Si legge in circa: 8 minuti
Un recente articolo pubblicato sul sito web dell’associazione The Vegan Society, illustra il risultato di un’indagine statistica condotta dalla stessa su un campione di persone umane vegane britanniche, a riguardo del loro atteggiamento sul cosiddetto “vaccino” contro il virus Covid-19.1 Il titolo dell’articolo tradotto in italiano è eloquente: “L’87% dei vegani del Regno Unito ha ricevuto almeno una dose di vaccino contro il Covid-19” e in riferimento ai soggetti intervistati, si dichiara:
“Solo il 4% ha affermato di non essersi vaccinato e che non lo farà. Il motivo principale addotto da coloro che non vogliono vaccinarsi è la paura o la sfiducia sulla sicurezza del vaccino (58%). Il 35% vuole aspettare che vengano rese disponibili ulteriori informazioni e il 29% non crede che il vaccino funzioni. Il 23% di questo gruppo ha indicato ragioni etiche”.
Dunque facendo un po’ di calcoli: secondo questa rilevazione eseguita su un campione di 1.500 persone umane tra i 16 e gli 80 anni che si definiscono vegane, gli individui che esprimono critiche o contrarietà ai “vaccini” per motivi etici sono il 23% del 4% del totale, vale a dire meno dell’1% delle 1.500 persone umane intervistate. Ciò significa che il restante 99% presumibilmente non ha remore di carattere etico nei confronti dei vaccini. Certamente tra la massa dei soggetti vaccinati, ci sono anche coloro che pur manifestando una contrarietà, hanno dovuto vaccinarsi per motivi personali legati ad esempio a particolari condizioni di salute, familiari o altro.
Con la consapevolezza che tali situazioni, che si potrebbero definire di forza maggiore, sono da considerarsi delle eccezioni, torniamo a concentrarci sul dato statistico emerso di maggiore interesse: a detta della Vegan Society meno dell’1% di tutte le persone umane che si considerano vegane intervistate, ha dichiarato la propria contrarietà a vaccinarsi per motivazioni etiche (ossia principalmente perché tali farmaci sono stati massicciamente testati sugli Animali).
Tenuto conto che attualmente in quel Paese non sono in vigore tutte le assurde restrizioni alla libertà individuale che invece sono state imposte in Italia, viene da pensare che da noi la situazione in ambito vegano potrebbe essere addirittura peggiore. E’ anche vero che l’attendibilità e l’obiettività di queste statistiche è tutta da dimostrare (considerando che ormai le indagini statistiche sono in genere concepite e utilizzate per influenzare e non per informare), è quindi legittimo ritenere che la situazione potrebbe essere invece molto migliore (ed io ritengo che sia così); ad ogni modo è chiaro che nella minoranza che l’ambito vegano rappresenta nella società umana specista, chi esprime critiche, dubbi o si oppone convintamente ai vaccini per motivazioni etiche è una piccola parte: dunque a tutti gli effetti una minoranza nella minoranza.
Questa realtà gravissima, porta a considerare un fatto inequivocabile: la mancanza di una critica seria e strutturata alla situazione (di emergenza sanitaria, sociale, culturale e di attacco alle libertà individuali) da parte di soggetti che affermano di aderire alla filosofia vegana e/o a quella antispecista, li colloca sullo stesso piano di coloro che accettano acriticamente e supinamente ogni situazione che la società in cui vivono impone. Questi ultimi si pongono ben oltre il semplice conformismo, rinunciando a ogni iniziativa, fino ad accantonare ogni ragionevole dubbio, rifiutando ciò che non è assimilabile alla norma e ai valori costituiti e dettati (siano essi politici, sociali, religioni o morali) dalla società e dalle istituzioni. Stiamo parlando di un fenomeno di massa reso possibile da una tipologia di individui che possono a ragione essere definiti come dei soggetti normopatici.
La tendenza a conformarsi alla maggioranza, trascurando lo sviluppo di un qualsiasi pensiero critico autonomo, è stata definita normopatia da Joyce McDougall e Joseba Atxotegui.2 Per una migliore comprensione del fenomeno è utile citare lo psicologo argentino Enrique Guinsberg che parla del soggetto normopatico come di “colui che accetta passivamente come principio tutto ciò che la sua cultura gli indica come buono, giusto e corretto, non osando mettere in discussione nulla e spesso nemmeno pensare qualcosa di diverso salvo giudicare criticamente chi lo fa e anche condannarlo o accettare che lo condannino”.3 L’aspetto di questo fenomeno che più interessa, è senza dubbio quello della normopatia sociale prodotta e indotta dalla società soprattutto mediante i potenti mezzi persuasivi e terrorizzanti della comunicazione di massa e dalle istituzioni. Vale la pena di riportare la considerazione dello psicoterapeuta Michele Iannelli che a tal proposito scrive:
La normopatia sociale, è imposta da forze oligarchiche che fanno del proprio profitto l’unica meschina e criminale ragione di vita. L’obiettivo, perseguito con pervicacia in tutti i campi, è quello di sopraffare e sostituire l’insieme delle caratteriste e capacità naturali dell’individuo e della collettività di operare attraverso un autentico e genuino buon senso. Quel tipo di buon senso che permette di valutare e distinguere il logico dall’illogico, l’opportuno dall’inopportuno, il giusto dall’ingiusto, il sano dall’insano, la luce dalle tenebre, la speranza dalla disperazione, il bene comune dalla macelleria sociale, il vero sapere dalla menzogna.4
Quanto descritto conduce inevitabilmente ad una domanda: com’è possibile che persone umane che affermano di condividere (e di vivere) una visione radicale, critica e alternativa alla società specista come il veganismo, possono essersi allineate a questo comportamento? L’argomento è complesso e le motivazioni utili a spiegare detto comportamento sono sicuramente numerose, desidero però evidenziarne quattro esponendole di seguito.
1) L’errata o superficiale comprensione del messaggio vegano
Un problema annoso che riguarda non solo la superficialità di coloro che hanno cercato di comprendere al massimo le pratiche etiche (e nemmeno tutte) e non la filosofia vegana, ma che chiama in causa direttamente soggetti, gruppi e associazioni vegane, che per decenni hanno promosso un’idea di veganismo parziale, semplicistica, se non addirittura infantile. In buona sostanza l’idea che si possa divenire persone umane vegane semplicemente sostituendo i prodotti di uso comune con altri che non prevedano l’utilizzo di ingredienti animali, senza mettere in discussione il nostro modello di vita (in poche parole il metodo che proponeva Gary Yourofsky). Un’idea fondata esclusivamente sulla dimensione pratica vegana, lontana da qualsiasi approfondimento teorico, da qualsivoglia critica sociale e posizione politica: incentrata sul criterio del cambiamento meccanico, facile e indolore. Un’idea deresponsabilizzante che ha formato generazioni di persone umane fintamente vegane.
2) La presa di distanza di alcune frange del mondo antispecista dal veganismo
Negli ultimi anni sono state numerose le voci in ambito antispecista che si sono levate contro il veganismo: concepito come sola pratica apolitica e non come filosofia, ritenuto troppo semplice e privo di spessore teorico. In tal modo molte persone umane antispeciste hanno finito per allontanarsi dal continuo esercizio pratico di (auto)critica generato dal veganismo, assolutamente indispensabile per una efficace lotta di liberazione, concentrandosi esclusivamente su questioni teoriche sempre più lontane dal quotidiano, dalla coerenza individuale e in definitiva anche dalla questione animale. Senza dubbio un errore drammatico e dalle conseguenze ancora non del tutto immaginabili.
3) L’incoerenza diffusa nell’ambiente vegano e antispecista
Non sempre è possibile trovare una giustificazione accettabile per il comportamento di chi pur definendosi come una persona umana vegana o aderendo all’antispecismo, tiene nel quotidiano comportamenti palesemente contrari a queste idee, dimostrando nei fatti di sottostare al modello specista proposto dalla società umana. Comportamenti che non dipendono da traversie o da vicissitudini della vita, ma più banalmente da mancanza di volontà, serietà e coerenza, sono purtroppo molto diffusi in questi ambienti, anche tra chi meno ce lo si aspetta.
4) Il silenzio di molte figure di riferimento
In questi anni caratterizzati dalla pandemia da Covid-19, si è assistito a una sorta di ritirata dalla vita pubblica di molte figure di riferimento teorico in ambito liberazionista e in particolar modo antispecista. La mancata presa di posizione (o in alcuni casi addirittura l’adesione) da parte di tali figure a riguardo delle imposizioni che hanno grandemente limitato le libertà individuali umane nel nostro Paese, hanno contribuito a instaurare un clima di incertezza, delusione e confusione che ha aggravato le divisioni già presenti. Sul perché di tali comportamenti si potrebbero scrivere fiumi di parole, ma quanto meno è chiaro che spesso l’ambiente vegano e quello antispecista hanno puntato sulle persone umane sbagliate.
Dunque conformismo e normopatia sociale che oggi più che mai caratterizzano la società umana, in tutta evidenza dilagano anche in ambito vegano e antispecista, causando una serie di comportamenti ormai noti, in parte o del tutto incoerenti con le posizioni etiche che connotano questi ambiti. Un risultato è quel 99% di persone umane vegane di cui parla l’articolo della Vegan Society. L’emergenza sanitaria e soprattutto quella sociale e civile di questi anni, hanno evidenziato quanto poco il messaggio radicale vegano e antispecista sia stato compreso e assimilato da coloro che affermano di promuoverlo, rimanendo vivo solo in una sparuta minoranza che oggi appare fortemente aggrappata ai propri valori e per questo più che mai isolata.
Ciò detto con quale spirito chi si riconosce in questa minoranza nella minoranza può pensare non solo al proprio futuro, ma anche a quello dei valori a cui aderisce idealmente e praticamente? Certo il pessimismo se non addirittura lo sconforto possono essere la reazione più naturale, ma desidero tentare di fornire un approccio alternativo e positivo al problema. Quando nella metà degli anni ‘40 del secolo scorso Donald Watson decise di separarsi dalla Vegetarian Society inglese (per motivazioni dichiaratamente etiche) e fondare una nuova entità che avrebbe preso il nome di The Vegan Society, era parte di un minuscolo gruppo di soli sei soggetti umani, che riunì per la prima volta a Londra in occasione della fondazione della nuova associazione. Un gruppo che nonostante la manifesta contrarietà della Vegetarian Society, le enormi difficoltà di dover vivere – in quell’epoca – in una società umana specista e la tragedia della guerra in corso, decise di intraprendere un percorso di consapevolezza e coerenza che è giunto fino ai nostri giorni. Un percorso di disobbedienza, di non omologazione, di rifiuto di facili soluzioni imposte standardizzate e normalizzate, che prevedevano lo sfruttamento sistematico degli Animali a nostro uso e consumo; certamente un percorso difficile, derivante da una nuova etica del vivere improntata al rispetto dell’alterità e alla giustizia interspecifica. Anche allora quelle sei persone umane avrebbero potuto facilmente cedere al pessimismo e allo sconforto al solo pensiero dell’immane lavoro e delle difficoltà che le attendevano, ma non lo fecero e la filosofia vegana (quella originale, non certo le sue vergognose aberrazioni) prese piede e si diffuse nel mondo.
Lo spirito pionieristico di quella piccola avanguardia potrebbe fungere da ispirazione per cercare nuove modalità resilienti oggi: pare in effetti che ci troviamo come allora all’anno zero per quanto riguarda la proposta etica vegana originale (allora come oggi considerata estrema e antisociale), perché mai come in questi ultimi anni è evidente la grande differenza che esiste tra un veganismo riformista se non addirittura di facciata e un veganismo radicale. Il primo è ben rappresentato dall’atteggiamento di ciò che rimane della Vegan Society delle origini: ossequioso e aderente alle direttive (non solo sanitarie) imposte dalle istituzioni speciste. Un atteggiamento che non prende minimamente in considerazione la possibilità di alternative, che non solleva critiche, dubbi o quesiti, che non si oppone in nessun caso; al contrario in tale ambito c’è addirittura chi stigmatizza o ridicolizza chi non si adegua al comportamento della massa. Il secondo è chiaramente rappresentato da quell’1% di soggetti vegani che si dichiara contrario ai cosiddetti vaccini per motivazioni etiche: una contrarietà frutto di coerenza, di riflessioni, di un atteggiamento critico e di una libertà di pensiero evidentemente sempre più rara e scomoda.
Anche oggi come allora è necessaria una buona dose di coraggio, autonomia di pensiero, una spiccata capacità di resilienza e una rete di contatti per un indispensabile supporto morale e pratico. Il veganismo radicale, quello delle origini e delle grandi questioni etiche, con la sua visione critica e disobbediente, è in grado di fornirci tutti gli strumenti necessari per poter combattere efficacemente la normopatia che ci attanaglia, salvaguardando il nostro senso critico, preservandoci da una società lobotomizzante e dall’annichilimento in atto di qualsiasi proposta culturale alternativa all’esistente.
Un veganismo radicale come antidoto alla follia di massa che stiamo vivendo, che ci permetta come individui di distinguere ancora il giusto dall’ingiusto, realmente può essere considerato come una proposta non solo sensata, ma salvifica.
Concludo dedicando questo testo alle persone umane vegane che, nonostante le grandi difficoltà, con tenacia rimangono coerenti nei fatti con i propri principi, disobbedendo anche in questo periodo di pandemia e che per tale ragione hanno tutta la mia stima e riconoscenza.
Adriano Fragano
Note:
1) Cfr. il sito web www.vegansociety.com/news/news/87-uk-vegans-have-had-least-one-dose-covid-19-vaccine
2) Joseba Atxotegui, Tortura y psicoanálisis, in J. de la Cueva, J. L. Morales et al., Tortura y sociedad, Editrice Revolución, Madrid, 1982, pp. 173-194
3) Enrique Guinsberg, La Salud Mental en el Neoliberalismo, Plaza y Valdés, Madrid, 2001, pp. 49-50
4) Michele Iannelli, Normopatia: un soffocante e velenoso grigiore al servizio delle oligarchie, 9 aprile 2019, www.psicoterapiaolisticaroma.it/normopatia-un-soffocante-e-velenoso-grigiore-al-servizio-delle-oligarchie
Foto in apertura: opera di Roberto Manzotti © 2022. @robertomanzotti
Se hai letto fin qui vuol dire che questo testo potrebbe esserti piaciuto.
Dunque per favore divulgalo citando la fonte.
Se vuoi Aiuta Veganzetta a continuare con il suo lavoro. Grazie.
Avviso legale: questo testo non può essere utilizzato in alcun modo per istruire l’Intelligenza Artificiale.
Gli avvocati Francesco Scifo e Linda Corrias invitano a fare obiezione di coscienza proprio perché questi sieri sono testati e contengono parti di animali, non so se per loro è un’escamotage o sono aderenti alla filosofia vegana. Certo è un’opzione da valutare. Io sono stata sorpresa non tanto da come tante persone animaliste/vegan hanno abbracciato convintamente il siero, ma di come hanno condannato chi non lo ha fatto, trascendendo ogni principio che dovrebbe essere alla base delle filosofie che si dice di sostenere, diventando esse stesse prede della dissonanza cognitiva di cui accusano gli onnivori.
Ciao Simona,
Tu scrivi “Io sono stata sorpresa non tanto da come tante persone animaliste/vegan hanno abbracciato convintamente il siero, ma di come hanno condannato chi non lo ha fatto, trascendendo ogni principio che dovrebbe essere alla base delle filosofie che si dice di sostenere, diventando esse stesse prede della dissonanza cognitiva di cui accusano gli onnivori”.
Questo aspetto fa parte della normopatia (e dell’ipocrisia) che ha colpito l’ambiente vegano e antispecista: una reazione negativa nei confronti di chi invece di adeguarsi, giustamente obietta e si oppone, mettendo in cattiva luce chi non lo ha fatto.
Grazie, Adriano, per questo bellissimo articolo. Molto interessante il concetto di normopatia, sicuramente approfondirò, e azzeccatissime sono anche le espressioni “veganismo superficiale” e “veganismo infantile”. Siamo rimasti davvero in pochi a resistere, però, al momento, mi sento pure più forte di prima. Sono stata sospesa dal lavoro, parlo di tanto in tanto con le persone onnivore che non si sono vaccinate e mi sono scontrata con una “vegana superficiale” che tentava e sicuramente tenta ancora di opprimere e deridere chi non si piega a questo ricatto, ma ti confesso che le mie idee adesso sono persino più radicali di prima: si sono consolidate ulteriormente. L’etica non può essere intermittente né superficiale. Gli animali hanno bisogno di coerenza e profondità.
Approfitto anche io per ricambiare la mia stima per te e tutti quei vegani/antispecisti “radicali”. Grazie, vi abbraccio tutti.
Grazie a te Giannella per il commento e per la tua testimonianza che è importante.
Per approfondimenti puoi leggere se vuoi “I cosiddetti sani: la patologia della normalità” di Erich Fromm.
Tu scrivi una cosa molto bella:
“le mie idee adesso sono persino più radicali di prima: si sono consolidate ulteriormente. L’etica non può essere intermittente né superficiale. Gli animali hanno bisogno di coerenza e profondità”.
Questo è importante, direi prezioso. Alla prova pratica l’idea vegana non solo resiste, ma ne esce rafforzata.
Davvero gli Animali hanno bisogno di coerenza, ma anche di serietà.
Un abbraccio.
Grazie per il consiglio di lettura, mi metto subito alla ricerca del testo di Fromm.
Grazie per questo articolo e grazie per la dedica: me la prendo con piacere.
Pure io nutro stima per te e ti sono riconoscente per il lavoro di informazione che fai attraverso Veganzetta.
Cara Paola,
La dedica a chi come te porta avanti con convinzione e coerenza la vera idea vegana, è il minimo che si potesse fare.
Avanti così.
Grandi riflessioni, grazie. Se una nota positiva tutta questa vicenda puo avere avuto su di me, di sicuro mi ha fatto comprendere che l’esistenza di pensiero e capacità critica anche in coloro che credevo per assunto la possedessero, era appunto una mia mera illusione. Assisto sbigottito ormai ad un veganismo “da grande distribuzione”, fagocitato dal rumore capitalista che risuona di fondo e incessante nella mente della grande maggioranza. Non riuscire, non sforzarsi a volere riconoscere questo rumore di fondo pervasivo sancisce la condanna ad ogni minimo approccio di pensiero critico e riflessivo dell’individuo. Con tali presupposti il concetto di disobbedienza appare a dir poco inconcepibile e anzi da contrastare con vigore in quanto vissuto negli altri come una minaccia al proprio aprioristico appiattimento e accomodamento passivo alla vita.
Un saluto
Caro Gaspare,
Grazie a te per le tue belle parole sull’articolo.
Quello che tu affermi è ciò che purtroppo si è verificato sostanzialmente per colpa “nostra”. Questo veganismo “da grande distribuzione”, come tu giustamente lo definisci, è quello che più è stato proposto in tutti questi anni a coloro che si avvicinavano alla filosofia vegana. Un falso veganismo: facile, immediato, consumistico, indolore e inconsistente. Una mera pratica priva di riflessione e di spessore che ha ridotto tutto a una sostituzione di merci, servizi e prodotti. Nulla è stato detto sul fatto che l’idea vegana è in realtà destabilizzante per un sistema come quello in cui siamo immersi.
La vera difficoltà non è in verità cambiare cibo, indumenti, o abitudini, è aprire le nostre menti a una visione del mondo diversa, questo in tutta evidenza non è stato fatto.
Per questo motivo siamo all’anno zero.
Come commentato precedentemente riguardo ad un altro intervento simile di Adriano, pongo ancora l’accento sul silenzio assordante da parte delle associazioni animaliste e dei singoli animalisti su tutta la vicenda pandemica sin dai suoi albori. Gli Animali sono stati sfruttati e strumentalizzati dalle stesse associazioni animaliste che hanno subitaneamente e acriticamente appoggiato la tesi del salto di specie del virus a puro scopo “propagandistico”. E’ sconvolgente ed inquietante saper che chi si professa vegano, animalista o antispecista, accetti supinamente, e senza colpo ferire, di farsi iniettare un farmaco (“vaccino” o siero genico… la definizione ha, in questo contesto, ben poca rilevanza) che rappresenta l’orribile frutto malato di sofferenze, torture e morte…. ancora una volta e senza soluzione di continuità! Prova ne è che quest’ultima “impresa” di Big pharma ha fatto impennare la richiesta di animali da laboratorio ed in particolare quella di riguardante le scimmie https://www.theatlantic.com/science/archive/2020/08/america-facing-monkey-shortage/615799/… Potranno mai averne consapevolezza gli inebetiti vegani modauoli? Anche io come ha detto Simona, so che gli Avvocati Linda Corrias e Francesco Scifo propongono l’obiezione di coscenza contro l’obbligo vaccinale. Cosa che personalmente ho sempre pensato di fare.
Rossana con questo commento metti il dito nella piaga.
Quello che sarebbe dovuto accadere in un ambiente (impossibile parlare di movimento) connotato da posizioni critiche rispetto allo sfruttamento animale da parte della società umana, è l’avvio di un dibattito pubblico sulle questioni virus, pandemia, vaccini e limitazione delle libertà individuali. Ciò (come ho già avuto modo di dire in un mio precedente commento) avrebbe potuto contribuire all’individuazione di soluzioni alternative a quelle proposte/imposte dalle istituzioni speciste. Soprattutto avrebbe contribuito a chiarire le idee alle singole persone umane vegane, le quali poi avrebbero potuto prendere autonomamente la loro decisione con cognizione di causa e in coscienza.
Invece abbiamo assistito a un: “silenzio assordante da parte delle associazioni animaliste e dei singoli animalisti su tutta la vicenda pandemica sin dai suoi albori” come tu ben dici.
Alla tua domanda “potranno mai averne consapevolezza gli inebetiti vegani modauoli?” personalmente non credo di poter rispondere, peraltro ritengo ben poco interessante ciò che potranno o vorranno fare tali soggetti, perché non li ritengo delle persone umane vegane. Sarebbe invece molto utile capire cosa potranno o vorranno fare coloro che hanno fino ad oggi portato avanti con coerenza la filosofia vegana delle origini.
Caro Adriano, vorrei aggiungere un’altra considerazione, sperando che lo spazio di questo commento me lo consenta. Quella della minoranza della minoranza della minoranza. Ovvero di quelle pochissime persone che oltre a disobbedire per motivi etici legati ai vaccini sperimentati sugli altri animali, mettono in discussione l’intera medicina cartesiana, una medicina specista fin dai suoi esordi (con l’idea dell’animale macchina). Anche se per i vaccini e per TUTTI gli altri farmaci non venisse più usata la sperimentazione animale, resterebbe comunque una medicina che continuerebbe a sperimentare sulla pelle dell’animale umano. Come la storia criminale di Pfizer ci ricorda. Questi due anni sarebbero stati l’occasione per far emergere i limiti, la fallacia, soprattutto la “vecchiaia” culturale e scientifica della medicina “moderna”. Le poche persone che hanno tentato di farlo, seriamente, senza tirare in ballo teorie new age e allucinazioni varie, sono state additate come fasciste e antiscientifiche sia dalla minoranza, che dalla minoranza della minoranza. Peccato…
Caro Alfredo,
Grazie per la tua considerazione.
Come già parzialmente affermato in un mio commento precedente, ritengo che se si decide di vivere una filosofia come quella vegana, capace di ampi stravolgimenti di paradigma e di grandi trasformazioni personali e sociali, ogni ambito della nostra esistenza ne dovrebbe essere interessato. Nel caso specifico di sicuro l’ambito della cura della salute dovrebbe essere enormemente rivisto.
Come ben dici la medicina ufficiale moderna si fonda su concetti meccanicisti ancora ben rappresentati e considerati, sperare che cambi la sua rotta e che ci “converta” in altro, temo sia una pura utopia. Esistono molte altre medicine (alcune con una tradizione millenaria) che sicuramente sono molto più affini al nostro sentire e che dovrebbero essere riscoperte, studiate e praticate.
In realtà si dovrebbe partire da una considerazione di base: la medicina ufficiale moderna sostanzialmente cura la malattia, mentre si dovrebbe giungere ad una medicina che la previene, una medicina che dunque non ha bisogno di malati.
Per ottenere ciò entrano in gioco molti elementi, come ad esempio una corretta e sana alimentazione, le buone pratiche di vita quotidiana, un ambiente non inquinato e integro, uno stile di vita sereno e semplice, un equilibrio psicologico solido e via discorrendo. Tutti elementi chiaramente agli antipodi rispetto a ciò che al giorno d’oggi questa società ci propina.
Purtroppo gli ultimi anni non solo non sono stati utilizzati per fare una seria e sana autocritica, per rivedere nel nostre priorità e per svelare la fallacia e la vecchiezza della medicina ufficiale moderna, ma hanno permesso a quest’ultima di assurgere definitivamente al ruolo di religione laica, con tanto di liturgie, templi e di sacerdoti.
Porto la mia esperienze personale perché credo che la questione sia molto complessa.
Da quando ho facoltà di scelta per me non ho più fatto vaccini e non uso prodotti testati, cercando di ridurre al minimo sostanze devastanti per la terra e per gli esseri che la abitano.
Ho dovuto, sottolineo dovuto, farmi iniettare i farmaci anti covid19 per poter lavorare. Non sono in grado, né economicamente né psicologicamente di condurre battaglie individuali contro un sistema potentissimo. Mantengo me e gli animali che ho salvato con il mio stipendio. In seconda battuta assisto una madre disabile per grave patologia polmonare (ma su questo avrei potuto forse prendere precauzioni).
Sono stata per questo insultata e mi si è augurata la morte da parte di persone umane “vegane”. Le quali persone umane “vegane” considerano il proprio corpo una specie di tempio inviolabile da sostanze nocive e non dicono parola contro la vivisezione (che sta tornando alla grande anche per i cosmetici). Ora, mi piacerebbe sapere se queste persone si fanno estrarre un dente senza anestesia, se quando si ammalano di cancro rifiutano la chemioterapia, se quando hanno mal di testa da impazzire non prendono un antidolorifico. E mi piacerebbe anche molto sapere se la chirurgia plastica cui ricorrono palesemente e per motivi estetici sia “vegana”.
Ho dovuto sottopormi al vaccino nella piena consapevolezza che è costato la vita a topi, furetti, maiali e scimmie. Ho anche aderito a un programma di ricerca su covid19 nel tentativo di salvare almeno un topino. Non sono una “normopatica” e avversero’ ogni tipo di sperimentazione su esseri senzienti finché vivrò, ma devo sopravvivere e francamente le battaglie per difendere il “corpo tempio di purezza” di certe persone non mi interessano.
Scusatemi se sono entrata nei dettagli. Grazie per l’attenzione.
Ciao Costanza,
Innanzitutto grazie per la tua testimonianza che è molto utile al dibattito.
Come già sottolineato da Paola Re nel suo commento, nell’articolo c’è un passaggio che tratta quelli che definisco casi “di forza maggiore” e su questo non credo ci sia molto altro da dire.
Chiunque di noi ha i suoi problemi personali e ritengo che ben pochi soggetti privilegiati possano vivere in questa società permettendosi il lusso di non lavorare. Dunque anche chi ha deciso di non vaccinarsi e magari ha passato i 50 anni, si trova ora in condizioni economiche davvero difficili e deve subire considerevoli privazioni, questo solo perché ha ritenuto giusto farlo per seguire i propri principi. Conosco diverse persone umane che hanno deciso di restare momentaneamente a casa dal lavoro senza stipendio o che hanno direttamente perso la propria occupazione. Questo va detto.
Dunque umanamente comprendo la tua situazione e ritengo che in definitiva è alla nostra coscienza che dobbiamo rendere conto, ma al contempo ribadisco le posizioni espresse nell’articolo, evidenziando anche che in questo luogo virtuale non si è mai minacciato chi la pensa diversamente, non si può pertanto equiparare in alcun modo l’argomentazione di una legittima posizione etica, con i comportamenti inaccettabili di alcuni soggetti che non trovano di meglio da fare che minacciare di morte il prossimo: tutto ciò non ha nulla a che fare con l’etica vegana.
Pertanto mi spiace che tu abbia avuto queste esperienze negative, ma si tratta di situazioni e comportamenti alieni a quanto si sta dibattendo qui.
Sulle tue perplessità sull’anestesia, sulle chemioterapie o sulle cure del mal di testa:
Per prima cosa la storia del veganismo ci insegna che esistono sostanze di sintesi formulate e realizzate molto tempo fa, che sebbene siano state sperimentate, sono considerate sicure e non sono passibili di ulteriori sperimentazioni. Chi conosce l’ambiente vegano da molto tempo, si ricorderà ad esempio della famosa Positive List (ormai caduta quasi del tutto in disuso), ossia di una lista di sostanze chimiche che una persona umana vegana avrebbe poturo utilizzare, perché mai testate o perché non più testate da decenni e considerate sicure già nel 1976. Un esempio pratico è l’acido acetilsalicilico (il principio base dell’Aspirina tanto per intenderci) che deriva dalla corteccia del Salice e che è utilizzato da tempo immemore (ne parlava addirittura Ippocrate). Basterebbe acquistare il principio attivo – e non un farmaco commercializzato da una multinazionale – e lo si potrebbe usare per molti scopi curativi.
Così come per la sostanza di cui sopra, se ne possono usare molte altre (anche di considerevole efficacia) per risolvere i più comuni problemi di salute. Per quanto riguarda l’anestesia e le cure chemioterapiche si tratta dei classici “casi limite” che possono verificarsi alcune volte nella vita, ma che di certo non costituiscono la normalità e non fanno parte della nostra quotidianità; dunque se e quando una persona umana vegana si troverà di fronte a queste situazioni, potrà decidere in coscienza se e come utilizzare queste sostanze. Non è possibile paragonare un cancro con il virus del Covid-19, la cui mortalità in caso di infezione è bassissima, lo stesso infatti in genere non si può dire di un cancro (ossia di un tumore maligno) non curato. Per quanto riguarda invece il mal di testa, esistono numerose sostanze di origine vegetale o minerale e non testate utili a contrastarlo.
In seconda battuta mi sento di esporre una posizione di carattere generale sull’utilizzo dei farmaci, ossia che è sempre possibile rivolgersi ad altri tipi di medicina che possono fornire soluzioni valide, ma che sono invise al mondo scientifico specista moderno per molti motivi. Ritengo che una persona umana che ha deciso di adottare una visione alternativa dell’esistente come quella vegana, dovrebbe anche interessarsi di trovare soluzioni “altre” in ogni campo, compreso quello della salute. Su questo non mi dilungo oltre perché desidero parlarne più in dettaglio con Alfredo Meschi che per primo ha sollevato questa questione.
Sussiste un ulteriore elemento che differenzia non poco la questione del vaccino dagli esempi che tu hai portato: nessun dentista ci obbligherebbe ad assumere una sostanza anestetica per estrarci un dente, così come nessun oncologo ci minaccerebbe di toglierci il lavoro se non ci sottoponiamo a un ciclo di chemioterapia. Questo è un aspetto assolutamente basilare che riguarda la nostra libertà personale, aspetto che è chiaramente venuto meno nel caso della campagna vaccinale contro il Covid-19, perlomeno nel nostro Paese. Tale differenza non può non passare inosservata o taciuta: deve essere quantomeno discussa, cosa che non è accaduta nel nostro ambiente. Se ci fosse stato un dibattito pubblico allo scoppio della pandemia, probabilmente si sarebbero potute individuare delle soluzioni alternative valide a quanto sta accadendo.
Infine il tuo non può certo definirsi un caso di normopatia, perché è evidente che sei giunta a questa decisione con notevole sofferenza: non tutti i soggetti che si sono vaccinati sono automaticamente dei normopatici, ci mancherebbe. Così come non tutte le persone umane vegane che hanno deciso di non sottoporsi alla vaccinazione passano la giornata minacciare chi non la pensa come loro.
Spero che con queste mie risposte siano riuscite a chiarire i tuoi dubbi, che peraltro sono i dubbi di numerose altre persone umane sull’argomento.
Volevo solo ribadire che la maggior parte delle persone umane che rifiutano il vaccino non lo fanno per rispetto degli Animali, e non si preoccupano di evitare altri prodotti testati qualora facciano loro comodo.
Quanto al resto sottoscrivo ogni virgola di quel che scrivi. Aggiungo però che il problema di covid19 è il fatto di essere infettivo, diversamente da altre malattie più letali. Poi che questa zoonosi epidemica che ci siamo andati accuratamente a cercare (vd libro Spillover) sia stata usata, strumentalizzata, abbia arricchito, abbia regalato potere a chi già l’aveva e via la va, è fuor di dubbio. Grazie sempre per Veganzetta, un vero antidoto all’assopimento del pensiero.
Costanza, hai tutta la mia solidarietà, sebbene io non sia stata vaccinata, né contagiata.
L’articolo precisa: “Certamente tra la massa dei soggetti vaccinati, ci sono anche coloro che pur manifestando una contrarietà, hanno dovuto vaccinarsi per motivi personali legati ad esempio a particolari condizioni di salute, familiari o altro. Con la consapevolezza che tali situazioni, che si potrebbero definire di forza maggiore, sono da considerarsi delle eccezioni, torniamo a concentrarci sul dato statistico emerso di maggiore interesse”
Io ho una posizione che si potrebbe definire più “morbida” nel senso che non mi sono mai scagliata contro chi ha scelto di farsi iniettare il vaccino, pur disapprovandolo per tante ragioni. Ciò che scrivi su anestesia, chemioterapia eccetera è vero.
Più assurdo del vaccino in sé, trovo assurdo l’obbligo vaccinale e ancora più assurdo il green pass che è stato legato indissolubilmente al vaccino.
Abbiamo ampiamente capito che la politica non si interessa della salute pubblica ma del profitto. I vaccini sono una miniera d’oro.
Tutto ciò che stiamo vivendo è aberrante e noi vediamo solo la punta di un iceberg gigantesto farcito di criminalità travestita da legalità.
Grazie Paola. Sì, l’articolo specifica anche che alcuni paesi hanno obbligato ai vaccini, in altri è stata una scelta.
Cara Costanza condivido il tuo pensiero e le tue posizioni e comunque non credo sia i caso di giudicare le scelte delle persone per quanto possano apparire discutibili ognuno di noi verifichi quanto sia in grado di fare e di dare per la causa degli Animali .Purtroppo oggi è fallita pure l’iniziativa portata avanti in Svizzera tramite il referendum riguardante il divieto alla sperimentazione su animali e essere umani inoltre, come saprete, pare che nella Ué torneranno in auge i famigerati test sugli Animali già vietati nel 2013, se può interessare ci sarebbe una petizione sostenuta pure da Paul McCartney, su savecrueltyfree.eu sarebbero necessarie più firme possibili.Sappiamo che purtroppo nei paesi extra UE i test per i cosmetici continuano ad essere effettuati ovviamente non per la sicurezza delle persone umane che ne fanno uso ma per meri interessi economici inerenti anche alla sperimentazione sugli Animali. Credo che questo sia un luogo dove si opera per la condivisione di una risonanza emotiva sempre più intensa per il destino degli Animali e per questo non posso che ringraziare per l’energia, di contributi, penso anche alle Campagne, credo sia doveroso continuare a portarle avanti anche nei microcosmi amicali familiari ,e inoltre idee e orientamenti che trovo sempre molto stimolanti e che sarebbe auspicabile fossero fruibili raggiungendo un numero sempre più grande di persone a partire da quelle più giovani, giustamente sarebbe utopico pensare che una tensione ideologica che si proponga come fine la tutela degli Animali sia destinata a rimanere istanze elitariae ma che si propaghi oltre le posizioni anomiche per il raggiungimento di un’ ecologia mentale dove i diritti siano condivisibili con i nostri fratelli Animali.Grazie Paola
Ciao Paola, non intendevo giudicare alcune scelte, peraltro difficili, quanto sottolineare alcune incoerenze. Ho appena letto anch’io del risultato referendario a Basilea, e purtroppo non mi stupisce. L’uso stupido e crudele, nonché inarrestabile, della vivisezione non fa altro che ribadire una scienza vecchia, come sottolineato da Meschi.
Ciao Costanza,
Tu scrivi “Volevo solo ribadire che la maggior parte delle persone umane che rifiutano il vaccino non lo fanno per rispetto degli Animali, e non si preoccupano di evitare altri prodotti testati qualora facciano loro comodo”.
E’ verissimo e cercare di analizzare le cause che hanno spinto molti individui a rifiutare questo trattamento sanitario è quasi impossibile, tenuto conto della loro eterogeneità. Ciò che si tenta di fare su Veganzetta è concentrarsi sul nostro ambito (nel quale le contraddizioni, le incoerenza e l’ipocrisia pare abbondino).
Certamente la maggior parte di chi rifiuta il cosiddetto vaccino non si preoccupa minimamente dello sfruttamento degli Animali a fini scientifici, così come non si preoccupa di mangiarli, comprarli, venderli e usarli in mille modi diversi, ma questo non è il motivo che mi ha spinto a scrivere l’articolo.
Peraltro colgo l’occasione anche per far notare (a Paola Drog) che anche tra coloro che hanno votato a favore del referendum svizzero per il divieto dell’uso di Animali nelle sperimentazioni, le persone umane che si preoccupano di come trattiamo in generale gli Animali e che di conseguenza vivono secondo modelli alternativi a quelli attuali, saranno ovviamente pochissime. L’antivivisezionismo è storicamente ben rappresentato da soggetti che non hanno remore a sfruttare gli Animali in altri ambiti e questa è un’altra enorme contraddizione.
Ma come già spiegato questo argomento è fuori tema.
Ultima precisazione: Veganzetta non propone mai raccolte di firme e petizioni da sottoporre alle istituzioni speciste.
leggo con interesse i vostri articoli e le interessanti riflessioni che contengono, credo ci sia da considerare anche che molti sono stati letteralmente terrorizzati dalle informazioni che hanno ricevuto in questi due anni sulla gravità del problema, penso che anche con le migliori intenzioni per tanti sia difficile lottare e avere un punto di vista lucido e spoglio dalle tante influenze esterne, in più le persone sono prese dalla loro vita e non è scontato che abbiano la forza e la voglia di lottare contro cose così grandi, che portano facilmente allo sconforto e alla resa
per come è strutturato tutto il funzionamento della società articoli come questi non hanno il potere di smuovere niente, e sembrano cadere in un parlare a una cerchia così ristretta da essere praticamente inesistente, o comunque senza la minima influenza sul mondo esterno
sarebbe da trovare un metodo che abbia più forza, ammesso che esista e sia percorribile
se questa patologia chiamata normopatia effettivamente esiste (e direi di si) viene da chiedersi se il paziente ha possibilità di rendersi conto del suo stato e guarire con i propri mezzi, per questo mi chiedo se sia mai possibile un risveglio che parta dal basso con la sufficiente forza per ribaltare una situazione da patologica a non patologica
Grazie donatella per il tuo commento e per l’interesse che dimostri per gli articoli pubblicati su Veganzetta.
Certamente per quanto concerne l’argomento in questione ci sono numerose “attenuanti” da considerare: di sicuro i mass media e le istituzioni hanno saturato ogni spazio di comunicazione pubblica con messaggi atti a terrorizzare la gente, ottenendo ottimi risultati. Certamente non tutte le persone umane coinvolte hanno la stessa forza, la possibilità, la stessa determinazione e la capacità di resistere e opporsi a una serie di provvedimenti sempre più pesanti ed escludenti dal punto di vista sociale ed economico. Certamente molti soggetti sono caduti in preda allo sconforto o si sono ritrovati in situazioni particolari o hanno ceduto al ricatto per poter continuare a lavorare e a guadagnare il denaro necessario per poter vivere dignitosamente. Tutto ciò ha avuto (e lo ha tutt’ora) un peso specifico notevole, ma la questione è un’altra. Nell’articolo non si parla di persone umane qualsiasi, ma si fa riferimento a soggetti che affermano di far parte di un gruppo umano che ha abbracciato una visione della vita alternativa all’esistente. Una visione che ha da sempre causato problemi, attriti e veri e propri scontri con chi invece non la condivide. E’ utile ricordare che mass media, istituzioni e la scienza ufficiale hanno sempre contestato la visione vegana in ogni maniera, facendo anche in questo caso opera di terrorismo mediatico (la dieta vegana fa male alla salute, genitori vegani fanno morire il proprio figlio, la mancanza di B12 e via discorrendo), a ciò vanno aggiunti i ben noti problemi di relazione delle persone umane vegane in famiglia, con le amicizie, in ambito lavorativo ecc.. Problemi che pongono il soggetto vegano sempre sotto accusa, se non addirittura vittima di palesi discriminazioni. Dunque se un comportamento sociale normopatico era da mettere in conto per la maggior parte della popolazione umana costretta a questo bombardamento mediatico, lo stesso non avrebbe dovuto accadere così massicciamente anche in ambito vegano e antispecista, per i motivi poc’anzi illustrati. Se è accaduto e se fin dall’inizio in tali ambiti non c’è stato nemmeno un dibattito pubblico sulla situazione che si stava venendo a creare, è legittimo porsi delle domande, avanzare delle ipotesi e prendere una posizione.
In estrema sintesi: se a riguardo della pandemia e delle misure pesantemente restrittive della libertà personale prese dalle istituzioni, una persona umana vegana mediamente (salvo casi particolari ed eccezionali) si è comportata esattamente come una persona umana non vegana, che fine ha fatto la visione vegana della società che spinse Donald Watson a parlare di rivoluzione?
«se l’ideale vegan del non sfruttamento fosse generalmente adottato, sarebbe la più grande rivoluzione pacifica mai conosciuta […] Il veganismo stabilirebbe per la prima volta un giusto rapporto tra uomo e animali»
Oppure a riguardo degli Animali utilizzati per la sperimentazione scientifica a dire:
«se fossi un animale in una gabbia per la vivisezione, ringrazierei la persona che l’ha rotta per liberarmi»
In conseguenza a queste affermazioni fatte da uno dei fondatori del veganismo moderno, logica vuole che una persona umana vegana, di fronte a dei “vaccini” che sono stati ( e lo sono tutt’ora) pesantemente sugli Animali e che non si sa quali conseguenze porteranno a lungo termine su chi li assume, avanzi delle critiche e si confronti con altri soggetti che hanno posizioni simili prima di prendere una decisione. Invece ciò non è stato la regola nell’ambiente vegano e antispecista, ma l’eccezione.
Articoli come questo non hanno alcuna ambizione – tanto meno la capacità – di smuovere qualcosa, hanno solo l’intenzione di sollevare dei problemi gravi ed evidenti, che fino ad ora sono stati volutamente ignorati o ben poco considerati.
E’ un esercizio di deresponsabilizzazione classico affermare che il singolo è vittima inconsapevole dei propri comportamenti a causa di pressioni sociali, culturali, mediatiche, patologie o altro. Non sono un esperto e non intendo avventurarmi in un discorso che volentieri cedo a chi ha competenza in materia, ma vorrei solo far notare che gli antichi affermavano “chi è causa del proprio mal pianga sé stesso”, dunque (al netto dei soliti casi particolari) non è corretto e onesto addossare totalmente la responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni ad altri soggetti o alla società.
Erich Fromm, I cosiddetti sani. La patologia della normalità
«Una filosofia e un modo di vivere che esclude, ai limiti del possibile e praticabile, ogni forma di sfruttamento e crudeltà verso animali […]”
“ai limiti del possibile e praticabile”
Benedetto sia il cavillo, la postilla, l’asterisco risolutore, il “tra parentesi” salvifico.
Croce e delizia. Salvezza e condanna.
Abbiamo l’asso nella manica, l’appiglio definitivo, lo scudo intergalattico, la via d’uscita in 6 comode parole e ad interessi 0.
I vaccini contro il covid-19 dunque SONO VEGANI!
Ipse dixit all’ennesima potenza, argumentum ab auctoritate pronto e servito.
Gaudete gente, risolta questa fastidiosa questione adesso possiamo tornare a concentrarci sui burger di carne sintetica o come sostituire uova e pancetta nella carbonara.
Per curiosità vado a vedere cosa ne pensa la PETA che ha come motto in prima pagina “Animals are not ours: to experiment on […]”
Bello slogan per vendere le magliette.
Vado a leggere la posizione sul tema covid-19 e vaccini: “Finché i test sugli animali sono obbligatori per legge, rifiutarsi di assumere un medicinale per motivi etici non aiuterà gli animali che sono già stati utilizzati nei test né risparmierà la stessa sorte in futuro.”
Penso, no dai è uno scherzo. Non possono cavarsela così, con il semplice invito a bucarsi con ebete convinzione e continuare la lotta al sistema firmando le loro petizioni e donare nelle loro casse.
Come direbbe la vegan society (minuscolo) ho cercato quindi, “nei limiti delle mie possibilità e praticabilità”, altri punti di vista sempre orientati al veganismo che fossero non dico completamente in sintonia con le riflessioni di Adriano esposte in questo articolo, ma quantomeno tendenti al dubbio nei confronti dell’allegra campagna “vax and relax”.
Nel panorama vegan italiano vuoto pneumatico, le varie leghe, associazioni, animali di qua e di là solita manfrina politicamente corretta ed eticamente corrotta. Mi dico, vabbè ad esporsi hanno solo da perdere, ma possibile che non ci siano altre voci che parlino a titolo personale fuori dalla solita sterile, stucchevole ed ipocrita retorica?
Cambiamo nazione allora.
Nel panorama spagnolo vegano ho trovato solo le riflessioni pro-vax di Joseph de la Paz che scopro essere un attivista, scrittore, podcaster.
Leggo la sua disamina sulla bontà dell’inoculazione sperimentale: “¿Son veganas las vacunas contra la covid?” https://www.vitaminavegana.com/son-veganas-las-vacunas-contra-la-covid/
Apprezzo l’impegno e la volontà di riflessione, non condividendone una sillaba. Mi chiedo se anche nel suo libro “La rivoluzione vegana” questa venga portata avanti a siringate e disimpegno morale.
Attraversiamo la Manica.
Nel monocorde coro neo-vegan britannico si distingue per eufurìa vaccinale (euforia+furia) tale Jordi Casamitjana di origini catalane ora suddito di sua maestà (minuscolo).
Dalla sua bio scopro essere un personaggio di rilievo, zoologo vegano, scrittore, attivista, pagina wikipedia, pagina facebook attivissima ma soprattutto autore del libro “Ethical Vegan”.
Mi dico, dai che forse oltremanica c’è qualcun altro nella minoranza della minoranza di una nicchia di una parte di un’ala di una sezione del veganismo, che si rifà al messaggio autentico e radicale degli albori.
Colmo di attese leggo le sue considerazioni nel promettente “Should ethical vegans get the COVID-19 vaccine?” https://www.veganlifemag.com/should-ethical-vegans-get-the-covid-19-vaccine/
Finisco l’articolo e con mestizia e pessimismo scuoto la testa in totale disaccordo. (SPOILER: conclude con un serafico: “Ora sto aspettando la mia seconda dose.”)
Se qualche anima pia avesse interesse nel sondare il panorama transalpino per curiosare se gli amici vegani di Francia e Germania giustifichino il benedetto siero con gli stessi argomenti si accomodino pure.
In un puerile tentativo viro sull’istrionico Joaquin Phoenix, attore e regista, produttore del documentario “DOMINION” ma dal suo twitter ci tiene a far sapere che: “Everyone in this photo is fully vaccinated against Covid-19, including Joaquin Phoenix. Get your vaccines!”
E’ silenzio anche da parte di un personaggio carismatico come Ed Winters, scrittore e divulgatore. Nemmeno un lontano accenno alla questione.
Ringrazio Adriano perché in questi tempi distopici in cui si potrebbe cedere al pessimismo cosmico offre spunti di riflessioni e punti di vista alternativi, portando avanti con lucida coerenza il messaggio del Veganismo come potrebbe essere.
Caro Claudio,
Sono io che ti ringrazio per questo tuo lungo e appassionato commento, che con ironia dipinge una situazione che definire tragica forse è poco.
Gli esempi di approccio da parte di esponenti (o presunti tali) del mondo vegano alla pandemia di Covid-19 e al cosiddetto “vaccino” che hai proposto, parlano chiaro e sono la dimostrazione plastica del baratro etico in cui il nostro ambiente è piombato ormai da molti anni.
Il cavillo che hai segnalato non è cosa di poco conto, perché in teoria permetterebbe a chiunque di esimersi dal problema morale di ricercare una via alternativa a ciò che la società specista ci propone o impone. Infatti questo è esattamente ciò che è accaduto. Peraltro è interessante constatare che la posizione della PETA è praticamente identica a quella della Vegan Society: una posizione palesemente ipocrita e rinunciataria.
Per quanto concerne la definizione di veganismo, la parabola discendente ha purtroppo preso il via sin dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso, fino a giungere alle posizioni vergognose di oggi.
Nel 1949 la Vegan Society dichiarava che il veganismo è «il principio dell’emancipazione degli animali dallo sfruttamento da parte dell’uomo» una definizione semplice, potente e bellissima. Nel 1951 chiarisce che «l’obiettivo del movimento vegano […] impegna la Società a “cercare di porre termine all’uso degli animali da parte dell’uomo per il cibo, merci, lavoro, caccia, vivisezione e tutti gli altri usi che comportano lo sfruttamento umano della vita degli animali».
Il lavoro di definizione di ciò che dovrebbe realmente essere il veganismo, di ciò che dovrebbe significare per gli Umani e per gli altri Animali, si sostanzia nel 1954 quando il vice presidente della Vegan Society scrive:
Che meraviglia vero? Ma cosa rimane oggi di tutto ciò?
Cosa ne pensano coloro che continuano a fare conferenze, scrivere articoli, pubblicare libri e girare film sul veganismo? Ne sono perlomeno al corrente? E’ altamente probabile che si stanno occupando di un argomento che non conoscono e non hanno fatto loro.
Non desidero fare il giudice o il censore, ma temo che molte persone umane e molte associazioni che si definiscono vegane, hanno nei fatti negato “il principio stesso”.
Per una trattazione più ampia dell’argomento, si suggerisce la lettura dei seguenti articoli:
14 ottobre 2021: https://www.veganzetta.org/vaccini-green-pass-veganismo-e-antispecismo
10 novembre 2021: https://www.veganzetta.org/dove-sono-tra-il-dire-e-il-fare-ce-di-mezzo-il-virus