Intervista a Dana Ellyn


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Ceci nest pas du bacon - Dana Ellyn

Dana Ellyn, artista statunitense originaria di Washington DC, nel 2002 decise di lasciare il suo lavoro come impiegata e di dedicarsi alla pittura.
Le suo opere spaziano tra molte tematiche, sono forti, comunicative, dai colori accesi e vibranti, le figure rappresentate sono grottesche e caricaturali.
Dopo essere diventata vegan, dal 2013 ha volto i suoi sforzi artistici anche in favore di chi non ha voce, gli Animali non Umani, per denunciare visivamente le ipocrisie che permeano la nostra società, e l’ingiustizia alla quale l’Umano contribuisce anche con le più banali scelte quotidiane.


Qual è stato il tuo percorso come artista (vegan)?

Gli Animali erano apparsi nelle mie opere come dei cameo per anni, questo fino alla mia esposizione nel 2013, in occasione della DC’s Meat Free week, grazie alla quale mi addentrai più in profondità nella pittura in loro favore. Quando cominciai a dipingere questi lavori incentrati sui diritti degli Animali, capii che non mi sarei più fermata, che avevo tanto da dire su ogni soggetto e che poterli raffigurare e poter parlare con spettatrici e spettatori di questi temi mi dava moltissima soddisfazione.
Una buona parte del mio processo creativo si basa sulla lettura, la ricerca e l’elaborazione delle informazioni raccolte, ogni cosa nuova che imparo potrebbe essere d’ispirazione per un nuovo dipinto.
Il cammino per diventare vegetariana fu in divenire, ed il passo ulteriore per diventare vegan non fu immediato, ma ebbe più di un momento decisivo. Mi ero “avventurata” nel veganismo già una o due volte, ma non ero pienamente impegnata e consapevole di un tale cambiamento, e quindi non durò. Ci furono due momenti in cui capii che ero davvero pronta a fare questa scelta, furono due gocce che fecero definitivamente traboccare il vaso. La prima, la lettura del libro “Se niente importa – Perché mangiamo gli animali?” di Jonathan Safran Foer; la seconda una cosa successa durante la scorsa vigilia di Natale. Non mi erano mai piaciute le uova, sin da piccola, le avevo integrate nella mia dieta qualche anno prima come fonte di proteine quando cominciai a correre e ad andare in palestra in modo continuativo.
Ma durante quella vigilia di Natale, ordinai delle polpette vegetariane al ristorante cinese e tutto cambiò. Dopo averne addentata una, la sputai pensando che all’interno ci fosse della carne, chiesi al cameriere se avesse sbagliato l’ordine, lui mi disse che il ripieno era di verdure e uova.
Ero rimasta disgustata dal sapore delle uova, come se avessi mangiato carne, come se inconsciamente avessi capito che non vi era differenza, da lì in poi decisi che era arrivato il momento di cambiare definitivamente, decisi di essere vegan da qual giorno in avanti.

Il mio primo pensiero quando comincia la serie “Look Me In The Eye and Tell Me I’m Delicious” fu che i vegani/vegetariani l’avrebbero apprezzata, pensai che mettere un adorabile porcellino vicino ad una fetta di pancetta, avrebbe fatto sentire a disagio i “mangiatori di carne” e che li avrebbe messi di fronte alla vera origine del loro cibo. Pancetta= Maiale, hamburger= Mucca, pollo=Pollo (strano che la carne del Pollo non abbia un suo nome proprio), ma il primo quadro che vendetti andò proprio ad uno di loro: uno che amava la pancetta. Vai a capire. Suppongo che avrei dovuto negargli il dipinto in segno di protesta, ma alla fine non lo feci: spero che lo perseguiti un po’, in modo che ogni volta che rivolgerà lo sguardo al simpatico maialino si possa muovere qualcosa dentro di lui e che arrivi a fare il collegamento, che un po’ alla volta quella fetta di pancetta arrivi ad avere un nome e diventi sempre più difficile da ingoiare.

Cosa è accaduto per farti cambiare il tuo modo di guardare gli Animali?

Perso di essere stata vegetariana nel cuore sin da piccola, finivo sempre nei guai durante i pasti: “smettila di analizzarlo e mangia!”, è una frase che ricordo di aver sentito spesso. Tagliavo la carne in pezzi minuscoli e la analizzavo attentamente prima di metterla in bocca. La volevo sempre stracotta in modo che non ci fosse la minima traccia di sangue, la carne di Pollo mi mandava in crisi nel momento in cui trovavo una vena o un tendine. Cercavo di allontanare dalla mia mente il ricordo dell’Animale da cui proveniva, rendendolo il meno riconoscibile possibile. In quanto bambina, non pensavo che avrei potuto evitare di mangiarla, e seguitai a farlo, questo fino a quindici anni fa quando diventai vegetariana, successivamente, otto mesi fa, presi la decisione di passare definitivamente al veganismo.

Guardando indietro, mi sono resa conto che nel profondo il mio pensiero era sempre stato coerente con la mia decisione più recente: la carne mi infastidiva, non tolleravo che ci potesse essere del sangue e quando il distacco mentale tra il cibo e l’Animale diventava difficile, questo mi creava un notevole malessere, mi rendevo conto che c’era qualcosa che non funzionava.

Nel 1992 mi sposai con quello che oggi è il mio ex marito, lui era un grande mangiatore di carne: se non c’era la carne, il piatto era semplicemente un contorno. Cucinavo per lui la carne toccandola esclusivamente con dei guanti, quando divorziammo smisi di torturarmi, ma continuavo a mangiarne se uscivo a cena.
Quando poi incontrai Matt, il mio attuale marito, che era già vegetariano, cominciammo ad uscire insieme e finalmente mi sentii libera di essere vegetariana anche nei fatti e non solo nei miei pensieri, una volta per tutte. Sapevo che essere vegan era l’unico modo per non essere complice della sofferenza degli Animali, ma il formaggio era difficile da abbandonare… Presa la decisione definitiva però, ora non ho dubbi, non tornerò mai indietro, e inoltre adoro cucinare e questo cambiamento è diventato anche uno stimolo per sperimentare nuove ricette ed alimenti.

Ora la sfida è quella di cucinare per persone che ancora mangiano in modo onnivoro e convincerli che carne, latte e derivati non sono necessari e si può benissimo vivere senza e non sentirne la mancanza.

Qual’è la tua opinione in merito allo specismo e come questo influenza la tua arte?

Non sono dell’opinione che l’arte abbia sempre un significato profondo o politico, alcune persone vogliono semplicemente una bella immagine da appendere sopra al divano, ma questo non è il mio caso, non è quello che faccio o quello che voglio fare. Per me è molto importante che il mio lavoro abbia significato e che faccia una dichiarazione in mia vece. Penso di aver finalmente imparato a bilanciare questi elementi, ho imparato a dipingere animaletti carini che però hanno un messaggio forte da trasmettere.
Non ci deve necessariamente essere un Animale appeso a un gancio da macellaio per comunicare la propria idea, anche se, in tutta onestà, penso di trarre più soddisfazione quando dipingo soggetti più “scomodi”. La ritengo una forma di arte-terapia bivalente, poter esprimere i miei sentimenti verso gli Animali e il mio pensiero in merito ai loro diritti, e allo stesso tempo costringere le persone a guardare immagini difficili da affrontare, che possano spingerle a fare un piccolo passo iniziale verso una maggior consapevolezza e un cambiamento anche nelle loro vite.

Il cambiamento non può essere una cosa veloce e radicale, non tutti diventeranno vegetariani o vegan, ma potranno essere più consapevoli di ciò che mangiano. Ogni volta che non si decide di non mangiare carne, è un aiuto al cambiamento, non ha bisogno di essere una questione di bianco e nero, ma è necessario smetterla di coprirsi gli occhi e di guardare da un’altra parte per non voler sapere. Per quanto riguarda le persone che hanno problemi con chi è vegetariano o vegano, la frase che spesso ripetono è: “vivi e lascia vivere…” questo vale anche per noi vegan, ma soprattutto deve valere nei confronti degli Animali!

Sei coinvolta in altri progetti che riguardino i diritti animali?

Quando espongo oltre a comunicare il mio pensiero riguardo i diritti animali, cerco di aiutare anche concretamente alcune associazioni con parte del ricavato dalle vendite dei quadri. Il 19 settembre, assieme a mio marito e altre persone vegan, abbiamo partecipato al CD VegFest con un’esposizione di opere, e il 20% del ricavato dalle vendite dei quadri è stato donato all’associazione Compassion Over killing.

All’inizio dell’anno ho collaborato sempre con loro per l’evento Vegan Wine & Cheese, donando sempre parte dei ricavati, è stato un grande successo ed è stato meraviglioso essere in grado di poter aiutare quest’organizzazione.

Il prossimo novembre avrò un’esposizione personale alla Galleria 19Karen a Gold Coast in Australia. Il titolo della mostra è “All American Girl” e conto di esporre diverse opere a tema vegan.

L’anno scorso invece, ho esposto durante la DC Meat Free Week e ho donato una parte del ricavato a una meravigliosa associazione di beneficenza, The Kindness Collective: un gruppo di persone che operano con l’intento di unire benessere umano e animale, cercando di migliorare la vita di tutti gli esseri senzienti attraverso iniziative che favoriscono una dieta a base vegetale e altre attività compassionevoli.
Spesso si usa l’espressione “prendere due Piccioni con una fava“, ma c’è un detto più dolce che significa la stessa cosa “liberare due Uccelli da una sola gabbia”. Questo concetto è alla base del logo di The Kindness Collective, ed espresso attraverso attività svolte per il bene di Umani e Animali.

Ho collaborato inoltre alla conferenza dell’Anti-Fur Society mettendo in vendita le mie opere esposte.

Quali sono le reazioni delle persone di fronte alle tue opere?

Le reazioni al mio lavoro sono le più disparate, dalla condivisione alla derisione, dalla connessione alla confusione. Nel corso degli ultimi 15 anni, da quando ho cominciato a dipingere a tempo pieno, mi sono imbattuta in situazioni differenti, in gran parte controverse. Ho dipinto ampiamente su tutti i classici temi che non dovrebbero essere affrontati durante una cena: la religione, la politica, il divorzio, non volere figli… Quando ho cominciato a concentrarmi su soggetti a tema “vegan”, pensavo di addentrarmi in un territorio meno controverso.
Evidentemente mi sbagliavo: dopo aver dipinto opere come “Baby Back Ribs” e “Independence (from Meat) Day“, mi resi conto che quelle che per me erano immagini “ovvie”, che mi si materializzano nella mente quando penso alla provenienza di cosa, ovvero di chi, c’è nel piatto, per gli altri non lo erano. Alle persone non piace pensarci, i “mangiatori di carne” scelgono di ignorare deliberatamente la verità, mentre i vegetariani trovano i dipinti semplicemente inquietanti.

Lezione imparata, continuo ancora a dipingere soggetti forti, ma bilancio il messaggio con opere più “digeribili”: Animali dagli sguardi dolci che scrutano lo spettatore con occhi innocenti, accompagnati da messaggi semplici, ma non per questo meno efficaci come “ho dei sentimenti, per favore non mi mangiare”. Alla mostra in occasione della DC Meat Free Week, visto il contesto ero dell’idea che tutti avrebbero capito ed apprezzato i miei quadri, ma mi dovetti ricredere.
Un commento che mi è rimasto impresso è stato: “anche se so che sto mangiando cibo vegan, continuo ad avere delle difficoltà a mangiare mentre sto guardando quel quadro”. Ho immaginato quale potesse essere l’effetto su chi invece la carne la mangia se ero riuscita a creare del disagio anche in chi stava mangiando del cibo vegan: esattamente l’obiettivo di alcuni miei dipinti, ovvero far perdere l’appetito a chi ancora continua a nutrirsi delle sofferenze degli Animali.

La cosa ha funzionato in alcune occasioni, diverse persone mi hanno “maledetta” per avergli reso difficile mangiare dopo aver visto uno dei soggetti della serie “Look Me In The Eye and Tell Me I’m Delicious“, incapaci poi di levarselo dalla testa.

Missione compiuta.

Due opere, “An American in Paris” – dove una bambina americana che tiene il suo Coniglietto di peluche in mano, guarda triste la vetrina del macellaio francese che vende conigli spellati, dove una ragazza abbraccia il suo Maialino scegliendo dalla vetrina del macellaio il Gatto da acquistare -, analizzano le differenze tra Paesi e relative culture culinarie rispetto agli Animali che vengono mangiati… Per un americano, Mucche e Maiali sono cibo, Conigli e Gatti sono cose carine e pelose da tenere come Animali domestici e guardare saltellare in giardino.
Quando visitai la Francia, vidi gastronomie piene di Lapin, cioè di Coniglio. Non conoscendo bene il francese non capii subito la parola ed i corpi rosso acceso di quelle creature scorticate ed ammassate, ma quando realizzai fu terribile, in Cina invece, incontrai un uomo che vendeva Gattini in una strada secondaria ed era ovvio che non erano destinati a divenire Animali domestici.

Come vegan non faccio alcuna distinzione, ma è innegabile che io stessa sia stata desensibilizzata dalla cultura in cui sono cresciuta nei confronti degli innumerevoli Polli, Pesci, Mucche e Maiali che mi sono passati davanti agli occhi negli anni passati. Quello che è interessante è vedere le reazioni degli spettatori a soggetti come questi, persone che inorridiscono di fronte all’immagine dei Conigli e dei Gatti venduti come cibo, che comprendono il fatto che si tratti differenze culturali, ma che non sono poi in grado di girare lo specchio verso di sé e rendersi conto pienamente che il loro modo di concepire gli altri Animali non è differente, e che sono sbagliati entrambi.

La tua nuova serie di dipinti si ispira all’opera di Magritte “La Trahison des images”…

Mi piace riprendere opere conosciute e temi dalla storia dell’Arte e reinterpretarli.

Ho il grande vantaggio di vivere nel cuore del centro di Washington DC e di poter accedere gratuitamente a tutti i musei della città, i quali mi danno sempre una scossa di energia creativa, inoltre i miei studi universitari alla George Washington University mi hanno fornito un buon background in storia dell’Arte, anch’esso grande fonte di ispirazione.
Nella serie ispirata a Magritte riprendo appunto l’opera “La Trahison des images”, in cui vi è rappresentata una pipa con il testo sottostante “Questa non è una pipa”. Nei miei dipinti ho deciso di illustrare l’Animale accompagnato da una dicitura in francese che afferma che quel determinato Animale non è il cibo che solitamente se ne ricava, come ad esempio il Maialino accompagnato dalla frase “Ceci n’est pas du bacon”. In questo modo si evidenzia l’artificio linguistico mediante il quale la carne viene chiamata con un nome diverso da quello dell’Animale da cui proviene, per aiutare gli Umani a rimuovere l’identità di chi stanno mangiando.

Se dovessero affermare “questa Mucca è deliziosa” o “questo Maiale è squisito” sarebbe ancora così invitante per tutte/i?

www.danaellyn.com
www.facebook.com/danaellynveganartist

Intervista e traduzione dall’inglese a cura di Jade Monica Bello

 


Galleria fotografica fornita dall’artista


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5 Commenti
  1. Roberto ha scritto:

    Mi è piaciuto molto questo post e l’ho condiviso su facebook con molto piacere.

    15 Ottobre, 2014
    Rispondi
    • Dana Ellyn ha scritto:

      Thank you for sharing my artwork and for sharing this article. I am always very happy to exhibit my work and help to spread awareness about animal rights and veganism. If you know of other people who might be interested in featuring my paintings, interviewing me or having me exhibit my work, please let me know!
      http://www.danaellyn.com

      15 Novembre, 2014
      Rispondi
  2. Paola Re ha scritto:

    Stupende queste opere. E sarebbe stupendo mostrarle nelle scuole. Sono molto comunicative, merito del tratto che usa e anche dei colori pastello: i bambini ne resterebbero sicuramente impressionati.

    18 Ottobre, 2014
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      In effetti la tipologia delle opere sarebbe adatta alle scuole.

      24 Ottobre, 2014
      Rispondi

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