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Fonte: Laboratorio Antispecista
Dal 10 Luglio Palermo ospita la mostra di Hermann Nitsch, “Das Orgien Mysterien Theater”, tanto discussa che ne avrete senza dubbio sentito parlare per via della petizione lanciata per impedirne lo svolgimento e la contropetizione mirata invece a permetterlo.
A pochi giorni dalla sua inaugurazione e non prima per scelta precisa, crediamo sia giunto il momento di esprimersi sull’argomento, perché in effetti le dinamiche che questo evento ha innescato sono senza dubbio interessanti.
Per scelta non spenderemo parole sulla mostra di per sé, almeno inizialmente, piuttosto parleremo delle dinamiche di una “protesta” che si è svolta con modalità, toni e contenuti che vanno senza dubbio analizzati in quanto sintomatici di dinamiche fondanti per la costruzione di un movimento degno di chiamarsi tale; o quantomeno per discutere le cause della difficoltà della sua concreta costruzione in ambito cittadino.
Fin dal primo momento in cui sui social la mostra ha iniziato a suscitare polemica e a innescare aspre discussioni, abbiamo ritenuto che a causa dei metodi utilizzati nella comunicazione dei contenuti della protesta, fosse necessario attenzionare la questione. Abbiamo subito notato come mancasse sostanzialmente chiarezza sull’organizzazione della protesta stessa quanto a promotori e a aree interessate e come, in effetti, i messaggi lanciati da chi, almeno in apparenza, si è qualificato come volto del dissenso fossero ben lontani dal nostro modo di vedere.
Andiamo con ordine però, per fornire anche a chi non è ben informato sui fatti un quadro chiaro della questione e per provare a spiegare le ragioni che ci spingono oggi a divulgare questo scritto. Tanti sono i passaggi che ai nostri occhi hanno costituito, uno dopo l’altro, la premessa dell’epilogo annunciato.
Inizialmente una petizione ha visto partecipare migliaia di utenti, una petizione che chiedeva allo stesso organismo che patrocinava la mostra, il Comune, di annullarla. Al di là del “solleticare” il Comune, ovviamente, questa petizione così come le petizioni in genere a nostro avviso, aveva ben poche se non nulle speranze di ottenere il risultato sperato.
Il Comune sulla mostra ha investito in termini di prestigio e certamente non avrebbe rinunciato, come poi in effetti non è stato, a un evento di questo calibro. Se anche invece questa petizione avesse funzionato e la mostra fosse stata interrotta, supponiamo, per paura dei disordini possibili, che valore avrebbe avuto tale interruzione se attuata da un Comune, quello di Palermo, che manifesta la propria cecità nei confronti della condizione degli animali quotidianamente e nei modi più svariati? Praticamente nessuno, perché senza dubbio questo non avrebbe cambiato il triste stato dei fatti relativamente all’impegno inesistente del Comune di Palermo nell’ambito del “benessere animale”, argomento senza dubbio di rilievo. Una vittoria di Pirro, insomma, che non si è neanche verificata, come prevedibile.
Ma andando oltre all’argomento petizione, nella cui efficacia effettiva qualcuno ancora ad oggi senza dubbio continua a credere ed è padronissimo di farlo, ci preme porre l’accento in seconda e più importante istanza sulle “argomentazioni” utilizzate da chi ha protestato nell’ambito della discussione mediatica e senza fine che si è aperta dal lancio della petizione in poi.
Arte.
Molto spesso si è parlato di arte, quasi sempre in vero, nel corso di queste giornate in cui praticamente chiunque si è espresso sull’argomento dando ampio rilievo all’evento. Si è discusso fino all’ultimo del valore artistico dell’opera di Nitsch, negandolo e scontrandosi con chi invece, ribatteva invitando i “dissidenti” ad andare a studiare.
Ora.
E’ chiaro che basare questa protesta sul dibattito “è arte VS non lo è” è senza dubbio fuorviante e sposta l’attenzione allontanandola dal motivo del dissenso anziché dargli spazio. Data per scontata la possibilità di esprimere il proprio dissenso nell’ambito dello stretto motivo della protesta, riteniamo che spostare il focus della discussione sul valore artistico delle opere sia stato un pazzesco autogol, soprattutto perché questo è stato fatto condendo articoli e post con commenti di improvvisati critici d’arte che hanno espresso pareri quantomeno balzani e che altro non hanno fatto se non gettare benzina sulle parole – in effetti spesso inattacabili – dei sostenitori della mostra che chiaramente hanno trovato modo di ribattere vista l’effettiva infondatezza delle argomentazioni.
Non abbiamo intravisto nei promotori della protesta volontà di cogliere l’occasione per rilanciare argomenti correlati allo sfruttamento animale, bensì una negazione continua e scarsamente argomentata del valore artistico dell’opera stessa, ed è sempre sconsigliato, in qualsivoglia discussione, varcare soglie se poi non si è padroni di argomentare validamente la propria tesi.
Un autogol pazzesco, insomma, che ha contribuito, colpo su colpo, a decentrare l’attenzione dando solo l’idea che in effetti di arte e collaterali, i cosiddetti animalisti, fossero veramente poco infarinati e ha permesso a chi invece ha difeso la mostra e il suo svolgimento, di muoversi in un terreno conosciuto, proprio, nonché al Comune di promuovere il proprio impegno – in realtà scarsissimo anche in questo ambito – relativamente alla valorizzazione di eventi artistici.
Ora, parlando strettamente di metodo, tale dinamica ripropone il copione dell’argomento indiretto, che quasi mai sortisce risultato.
In più, al di là del risultato scontato, non vediamo proprio il motivo di utilizzare argomenti indiretti quando si può semplicemente dichiarare apertamente la propria posizione diventando, in quel momento, praticamente inattacabili: “Sono contrario allo svolgimento della mostra di Nitsch perché utilizza parti di corpi di animali morti”.
Chi avrebbe potuto dire niente quand’anche si fosse sfruttata l’occasione non solo per protestare ma anche per creare occasione d’attenzione sullo sfruttamento animale? E quanto in effetti sarebbe stato motivo di accrescimento culturale e di informazione se gli organizzatori della protesta avessero almeno provato a parlare di animali o di organizzare – fantascienza- un evento che approfondisse le loro ragioni.
E invece no, post su post, articoli su articoli si sono succeduti, chiamando in causa anche patentati critici d’arte che si erano espressi tempo prima sul valore artistico di Nitsch. L’apice si è toccato quando decine di animalisti hanno utilizzato delle dichiarazioni rilasciate qualche tempo fa da Vittorio Sgarbi per sostenere il proprio dissenso: “Visto?! Lo dice anche lui! Nitsch non è un artista!”.
Ovviamente la partita era già persa, specie quando l’argomentazione viene sostituita da insulti e minacce.
E qui viene la parte che ci duole maggiormente perché non ascrivibile semplicemente alla scarsa capacità di argomentazione ma a una ingenuità politica del “movimento animalista palermitano” tale da metterci in allarme.
Nella compagine di chi protestava, hanno iniziato a fare capolino ben presto, praticamente da subito, individui noti e meno noti che hanno ovviamente deciso di cavalcare l’onda della visibilità dell’evento e della protesta per ottenere dei risultati personali e politici, così come d’abitudine.
Individui che senza tema riteniamo pericolosi e dai quali prendiamo le distanze in quanto antispecisti e dunque antifascisti, appartenenti a gruppi di estrema destra come Forza Nuova (che ha addirittura divulgato la petizione contro la mostra) e facenti parte di compagini politiche pronte a cavalcare il rilievo mediatico della discussione.
Il livello si è abbassato a tal punto che tra i vari post si sono mischiate alle dissertazioni sul valore dell’opera artistica di cui abbiamo già parlato, anche insulti pesanti rivolti a singole persone o a intere categorie di individui. Parole pesanti che denotano un modo di pensare e di agire che nulla ha di antispecista e dal quale è per noi prioritario prendere le distanze.
Purtroppo difronte a tutto questo siamo stati pervasi da un forte sconforto, perché prendere atto del fatto che il livello della discussione fosse così infimo non è stato un boccone facile da digerire e anche vedere che nessuno degli organizzatori della protesta abbia speso una sola parola per prendere le distanze da questa serie di improperi è stato per noi molto pesante.
Quasi sempre ci ritroviamo in disaccordo con il generico movimento animalista per queste motivazioni, per questa scarsissima capacità (o volontà?) di dare spazio a questioni che non siano strettamente legate alla difesa del diritto animale.
Ecco perché fino ad oggi non abbiamo ritenuto utile in alcun modo inserirci nella “discussione”, perché tali e tante sono state le parole che abbiamo ritenuto sbagliate, tali e tanti sono stati gli errori strategici compiuti da chi ha guidato questa protesta in città, che abbiamo preferito tacere fino ad oggi che invece pensiamo sia necessario spiegarne i motivi.
L’epilogo il giorno dell’inaugurazione, un epilogo annunciato e che altro non ha fatto se non dimostrare che in effetti le nostre paure fossero più che fondate. Apertura della mostra prevista per le 19, presidio fissato invece alle 10 del mattino e spacciato su media e social dal Partito Animalista Europeo come una grande vittoria.
“Nessun visitatore, cancelli chiusi, visitatori relegati ad entrare da un ingresso secondario”, questo è quello che i referenti del Partito hanno falsamente dichiarato, condendo le dichiarazioni con foto del presidio del mattino, quando invece questo non corrisponde affatto alla verità perché non era affatto previsto che ci fosse qualcuno alle 10, ma è servito solo a loro a farsi pubblicità e a far abboccare nel tentativo di racimolare voti e popolarità, migliaia di dissidenti/assenti e a far ovviamente sghignazzare gli organizzatori e i sostenitori della mostra.
Al “vero” presidio, svoltosi in effetti alle 19, erano invece presenti solo una decina di attivisti, lodevoli, per carità, per la loro senza dubbio sincera volontà di esprimere la propria opinione e il proprio dissenso, ma che altro non hanno rappresentato se non la concretizzazione fisica e materiale di un fallimento.
Persone che con la loro buona volontà di partecipazione a una protesta, si sono ritrovate invece con i cartelli in mano immersi nel vuoto politico di questa città e nello specifico del movimento animalista.
Persone che sono arrivate sul posto senza che ci fosse nessuno dei presunti organizzatori e che ad oggi non sanno insieme a chi hanno protestato. Che si sono ritrovate davanti all’ingresso della mostra con uno striscione lasciatogli dai “professionisti della protesta” che invece erano già sulla via del ritorno a casa con la loro bella e falsa vittoria in tasca, che avevano già riempito la città di minacce e insulti qualificandosi, anche questa volta, per quello che sono e gettando fango su tutto e tutti.
La nostra è un’analisi amara, lo sappiamo, che però riteniamo assolutamente necessaria perchè sia posto l’accento sull’attenzione che deve essere sempre alta, da parte degli attivisti, quando si imbattano in occasioni di protesta, che non mancano mai, relativamente alle argomentazioni utilizzate e soprattutto riguardo alla “compagnia” costituita dagli altri aderenti alla protesta e alla sempre presente minaccia di strumentalizzazione di certe istanze, soprattutto quando non sono ben argomentate.
Senza dubbio l’utilizzo di corpi di esseri senzienti è contestabile, sempre, ed ha senso esprimersi in merito al fine di portare l’attenzione sullo sfruttamento animale che ha molti volti e si manifesta in mille modi, ma bisogna sempre considerare il contesto in cui ci si muove e soprattutto va ricordato che il mero “animalismo” non è una posizione difendibile se chi si dichiara animalista tollera la presenza, al proprio fianco, di individui che nulla hanno a che fare con istanze contrarie allo sfruttamento, che usano certi argomenti a proprio uso e consumo, minacciano, insultano e fanno parte di movimenti xenofobi e fascisti.
Prendere le distanze da tutto questo, da certi individui e da certi toni è fondamentale e nei fatti la mancanza di lungimiranza degli animalisti palermitani ha in questo caso dimostrato come uno scarso approfondimento del contesto, delle modalità e una scarsa attenzione rivolta alle “brutte compagnie” faccia in modo che si scrivano capitoli da dimenticare nella storia delle proteste che, in questi casi, altro non sono se non teatrini strumentali di dinamiche terrificanti.
L’attenzione deve essere sempre alta, se di movimento vogliamo continuare a parlare, perché le istanze antispeciste, che ovviamente rifiutano categoricamente quelle fasciste, autoritarie e xenofobe e metodi squadristi quali l’insulto e la minaccia, non vengano confuse con quelle – non sufficienti – del mero animalismo che, senza dubbio, lascia troppe porte aperte a chi nulla ha a che fare con un movimento di liberazione animale, umana e della terra.
Se il terreno dei contenuti è recuperabile, con l’approfondimento, difficile è invece liberarsi da quella “ingenuità politica” che causa al movimento danni gravissimi e ha permesso di acquisire agibilità a individui che nulla hanno a che vedere con le lotte di liberazione e che speriamo di non vedere più.
Questo resoconto/analisi è mirato a costruire, non a distruggere.
Mira alle coscienze di chi si dichiara sensibile alle tamatiche connesse allo sfruttamento animale e che speriamo non dimentichi mai che animali siamo tutti – uomini compresi – e che non è possibile scindere un ambito da un altro e che l’animalismo nudo e crudo non è argomento politico se espresso in questi termini quando invece ciò di cui parliamo è politico e sociale.
Appare chiaro che prendiamo le distanze da chi ha condotto in questo modo la protesta, che mai siamo stati vicini e mai lo saremo a individui di questa risma, che non accettiamo oggi come mai sterili messaggi lanciati a suon di insulti e minacce e abbiamo sempre scelto, anche nell’espressione del dissenso, l’approfondimento e la condivisione di contenuti.
Ci auguriamo che in futuro la città sia più attenta a non lasciare spazio e agibilità a modi, termini e persone che altro non hanno fatto se non arrecare danno all’immagine di un movimento che – fortunatamente- si esprime anche in altri termini e tiene sempre a mente le basi del proprio pensare.
Sappiamo che in molti troveranno la nostra analisi fuori luogo e, come spesso accade, ci risponderanno che la questione animale nulla ha di politico e che in fondo “non è successo niente”. Non la pensiamo così e, al contrario, continueremo a esprimerci e a cercare di far riflettere.
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Non avevo seguito la vicenda, ma ho trovato questa analisi veritiera, corrispondente alle caratteristiche di molti “animalisti”.
Spero che il prima possibile gli ottenebrati siano “illuminati” dalla ragione.