L’Europarlamento salva il “veggie burger”. Dovrebbe interessarci?


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L’Europarlamento ha salvato il veggie burger. Nessuno degli emendamenti che intendevano limitare l’uso delle denominazioni di carne ai soli prodotti di origine animale è stato approvato. Resta lo status quo, con la possibilità di utilizzare termini come mortadella, salsiccia o hamburger per prodotti con ingredienti integralmente vegetali.
Sì all’hamburger vegano, dunque: può essere definito un hamburger. Sono stati bocciati gli emendamenti alla Politica Agricola Comune (PAC) che avrebbero proposto di vietare la definizione «carne» per i prodotti alimentari di origine vegetale, mettendo fine ad una battaglia furiosa tra le parti interessate nelle ultime settimane.

Così viene riportato in uno dei numerossissimi articoli pubblicati in questi giorni dalle testate giornalistiche a proposito della conclusione della diatriba sul nome di alcuni prodotti alimentari a base vegetale. La contesa sul cosiddetto “veggie burger” era arrivata fino all’Europarlamento a causa di quattro emendamenti presentati da Copa-Cogeca1 (un’enorme e potente lobby che tutela gli interessi dell’agrobusiness, ma soprattutto della zootecnia europea) con i quali si chiedeva che fosse impedito l’uso di termini riconducibili a prodotti alimentari a base di carne, in prodotti che invece sono a base vegetale. In soldoni: gli allevatori europei si ribellavano contro gli hamburger vegetali.
Contro questa iniziativa si era formata una cordata organizzata nella campagna Stop the veggie burger ban lanciata da Proveg (fondata da Melanie Joy, suo marito Sebastian Joy e  Tobias Leenaert ossia il curatore del blog The Vegan Strategist) e dal Good Food Institute, con il sostegno della European Alliance for Plant-based Foods (ENSA). La cordata in questione godeva anche dell’adesione – diretta o indiretta – di gigantesche multinazionali del calibro di Ikea, Nestlè, Unilever, Cargill, Oatly, Beyond Meat, Upfield, di associazioni di promozione del cibo a base vegetale e animaliste (tra le altre anche l’italiana Essere Animali). Tutti insieme appassionatamente.
Lo scontro avvenuto in sede istituzionale ha infine sancito la vittoria della cordata pro veggie burger, dunque si potrà continuare a trovare sugli scaffali dei negozi e nei ristoranti un burger, una salsiccia, una mortadella o un salame vegetali.

A questo punto la domanda che dovremmo porci in quanto persone umane vegane è: tutto ciò dovrebbe interessarci?
Da tale semplice quesito potrebbero scaturirne numerosi altri a cascata, come ad esempio: per quale recondito motivo avendo deciso consapevolmente di non consumare più prodotti a base di carne, rifiutandoci così di contribuire allo sfruttamento e al massacro degli Animali, ora dovremmo continuare a consumarne di vegetali che però hanno la forma, la consistenza, il sapore, l’odore e il nome di quelli carnei?
La risposta è fin troppo banale, ma vale la pena rimarcare alcuni concetti. La filosofia vegana è in realtà una pesante ed efficace critica alla società umana specista, antropocentrica e capitalista. Essa rappresenta con le sue pratiche semplici e dirette una via alternativa non solo allo specismo, ma anche al consumismo forsennato dei nostri tempi e allo sfruttamento della Natura tutta in nome del profitto e del primato umano. In quanto persone umane vegane  (dunque rappresentanti di una posizione etica liberazionista e non dietetica o consumistica), dovremmo prendere con forza le distanze da ogni prodotto che possa anche solo lontanamente rifarsi a una tradizione (culinaria ma non solo) improntata allo sfruttamento degli Animali. 

Il cibo a base vegetale accettabile per l’etica vegana dovrebbe essere semplice, locale, naturale, stagionale, basico e il meno possibile elaborato. Un cibo sano enormemente distante nei sapori, odori, consistenze e nomi da quello che la nostra coscienza ci impone di rifiutare perché ottenuto mediante la sofferenza e la morte degli Animali. Nulla quindi che si avvicini a improbabili (impossibili) prodotti che emulano, surrogano, o ricordano cibi provenienti dalla schiavitù degli Animali, perché è proprio contro di essa che lottiamo.
Lo specismo non si combatte solo attraverso il boicottaggio di tutto ciò che causa la schiavitù animale, ma anche (e soprattutto) dal rifiuto dei concetti, delle idee e delle tradizioni che lo rappresentano. Non esiste una carne vegetale da mettere in un carrello verde e così nemmeno tutte le varianti e denominazioni merceologiche che la contraddistinguono, perché è il concetto stesso di carne che dobbiamo rifiutare ed abbandonare. La carne è la materializzazione dell’idea che il corpo degli Animali possa divenire cibo per la nostra specie, con tutto ciò che ne consegue: se non si abbatte tale idea non ci si libererà mai dal paradigma specista che connota la società umana contemporanea.
Dunque lasciamo le battaglie sul veggie burger a coloro che intendono eliminarlo o favorirlo per mere ragioni commerciali, produttive, di marketing, o peggio ancora, perché in preda all’illusione che il mercato possa partorire una nuova morale più giusta e paritaria nei confronti degli Animali.
Di veggie (termine privo di qualsiasi connotato etico, strumentale e funzionale alla Grande Distribuzione Organizzata) nella nostra esistenza vegana non c’è nulla.

Il veganismo è tanto lontano dagli interessi degli allevatori, quanto lo è da quelli di Nestlè, Unilever, Cargill e compagnia bella, grandi protagoniste dello sfruttamento globalizzato e della devastazione del Pianeta Terra2.

Adriano Fragano

Note:

1) Gli emendamenti erano anche sostenuti da CLITRAVI (Centro di collegamento per l’industria di trasformazione della carne nell’Unione europea), EFFAB (Forum europeo degli allevatori di specie zootecniche), AVEC (Associazione europea dei trasformatori e negozianti di pollame), IBC (Confederazione internazionale dei bieticoltori europei), UECBV (Unione europea del commercio del bestiame e delle carni).
2) Informazioni interessanti su alcune aziende a vario titolo coinvolte nella campagna Stop the veggie burger ban, le potrete trovare a questo indirizzo: www.greatitalianfoodtrade.it/idee/carne-vegana-meat-sounding-grande-spettacolo-al-parlamento-europeo
Al paragrafo “Gli interessi in gioco”.

17 Commenti
  1. Veganzetta ha scritto:

    Si riporta di seguito la breve descrizione di alcune aziende che hanno partecipato (direttamente o indirettamente) alla cordata a favore del “veggie burger”:

    ————————————-

    Gli interessi in gioco

    I registi dello spettacolo non corrispondono esattamente al modello ‘ambientalista’ che si potrebbe attendere. Tutti i nomi a seguire, membri diretti o indiretti della European Alliance for Plant-based Foods, partecipano tra l’altro alle filiere degli allevamenti intensivi di animali da carne.

    – Nestlé, leader globale nella produzione di alimenti e rifiuti inutili, le iconiche capsule di Nespresso. Si ricorda altresì per la storica negazione del diritto umano universale all’acqua. (2) E per il secondo posto, dopo PepsiCo, nel campionato mondiale dei consumi di olio di palma,

    – Unilever, Corporation che per oltre un secolo ha sfruttato gli schiavi e le terre a essa concesse dal monarca criminale Leopoldo II per produrre olio di palma nell’ex-Congo belga (ora RDC). Tuttora impiega il grasso tropicale nei risotti vegetariani e vegani a marchio Knorr, oltreché in vari altri prodotti,

    – Cargill, colosso delle commodities agricole. Protagonista nella produzione e commercio di olio di soia OGM e olio di palma, tra deforestazioni e pesticidi. Coinvolto altresì nella trasformazione industriale di cacao raccolto da bambini schiavi, in West Africa.

    – IKEA, terzo retailer al mondo (dopo ALDI e Tesco) nei consumi di olio di palma,

    – Beyond Meat, startup miliardaria dei burger vegetali creata da Tyson Food, primo produttore USA di carni da allevamenti intensivi.

    Fonte: https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/carne-vegana-meat-sounding-grande-spettacolo-al-parlamento-europeo

    27 Ottobre, 2020
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  2. Paola Re ha scritto:

    Quando ho letto la notizia sui giornali (pure in alcuni TG l’hanno data), ho iniziato ad aspettare l’articolo su Veganzetta.
    Grazie per avere ribadito concetti fondamentali, essenziali e irrinunciabili per chi voglia essere vegan nel senso originario e autentico del termine. Sono scritti molto bene anche nel tuo libro “Disobbedienza vegana” che invito sempre a leggere.
    Non stupiamoci della deriva che hanno preso certe associazioni animaliste e andiamo avanti fedeli alla linea di Watson.

    28 Ottobre, 2020
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    • Veganzetta ha scritto:

      Cara Paola,

      Grazie a te per ricordarti sempre di citare “Disobbedienza vegana”.
      Purtroppo la deriva di cui parli è in atto da molti anni, il problema è che ormai pare che tale deriva sia diventata la normalità nel sentire della maggior parte delle persone umane vegane.

      Sempre fedeli alla linea di Watson.

      29 Ottobre, 2020
      Rispondi
  3. Roberto Contestabile ha scritto:

    Ciao Adriano, mi sembra di aver sentito che altri produttori caseari invece abbiamo vinto in merito alla denominazione ufficiale di determinati derivati del latte vaccino (vedi latte di soia). O mi sbaglio?
    Per quanto riguarda il veggie burger non c’è proprio da meravigliarsi, anche perché se dietro alla cordata si sono schierati grandi nomi del capitalismo moderno…poteva mai andare diversamente?
    Purtroppo niente di nuovo sul fronte, anzi prepariamoci a ben altro di tremendamente raccapricciante (visti gli ultimi accadimenti).

    A tal proposito Adriano, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensi di questo “fantomatico virus”.
    Magari anche in privato.

    29 Ottobre, 2020
    Rispondi
  4. Matteo ha scritto:

    Io invece sono contento perché il termine “carne” non vuol dire esplicitamente “carne di animali macellati e uccisi”. Il veggie burger è “utile” per chi ancora non è vegetariano o vegano. E’ un alimento strategico per la transizione. Sul fatto poi che non debba avere le sembianze di un burger di carne animale, penso sia irrilevante.

    30 Ottobre, 2020
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Fonte: Vocabolario della lingua italiana online Treccani
      https://www.treccani.it/vocabolario/carne/

      carne s. f. [lat. caro carnis, affine al gr. kèiro «tagliare»]. – 1. Parte muscolare del corpo dell’uomo e degli animali: avere poca, molta c. addosso, essere magro, grasso; e così essere in c., essere bene in c., fare c., rimettersi o tornare in c., ecc.; c. viva, tessuti anatomici profondi esposti da una ferita: il ferro gli penetrò nella c. viva. […]

      Alimento costituito dal tessuto muscolare di varî animali (con esclusione, di regola, della carne del pesce, spesso anzi in contrapp. ad essa), ricco di proteine, di ferro, ecc.: c. di bue, di maiale, di pollo; c. bovina, ovina o caprina, suina, equina; c. bianche (di vitello, pollame, coniglio, ecc.), rosse (di manzo, cavallo, pecora, maiale, ecc.), nere (selvaggina da piume o da pelo). Secondo il modo di conservazione si distingue: c. in scatola; c. affumicata, quella esposta al fumo di legna verde; c. congelata, conservata a temperature inferiori a –5°C; c. surgelata, conservata a temperatura inferiore a –20°C; c. refrigerata, conservata a temperature da 1 a 4°C. Estratto di c., preparato a base di carne, pastoso e consistente, di colore bruno rossastro, con odore caratteristico, completamente solubile, usato per brodi. Fig., trovare c. per i proprî denti, trovare un avversario che sa tener testa; non è c. per i tuoi denti, è compito superiore alle tue forze, non è roba che fa per te o che tu possa sperare di ottenere (più frequenti, queste frasi, con pane al posto di carne); mettere troppa c. al fuoco, fare troppe cose in una volta, accingersi contemporaneamente a molte imprese, e sim.; non essere né c. né pesce, non avere idee proprie, essere senza carattere o personalità (anche di persona insipida, che non sa di nulla). […]

      1 Novembre, 2020
      Rispondi
  5. Sergio ha scritto:

    Grazie Adriano, bellissimo pezzo che ribadisce ancora una volta il motivo importante di scegliere un modo di vivere Vegan.
    Io credo che il passaggio avviene nel momento in cui nella nostra testa entrano (e rimangono) quelle informazioni che ci fanno capire a quali sofferenze prima della morte e della macellazione sono sottoposti gli altri Animali tutto per un nostro piacere del palato che dura pochi minuti, appunto quelli che impieghiamo a mangiare un pezzo di carne (bistecca o burger)per esempio.
    Prima li abbandoniamo questi termini per l alimentazione e meglio sarà anche nelle conversazioni con i non vegani.
    Riguardo alla citazione al tuo libro disobbedienza vegana fatta nei commenti precedenti non posso che concordare,a me è servito soprattutto perché l’ho letto quando già avevo scelto di essere vegano.
    Sempre fedeli alla linea di Watson.

    30 Ottobre, 2020
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Grazie a te Sergio per il bel commento, le tue parole e per aver ricordato “Disobbedienza vegana”.
      Certamente prima ci libereremo di questi termini, del loro significato e del mondo che rappresentano e descrivono e meglio sarà per la causa vegana e per gli Animali.
      Non si capisce perché dire “negro” è offensivo perché è un termine carico di significati e rimandi al razzismo tra umani, mentre il veganismo dovrebbe sdoganare il concetto di “carne” che rimanda a tutto ciò contro il quale la nostra filosofia lotta.
      Certamente il “passaggio” avviene quando nella nostra testa entrano e rimangono delle informazioni che il veganismo veicola, ma la trasformazione si concretizza nel momento in cui cominciamo a vedere il mondo (che non è solo nostro o non esiste in nostra funzione) con occhi diversi.
      Questo può essere definito veganismo maturo.

      1 Novembre, 2020
      Rispondi
  6. luigi ha scritto:

    il problema come qualcuno ha citato e’ la transizione,
    la maggior parte delle persone non sa e non vuole sapere quello che c’e’ dietro a quello che consuma,figurarsi il cominciare a mangiare da un giorno all’altro solo insalate e patate lesse(perche’ l’idea che i carnivori hanno dei vegani e’ questa diciamocelo).
    dargli un alternativa invitante e familiare e’ utile per non farli sentire persi e rendergli la transizione piu’ facile,soprattutto quando non si riesce a fargli comprendere la profondita’ del dolore e dei disastri planetari che i loro consumi comportano,bisognerebbe rifare la scena dei ganci sugli occhi come in arancia meccanica davanti a qualche documentario,ma ahime’ non e’ possibile.

    31 Ottobre, 2020
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao Luigi,

      Certamente la transizione da un modello di vita ad un altro è un momento delicato e difficile, però ciò non significa che si debba banalizzare e decostruire una filosofia che ha una sua portata sociale enorme, per farla divenire meramente uno stile comportamentale, solo perché così è più facile aderirvi. Questo è il vero problema: alla fine a cosa si aderisce? A una serie di abitudini il più massificate e semplificate possibili o a un’idea di cambiamento sociale?
      Se stessimo parlando di sessismo non ci verrebbe mai in mente di proporre una soluzione “di transizione” tra una società sessista e discriminatoria nei confronti delle donne ed una invece paritaria, il problema è radicale e deve essere affrontato con soluzioni altrettanto radicali, non esistono vie di mezzo.
      Viene anche da chiedersi: come avranno mai fatto tutte quelle persone umane che sono diventate vegane nel tempo molto prima che comparissero nei supermercati i prodotti “veggie”?
      Diventare persone umane vegane 20 anni fa era davvero difficile, eppure c’è chi ci è riuscito e lo è ancora oggi.
      A forza di “indorare la pillola” e di trattare le persone umane speciste come bambini idioti o al massimo inconsapevoli, si rischia di far scomparire la portata rivoluzionaria dell’idea vegana per sostituirla con mere abitudini quotidiane a supporto della società che in realtà dovremmo cambiare.

      1 Novembre, 2020
      Rispondi
      • luigi ha scritto:

        guarda,io sono PERFETTAMENTE daccordo con te,
        per come la penso io la “soluzione radicale” sarebbe un movimento come l’ALF con gruppi attivi in ogni quartiere con azioni e rivendicazioni QUOTIDIANE contro tutto e tutti quelli che traggono profitto dallo sfruttamento animale in ogni sua forma,perche’ e’ solo con la paura che si constringe a cambiare posizione(nota bene posizione non idea)a quelli che non ci vogliono sentire e lucrano sullo sfruttamento,rivogliamo fare le BR versione animalista?completamente daccordo,negli anni di piombo i diritti operai sono nati propio grazie prima a una rivoluzione violenta,poi al dialogo,ma come ogni rivoluzione ci vuole il sangue,ogni singola rivoluzione e’ nata e ha risolto qualcosa nel sangue,quanti sono disposti a rischiare e sacrificarsi?
        ancora troppo pochi,
        e quindi…ti tocca beccarti la rivoluzione..all’acqua di rose.
        funzionera’?
        se riuscissimo a suscitare empatia delle masse consumatrici verso gli animali massacrati,allora forse si,
        ma come ho scritto sopra,spingere la gente a vedere documentari come earthlings o cowspiracy o dominion e’ VERAMENTE difficile.

        1 Novembre, 2020
        Rispondi
  7. Matteo ha scritto:

    Adriano, è proprio perché il termine “carne” è nel dizionario che dobbiamo farlo nostro. Sta succedendo, da anni e lentamente, con il significante “latte”. E non mi dire che tu la chiami “bevanda al gusto di soia” o roba del genere:).

    Concordo sul non supportare le multinazionali come, ad esempio, quelle dietro a Beyond Meat. Pero’, per il resto bisogna non “indorare la pillola” ma considerare la persona “comune” la quale ha bisogno del periodo di transizione.
    Io, e penso la maggioranza di voi, non ne ha avuto bisogno ma, si sa, quelli privilegiati sono pochi.
    Ti ricordo che la maggiore parte delle persone non rinunciano a cibarsi di animali non per questioni etiche o salutiste ma, banalmente, per il palato.

    Il tuo esempio sul sessismo è un poco inaccurato, perché anche quello è passato, e purtroppo ancora passa, da un periodo di transizione. Cmq, la chiudo qui se no iniziamo la solita litigata. Ciao.

    1 Novembre, 2020
    Rispondi
  8. Veganzetta ha scritto:

    Ci sono termini del nostro lessico e concetti di uso comune che è sicuramente possibile reinterpretare in chiave antispecista e in generale liberazionista, e questo è un’operazione che richiederà molto tempo ma che è necessario fare. Vi sono invece altri termini e concetti che è chiaramente impossibile recuperare, come ad esempio “carne” e “latte” che non ci permetteranno mai di prendere le distanze da un’ottima specista consolidata da millenni.

    1 Novembre, 2020
    Rispondi

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