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Tratto da “20 F.A.Q. sulla decrescita” in “Immaginare la società della decrescita. Percorsi sostenibili verso l’età del doposviluppo“. Bruna Bianchi, Paolo Cacciari, Adriano Fragano, Paolo Scroccaro. Terra Nuova Edizioni, 2012
FAQ n. 11
QUALE POTRÀ ESSERE IL RAPPORTO TRA LA NOSTRA SPECIE E LE ALTRE SPECIE ANIMALI NELLA SOCIETÀ IMMAGINATA DELLA DECRESCITA?
La decrescita presuppone una visione etica estesa a tutto il mondo animale e implica buone pratiche di veganismo
Se realmente s’intende ripensare al modello sociale umano in una prospettiva decrescente, è d’obbligo mettere in discussione sin dalle fondamenta il rapporto che la specie umana ha intrattenuto con le altre specie in primis animali.
La società capitalistica – ma non solo quella e la storia lo insegna – si fonda su una visione antropocentrica basata sulla supremazia della specie umana sulle altre, quale modello di ogni altra forma di controllo e di dominio. Il controllo può esser inteso come possibilità di regolare a piacimento il ciclo biologico di altri viventi, al fine di ridurre animali e piante a mere risorse. Il dominio è la diretta conseguenza della pratica del controllo ed emerge quando si nega ogni possibilità identitaria e ogni esigenza specifica all’altro, al diverso da sé.
Per potersi sviluppare senza limiti, la società umana ha sempre avuto bisogno di schiavizzare gli animali: la società moderna, infatti, nasce nel momento stesso in cui si coltivano le terre e si addomesticano gli animali. Il processo di domesticazione è il primo vero salto paradigmatico, che lacera il contatto diretto con la natura e pone la specie umana a un livello superiore alle altre. In tal senso il neolitico rappresenta per l’umano un punto di volta: da allora, prima il controllo e poi il dominio hanno permesso alla nostra società di disporre della quasi totalità delle forme di vita del nostro pianeta.
L’animale come risorsa, come merce, come valore – non si dimentichi che l’etimologia del termine capitalismo rimanda al capo di bestiame come valore di scambio – è una costante di ogni struttura organizzativa societaria umana, perché rappresenta la base su cui si erge l’intero edificio economico e sociale. La nostra esistenza è pervasa dagli animali anche se non li vediamo: li mangiamo, li indossiamo, li trasformiamo, li sezioniamo e controlliamo, il tutto per poter ricavare beni e servizi, ma la dicotomia umano/animale è palesemente un’aberrazione, perché è la nostra stessa biologia a confermarci che noi stessi siamo animali.
La nostra volontà di dominio è quindi la causa non solo d’indicibili sofferenze animali, ma anche d’immani sofferenze umane, perché non esiste un limite netto, e non può esistere, tra chi subisce tra i non umani e tra chi subisce tra gli umani. La nostra storia ci insegna in modo chiaro che discriminazioni intraspecifiche come il razzismo o il sessismo hanno come presupposto storico lo specismo, ossia la discriminazione in base alla specie di appartenenza che l’umano ha sempre posto in essere per poter sfruttare gli altri animali, ovvero la convinzione antropocentrica che gli umani godano di uno status morale superiore – e quindi di maggiori diritti – rispetto agli altri animali.
Lo sfruttamento del mondo animale non è certo la sola causa della costruzione di una società umana ingiusta, violenta e prevaricatrice, ma di sicuro nessuna società classista dello sviluppo avrebbe potuto nascere senza la sottomissione degli animali e il loro sfruttamento.
Una nuova società decrescente è una società non più verticale, ma orizzontale, dove la nostra specie avrà di nuovo la possibilità di entrare realmente in contatto con gli altri esseri viventi in modo paritario e rispettoso. Una società libera e liberata dal paradigma della crescita è una società libera e liberata dal dominio e dalla volontà di dominio, e pertanto liberata anche da tutte le pratiche che esso comporta.
Gli animali non potranno che essere considerati come individui – ovvero esseri unici indivisibili – con specificità, soggettività ed esigenze proprie, e non più come risorse o merci da utilizzare a piacimento: pertanto non potranno più essere uccisi, mangiati, indossati, imprigionati e sfruttati. La nuova società umana diverrà pacifica e pacificata solo se si porrà termine a una lunga e terribile guerra che abbiamo portato avanti contro chi non appartiene alla nostra specie.
In tal senso le buone pratiche in tal senso le buone pratiche da attuare anche nell’immediato possono essere molte, prima tra tutte il veganismo etico con tutte le sue derivazioni.
Letture essenziali
Manifesto Antispecista, Proposte per un Manifesto antispecista, www.manifestoantispecista.org
Jim Mason, Un mondo sbagliato. Storia della distruzione della natura, degli animali e dell’umanità, Edizioni Sonda, 2007
Charles Patterson, Un’eterna Treblinka. Il massacro degli animali e l’olocausto, Editori Riuniti, 2003
Jeremy Rifkin, Ecocidio, Oscar Mondadori, 2001
Tom Regan, Gabbie vuote. La sfida dei diritti animali, Edizioni Sonda, 2005
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