioni borghesi, non potrà mai esserci un benessere comune utile e consapevole….tanto per l’uomo, l’animale, il pianeta stesso.
Profitto economico e consapevolezza non viaggiano paralleli…non oggi!
Premetto che non sono vegano.
Secondo me questo articolo ha il solo scopo di accaparrarsi utenza della cosiddetta specie “alternative per forza”.
Millionarie non ha fatto nient’altro che il suo lavoro, ovvero informare la gente che il mercato vegano è in forte ascesa e che è possibile buttarsi in questa fascia di mercato per ottenere dei guadagni data ancora la scarsa concorrenza(è una rivista di economia non è mica una rivista vegana).
Andare a contrastare anche piccole aziende vegane(e che lavorano nel rispetto delle vostre ideologie) mi sembra scusatemi il termine “stupido”, se volete rimanere in 3 gatti a salvare il mondo fate pure ma vi ricordo che il mondo è formato da miliardi di persone interconnese fra loro, lo so che è difficile da capire non utilizzando pc, cellulari, server e internet. Giustamente da bravi vegani quali siete usate solo le candele e affidate le vostre comunicazioni all’apparato epistolare, purtroppo tutti sappiamo quanto funzionino bene le poste italiane e quindi è ovvio che per voi ci vogliano mesi o addirittura anni prima che da un posto le notizie si propaghino sino a voi; molto probabilmente molti di voi pensano che la capitale d’italia sia ancora Firenze e che il dodo sia uno dei più belli uccelli della fauna muritius.
Aspetta, ora che ci penso stai usando internet e un computer costruito grazie allo sfruttamento di popoli poveri e pure l’elettricità che per essere generate inquina il nostro bellissimo pianeta….
La magia non esiste bello\a se vuoi cambiare il mondo lo devi fare pensando che ci vivono miliardi di persone e milioni di cretini, che le cose si fanno per passi e se vuoi vivere devi poter mangiare in qualche modo in più se lo fai pensando ai tuoi simili e perchè no anche ai tuoi conigli da compagnia tanto pucciosi non vedo quale sia il problema.
Non credere di essere figo\a ad essere un “VERO” vagano\a (che fra l’altro nessuno ha ben capito cosa voglia dire), questo è solo un meccanismo dell’uomo per auto salvaguardarsi perchè a continuare a fare così ci perderemmo solo noi, la vita continuerebbe senza tanti problema il suo percorso, ha resistito ad esteroidi, climi e situazioni inimmaginabili.
La verità è che siamo un branco di egoisti pronti a farci buoni e belli ma se muore l’uomo o qualche animale alla natura non cambierà un granché, se mi vuoi dire che la natuara te la sei scelta e selezionata con cura e la vuoi mantenere così com’è ti dico ok…ma ti sembra naturale?? ci sono cicli di ronnovo che vuoi interrompere solo perchè ti piaccino gli animali che ci sono ora? Fallo Mr dio, fallo…ma ricordati che il movimento vegan salvaguarda l’uomo non la natura.
Ma ovviamente sono opinioni personali…
Per fortuna c’è gente che capisce qualcosa e che vegana o no vuole aiutare per costruire un mondo migliore che possa stare sotti i piedi di tutti, le persone che hai offeso fanno parte di questa categoria.
Mi scuso se sono stato brusco e volgare ma almeno spero di non essere risultato ottuso.
Abbasso i Vegan™, +1 per “i vegan e non” che cercano il confronto costruttivo e il miglioramento.
Grazie ASD per il tuo commento che è molto utile.
Non c’è di che,
quando vorrai altri commenti da parte mia basta che riscrivi una cavolata del genere e tornerò ad abbracciarti ma so che da vero\a Vegan™ lo farai. Smak Smak
Ps mi chiamo ASD attento\a a non invertire lettere e\o discorsi è pericoloso.
Torna quando vuoi: quattro risate fanno sempre bene alla salute.
Posso sapere come veicolereste voi?
volete merce vegan in commercio?
se un imprenditore diventa vegan come deve fare per emergere?
come le volete le aziende?
non e’ positivo che sia aumentata la domanda (quindi i vegani) e di conseguenza le offerte?
Non ritenete che come tutto nella storia possa avere un momento di boom in cui c’e’ confusione e che poi tutto si ridimensioni?
E se vi sbagliaste? se chi da salutista poi diventa anche animalista?
siete certi che questo non sia un passaggio obbligato?
Faccio domande sincere perche’ non capisco mai cosa si propone. non vogliamo business, no alle multinazionali, no al capitalismo, no ..nono.. ma come pensate che passi il messaggio se non attraverso tutti i canali possibili?
sono sinceramente molto aperta al confronto, sono argomenti che sviscero da anni con la clientela e ho visto e sentito di ogni! spero mi rispondiate.
poi rileggo alcuni commenti a cui non rispondete perche’ vi sostengono, in cui emergono utopie e cose irrealizzabili, ecco cosa si fomenta : gente che insulta il sistema, che vuole anarchia, che dice no a questo e no a quello e vorrei capire come si mantiene.. etctec..gente che vuole mangiare bio e vegan e si lamenta dei prezzi pensando che siano i commercianti a farsi i soldi: NULLA DI PIU’ SBAGLIATO! con agireora abbiamo fatto un utilissimo progetto dal nome menu’ vegan che invita e istruisce ogni attivita’ su come offrire portate vegan nei loro negozi, facendo loro vedere che COSTA POCO oltre tutto, quindi educhiamo tutti quelli che si lamentano dei prezzi e incetiviamo tutti i negozi ad offrire offrire offrire sempre piu’ la parola vegan. dove sbaglio?
Ciao Silvia,
Se a te non interessa cambiare questo sistema, se a te interessa solo che venga “corretto” in modo da poter continuare a vivere così riducendo i danni, allora la strada che hai intrapreso è quella giusta.
Agireora ha fatto tante cose utili e importanti per gli Animali, ma ha sempre evitato di fornire al pubblico anche una parte teorica e una visione politica (non partitica, ma politica, ossia indirizzi di azione per orientare la società) senza le quali non si può agire in nulla. La prassi è sempre preceduta da una teoria, altrimenti non funziona, e questo non è certo un concetto nuovo. In questo Agireora è deficitaria e pertanto è responsabile anche di molti danni arrecati sia al movimento animalista che al veganismo in Italia.
E’ possibile che ci si sbagli, è possibile che tu o Agireora abbiate ragione, ma se non fosse così? Nessuno ha la sfera di cristallo in mano, e per questo le nostre sono strade diverse.
Nel momento in cui il veganismo prenderà davvero piede come fenomeno sociale ed economico, le grandi aziende ci schiacceranno, esattamente come stanno facendo per il biologico: i piccoli verranno strozzati o fagocitati dai grandi che imporrano le solite logiche di mercato. Tu ragioni mediante una visione del mondo che è quella della società capitalista e specista: in tale visione non c’è posto per l’individuo, per il singolo, per il debole o il piccolo. Un progetto conviene? Ha margine di profitto e guadagno? Allora si fa, altrimenti no (basta leggere le domande che Millionaire fa nell’articolo per rendersene conto. Millionaire fa solo il suo lavoro).
Voi state lavorando (in buonafede) per lanciare un nuovo tipo di consumo che farà gola a molte aziende (per nulla vegane, e per nulla interessate alla causa) che se ne impadroniranno.
Un modello di attività vegana? Può essere solo un progetto temporaneo. Un progetto valido ora e non per il futuro (quando le cose dovrebbero essere ben diverse da ora), una piccola attività di autoproduzione, locale, di vendita diretta e mediante canali alternativi alla classica filiera produttiva e commerciale: g.a.s, mercatini solidali, feste locali ecc… In cui si può parlare con la gente veicolare idee e messaggi e poi anche vendere prodotti a prezzi popolari o scambiarseli (uno scambio di pareri, saperi, conoscenze e culture, poi anche di merci e prodotti). Di sicuro non è business ma sussistenza (o resilienza?), ma forse è l’unica via per fare qualcosa ora anche per il futuro.
Hai notato quanto costano i corsi di cucina vegan? I prodotti vegani? I menu nei ristoranti vegani, le calzature vegane ecc..? Mangiare vegano sta diventando come mangiare tailandese o giapponese: si può andare una volta al mese in un ristorante vegano alla moda, spendere e togliersi lo sfizio. Non è questa la via.
Forse siete animate da intenzioni sincere, ma non vi rendete conto che state aderendo (anche se in piccolo per fortuna) entusiasticamente a una megamacchina che ne trarrà solo profitto senza dare nulla in cambio.
E’ vero – come dici tu – che ci si deve mantenere e di qualcosa si deve vivere, ma tu sei sicura che vale davvero la pena sacrificare un’idea di reale cambiamento per trasformarla in un mezzo – seppur dotato di una componente di eticità – di produzione e di vendita per soddisfare le richieste di una società che di etico ha poco o nulla?
Se vogliamo considerare il veganismo come una dieta, o uno stile di vita allora fai bene a fare ciò che fai. Se vogliamo considerarlo per quello che è, ossia una filosofia di vita tesa a non impattare sugli altri, a non sfruttarli, ucciderli, schiavizzarli ecc… allora possiamo paragonarlo all’idea della nonviolenza, del pacifismo e via discorrendo. Chi vorrebbe trarre vantaggi economici e pratici da idee come queste? Reputeresti giusto farlo?
In conclusione è doveroso ringraziarti per la tua disponibilità, e dire che è palese che tu credi nel tuo progetto, ma è anche giusto sollevare degli interrogativi e delle critiche per evitare che il sistema, a prescindere da persone come te, si “appropri” di un’idealità davvero rivoluzionaria e nuova, e la trasformi nella solita fiera commercial-pubblicitaria spremendola come ha fatto con molte altre idealità prima della nostra.
“NON SIAMO RICCHI nè lo stiamo diventando, anzi!”
Ma perchè, viviamo sulla Terra solo per diventarlo?
Siamo stati concepiti solo per sentirci ospiti ricchi indesiderati? O inquilini poveri coscienti e consapevoli di esserlo?
Qual’è il concetto umano antispecista di ricco e povero?
Il business odierno, italiano ed estero…ha solo un unico ed esclusivo scopo: capitalizzare risorse. Tanto 10, come 100 o un milione.
In questo caso specifico: denaro.
Non c’è alcuna differenza. Io posso impattare per 10, 100 o 1000.
La sostanza non cambia.
Chi produce qualsiasi articolo commerciabile è soggetto in ogni caso ad un impatto ambientale…che esso sia una tshirt, un hamburger, un auto, una pelliccia ecc.ecc. Certamente ci sono differenze e differenze!
In questo caso spicca l’etica umana che predilige una cosa rispetto ad una altra. Ma il capitalismo non prevede questo! Non applica sconti! Non distingue tra una mucca, un auto o una pelliccia rispetto ad un hamburger vegetale o tofu. Per esso è comunque un profitto. E la classica vendita modiaiola sostenibile, come per esempio il caffè solidal, è solo un “pagliativo”. Non fa testo, numero, statistica. Non è determinante per una capitalizzazione cosciente. No. E’ solo una scusa per dimostrare un falso impegno.
Forse anni fa il biologico alimentare poteva essere un arma efficace se adoperata con le opportune misure, se non fosse stato schiacciato volutamente dalla grande distribuzione, se non fosse diventato dunque solo una “nicchia” per fedelissimi.
Per esempio chi vende shoppers biocompostabili di derivazione vegetale ha una diversa sensibilizzazione inquinante rispetto ai classici sacchetti spesa in pet o pvc (tra l’altro vietati di recente). Ma in ogni caso il suo impatto è comunque evidente. Minore, più sostenibile, ecologico…ma pur sempre presente. E’ un principio cosciente, ma se non fosse intervenuto il legislatore nessuno industriale si sarebbe mai sognato di cambiare stile di produzione…figuriamoci! Si è “tappato” un “buco” produttivo per evidenziare un cambiamento etico all’opinione pubblica. Senza considerare che il costo medio al pubblico è salito a circa 15/20 centesimi da 5/8 precedenti. Un classico esempio di “affare commerciale”. Un “connubio” perfetto tra capitalismo ed ecologia.
E’ corretto? Giusto?
I rifiuti domestici sono l’emblema del nostro vivere scellerato quotidiano. Ecco perchè è importante la raccolta differenziata. Reciclare, reintrodurre, riutilizzare fino a ciclo finito come ultimo fine il rifiuto stesso. Si ritarda o si rallenta il processo, ma comunque la nostra esistenza e presenza è in ogni caso…viva. Si può evitare di mangiare carne e derivati e questo è etico, ma se tutti nel pianeta mangiassimo all’improvviso solo vegetali comunque avremmo lo stesso un impatto devastante in termini di agricoltura, raccolta, rifiuto.
Porre rimedio immediato è tanto dannoso quanto inutile, la Terra non lo sostiene. Ecco spiegarsi i continui cataclismi recenti e probabilmente futuri. Bisogna cambiare idea e concezione della vita stessa terrestre, non infinita o assorbibile…tutt’altro. Sensibile piuttosto ad azioni incontrovertibili, dannosi a tal punto da non avere “fughe”.
Migliaia di anni di evoluzione ci hanno trascinato in una coscienza tale non pari (forse) a nessun essere vivente.
Perchè non sfruttarla a nostro beneficio?
Perchè non renderla veramente una fonte di benessere comune?
Umana, animale, vegetale e pur minerale?
Un piccola azienda, una società di persone “ivate”, un industria…può scegliere oggi liberamente di sostituire i processi produttivi in quanto la legislazione al riguardo è ancora carente (ovviamente)…ma è pur sempre una scelta facoltativa non intelligente, non ancora obbligata da un sistema capitalista che richiede obbligatoriamente tutto ciò secondo le normali regole di mercato. Dentro o fuori! Non ci sono vie di mezzo!
Se il meccanismo è fallato e corrotto….noi, semplici artigiani consumatori, cosa possiamo fare?
Una cosa semplicissima e democraticamente parlando più necessaria ed utile del voto politico: acquistare consapevolmente! Muovere l’economia collettiva verso una più stabile vita pacifica. Certamente non senza danni, l’attuale sistema economico ne risentirebbe in una escalation deprimente, ma probabilmente se attuata gradatamente e sinceramente…altro non potrebbe dare che benefici futuri. I nostri nipoti potrebbero ringraziarci.
Questa è l’unica azione sincera e meno negativa che ognuno di noi può attuare fin da subito, limitando i danni già pur crescenti da una scelleratezza passata senza precedenti.
Il mondo industrializzato “campa” grazie ai nostri acquisti!
Il terzo mondo “muore” per colpa dei nostri acquisti!
Gli animali “muoiono” per colpa nostra!
Il pianeta sta reagendo a cambiamenti distruttivi tramite segnali che forse solo un cieco o un sordo umano testardo non può percepire e reagire.
Trasformare il “veganismo” (odio questa parola…) in un consuntivo economico capitalista è quanto di più sbagliato si possa fare oggi.
Creare fatturato immediato su uno stile di vita è un doppio delitto, un triplice errore.
Gli strateghi del marketing lo sanno bene, e si illudono di poter continuare nell’inganno e nella menzogna collettiva.
Profanare il concetto vegan in diritto salutare odierno è un abile mossa utile solo alle corporations alimentari, desiderose di prevenire un collasso vendite già consumato…non tanto per una maggiore consapevolezza (purtroppo), bensì per uno stallo produttivo ineccepibile e psicotico.
Del resto produrre in catena di montaggio cibo ed optionals non necessari…trascina prima o poi in un delirio collettivo scatenante.
Non c’è una reale vera risposta o soluzione al problema…non esiste ancora.
Il tempo è il nostro unico amico probabile che non dobbiamo sottovalutare.
Grazie Roberto per questa tua analisi articolata.
E’ importante ribadire che nessuna/o ha la soluzione di questo problema in tasca, e luoghi virtuali come Veganzetta dovrebbero servire per confrontarsi e per tentare di trovare risposte comuni e condivise.
Vivere in una società come la nostra significa automaticamente scendere a compromessi quotidiani, ma il problema è: fino a dove ci si può spingere senza perdere di identità rinunciando alla radicalità del messaggio?
Sono daccordo con Veganzetta, è l’ennesima riconferma che tutto è collegato.
Nessun concetto può essere preso singolarmente senza badare al resto perchè ogni cosa è parte di un insieme e influisce su tutto l’insieme.
Così l’essere vegan non può essere disgiunto dall’essere contro ogni dominio e servirsi dei canali del dominio, pur “producendo” e/o pur alimentandosi vegan, può solo ritorcersi contro l’ideale di partenza.
Il martirio non è ovviamente richiesto, ma la consapevolezza sì.
Chiaralascura ha scritto il seguente commento postandolo però sotto l’articolo sbagliato, per correttezza lo si sposta in questa sezione:
Chiaralascura scrive:
In risposta all’ultimo commento di Chiaralascura:
Dici di capire la critica all’articolo, ma poi con le tue parole dimostri il contrario. Non sei tu il motivo dell’articolo (né altre persone umane), ma una questione molto più generale, nessuno intendeva attaccare te direttamente. Il lavoro che fanno gli altri ha poca importanza, il problema è l’articolo sul veganismo come attività produttiva e commerciale pubblicato su una rivista di business.
Si spera di non doverlo ripetere ancora.
E’ interessante come la società può diventare sempre più sfaccettata
“…fino a dove ci si può spingere senza perdere di identità rinunciando alla radicalità del messaggio?”
Infatti il rischio è proprio questo!
A prima vista quella che segue potrà sembrare una domanda superficiale, ma vi assicuro che non lo è: come mai “animali” è scritto sempre in maiuscolo mentre “donne” e “uomini” correttamente in minuscolo?
Ottima domanda la tua, di seguito la risposta: https://www.veganzetta.org/precisazioni-sul-linguaggio/
Il MOSTRO di cui stiamo cercando di sgretolare gli appoggi e di invalidare il profitto, è spaventoso e pregna ogni momento delle nostre vite. Ogni gesto che facciamo per erodere questo potere immane non può che essere utile alla causa antispecista. Il conto è ancora in negativo perchè c’è poca consapevolezza diffusa. Per questo ciò che bisogna fare ora è informare (rendere consapevoli) tutte le persone, cercare di uscire il più possibile dai binari imposti da questo sistema di profitti e sfruttamenti, nonchè boicottare le multinazionali (corporations) che sfruttano animali, piante, persone e risorse del pianeta per profitto. Il cambiamento radicale potrà esserci in futuro solo se si continua a lottare e a informare. Non illudiamoci che avvenga domani e nemmeno dopodomani. E’ una strada lunga, tortuosa, in salita e sassosa. Ma ciò di cui non possiamo fare a meno è di sentirci coerenti con ciò che pensiamo possa aiutare la causa a diventare sempre di più “spina nel fianco” del sistema in cui viviamo. Chiaralascura e Silvia non prendete il post di Veganzetta come un’accusa alle vostre attività, ma come una critica al sistema in cui tutti, più o meno, siamo immersi. A mio modesto parere, mi ripeto, le uniche azioni che possiamo realizzare attualmente contro il capitalismo, sono l’informazione “pulita” e il “boicottaggio” delle multinazionali.
Good Bear quanto hai detto è condivisibile anche se le multinazionali non sono la causa di tutto: sono la punta di diamante di un sistema basato sulla logica dello sfruttamento e del profitto che si insinua in ogni ambito. Dare la colpa solo alle multinazionali è come ad esempio dire che siamo contro gli allevamenti industriali (giustissimo), mentre la sofferenza è causata dalla pratica dell’allevamento: di qualunque tipo esso sia.
Della rivista ho visto solo la copertina ma vedrò di informarmi sui contenuti all’interno.
Ho trovato sincerità nelle parole di Chiaralascura, soprattutto nel commento del 19 Settembre ore 9:24, quindi la incoraggio portare avanti la sua attività con crescente successo e spero di incontrarla sulla mia strada perché sarei una sua acquirente. Mi fa piacere che abbia citato la COOP, un esempio di capitalismo che si presenta come umano e sostenibile (magari anche di sinistra!), che si occupa del “benessere animale” e del rispetto dell’ambiente, persuadendo in modo subdolo i consumatori (che sono anche elettori) , ma che in realtà nasconde una logica di sfruttamento. Credo che il riferimento alla COOP dimostri che Chiaralascura sia arrivata al cuore del problema.
Ho trovato altrettanto sincere le parole di Silvia, la pasticcera, e sono d’accordo quando scrive “Nel nostro caso non abbiamo fatto di una moda un mestiere ma di un mestiere una linea diretta con la nostra scelta. Le battaglie si fanno anche così, mettendosi in gioco.” Anche a lei faccio molti auguri per la sua attività e spero un giorno di mangiare i suoi dolci.
Veganzetta fa benissimo il suo mestiere: fa nascere dubbi, pone interrogativi, non dà mai nulla per scontato e soprattutto non si fa sedurre dalla patina della moda sempre più diffusa del veganismo salutistico, che diventa inevitabilmente veganismo commerciale. E’ vero che anch’esso serve a risparmiare la vita di miliardi di animali quindi è difficile non strizzargli un occhio perché la vita degli animali sta a cuore a tutti noi ma certamente questo veganismo non sposta di un millimetro l’ideologia di dominio e sopraffazione su cui è basata la nostra società. Una piccola luce di speranza è data dal fatto che parecchie persone che si avvicinano al vegan per motivi di salute, finiscono inevitabilmente per informarsi in maniera più approfondita e si convincono che il veganismo non è solo una dieta quindi a poco a poco non mangiano animali non perché non fanno bene alla salute ma perché mangiarli è moralmente inaccettabile. Non c’è solo cibo: io stessa ho iniziato dal cibo, poi sono venuti gli indumenti, i prodotti per l’igiene personale e tutto il resto. L’elenco degli orrori quotidiani che il veganismo tiene lontani è lungo e ha una matrice esclusivamente etica.
Ciao Paola,
Se desideri leggere l’articolo, per favore scrivi in privato e ti verranno fornite indicazioni su come reperirlo. Grazie.
ciao a tutti; scusate l’assenza (lavoravo) , ma adoro il confronto e rieccomi a dire cio’ che ho pensato in merito a questa riflessione che tutti noi stiamo facendo.
inizio con il chiedere quali sono le cose controproducenti di Agireora alla causa animalista, perche’ non le so ed essendone una fiera volontaria ci terrei a conoscere il vostro punto di vista.
tornando invece all’articolo: da quando ci siamo messi a convertire i nostri pasticcini in vegan ne abbiamo viste davvero di ogni genere: da aprire un blog! e di imprenditori che ci chiedono dritte sul mestiere non si contano. Mi infastidisco sempre tantissimo quando scopro che non sono vegan e lo fanno per soldi e non do’ loro cio’ che vogliono. Quindi e’ vero che abbiamo dato un “esempio” di nuovo mercato che attira ogni sorta di persona.
sicuramente potrei ritirarmi facendo l’orto e riducendo l’impatto della mia esistenza al minimo ma sarei 1 vegana che inquina meno e non da soldi a nessuno o Quasi, mentre mischiandomi con la societa’ avendo un negozio pubblico che offre questo tipo di cibo ( e non solo) i numeri cambiano. non credete? quando dici di andare alle fiere ai mercatini etc… nel caso di Chiara lo fa eccome.. io anche ma faccio di piu’ : apro tutti i giorni un posto dove questo e’ l’unico argomento: e’ un mercatino permanente.. viene gente da tutto il mondo ( nel vero senso della parola), e’ pieno di informazioni, volantini: nonche’ cartelli ogni dove sul significato antispecista della nostra filosofia. Molti festival vegan sono esattamente tutto quello che hai criticato, fatti per incassare con tante belle parole sulla salute e poco o nulla sugli animali.. da cui mi tengo lontana proprio perche’ incrementano il messaggio modaiolo e sbagliato, se poi vogliamo andare a fiere della salsiccia.. ok sarebbe piu’ utile informare quel pubblico ma a quale costo? pagando ai comuni lo spazio per lo stand di una fiera sporca di sangue? E’ forse giusto quello che fanno la maggior parte dei vegan in Italia, ovvero nascondersi dietro questo boicottaggio del sistema e fare i loro affari in nero dai siti e blog che spopolano? quando mi hanno chiamata ho chiesto chi altro avessero contatto e ho accettato un’intervista perche’ menzionavano non corporation ma PERSONE vegan in prima persona che hanno fatto della loro filosofia un lavoro. Si puo’ fare! questo ci ho letto io: e secondo il mio modesto parere si puo’ cambiare il sistema solo standoci nel sistema. Quando parlate di prezzi fate solo un danno: quando dite che i prezzi sono alti a cosa esattamente li paragonate? lo sapete che il latte vaccino ha l’iva al 4% in quanto considerato bene primario mentre gli altri latti stanno al “”% ? quando dite i corsi sono cari quanto valutate il tempo delle persone? avete mai visto i costi delle materie prime e approfondito? sapete quanto costa un lkilo di zucchero e un kilo di malto o peggio stevia? sapete quanto costa la fina 0 e quanto quella di farro? io ho un negozio quindi TUTTI i giorni rispondo a queste osservazioni, e ho notato che MAI si considerano i costi reali delle materie prime usate. Noi abbiamo quasi tutto bio ( perche’ ci crediamo) e questo peggiora le cose. Ma il messaggio che diamo e’ sbagliato perche’ essere vegan costa meno! di scarpe c’e’ ne’ di ogni prezzo e materiale, idem per tutto il resto: dare valore alla qualita’ delle cose che si consumano e’ il primo passo per un consumo critico. I corsi oggi sono fatti nella maggiorparte dei casi da vegan (che a casa mia non fa curriculum) e molto spesso in nero evidente, sapete quanto costa attrezzare un’aula confortevole per corsi di cucina? fare le pratiche, le tasse etc.. etc.. ?? allora quando dite caro a cosa lo paragonate?
Per chiudere: abbiamo smontato millionaire che OVVIAMENTE parla di business dalla nascita: e non diciamo nulla sulla nascita di riviste come FUNNY VEGAN ?! che ti svela l’outfit vegan per ferragosto.. o cose simili.. che non ha mezzo contenuto istruttivo e che svilisce con i sempre futili e pubblicitari contenuti la causa. scusate se sembro dura a tratti ma mi faccio prendere…
so che la cosa non era diretta a noi, ma ripeto : non parlavano di corporation ma di una possibilita’ di lavoro in linea con chi sei: un messaggio di questi tempi molto prezioso per far partire un meccanismo che all’inizio potra’ anche sfuggire di mano ma che con il tempo chi era mosso da vera passione, professionalita’ e coerenza stara’ in piedi. Se vai a mangiare in un ristorante vegan e il titlora dietro la porta si mangia il salame.. sapiiamo che non ha lunga vita;)) in tutti i sensi. Diversamente mi faro’ chiamare “pasticceria animalista”
Ciao Silvia,
Brevemente su Agireora: non si vuole certo demonizzarla, la sua newsletter è una delle più efficaci d’Italia e ha ottenuto molti successi, questo è indubbio. Il problema fondamentale è nel suo intento di base: agire in ogni modo per ottenere subito dei risultati. Tale intento per molti versi è chiaramente condivisibile, ma se è l’unica via percorsa (pensare solo al contingente, all’immediato), è anche un danno dal punto di vista strategico. L’animalismo ha bisogno di programmi a lungo termine, di progetti, di unità di intenti, l’azione deve essere sempre presente, in ogni momento, ma deve avere a monte una strategia per il futuro, e non solo la chiusura di un negozio, di un lager o altro. Una prassi senza teoria è inutile, una teoria senza prassi è solo lettera morta. Da sempre nell’animalismo c’è chi teorizza e chi agisce, pare che le due cose non possano andare d’accordo (il mondo animalista si divide in “filosofi” e in chi “si sporca le mani”), e questo è triste perché sono due parti di un tutto. In tutto ciò – proprio perché è una sigla storica dell’animalismo italiano, Agireora ha la sua responsabilità.
“da quando ci siamo messi a convertire i nostri pasticcini in vegan ne abbiamo viste davvero di ogni genere: da aprire un blog! e di imprenditori che ci chiedono dritte sul mestiere non si contano. Mi infastidisco sempre tantissimo quando scopro che non sono vegan e lo fanno per soldi e non do’ loro cio’ che vogliono. Quindi e’ vero che abbiamo dato un “esempio” di nuovo mercato che attira ogni sorta di persona.” questo è uno dei problemi evidenziati nell’articolo.
Tutte/i noi viviamo in questa società, ritirarsi dentro ad una campana di vetro sarebbe un gesto assolutamente egoistico. Bisogna fare attivismo dal di dentro, ma con l’intento di scardinare le logiche del sistema, non di riformarle, perché in tal caso sarebbe il sistema a riformare noi.
Parlare di informazione, scambi di idee, è un’ottima cosa, di sicuro però tutto ciò è ben lontano da un’intervista su Millionaire, perché si ritorna a ciò che avevi detto prima: occuparsi di veganismo per fare soldi. Ossia la tua testimonianza diviene un’informazione utile per chi vuole fare business.
“Molti festival vegan sono esattamente tutto quello che hai criticato, fatti per incassare con tante belle parole sulla salute e poco o nulla sugli animali..” Esatto. E ora sta accadendo anche per l’antispecismo: nascono eventi come funghi che nelle loro locandine scrivono “festival antispecista”, salvo poi non avere assolutamente nulla di antispecista, o al massimo un workshop sull’argomento. Il senso comune si è impossessato del concetto di veganismo e lo sta banalizzando (come sempre accade), poi toccherà all’antispecismo.
per quanto riguarda i prezzi non si tratta solo di IVA, spessissimo i prezzi dei prodotti vegani sono alti e basta, lo sono perché sono considerati prodotti di nicchia e per persone che sono disposte a spendere di più per varie ragioni. Inutile girarci tanto intorno. Lo stesso concetto è applicabile all’IVA: il latte vaccino, il pane ecc hanno l’IVA al 4% perché considerati beni di prima necessità, il latte di soia al 22% perché è un considerato un prodotto non indispensabile. In ogni caso anche se così non fosse, i prodotti vegani costerebbero di più perché il concetto di vegano che il mercato ha, è che si tratti di persone disposte a pagare di più.
FUNNY VEGAN? Per favore parliamo di qualcosa di più serio e utile…
ciao, alcune domande
agire ora: direi che rientra in quelle che si sporcano le mani e non poco, giusto?
business: trovi dunque che sarebbe meglio non avere nessun negozio o prodotto vegan perche’ nessuno possa imitare in mala fede?
prezzi: ti posso assicurare che nel nostro biomarket o in pasticceria o nel ristorante o nei corsi non accade cio’ che hai detto: io faccio personalmente il ricarico dal prezzo di listino , so che non e’ cosi’. E ti diro’ di piu’ : quando mi confronto con concorrenti (cosa che si deve fare ovviamente) scopro che sono in linea con i loro ricarichi. Il 30% di ricarico e’ il minimo per stare a galla. parlando di prezzi non si puo’ essere chiari se non si parte dallo stesso grado di conoscienza: tu hai di questi tempi un’attivita’ ? Mantenere dei dipendenti e sopravvivere?! e’ molto piu’ che dura. Questo almeno vale per chi e’ in regola ovviamente, perche’ chi fa i suoi veganissimi comodi in nero e’ caro e basta. Non so da te ma nonostante materie prime bio e vegan noi vendiamo allo stesso prezzo al kilo di quando stavamo in provincia a zero spese senza dipendenti e con la produzione Non vegan: questa e’ la dimostrazione che vogliamo essere economici. Essere vegan e’ di fatto meno caro perche’ frutta e verdura costano meno: non sei obbligato a comperare latte, scarpe, pasticcini seitan etctec.. Un formaggio vegan (importato perche’ aziende italiane che li fanno quasi non ci sono) costa come uno vaccino: ma non e’ indispensabile nella dieta giusto? insomma quello che voglio dire e’: essere vegan costa meno a patto che non hai tantissimi “vizi”. E se poi ne hai perche’ dovrebbero costare pochissimo? La domanda e’ ancora troppo bassa per ridimensionare l’offerta. mi spiego? poi basta se no qua facciamo un libro;))
Ciao Silvia,
Agireora: sporcarsi le mani senza prospettive politiche future che servano per cambiare davvero la società umana specista è come mettere una toppa a un pallone pieno di buchi. Salvare gli Animali subito e ora è indispensabile, ma continuare a farlo senza lottare in prospettiva per un cambio rivoluzionario del motivo che ha causato la loro sofferenza serve a poco.
Business: non si tratta di imitare, il problema è “vendere” un’idealità, e calarla nella società in un modo tale per cui non ci saranno reali cambiamenti, ma solo prospettive di affari per molti che non credono nemmeno nella causa.
Prezzi: l’argomento rischia di diventare pesante per chi legge, e del resto non è bello farti i conti in tasca. Hai ragione quando dici che essere vegan costa poco e chi vuole mantenere un vizio lo deve pagare, del resto se ci si limita a prodotti senza sostanze animali che siano basici e semplici, non servirebbe nemmeno andare in un negozio vegan. Comunque è evidente che le strade siano differenti, ciascuna/o ha le sue ragioni e le ha esposte, questo è molto importante. Il futuro (anche prossimo) chi dirà qualcosa di più.
Grazie per la disponibilità al confronto che dimostri.
grazie a voi;) buon lavoro
Polemiche a parte…ho letto con interesse tutti i commenti…ospiti e redazionali. Ma una domanda mi sorge spontanea: chi dice che cambiare stile di vita ed alimentazione costi di più alle nostre tasche?
Se vogliamo fare i fighetti e recarci nell’ultimo negozio o ristorante vegan alla moda…sicuramente apriremo il nostro bel portafoglio a fisarmonica!
Se vogliamo imitare i vip vegan diventando loro modelli…abbiamo sbagliato idea e concezione della vita.
Se desideriamo aiutare veramente gli animali…non basta condividere sui social network appelli ed adozioni di poveri sfortunati randagi che purtroppo hanno perso il loro punto di riferimento proprio grazie alla cura incosciente del loro amico uomo infedele.
Astenersi da cibi d’origine animale non solo fa bene a noi stessi, agli animali e al pianeta…non solo! Fa bene anche alle nostre tasche!
Qualcuno di voi sa quanto costano al kg i vari prodotti di salumeria, macelleria e latticini? Si parte da un minimo di 8/9 euro al kg (la classica mortadella…) fino a 30/40 o addirittura 50 euro al chilogrammo per prodotti di cacciagione (prosciutto di cinghiale).
Inutile menzionare tutto l’assortimento di frutta e verdura…ognuno di voi sa di cosa parlo in termini di prezzi e valori nutrizionali.
Ora, se ho bisogno del latte di soia o riso per fare colazione con il biscottino vegan da 4 euro al pacco, o mangiare a cena la cotoletta vegetale di una nota marca italiana in offerta a 3 euro la confezione da due pezzi…è necessario fare due conti per equilibrare il conto economico familiare.
Io non mi nutro di derivati animali eppure non ho mai acquistato “prodotti vegan”, e mai li acquisterò finchè costeranno uno sproposito. Non perchè non voglia partecipare a queste iniziative, ma perchè credo che il messaggio sia sbagliato. Molto sbagliato. E purtroppo mi dispiace dirlo, ma quello che si percepisce oggi in questo ambito è molto negativo.
La corrente “No ai cibi animali” sta viaggiando verso una direzione sbagliata, che è quella del consumismo, ora di nicchia e domani di massa. I prodotti vegan non solo la soluzione, anzi rischiano di essere un serio problema, fatto di confusione e speculazione.
Non spetta certo a me dire che queste categorie di cibo vedi tofu, seitan e quant’altro possono essere creati nella propria cucina domestica fatta di ingredienti naturali ed economici. Non è etico abbastanza andare al supermercato e riempire il carrello di confezioni industriali ammiccanti non d’origine animale. Non basta! Per la serie: tappiamo un buco e ne sfondiamo un altro!
Del resto lo slogan di questo blog qual’é?
“La felicità non è trovare prodotti vegani nei supermercati, bensì non trovare supermercati”.
Perfetto! Questo è il messaggio giusto e corretto!
Cibo naturale ed integrale. Nei mercati, nelle piazze, nelle campagne, dal nostro contadino preferito, nelle bancarelle per strada o agli angoli dei quartieri, o se proprio vogliamo fare i fighi…anche nel nostro negozio di fiducia, purchè tramite una spesa intelligente, accurata e consapevole. Magari schivando le schifezze (oltre il 50% dell’assortimento…) e recarsi dritti in reparto ortofrutta, o se attrezzati a dovere in prodotti cruelty free purchè nello stretto necessario.
Inutile poi dire che se decido di andare al lavoro in bicicletta o in autobus lasciando l’auto in garage…quanti soldi si risparmiano per la spesa?
Certo è meno comodo…ma i sacrifici servono anche a questo.
Giustissimo quello che dice Veganzetta in tema di costi superflui (vedi derivati vegetali al 22% d’iva).
Le leggi e normative italiane sono arcaiche e retrogadi in termini di alimentazione necessaria e salutare. Considerare oggi carne, pesce, latte, uova e derivati come cibo indispensabile è probabilmente un dibattito urgente e controverso che tutti noi dobbiamo diffondere e condividere. E’ alla base di tutto: commercio-capitalismo-profitto-economia-benessere-salute.
Speculare sull’ambiente e salute pubblica è da anni ormai sport assiduo e frequente delle grandi corporations. Tutte! Nessuna esclusa! E’ il loro obiettivo! Profitto ad ogni costo e con ogni mezzo! Come già detto, le regole del mercato industrializzato odierno lo esigono.
Quindi non è propriamente corretto affermare che le multinazionali non sono la causa principale di tutto questo martirio. E di chi altrimenti? Se non da loro, da chi è partita una corsa forsennata e psicotica agli acquisti che ci ha trascinato in questo secolo consumista illusorio? Non siamo noi stessi indotti ogni giorno dai media su questo e quest’altro consiglio? Gli strateghi del marketing utilizzano ogni mezzo a disposizione per plasmare ogni individuo pagante: sondaggi, statistiche, spot, inserzioni, raccolte fondi, fondazioni ecc. ecc. ecc. E sanno benissimo che questa nuova corrente vegan potrebbe portare nei loro bilanci economici fatturati interessanti.
Ben vengano attività commerciali d’ispirazione vegan o sostenibili con consapevolezza. Ben vengano! Ma il lavoro urgente collettivo per poter gradualmente modificare le nostre abitudini giornaliere…è ben altro!
E condivido perfettamente il giudizio non pienamente positivo sull’azione di AgireOra…efficiente sì, ma non su vasta scala.
Concludo il mio pensiero libero con una nota un po’ romantica. Io sono nato negli ’70, ma avrei preferito vivere negli ’60 quando il movimento pacifista giovanile sbandierava il buon motto: Peace&Love.
Sarebbe bello ed utile se anche oggi esistesse una cultura così nostalgica…almeno solo nelle menti.
Ciao Roberto,
Grazie per il tuo commento e per le considerazioni interessanti.
Ciò di cui tu parli è l’esatta misura del problema attuale che noi vegan abbiamo, ossia l’adozione su larga scala – senso comune – di un termine che sottende a una filosofia in larga parte non condivisa: quindi il termine viene snaturato, ammorbidito fino a divenire appetibile per tutte/i, soprattutto in ambito commerciale.
Fino a poco tempo fa dire che si era “vegan” significava avviare una lunga e dettagliata spiegazione perché la gente non sapeva cosa significasse tale termine. Ora tutti conoscono il termine “vegan” ma ne associano un significato sbagliato, credono che equivalga a dire: “mangio solo prodotti vegetali”. Il veganismo da filosofia è divenuto dieta alimentare. Ogni idea quando passa dal versante teorico all’attuazione pratica subisce un’inevitabile banalizzazione, ma in questo caso stiamo assistendo allo stravolgimento completo dell’idea vegana, e la colpa di tutto ciò è inevitabilmente di noi persone vegan che non siamo state capaci di trasmetterla in modo corretto.
“La corrente “No ai cibi animali” sta viaggiando verso una direzione sbagliata, che è quella del consumismo, ora di nicchia e domani di massa. I prodotti vegan non solo la soluzione, anzi rischiano di essere un serio problema, fatto di confusione e speculazione.
Non spetta certo a me dire che queste categorie di cibo vedi tofu, seitan e quant’altro possono essere creati nella propria cucina domestica fatta di ingredienti naturali ed economici. Non è etico abbastanza andare al supermercato e riempire il carrello di confezioni industriali ammiccanti non d’origine animale. Non basta! Per la serie: tappiamo un buco e ne sfondiamo un altro!”
Assolutamente d’accordo.
La causa principale di “tutto questo martirio” non è una sola, ma sono diverse: la volontà di dominio, l’antropocentrismo, la violenza. Il tutto sublimato in modelli sociali che l’umanità si è data, tra di essi c’è il capitalismo, le cui punte di diamante sono le multinazionali. Imputare a loro tutto ciò che le ha create non serve alla causa, serve invece comprendere per combatterle.
E’ esatto quello che dici circa le multinazionali. Forse, da parte mia, non condivido totalmente la tua ultima riflessione…ma è ovvio che un punto così “focale” necessita un approfindimento molto più radicale e costruttivo.
Del resto la vita stessa…umana, animale e vegetale è un mistero ignoto forse solo all’uomo stesso, che conoscesse benissimo invece solo la capacità di sfuggire inutilmente al suo destino mortale.
Grazie comunque per l’illuminazione.
Grazie a te Roberto.
Forse mi sono espresso male. Quello che intendevo nel mio commento è che il boicottare le multinazionali equivale a boicottare il sistema di dominio che rappresentano, e lo si può fare costantemente da subito tutti i giorni. Scusate!
Diffido di chi si autoetichetta “100% vegan” proprio perchè, se ci si pensa un attimo, non lo si può essere di fatto: mi riferisco alle piante che consumiamo, agli insetti che le abitano ed agli animali che non riusciamo a liberare.
D’altronde anche io qualche anno fa mangiavo animali e non me ne rendevo conto proprio per l’azione di “lavaggio del cervello” che la maggior parte di noi ha subito sin dalla nascita.
Una cosa che mi preoccupa è la difficoltà, che penso molti abbiano, compreso me, nell’essere efficaci quando si cerca di divulgare veganismo ed antispecismo. E’ veramente molto dura! Ciao a tutt*!
“Una cosa che mi preoccupa è la difficoltà, che penso molti abbiano, compreso me, nell’essere efficaci quando si cerca di divulgare veganismo ed antispecismo. E’ veramente molto dura!”
E’ proprio così, e se poi si osservano i risultati – come quello che si pubblica di seguito – c’è da preoccuparsi non poco…
A voi il wurster di Pollo (vero) vegan… La fonte è un catalogo di una nota catena di supermercati.
siamo messi da panico!
Personalmente trovo questo articolo un insieme insensato di sciocchezze. E lo dico da animalista,antispecista, vegana.
Mi spiace ma questa volta veganzetta non mi trova d’accordo
ciao
Ciao Ivana,
Che tu non sia d’accordo ci sta, ma per quanto riguarda l’insensatezza dovresti dimostrarla.
lo farò al più presto con una risposta sul blog di eticanimalista a tutte osservazioni sollevate in questo articolo.
grazie ciao
ivana
Molto bene. Ciao
Ovviamente non sono d’accordo, ma non credo che quella pubblicità incida negativamente sul quotidiano lavoro informativo dei titolari di quelle piccole realtà. In quanto ad Agire Ora (che, ripeto, non amo particolarmente, anche per i motivi da te espressi, ma non solo per quelli), salvare una vita, anche se non consente di salvarne altre, non è solo “mettere una toppa”.
Il discorso non è il lavoro delle persone umane in questione, ma la percezione che la gente ha e avrà del veganismo. L’articolo è molto più generale e non vuole colpevolizzare nessuno degli intervistati.
Salvare un Animale è la cosa più importante del mondo, ma senza un progetto di società futura equivale a salvare un Animale che verrà rimpiazzato da un altro subito dopo, come chi si prodiga con tutte le sue forze per salvare i Cani abbandonati, ma nulla può contro il fenomeno del randagismo perché la gente non cambia il proprio atteggiamento. Si può combattere l’effetto (e va fatto sempre sia chiaro), ma se non si annulla la causa, esso continuerà a replicarsi. Una società umana ingiusta, gerarchica, violenta, specista, discriminatrice e fondata sul diritto del più forte, sarà sempre causa di tragedie.
Credo che utilizzare le proprie capacità, anche lavorative, per veicolare un messaggio di liberazione non sia solo positivo, ma sia addirittura indispensabile per il successo della rivoluzione che ci si prefigge, la quale deve partire dall’interno e, internamente, disgregare i meccanismi e le architetture di dominio. E’ logico che il blob capitalista provi ad inglobare l’opposizione ed a trasformarla in un ormone per crescere, ma piccoli negozi vegan (che si tratti di pasticcerie, calzaturifici od ortolanerie) sono dei mezzi per contrastare questo tentativo, non per facilitarlo. Aggiungo, pur non avendo una particolare predilezione per Marina Berati, che agire, ora, per salvare animali o Animali, serve, se non altro, a coloro che vengono salvati, quindi certamente non a poco.
Caro Marco,
Quindi tu sei d’accordo che piccole realtà si facciano pubblicità su riviste squisitamente di business come Millionaire? Ci sono migliaia di persone che agiscono sul territorio con piccole realtà locali e fanno informazione e cultura anche senza andare su una rivista patinata capitalistica. Ma il problema non sono loro, è la “moda” vegana che è esplosa e che nessuno ormai potrà più controllare cercando di tutelare l’impianto etico che dovrebbe trasmettere.
Come si è già detto Agire Ora fa un gran lavoro, ma per l’appunto “agire” senza una progettualità di società futura non può far altro (e già questo è importantissimo) che mettere delle toppe in un sistema che non funziona e che causa ingiustizia e dolore.
La gente che legge quel genere di riviste ha già una percezione distorta. Non è in quell’ambiente che la lotta per la liberazione può attecchire, quindi non vedo quali danni possa fare quel tipo di pubblicità (che comunque avrei certamente evitato). Sul resto siamo d’accordo (lo siamo tutti, qui): una società umana ingiusta, gerarchica, violenta, specista, discriminatrice e fondata sul diritto del più forte, sarà sempre causa di tragedie. Ciò che non mi piace è l’affermazione “mettere una toppa”, perché tende a far dimenticare che si sta parlando di soggetti, per i quali la toppa è il discrimine tra tutto e niente.
La “percezione distorta” per il senso comune ce l’abbiamo noi, non di certo la gente che legge Millionaire, prova a fermare qualcuno per strada e dire cosa pensi tu della condizione animale e vedrai cosa ti rispondono: nella migliore delle ipotesi ti scambieranno per un sognatore…
Di certo il messaggio che si veicola da vegani venendo intervistate/i da riviste del genere non è dei più edificanti: se anche non si è intenzionate/i (come nel caso delle persone intervistate intervenute poi con dei commenti a questo articolo) a trarre mero profitto da attività del genere, si fa passare il messaggio che con il veganismo ci sono parecchi soldi da fare, e che il business è alla portata di tutti, basta lanciarsi. Questo è quanto evidenziato nell’articolo che stiamo commentando.
La “toppa” non sta a significare un Animale salvato (la liberazione animale è il fondamento dell’antispecismo, ogni singolo individuo va liberato), ma il l’illusione del rimedio pratico a una situazione insostenibile. La “toppa” ce la mettono tutte/i coloro che intervengono in favore di un Animale sfruttato, ma non vogliono sentir parlare di cambiamento sociale, vedono con sospetto chiunque parli di soluzioni politiche, scambiando la politica (ossia un’attività indirizzata a influenzare e cambiare la società umana) per partitismo, o per schieramento ideologico per questa o quella fazione politica istituzionale. Per queste persone (ma anche gruppi e associazioni) non è possibile parlare di antispecismo, perché significherebbe “sconfinare” in ambiti che non riguardano (a loro avviso) la liberazione animale, rimangono pertanto fermamente ancorate al concetto di animalismo che però si è dimostrato ampiamente insufficiente. Anni di proclami per esempio sul veganismo salutistico, sul veganismo culinario (dietetico, non certo etico), sulle ripercussioni ecologiche (si parla di ecologia superficiale, quindi sempre e comunque di tornaconto umano), e poi “anche” di diritti animali (che sono ben altra cosa rispetto alla liberazione animale), hanno portato alle conseguenze che sono sotto gli occhi di tutte/i. Questo è il significato di “toppa”.
“Salvare un Animale è la cosa più importante del mondo, ma senza un progetto di società futura equivale a salvare un Animale che verrà rimpiazzato da un altro subito dopo, come chi si prodiga con tutte le sue forze per salvare i Cani abbandonati, ma nulla può contro il fenomeno del randagismo perché la gente non cambia il proprio atteggiamento. Si può combattere l’effetto (e va fatto sempre sia chiaro), ma se non si annulla la causa, esso continuerà a replicarsi. Una società umana ingiusta, gerarchica, violenta, specista, discriminatrice e fondata sul diritto del più forte, sarà sempre causa di tragedie.”
Concordo assolutamente con questo concetto, specchio purtroppo di questa società attuale (moderna?) umana.
Come non essere daccordo?!
Un esempio eclatante quanto mai attuale sono appunto gli animali d’affezione con tutto il contorno ipocrita e violento: accudire un cane, gatto o peggio un canarino non solo è inutile rispetto all’intolleranza generale nel mondo animale ma è addiritura controproducente per la lotta a favore della consapevolezza non animalista ma bensì antispecista!
Un randagio è appunto isolato o peggio abbandonato proprio perchè ne è stato privato del suo punto punto di riferimento attuale (uomo) ed estraniato dal suo originario (habitat naturale).
Tristissima la definizione “animali domestici”…come se facessero parte dell’arredamento o degli elettrodomestici.
Sono uscito per un attimo fuori tema…ma il succo del discorso non cambia.
Il problema della classificazione animale (domestici, da reddito, da lavoro…) fa parte della cosiddetta biocultura che regola moralmente il nostro rapporto con gli altri Animali: chiaramente si tratta ancora una volta di un concetto antropocentrico. Dalla classificazione dell’esistente deriva una scala di valori, e una forma di dominio, controllo e sfruttamento.
Già dire che un Cane è un Animale “da compagnia” ci fa capire che la sua esistenza per noi deve avere una sua utilità.
Che accudire un animale sia controproducente per la lotta di liberazione è tutto da dimostrare. È invece certo che ciò può fare la differenza nella vita di quell’animale, se l’alternativa è il randagismo o il canile/gattile.
Non so chi frequenti o chi incontri tu, ma a me è raro che non diano pienamente ragione, e non per tagliar corto, ma perché, obiettivamente, gli argomenti sono convincenti. Che poi ciò non li influenzi a sufficienza per cambiare è un altro discorso. Quanto al resto, ti ripeto, per l’ennesima volta, che sono d’accordo, con l’unica immutata obiezione legata al fatto che un’azione di salvataggio del singolo “mette una toppa” di salvataggio della vita di quel singolo. Chiedilo a quel singolo se è poco.
Se tutti ti danno pienamente ragione dovresti davvero spenderti di più pubblicamente, perché potresti essere un ottimo veicolo di informazione vegana e far aumentare sensibilmente il numero di persone vegane: renderesti un grande servizio agli Animali. Per la questione della “toppa” ancora una volta: non è riferita al singolo Animale salvato, ma all’idea che agire senza un progetto sociale futuro possa essere efficace, in realtà agire senza una progettualità che riguarda la società umana è mettere una toppa a un sistema sociale che non funziona.
Ti ringrazio per avermi suggerito di incrementare il tempo da dedicare all’attivismo, così sfruttando le mie capacità persuasive per un fine meritevole. Sulla “toppa”: l’utilizzo del grassetto non credo renda più convincente il tuo messaggio, che è comunque già convincente di suo e mi trova concorde, se non fosse per quel “serve a poco” da te scritto in risposta a Silvia che invece non mi piace e continua a non piacermi. Forse Agire Ora non crede nel cambiamento e quindi agisce fattivamente “solo” per salvare animali, nella convinzione che ciò serve “solo” ai singoli animali salvati. O forse no, perché il salvataggio di un singolo animale potrebbe essere inteso ed “esternamente” percepito anche come dimostrazione fattuale del valore morale di quel singolo e di tutti gli altri singoli.
Se si pensa all’immediato, al contingente, ogni azione atta a liberare Animali è fondamentale, del resto l’antispecismo è una teoria individualista, in generale tale azione ha una rilevanza enorme e la liberazione di chi soffre va sempre perseguita. Ma se pensiamo per esempio al problema del randagismo – di cui si è già parlato in un precedente commento – allora la meritoria e indispensabile azione di salvataggio dei Cani abbandonati, serve a salvare il singolo Cane (e va sempre e comunque fatto!), ma non serve a risolvere il problema del randagismo, perché c’è sempre chi compra Cani e poi li abbandona, chi li alleva, li fa riprodurre e poi abbandona i cuccioli. Quindi nello specifico salvare un cane è un’azione stupenda, ma se consideriamo il problema in generale dell’abbandono dei Cani è “solo” una “toppa”, perché quel Cane salvato sarà immediatamente rimpiazzato da un altro povero Animale a causa del fatto che a monte c’è chi li sfrutta e contro di loro l’attività di liberazione nulla può se non avviene un concreto cambiamento culturale e sociale. I Cani verranno fatti riprodurre all’infinito e verranno sfruttati all’infinito, chi li salva dovrà continuare all’infinito a farlo, senza la speranza che qualcosa cambi. Tale cambiamento prefigura una progettualità. Quindi i termini infelici “solo” e “toppa” sono esclusivamente riferiti al problema del randagismo e non certo al singolo cane che deve sempre essere aiutato e liberato. Questa visione delle cose (occupiamoci “solo” del problema che esiste ora e non del futuro) è tipica dell’animalismo (e molte persone sono costrette a farlo, non potrebbe essere altrimenti, ma non per tutte/i è così), che privandosi di una visione globale dello sfruttamento animale rimane esso stesso vittima del sistema che genera sofferenza. Tornando all’esempio del Cane salvato: chi ha lavorato nei rifugi per Animali sa benissimo che la loro opera servono anche per “lavare le coscienze” di chi sfrutta gli Animali: se non si vuole più un Cane lo si porta al canile, tanto c’è chi se ne occuperà e non ci si pensa più, se si hanno dei cuccioli li si abbandona davanti al cancello di un rifugio, tanto c’è chi si farà in quattro per loro… Questo è quello che in genere viene percepito “esternamente”. Un’azione politica e un progetto sociale mira alla responsabilizzazione collettiva e del singolo, senza tutto ciò continueremo a salvare le gocce (che devono essere salvate) ma non riusciremo mai a svuotare l’oceano di Animali che soffrono a causa nostra.
Concordo con Veganzetta, non tanto per spirito di squadra, ma perchè effettivamente la penso come lui.
Per rispondere a Marco, mi sembra di capire (ma potrei sbagliarmi) che l’argomento randagismo ti scaldi molto forse perchè sei un “attivista” in materia…e, se questo è vero, potrebbe farti onore.
Ma la “causa” purtroppo si combatte su tutti i fronti, non solo in difesa. Personalmente rispetto queste persone che ogni giorno si sporcano le mani nel tentativo di salvare tante povere vittime innocenti, di cui la maggior parte sono sfruttate, seviziate, abbandonate o peggio uccise. Sì, perchè molte volte non si chiarisce abbastanza il fine iniziale di questi loschi individui schiavisti approfittatori incoscienti, senza considerare la cattiva abitudine che molti presunti amanti degli animali (solo cani&gatti) utilizzano in ambito cittadino. Regalare un cucciolo al proprio figlio (magari addirittura acquistato da chissà chi) non è una buona azione. Gli animali non sono dei giocattoli o peggio dei peluches. E chi li salva da morte certa donandoli a qualcuno buono di cuore forse compie solo un ingenua complicità dello sfruttamento, derivante sempre da una privazione di punti di riferimento. Il mio è sicuramente un pensierio probabilmente “estremo”, ma indispensabile per capire la realtà dei fatti. Anni fa si diffuse la cattiva abitudine (oggi forse felicemente annientata, ma ho i miei dubbi a riguardo) di portarsi dietro come souvenir animali esotici prelevati dai viaggi di turismo, ipocritamente credendo di donargli vita felice. Come fossero dei pacchi postali! Niente di più devastante si possa commettere non solo nell’equilibrio naturale dei territori, ma un assurda crudeltà per l’animale stesso privato di ogni orientamento primordiale. Si assisteva dunque a pantere in libertà nei boschi o serpenti nei cassonetti e altro ancora di più ignobile. Cosa spiega ciò? L’uomo cosa ha nel cervello di così impuro da considerare un altro essere vivente come un diritto di proprietà? E non crediamo stupidamente che questo terribile e macabro pensiero non si traduca inconsapevolmente nei rapporti umani. Perchè le cronache attuali lo evidenziano ogni santo giorno.
Senza scendere troppo a fondo nell’argomento “animalista”, che solo in parte lo rappresenta, il problema principale appartiene ad altro “ceppo”. Il termine stesso animalismo oggi ormai ha perso ogni significato e rimane strettamente ancorato, verbalmente parlando, solo in quei pochi lontani attivisti di nicchia che pensano di salvare il mondo tramite pochi gesti insignificanti e individuali. Purtroppo non è così semplice.
Qui non si vuole sminuire assolutamente il lavoro dignitoso che viene effettuato direttamente nei canili o sul territorio…tutt’altro! In questo luogo si vuole evidenziare un problema serio che nasce alla radice della nostra società! Più complessivamente un atteggiamento in vigore da secoli, forse fin dalla nascita dell’uomo stesso.
Attuare una rivoluzione contro lo sfruttamento animale è quanto mai doverosa ed urgente, ma assurdamente mai quanto oggi essa è complicata e addirittura a tratti utopistica, soprattutto se si osservano i connotati della nostra società.
Per ripetere quanto già detto, senza annoiare o tediare il fine etico del discorso, salvare un cane o un gruppo di animali indifesi pur essendo un atto doveroso d’umanità, è pur sempre un insignificante azione rispetto a tutto il contorno. Si salva una vita certamente, ma tante altre soccomberanno ingiustamente perchè non si capisce consapevolmente il valore della vita tutta, di ogni essere senziente. Come già spiegato in precedenza proprio qui…la vita odierna è un compromesso costretto.
Fare esempi banali oggi può sembrare arrogante e populista…ma credo sia una delle azioni più pacifiche possibili: entrare in un supermercato (se mai laddove fosse possibile) con il proprio cane al guinzaglio o in braccio percorrendo interminabili corsie piene zeppe di articoli food d’origine animale…eticamente…a cosa serve se non a peggiorare la situazione specista? Si può far finta di niente e dirigersi direttamente in macelleria, pescheria, salumeria…ma non ci sarà scampo, non ci sarà una sola via d’uscita in un luogo pubblico convenzionale restando immobili nelle proprie convinzioni ipocrite. Si può restare inermi ed azionare un riflesso d’oscurazione. Dormire sonni tranquilli delegando il “bubbone”ad altri…o meglio decidere di pensarla diversamente, ed attivare una riflessione acuta, etica, profonda…che possa cambiare lo stato delle cose.
In questo caso il singolo…può fare la differenza.
Grazie Roberto e Marco per i vostri contributo, stiamo però uscendo abbondantemente fuori tema. Se volete si può creare un articolo apposito dal quale cominciare una discussione, oppure potreste suggerirne uno voi.
Caro Roberto, siamo d’accordo. Però non dire che accudire un animale sia controproducente per la lotta di liberazione. Quando sto col quadrupede felino che mi onora della sua compagnia a me cresce mentalmente la coda. Ciao.
ciao, ecco il link che risponde all’articolo in questione, confutando e obiettando a mio avviso in maniera intelligente e logica a quanto affermato da Veganzetta.
http://www.eticanimalista.org/narcisismo-vegan.html
Ciao Ivana,
Procediamo per gradi. Per prima cosa c’è da dire che l’articolo che proponete è molto aggressivo, la risposta sarà pertanto poco simpatica.
1) Cortesia e correttezza vuole che quando si cita un articolo pubblicato sul web, si aggiunga il link diretto allo stesso, come è stato fatto per il vostro in risposta a Veganzetta.
Ma passiamo alla coerenza e alla logica di cui tu parli.
2) “Con difficoltà esprimo pareri contrari a coloro che dicono di voler proteggere gli animali, ma l’articolo di Veganzetta: “come fare un sacco di soldi con la rivoluzione vegana” è davvero fuori dalla realtà e privo di qualsiasi pratica utilità.” non pare che Marco Ciuti abbia difficoltà a esprimere pareri anche netti e scortesi nei confronti di chi non conosce, inoltre se vogliamo solo rimanere in ambito logico, l’articolo di Veganzetta di utilità pratica ne ha eccome visto e considerata la reazione di molte persone, la vostra, e l’alto numero di visite ottenute. Il dibattito c’è ed è quello che interessa.
3) “Opporsi allo sfruttamento animale è già un compito arduo, come tutti noi ben sappiamo, ma opporsi anche ad un sistema economico che, per quanto orribile, è la regola nelle economie di tutti gli Stati del mondo mi pare pura follia.“.
Questa frase potrebbe prendere il primo premio per la frase più stupida dell’anno, se tale premio esistesse. Seguendo la logica (?) di Ciuti è inutile opporsi a qualcosa che è così radicato e fondante nella società umana come il sistema economico capitalista. Quindi, sempre secondo la sua logica, è inutile anche combattere lo sfruttamento del Pianeta Terra da parte di imprese multinazionali e sistemi commerciali che ne stanno facendo scempio per interesse economico, è inutile combattere la fame dei Paesi cosiddetti del “terzo mondo“, perché è funzionale all’economia di mercato del “primo mondo“. E’ del tutto folle combattere la logica dell’aggressione e della guerra perché (lo sanno pure i sassi) produce ricchezza e permette a chi distrugge, di farsi pagare per ricostruire e imporre regimi economici che desidera. Insomma per Ciuti è inutile opporsi a un modello dominante, quindi meglio adattarsi. Di conseguenza è anche inutile battersi per la liberazione animale, perché essa prevede un cambio paradigmatico, sociale, economico e quindi sistemico della società attuale fondata sullo sfruttamento del più debole (fino a prova contraria), quindi niente da fare manco per gli Animali.
Queste frasi di solito non si leggono in siti web di associazioni che non fanno parte dell’organizzazione di un festival a Trento (Trentoveg) che si definisce “antispecista”.
4) “Sopra tutto quando poi non si ha niente di concreto da proporre, salvo le critiche a tutto campo per ciò che non corrisponde all’idealità dell’autore. Nel complesso l’articolo mi sembra un esercizio di moralismo goffo e sterile, talmente artificioso che sembra essere dettato dalla volontà di fare esibizione del proprio pensiero, piuttosto che offrire un positivo modello di comportamento per migliorare le condizioni di vita animale.“.
Anche questa frase non è affatto male. Veganzetta esiste da molti anni, e mediante il web, incontri, conferenze, manifestazioni, workshop ecc… (Veganzetta tenne anni fa anche un workshop sull’antispecismo proprio al festival Trentoveg organizzato da EticAnimale… incredibile vero? Ciuti dove si trovava nel frattempo, in un centro commerciale? Per riscontri: http://www.veganzetta.org/veganzetta-a-trentoveg/) ha proposto molte idee, e fornito molti spunti (buoni o cattivi, utili o inutili lo giudicheranno le altre persone); sulla barra di destra del sito è sempre esposto un link al testo aperto “Proposte per un Manifesto antispecista“. Ciuti lo ha letto? Ha letto qualche articolo di Veganzetta? Pare proprio di no, non che tali scritti siano importanti, ma almeno dimostrano che Veganzetta ha lavorato sodo, anche questa è una deduzione che ha una sua logica.
5) “Ovviamente anche io detesto il consumismo e tutte le distorsioni sociali, ambientali e culturali che ciò comporta, ma plaudo fortemente alle iniziative commerciali descritte da Millionaire e auspico per loro un enorme successo, non solo per il benessere che esse potranno conseguentemente e giustamente generare, ma per la più ampia diffusione di messaggi su uno stile di vita rispettoso e salutare che esse potranno veicolare.“.
Logica (sempre lei) vuole che o una cosa la si detesta e la si avversa, o la si plaude e si spera in un suo “enorme successo”. Decidetevi.
6) Ciuti (sempre lui) usa termini come “sistema Italia” e “core business“.
Questi termini non hanno mai fatto parte del mondo genuinamente vegano, né tantomeno di quello animalista. Sono termini da studio di marketing aziendale. Se avesse anche citato il “trend negativo” si sarebbe potuto rispondere – spocchiosamente in questo caso – come fece Nanni Moretti nel film “Palombella rossa“: “…io non parlo così!“.
Ma proprio perché su Veganzetta si vuole solo discutere e stimolare – anche scontrarsi ma sempre e solo in favore della causa antispecista – e non dedicarsi a sterili esercizi di stile o cedere al narcisismo, si preferisce parlare di “decrescita“, di “microeconomia“, di “economia di scambio e solidale“, di “beni comuni“, di “autoproduzione e consumo consapevole“, di “autogoverno locale“, di “ecovillaggio” e via discorrendo… E’ evidente che per Ciuti tutto questo è pura fantascienza.
7) “Mi sembra interessante anche osservare un certo fondamentalismo fanatico in quella specie di aforisma in testa all’articolo“.
Ci siamo. Pure EticAnimalista (che si autodefinisce blog ANTISPECISTA?) cade nel gioco dell’accusa di fondamentalismo nei confronti di chi dissente, manca solo l’accusa di terrorismo e siamo a posto. Tutto ciò che diverge dalla nostra visione delle cose e dal pensiero dominante è fanatico, pericolo, terrorista, negativo. Complimenti.
In conclusione cara Ivana, quando avrete davvero delle contestazioni serie di natura antispecista o riguardanti l’etica vegana, inviatele pure e riceverete una risposta adeguata, e non una sgradevole e ben poco utile come questa.
Cara Ivana, non so se l’aumento di offerte di prodotti vegan (e non mi riferisco ai fagioli) permetta di salvare anche un solo animale, ma ritengo che la svendita di un ideale segni l’inizio della fine di quell’ideale. Millionaire non mi pare un problema (come non lo sono i menù vegan in ristoranti tradizionali, i supermercati vegan, ecc.), ma non è certo da una strada simile che si può giungere alla liberazione.
McVeggie per tutte/i
Veganzetta, per quanto riguarda il link hai ragione ma questo è un errore mio dato che ho pubblicato io l’articolo di Marco Ciuti e a dire il vero non ci ho proprio pensato e me ne scuso, rimedio subito. per il resto a me sembra leggendo che sia tu quello che usa dei toni piuttosto aggressivi… Seguo da anni Veganzetta ma non solo, l’ho spesso stampata e distribuita ai nostri tavoli in passato ne ho condiviso articoli e link ma devo dire che non tutto ciò che viene pubblicato sulla vostra rivista mi trova d’accordo e che sia normale avere idee e opinioni diverse quando queste non cozzano contro il salvataggio della vita degli altri animali come mi pare faccia l’articolo in questione.
ciao
Ivana,
Sopra hai la pubblicità del McVeggie, di seguito uno dei tanti link che parlano dei danni che la multinazionale che produce questo panino arreca alla Terra e agli esseri viventi (Animali compresi), fai tu il calcolo di quante vite animali salverai mangiando questo panino.
http://earthriot.altervista.org/mcdonalds.html
Marco, nessuno qui vuole svendere niente …e nessuno ha detto che questa è la strada per arrivare alla liberazione degli animali ma solo uno dei tanti sentieri da percorrere non mi pare di avere letto qualcosa di diverso nell’articolo di M Ciuti. Inoltre proprio tu che giustamente hai sollevato obiezioni sul fatto che una vita salvata sia meritevole di ogni considerazione (vedi la toppa) dovresti sapere che se una persona invece di acquistare un etto di prosciutto di maiale compra un etto di carpaccio vegan è matematico che salvi la vita agli animali, non ci vuole molto a capirlo come non ci vuole molto a capire che se supponiamo, i vegani arrivassero a diventare 20 milioni, creerebbero tendenza e obbligherebbero istituzioni politica e legislazione a tenerne conto con evidente risparmio di vite animali. ciao:)
Ivana, io non vedo problemi in Millionaire. Di problemi – gravi – ne vedo nelle stupide guerre di religione all’interno del mondo animalista, per così dire. Inutilmente aggressivo l’articolo di EA, assurdamente offensiva la risposta di Veganzetta. Forse Agire Ora ha ragione. Vi saluto
Caro Marco, saluti antispecisti e grazie per il confronto.
Dubito che Ivana (e Marco?) abbia capito qualcosa del discorso sulla “toppa” e di cosa significhi “salvare gli animali”.
Marco dice che le reazioni di Veganzetta sono assurdamente offensive…
Io trovo che assurdamente offensivi e deprimenti siano gli articoli come quello di Ciuti (mentre lo leggevo non credevo ai miei occhi).
Veganzetta, io davvero non so dove trovi la pazienza di rispondere e di argomentare ogni volta in modo impeccabile e competente a qualsiasi provocazione o stupidaggine!
Davvero questa gente non sa nulla di decrescita e di microeconomia locale, davvero pensa di cambiare le cose con gli stessi strumenti del potere costituito, davvero non sa che tutto è collegato e che non si può lottare per qualcosa di giusto senza occuparsi anche di tutto il resto che è giusto?
Grazie Wilma per le tue belle parole.
Cara Wilma, per prima cosa e visto che tu sei tanto gentile ed educata mentre accusi gli altri di essere offensivi, “questa gente” lo tieni per te perché certe confidenze con chi non si conosce sono decisamente fuori luogo, per secondo non ho mai detto di essere esperta in microeconomia (lascio questo privilegio a te anzi se vuoi puoi confrontarti con Marco Ciuti, persona molto colta nonché preparatissima e documentata anche in questo) io a differenza da te, non voglio salvare il mondo e mi accontento (si fa per dire) di salvare per quanto possibile e nel mio piccolo, le vite degli animali.
A questo proposito Veganzetta, non so quante vite salverei mangiando il panino che proponi ma, se fossi certa di salvarne anche una sola, lo farei!! Con questo non voglio dire che le multinazionali come la Mc Donald sono da prendere ad esempio, (non si parlava di multinazionali nell’articolo ma di attività vegan in genere se non vado errata) infatti io non sono mai entrata in uno dei loro locali e di certo non li pubblicizzo anzi, ma per contro, aggiungo che se la Mc Donald improvvisamente si mettesse a commercializzare panini vegan, io ne sarei felicissima.
E con questo, visti i toni accesi dei vari commenti, concludo. Forse, per il fatto che questo articolo ci è sembrato tanto insensato quanto deleterio alla causa animalista, (infatti quando lo ho letto sono rimasta allibita per il fatto che un animalista potesse avere pensieri che ritenevano il veganismo quasi un pericolo per la liberazione animale tanto da essere messo sotto accusa e forse da qui è nata l’aggressività o presunta tale che non è nel nostro stile come non è nostra abitudine attaccare pubblicamente altri animalisti), Marco è stato un tantino aggressivo ma anche voi comunque non scherzate!! Saluti e buon proseguimento a tutti.
Ciao Ivana,
Grazie mille per il tuo contributo.
Saluti antispecisti.
Grazie Wilma per aiutarmi a migliorare. Confido che i tuoi suggerimenti mi saranno utili, in futuro, a non scrivere ulteriori tediose stupidaggini, che probabilmente fanno ancora parte del mio quotidiano bagaglio antispecista, malgrado quindici anni di attivismo.
Ciao Marco,
La qualità del confronto sta scadendo. Quindi grazie per i tuoi commenti, ma ora lasciamo spazio agli altri.
Non sono attratto dalla discussione vacua. Sono intervenuto sull’articolo in questione perché ho ritenuto miope ed ingiusta la critica delle attività commerciali a base vegan, che seguono i modelli economici tradizionali ed i canali di comunicazione prevalenti. Tutte le mie esperienze sono a contatto con processi economici, ma è anche a tutti evidente, piaccia o no, che ovunque c’è sviluppo vi sono le stesse tradizionali logiche del profitto e del capitale. Meglio si potrà fare nel (molto lontano) futuro, ma per ora le alternative in termini concreti sono equivalenti a fantasticherie. Razionalmente dovreste rendervi conto che anche dove vi sia “in nuce” un’attività solidale, lo sbocco commerciale è quasi sempre quello tradizionale, come tradizionali sono l’acquisizione dei mezzi di produzione. Non sono né aggressivo, né offensivo, ma voglio essere chiaro e netto. Quello che proponete è talmente lontano dalla realtà da sembrare la classica goccia nel mare con l’aggravante che la possibilità di dare efficacia al nostro messaggio ci sarebbe, ma dovrebbe essere rifiutata perché impura secondo le vostre logiche. Troppo facile rifiutare le certamente orribili distorsioni degli attuali sistemi di produzione senza avere nessuna proposta concretamente valida in relazione alla attuale dimensione antropica. Le vostre accuse riguardanti il non aver letto gli articoli di veganzetta, oppure di non sapere “nulla di decrescita e di microeconomia locale” , ecc. vi fa sembrare quei cattolici che quando trovano un ateo lo accusano di non aver letto bibbia, vangeli e le confessioni di S. Agostino. Esattamente la stessa visione egocentrica e dogmatica. Di articoli veganzetta ne leggo pochi perché li trovo in gran parte massimalisti. Tanto per render pan per focaccia, concludo dicendo di essere convinto di poter “prendere il primo premio per la frase più stupida dell’anno, se tale premio esistesse” solo se non partecipasse Veganzetta. Si è avviato su un complicato ragionamento su aggressione e guerra e sui massimi sistemi senza preoccuparsi di verificare se quanto da lui proposto abbia pratica utilità e sopra tutto trascurando il fulcro del suo articolo e del mio, cioè quegli elementi del nostro attuale sistema che siano mezzi utili alla nostra causa, come le imprese da lui criticate già concretamente fanno. Quando sarete impegnati nel parlare concretamente di obiettivi, mezzi, tempi e risultati per migliorare la condizione animale riprenderemo il confronto. Non concordo sull’affermazione: “Il dibattito c’è ed è quello che interessa”. Per me il dibattito fine a se stesso è tempo perso, inoltre non voglio approfittare della “pazienza di rispondere e di argomentare ogni volta in modo impeccabile e competente a qualsiasi provocazione o stupidaggine !” Vi piacete così. Bravi! Intanto gli animali non possono parlare. Cordiali saluti.
Marco Ciuti
Marco Ciuti,
Che tutte le tue esperienze siano a contatto con processi economici è palese ed è anche il problema fondamentale che esiste tra la tua visione e quella veicolata in questo sito web.
Parlare con un economista di nuovi modelli economici o di alternative alla visione economica dominante, è come parlare con un medico di medicina omeopatica, o con un ingegnere di case in paglia (non tutte/i sono così per fortuna, ci sono delle lodevoli eccezioni). Tu scrivi “ovunque c’è sviluppo vi sono le stesse tradizionali logiche del profitto e del capitale“, verissimo, il problema è che l’antispecismo non prevede uno sviluppo come lo intende la moderna dottrina economica, ma prevede una dinamica legata alla decrescita e al classico “senso del limite“, cose che contrastano e non di poco con l’idea di sviluppo e di PIL che hanno economisti, politici e mass media.
Tu scrivi:
“Le vostre accuse riguardanti il non aver letto gli articoli di veganzetta, oppure di non sapere “nulla di decrescita e di microeconomia locale” , ecc. vi fa sembrare quei cattolici che quando trovano un ateo lo accusano di non aver letto bibbia, vangeli e le confessioni di S. Agostino. Esattamente la stessa visione egocentrica e dogmatica.“.
Il prete della situazione sei tu caro Ciuti, e lo dimostri in modo lampante tentando maldestramente di mettere in bocca agli altri parole che non hanno detto. Rileggiti per cortesia il commento al tuo articolo e scoprirai che non c’è scritto assolutamente che tu non sai nulla di microeconomia, ma che la reputi pura fantascienza, e questo tu stesso lo confermi dicendo nel tuo commento “Meglio si potrà fare nel (molto lontano) futuro, ma per ora le alternative in termini concreti sono equivalenti a fantasticherie“.
Un’idea rivoluzionaria ha sempre una componente utopistica, se non l’avesse non sarebbe genuinamente rivoluzionaria. Il fatto che viviamo tutte/i in un sistema capitalistico non significa che lo si debba accettare, le alternative ci sono sempre, basta volerle vedere. Tu non vuoi farlo, sono affari tuoi, ma non venire a pontificare in questa sede. Di impegni concreti e di iniziative concrete ce ne sono moltissime anche in Italia. Dai G.A.S. alle cooperative di autoproduzione, ai distretti solidali, alle banche del tempo, alle attività di scambio e baratto, alle esperienze economiche alternative anche prive di moneta, e via discorrendo. E’ chiaro che tutto ciò abbia stretti rapporti con il modello economico vigente, ma non è ad esso complementare, ma potenzialmente alternativo e sostitutivo.
Tu proponi di riprendere il confronto “Quando sarete impegnati nel parlare concretamente di obiettivi, mezzi, tempi e risultati per migliorare la condizione animale“, ti si può rispondere che in primis il confronto con persone prevenute non serve a nulla, in secundis come già detto i mezzi e i risultati – che non siano il semplice inchinarsi servilmente alla teoria economica dominante – ci sono già, ma tu non li vuoi vedere.
“Intanto gli animali non possono parlare“, gli Animali parlano eccome, siamo noi che non li ascoltiamo.
Grazie per la tua risposta. Saluti antispecisti.
Giusto…gli altri.
“McVeggie per tutte/i”
(e non è una citazione, ma un affermazione preveggente)
Leggere questo commento mi ha fatto saltare in aria dalle risate!
Ma poi sono diventato triste all’improvviso…il paragone era così festoso, ma quanto mai macabramente azzeccato.
Diceva Tonino Guerra (che non c’entra nulla a proposito…ma magari strada facendo ne assume un senso):
“L’ottimismo è il profumo della vita”.
Ma disse anche:”C’è chi non sa dove andare e sta correndo per andarci subito”.
Ecco forse bisogna un attimo riflettere e capire bene dove veramente stiamo andando spinti dalle voci di alcuni ospiti per usare un termine pesante ed aggressivo (visti i toni) del sistema.
L’attuale sistema economico capitalista mondiale desidera follemente e voracemente che si attui al più presto prestissimo quello che l’articolo in testa propone! Ma avete dato un occhiata specifica alla copertina? No? Bè, vi consiglio di farlo allegramente. Una sola fotografia in primo piano basta per capire l’intento: ammiccamento, induzione, fidelizzazione, ed infine consumismo. Queste sono solo alcune delle regole principali del marketing moderno che insieme o figlio del più esperto merchandising è attorno ad ognuno di noi, carnisti o vegan.
Definizione: la pratica di utilizzare un brand o l’immagine di un prodotto noto per venderne un altro…o meglio raggruppa l’insieme di attività e di azioni aventi lo scopo di promuovere la vendita di una determinata linea di prodotti, o anche di un solo prodotto, una volta che lo stesso sia stato inserito nell’assortimento.
Questo non lo dico io ma è fonte certa.
Cosa vuol dire? Un prodotto! Che esso sia McCarne o McVeggie poco cambia, per un semplice motivo assoluto: il capitalismo è sfruttamento. Sfruttamento di animali, esseri umani, risorse naturali. Già è vero il primo è stato fabbricato sullo sfruttamento degli animali mentre il secondo no. Purtroppo è reale solo in parte. Una coltivazione di massa globale utile a fabbricare bigmac vegetariani non credo che cambierebbe di molto le cose. Probabilmente non esisterebbero più gli allevamenti intensivi come quelli odierni, ma esisterebbero altre catene di montaggio con altri sistemi produttivi deliranti creati solo ed esclusivamente per un unico scopo: . E chi produce profitto non ha nulla di etico e responsabile per l’ecosistema terrestre. Nulla. Altrimenti non sarebbe una corporazione, ma una onlus, o un associazione noprofit, umanitaria ecc. E’ accertato, studiato e documentato. Se accadesse questo in un prossimo futuro non lontano (e la cosa potrebbe davvero essere alle porte…diciamo 20/30 anni) nulla cambierebbe in termini di produzione alimentare sostenibile. Le regole del mercato globale attuale impongono rigide dirittive in termini di costi produttivi, margini di guadagno e consuntivi di fatturato. Le multinazionali del cibo non sono un congregazione benefica. Sfatiamo questo mito da fondazione corporativa. Qui ci sono in ballo interessi mondiali con fatturati da capogiro che nessumo realmente conosce e percepisce. Il food globale moderno è più potente di qualsiasi governo nazionale, intendiamoci…in termini monetari. E cosa fa girare l’economia capitalista mondiale? Le belle e buone proposte individuali che fin qui abbiamo letto?
Io personalmente non credo proprio…e senza sminiuire i buoni propositi, che creano sicuramente tanto ottimismo ed informazione…ma non sufficiente alla causa antispecista.
Quando si parla di sfruttamento capitalista probabilmente non tutti realmente ne concepiscono la portata: terzo mondo si traduce in guerre e conflitti, razzismo, povertà e denutrizione, speculazioni, inquinamento, cataclismi…morte. Non dimentichiamo la principale risorsa non inesauribile oggi presente sul pianeta che ha causato tutto questo benessere illusorio (per noi) e morte e sofferenza (per i popoli isolati). Il petrolio e i suoi derivati.
Sono questi alcuni aspetti o peggio effetti collaterali della società moderna. Le multinazionali (tutte) insieme ai governi e probabilmente ad alcune fazioni lobbiste hanno una pesante responsabilità. Ma loro non voglio soccombere dietro un movimento animalista sempre più diffuso e predominante, il quale nonostante sia stato negli anni sottomesso, discriminato, mistificato e ridicolizzato ha avuto sempre un incremento costante. Per mille e un motivo. Non si può fermare la volontà delle persone, che per quanto siano incoscienti o irresponsabili hanno comunque un cervello che pensa ed agisce. Quello che si può fare di contro è condizionarle, indurle ad effettuare una determinata scelta. E purtroppo il movimento vegan sta andando in quella direzione: scelta costretta.
“C’è chi non sa dove andare e sta correndo per andarci subito”.
Il tempo ci darà torto o ragione…ma confondere l’etica del pensiero antispecista…è molto pericoloso.
“Opporsi allo sfruttamento animale è già un compito arduo, come tutti noi ben sappiamo, ma opporsi anche ad un sistema economico che, per quanto orribile, è la regola nelle economie di tutti gli Stati del mondo mi pare pura follia.”…………………
………………Leggete e rileggete questa frase, perchè il delitto è proprio qui!
“Cosa vuol dire? Un prodotto! Che esso sia McCarne o McVeggie poco cambia, per un semplice motivo assoluto: il capitalismo è sfruttamento. Sfruttamento di animali, esseri umani, risorse naturali. Già è vero il primo è stato fabbricato sullo sfruttamento degli animali mentre il secondo no. Purtroppo è reale solo in parte. Una coltivazione di massa globale utile a fabbricare bigmac vegetariani non credo che cambierebbe di molto le cose.”
E’ proprio vero: “C’è chi non sa dove andare e sta correndo per andarci subito”.
Grazie Roberto.
Naturalmente onde evitare malintesi (il pensiero personale è pur sempre individuale)…ho scelto di riportare l’ultima frase non perchè la condivida!
Assolutamente no! Anzi, il suo significato ingenuamente stupido io lo traduco in un atteggiamento opportunista ipocrita tipico di chi predica bene e razzola male. Non sa di niente, nè dolce nè salato. Significa stare nel mezzo, fermi, nel mucchio…il peggio di quello che avviene oggi, persone parti integranti di un sistema capitalista specificamente indotto.
Mi riferivo appunto a questo…con il termine: “delitto”.
Marco Ciuti dice: “Bravi! Intanto gli animali non possono parlare”
-Grazie, ma infatti gli animali non lo devono fare…che cosa dovrebbero dire? Che stanno soffrendo? Hanno già mille altri modi per esprimersi.
La parola non serve…guarda noi esserei umani come siamo ridotti.
Marco Ciuti dice: “Non sono attratto dalla discussione vacua”
-Che cosa significa? Che la tua è più valida? La nostra è peggiore? Migliore? Chi lo dice, o chi lo giudica? Un sommo pensatore? Qui nessuno è santo nè prof. Si parla e si discute in un dibattito pacifico. Tu nel tuo blog cosa fai? Ti autocelebri? Dici di essere un esperto…che cosa fai nella vita? Non che interessi a me personalmente, ma giusto per saperlo.
Marco Ciuti dice: “…seguono i modelli economici tradizionali ed i canali di comunicazione prevalenti”
-Quali sono questi canali? Cosa sono i modelli economici tradizionali? Non ho visto un solo prodotto a marchio vagan pubblicizzato in tv? E spero di non vederlo mai! Forse intendi la gdo? Ma la gdo non fa pubblicità diretta, e non è un modello, è un mezzo.
Marco Ciuti dice: “Tutte le mie esperienze sono a contatto con processi economici, ma è anche a tutti evidente, piaccia o no, che ovunque c’è sviluppo vi sono le stesse tradizionali logiche del profitto e del capitale.Meglio si potrà fare nel (molto lontano) futuro, ma per ora le alternative in termini concreti sono equivalenti a fantasticherie”
-Hai mai sentito parlare di “biologico”? Produzione cooperativa? Riduzione della filiera? Prodotti alimentari non “brandizzati”?
Ovunque c’è un “logo” produttivo c’è un profitto e quindi una probabile speculazione finanziaria e sociale. Pensiamo al settore ortofrutticolo…cibo della terra. Ebbene anche questo cibo è stato industrializzato…dalla semina alla raccolta. Anche qui c’è un logo. Sulle mele sì, banane sì, kiwi sì…ecc. Cosa significa questo? A te la risposta.
Marco Ciuti dice: “Non sono né aggressivo, né offensivo”
-Non si direbbe leggendo il tuo articolo discriminatorio. Perchè non sei intervenuto prima di pubblicarlo? A discussione aperta! Mi dispiace, ma la tua è stata una pessima mossa. Direi…antisportiva!
Marco Ciuti: “Quello che proponete è talmente lontano dalla realtà da sembrare la classica goccia nel mare con
l’aggravante che la possibilità di dare efficacia al nostro messaggio ci sarebbe, ma dovrebbe essere rifiutata perché impura secondo le vostre logiche”
-Non ho capito. Cosa vuoi dire? Chi ha proposto cosa? Forse parli del boicottaggio delle multinazionali? A te cosa importa…sei figlio di un industriale forse? Se non ci fossero proprio le corporazioni…ci sarebbero più realtà produttive locali, provinciali, di quartiere, i contadini diventerebbero di nuovo padroni della loro terra, la gente tornerebbe nei mercati e nelle piazze, i grandi supernercati non chiuderebbero di sicuro ma subirebbero un grosso cambiamento strutturale per niente malefico, il cibo sarebbe più genuino e ci si ammalerebbe meno, e probabilmente il terzo mondo non sarebbe affamato. Senza dimenticare meno inquinamento ed instabilità economica.
Marco Ciuti dice: “Troppo facile rifiutare le certamente orribili distorsioni degli attuali sistemi di produzione senza avere nessuna proposta concretamente valida in relazione alla attuale dimensione antropica”
-Tu ce l’hai? Io no! Ma, scendendo ad un compromesso consapevole, posso meglio decidere come spendere i miei soldi. Non credo faccia male all’economia, forse ai brand sì…ma ne guadagnano altri…forse proprio quei pochi esempi di imprenditoria coraggiosa di cui qui si parla. Che nulla potrebbero fare se non creare un po’ di ottimismo, o almeno un alternativa pur lieve, forse inefficace alla lotta, ma tanto meglio rispetto ad altro. Il concetto del brand non è sostenibile, e il Vegan trademark non può essere il futuro. Non cambierebbe nulla. Questo è il problema. Questo è il rischio.
Marco Ciuti dice: “…come le imprese da lui criticate già concretamente fanno”
-Nessuno ha criticato nessuno. Abbiamo solamente detto che l’azione individuale di pochi coraggiosi nulla cambia senza una cosciente conversione antispecista. Se questa fosse fattibile, non avremmo bisogno dei prodotti vegan. La terra già offre tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Nel rispetto e nell’amore etico totale. Compromesso sottointeso. Ogni nostra azione ha un impatto ambientale, ma se posso io scelgo. E se la mia scelta può far bene…perchè non uscire dagli schemi tradizionali?
Marco Ciuti dice: “Quando sarete impegnati nel parlare concretamente di obiettivi, mezzi, tempi e risultati per migliorare la condizione animale riprenderemo il confronto”
-Inizia tu…noi ti veniamo dietro. Come già detto…“Il dibattito c’è ed è quello che interessa”. Non credo serva aggiungere altro anche perchè è quello che abbiamo fatto.
Marco Ciuti: “Per me il dibattito fine a se stesso è tempo perso, inoltre non voglio approfittare della “pazienza di rispondere e di argomentare ogni volta in modo impeccabile e competente a qualsiasi provocazione o stupidaggine !”
….quest’ultima affermazione non l’ho capita. Il tuo fine qual’è?
I commenti accumulati sono già molti, per permettere a tutte/i di poter seguire adeguatamente cerchiamo di evitare ulteriori polemiche, e di fornire contributi chiari, utili e concisi. Grazie.
Ecco appunto, una cosa sola per essere brevi e anche perchè agli altri punti qualcun altro ha già risposto esaurientemente:
Marco Ciuti dice: “Troppo facile rifiutare le certamente orribili distorsioni degli attuali sistemi di produzione senza avere nessuna proposta concretamente valida in relazione alla attuale dimensione antropica”
……ma non si era parlato di decrescita, di microeconomia locale e tutto il resto? non sono proposte valide queste?
Senza considerare che l’attuale dimensione antropica è funzionale proprio agli attuali sistemi di produzione e non il contrario, infatti i ns governanti (tutti) si sbracciano continuamente per indurci a consumare di più e a fare più figli (altrimenti crolla tutto il castelletto, aggiungo io).
Fare meno figli (o anche per niente visto che siamo 7 miliardi) è una scelta che va nella direzione di una decrescita consapevole, che lascia posto anche agli altri esseri su questa terra.
La decrescita è già in atto, che sia consapevole…io non credo.
Purtroppo che emerga un microeconomia locale è cosa veramente ardua. Ma non perchè non ci sia l’impegno o la volontà del singolo, quello c’è eccome! Il potere delle multinazionali è veramente molto forte, e attualmente non esiste una vera concreta politica vantaggiosa per contrastarle, anzi. Non lo si vuole affatto!
Probabilmente un vero cambiamento potrebbe verificarsi solo con un crollo cospicuo dei consumi, food e non food. Ma con che danni o benefici? Cosa che già sta avvenendo da alcuni anni sia in Europa che in America. I beni di prima necessità hanno subito una perdita in termini di vendite molto consistente, in Italia sicuramente, non so negli altri paesi europei ma credo idem.
La gdo è molto in difficoltà, ampie strutture di vendita vengono chiuse, ridimensionate o addirittura vendute alla concorrenza.
Ancora non è chiara la vera causa che ha portato ad un crollo così considerevole. Crisi? Molti auspicano una minore percezione del potere d’acquisto, ma bisogna anche considerare i prezzi al consumo e come effettivamente l’industria alimentare reagirà di fronte a fenomeni come quello riportato su in testata.
Per chiarezza: GDO significa “Grande Distribuzione Organizzata”.
Quello che è in atto, purtroppo con l’inconsapevolezza di tanti, è l’impoverimento di una grossa fascia della società a tutto vantaggio di pochi, questa non è “decrescita” nel senso in cui si intende questa parola.
La decrescita vera (felice) può essere solo consapevole, si attua se la si vuole e deve per forza essere messa in atto gradualmente per non inceppare di botto l’ingranaggio perverso di questa economia globale creando scompensi difficili da gestire.
La microeconomia locale è certamente cosa ardua, dato lo strapotere delle multinazionali, come dici tu, c’è la volontà del singolo
ma ancora troppo poco, mentre a livello governativo, ovviamente, manca totalmente perchè tutte le forze politiche (partiti) sono colluse con i grossi sistemi finanziari.
Per questo occorre che noi antispecisti ci impegnamo anche a livello politico se vogliamo salvare gli altri animali e noi stessi.
Occorre collaborare con tutte le realtà che portano avanti questi valori, impregnadole di antispecismo, là dove ancora non è chiara la relazione strettissima che c’è tra antispecismo e decrescita, tra antispecismo ed ecologia e via discorrendo.
Quella che secondo me manca gravemente oggi è una reale vera concreta e consapevole Informazione.
Spesso mi capita di parlare con persone diverse per nazionalità, cultura e ceto sociale…e con mio grande stupore mi accorgo che la maggior parte di loro è veramente Ignorante in materia, e per materia intendo una coscienza etica sull’attuale situazione, peggio se faccio riferimenti ad episodi storici o comunque attinenti. Parlare addirittura di antispecismo all’uomo comune è assolutamente coraggioso e complicato. La gente crede ancora che l’essere “animalista” sia una parte rivoluzionaria del sistema sociale…tipo un figlio dei fiori capellone con la bandana. Per fortuna poco per volta le cose stanno cambiando, ma la disinformazione e la mistificazione ridicolizzante è molto attiva complice anche di un ego terrorizzante.
Il lavoro da svolgere è ampio e non privo di ostacoli. Molte sono le azioni forti a riguardo, ma bisogna crederci veramente.
Io ogni giorno mi pongo come obiettivo una certa “disciplina” che mi permette di non cadere in tentazioni devastanti. Il vero ed autentico problema credo sia proprio questo: un induzione molto dura, forte, continuata, inarrestabile. Cadere nel consumismo sfrenato è molto facile e altrettanto dannoso.
Informiamo di più, e coinvolgiamo gli altri a capire il bello della vita…non stupidi flash momentanei di godimento.
(grazie Veganzetta per la precisazione sulla gdo…preso nel discorso mi era sfuggito di chiarire a cosa si riferisse la sigla)
Hai detto bene, la disinformazione (non a caso) dilaga e la maggioranza delle persone segue pedissequamente senza porsi troppe domande.
Bisogna vincere l’apatia e l’indifferenza della gente, la crosta dell’abitudine, occorre praticare e divulgare in tutti i modi possibili un modello di vita migliore.
A mio parere va tenuta ben sotto controllo la coerenza però, pena la non credibilità e il fallimento.
Il lavoro da fare è veramente immenso, ma è importante aver capito almeno come nuoversi e in che direzione andare (Tonino Guerra docet….)
Tranquillo….. se continui con queste idee, col tempo, cadere nel consumismo sfrenato ti sarà sempre più difficile, fino a diventare addirittura repellente e definitivamente impossibile :))
Per capire meglio il reale potere delle multinazionali del cibo, invito tutti alla lettura di questo articolo:
http://www.ilfattoalimentare.it/multinazionali-cibo-food-oxfam.html
L’obiettivo non e’ salvare il mondo ne’ salvare tutti gli animali, ma salvarne il piu’ possibile. Inoltre, non mangiandoli, francamente mi sento meno complice dello schifo che sta dietro il loro sfruttamento. E questo e’ quanto.
L’obiettivo è liberare gli Animali che è molto diverso da salvarli. Non mangiandoli ti senti meno complice, ma questo non significa che sia la soluzione, inoltre su questo “sollievo morale” ci lucrano e lucreranno molti. Il veganismo lo si vive quotidianamente non solo al supermercato.
Secondo me questo è un punto controverso, sul quale conviene sempre ribadire un concetto: non mangiare animali e non consumare i prodotti della loro sofferenza è il primo passo che chiunque si avvicini alla questione dello sfruttamentnto animale dovrebbe compiere. Diciamo che è il minimo della decenza. Ma certo non andrebbe confusa una pratica, sulla quale si è agganciata tutta la retorica dello “stile di vita”, con l’impegno politico. Insomma pensare che veganizzare sia lo scopo primario del movimento di Liberazione animale, significa aver scambiato un banale presupposto per una finalità.