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Se non sei tagliato per il lavoro politico, saresti sciocco a pensare che ciò nonostante il tuo volger le spalle alla macchina generale dello sfruttamento potrebbe significare qualcosa. Il tuo rifiuto di profittare d’ora innanzi della grande tortura cui sono sottoposti uomini e animali, la tua determinazione di rinunciare alla comodità e alla sicurezza, non risparmierà sofferenza a nessun uomo e a nessun animale.
Non puoi riprometterti neppure di far si che un numero sufficiente di altri uomini imitino efficacemente il tuo modo di agire; nella storia moderna la propaganda della rinuncia personale, della purezza individuale è sempre servita ai potenti per trattenere le loro vittime da azioni pericolose, ed è costantemente degenerata in settarismo. La costante riduzione della miseria è il risultato di lunghe lotte storiche di portata mondiale, le cui tappe sono contrassegnate da rivoluzioni riuscite e mancate. La partecipazione attiva a esse non è resa possibile dalla compassione, ma dall’intelligenza, dal coraggio, dalla capacità organizzativa; ogni successo comporta il pericolo di terribili contraccolpi, di nuova barbarie, di accresciute sofferenze, Se ti mancano quelle qualità, non hai alcuna possibilità di aiutare la generalità (e, ci permettiamo di aggiungere noi, di promuovere un cambiamento permanente negli usi e nei costumi). Tuttavia la consapevolezza dell’inefficacia della rinuncia individuale non fonda o giustifica affatto il contrario: la partecipazione all’oppressione. Essa significa soltanto che la tua purezza personale è irrilevante ai fini della trasformazione reale
Max Horkheimer, Impotenza della rinuncia, in Crepuscolo. Appunti presi in Germania 1926-1931, traduzione di G. Backhaus, Einaudi 1977, pp. 93-94.
Il commento di Veganzetta
Veganzetta ha sempre tenuto in grande considerazione le posizioni di Horkheimer in relazione alla questione animale. Un suo famoso testo intitolato “Il grattacielo” è di fatto una rappresentazione plastica perfetta e tragica della società umana, che l’antispecismo intende combattere. Ciò detto, come sempre un’analisi seria di un contenuto, deve procedere in modo obiettivo a prescindere dalla fonte.
Nel caso specifico non si può essere d’accordo con le considerazioni sul concetto di “rinuncia” individuale per i motivi illustrati di seguito.
Per prima cosa è indispensabile sgombrare il campo da un errore concettuale in cui è facile cadere (come è accaduto in tutta evidenza anche a Horkheimer), ossia che lottare in prima persona, con le idee e con i fatti, significhi “rinunciare” a qualcosa o elevarsi ad uno stato superiore di purezza personale. Le questioni di principio calate nel quotidiano e nel privato non sono necessariamente sinonimo di rinuncia, bensì di coerenza: vale a dire del far corrispondere al proprio pensiero comportamenti, atti e scelte; se poi una scelta la si vuole considerare come prodroma di una rinuncia, allora un comportamento etico è senza dubbio causa di rinunce.
Affermare che un atteggiamento critico e coerente nei confronti della schiavitù animale, imposta dalla nostra specie, non serva a salvare alcun Animale è oggettivamente falso. Ciascun individuo umano (ancor più se appartenente a una società ricca e postindustriale come la nostra) è direttamente responsabile mediante le sue scelte e abitudini quotidiane, della sofferenza, dello sfruttamento e della morte di numerosi Animali. Chiunque affermi il contrario mente o non è consapevole (in parte o in toto) della condizione di schiavitù in cui versano gli Animali.
Senza una forte teoria e una coerenza personale, risulta inoltre impossibile aderire efficacemente a quella che Horkheimer chiama “partecipazione attiva”, perché il tutto si ridurrebbe alla classica ipocrisia che ha sempre connotato le attività pubbliche condotte (al fallimento) da soggetti, che per primi non hanno mai messo in pratica ciò che propagandavano.
Horkheimer con questa sua posizione, ribadisce un concetto tipico del pensiero classico marxista, ossia che tutto debba essere ricondotto (nel bene e nel male) alla società umana e a una questione puramente materialista, ignorando, o ponendo in secondo piano l’individuo e la complessità (non solo materialista) che lo contraddistingue, separando tale complessità dal processo di cambiamento sociale. Tale dicotomia manichea ha permesso (e permette) a molti individui umani che aderiscono ad una lotta di giustizia sociale, di non sentirsi moralmente obbligati ad aderirvi coerentemente anche nelle proprie azioni personali, per il motivo che l’agire individuale (come sottolineato da Horkheimer quando parla di “purezza personale”) è irrilevante ai fini della trasformazione sociale.
Questa convinzione non dovrebbe trovare alcuna sponda in ambito vegano e antispecista, ciò perché esiste (o meglio dovrebbe esistere) la consapevolezza, come già sottolineato, che ogni azione personale è potenzialmente e direttamente motivo di ingiustizia e di sofferenza. Al contrario di quanto affermato dal testo di Horkheimer, è proprio la convinzione dell’importanza e dell’efficacia delle scelte etiche individuali che può condurre il singolo a promuoverle attraverso l’azione politica, in modo che esse divengano pubbliche e possano contribuire ad una trasformazione reale della società.
In sintesi: solo un individuo capace di un’autocritica sufficiente a farlo giungere ad una trasformazione personale radicale, è in grado di impegnarsi efficacemente per il raggiungere una trasformazione sociale altrettanto importante.
Adriano Fragano
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