Food Not Bombs


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fnb

Ci sono molti modi di intendere il veganismo, nessuno però può esimersi dal considerare principi di base quali solidarietà, empatia e giustizia. Negli anni sono state numerosissimi i progetti nati in ogni Paese che hanno riguardato la pratica vegan e la sua etica, uno di essi davvero degno di nota è FOOD NOT BOMBS (F.N.B.).
Ma di cosa si tratta? Per capire il progetto F.N.B. si riportano si seguito estratti dei testi di presentazione della versione italiana del libro “Food Not Bombs” a cura di C.T. Lawrence Butler e Keith McHenry (i fondatori di F.N.B, N.d.R.), tradotto in italiano da Kafka Collective e pubblicato da Fratelli Frilli Editore del 2002, della seconda versione americana del libro, e la presentazione del gruppo Food Not Bombs Romagna. 


Il pugno è chiuso e levato verso l’alto, ma nella mano stringe una carota. E la scritta che affianca il logo dice il resto: Food Not Bombs, cibo e non bombe. Sono il simbolo e lo slogan di un movimento nato negli Stati Uniti 22 anni fa, che oggi conta 200 gruppi attivi in tutto il mondo [34 anni fa, e i gruppi sono ormai più di 1000 al mondo, N.d.R.], dall’Europa al Giappone, e sta muovendo i primi passi anche in Italia. A partire da un’idea semplice: combattere il paradosso della povertà nei paesi ricchi recuperando “sul campo” gli sprechi dell´industria alimentare. E cucinando pasti rigorosamente vegetariani, per strada e nei parchi pubblici, per chi ha il problema quotidiano della fame: senzatetto e non solo. (…) 

Grandi quantità di cibo buono, e spesso ancora confezionato, si trovano in mezzo a scatoloni rotti e nei bidoni della spazzatura dei paesi ricchi dell’occidente.
Nei soli Stati Uniti vengono buttati via approssimativamente 22 milioni di chili di cibo ogni anno. Sarebbe sufficiente un decimo di questi per sconfiggere la fame nel paese, che nonostante la sua ricchezza è afflitto da un’altissima percentuale di senzatetto, poveri, disadattati ed affamati.
Negli Stati Uniti, paese in cui sono sorti i primi gruppi, gli attivisti di Food Not Bombs recuperano una parte del cibo avanzato prima che sia buttato via e lo distribuiscono alle persone affamate. Nell’ambito delle loro attività, costituiscono delle comunità volte a focalizzare l’attenzione su quelle che sono le priorità deviate di corporazioni, governi e società, le cui politiche portano molti alla fame, anche nei paesi ricchi.
Food Not Bombs offre consigli dettagliati, ricavati da centinaia di gruppi di associati in tutto il mondo, su come raccogliere cibo fresco gratuitamente, cucinarlo in maniera semplice e nutriente, su come trasformare il pranzo in un evento politico, come rapportarsi con le autorità locali, i media e il vicinato. 
Forma un gruppo Food Not Bombs nella tua città. In questo modo darai sia un concreto servizio a chi ha fame, sia un forte e semplice messaggio al pubblico: Food Not Bombs! (…)

Fonte: http://foodnotbombs.net/italian.html


 C.T. Lawrence Butler, Keith McHenry

Food not bombs

Prefazione all’edizione italiana

Succede che, frequentando certi ambienti, avendo a che fare con certe persone, muovendosi in certe situazioni, si entri per forza di cose a contatto con realtà, esperienze, modi di essere e di vivere diversi da quelli convenzionali o, se si preferisce, da quelli dominanti.
Come Kafka [da intendersi, qui e altrove, come il nome di un gruppo musicale, N.d.A.] è ormai da qualche annetto che bazzichiamo la scena punk-hardcore: concerti, festival, piccoli tour in Italia e in Europa ecc. Un movimento costante all’interno di un mondo per certi versi sommerso e, se si vuole, anche un po’ confuso, ma, allo stesso tempo, intorno allo specifico creativo-musicale, straordinariamente prolifico di idee, riflessioni, pratiche di vita radicali e iniziative di lotta che, pur senza un ordinamento ideologico rigidamente pianificato, vogliono, nel loro piccolo, incidere, modificare la realtà storica, materiale e sociale contemporanea.
È in questo contesto, e a pensarci bene non poteva essere altrimenti, che siamo venuti a conoscenza delle prime sparute informazioni relative a Food Not Bombs [d’ora in poi nell’introduzione FNB, N.d.A.]. Poche cose all’inizio: qualche riga letta distrattamente su qualche fanzines [rivista di musica e attualità autoprodotta, tipica delle realtà underground, N.d.A.], qualche ragazzo/a, specialmente nei concerti all’estero, con attaccata al giubbotto la toppa raffigurante una mano che stringe la carota, nulla più. Ma, si sa, la curiosità fa miracoli, specie se aiutata dalla fortuna, o per lo meno ci prova. E così accadde che un paio d’anni fa, durante l’ultimo tour dei Kafka in Gran Bretagna, precisamente a Winchester, ci imbattessimo in un banchetto di stampa alternativa e lì tra i tanti libri, riviste e pubblicazioni di vario genere e formato ci capitasse tra le mani un volumetto tutto arancione, sul quale campeggiava il già conosciuto logo della mano con la carota e la scritta nera a caratteri cubitali di FNB. Ovviamente facemmo l’acquisto, e quel volumetto ci piacque e stimolò a tal punto da spingerci a contattare gli autori, nonché fondatori, del primo collettivo FNB, C.T. Butler e Keith McHenry, portandoci, nel giro di un paio d’anni, a realizzarne la pubblicazione in italiano.

Diciamolo subito: non staremo qui a fare un riassunto della cronistoria di FNB. La sua genesi, le sue prime azioni, il suo sviluppo, la sua – per certi versi sorprendente – diffusione negli Stati Uniti prima e in Europa poi trovano il giusto spazio, le dovute spiegazioni all’interno del libro e non avrebbe quindi senso anticiparle in questa sede. Basterà dire, in queste noterelle introduttive, che l’avventura di FNB, oggi più che ventennale, ha inizio sulla scia dei movimenti antimilitaristi e antinucleari attivi, negli Stati Uniti, nei primissimi anni ottanta; con una piccola, ma decisiva, peculiarità. Alla “cultura della morte” e delle bombe, FNB risponde distribuendo ad ogni manifestazione, ad ogni sit-in di protesta a cui prende parte cibo gratuito. Il messaggio è chiaro, spietato nella sua banalità: “cibo non bombe, food not bombs”.
Il discorso o, per meglio dire, l’azione di FNB ben presto però si allarga, partendo dalla constatazione empirica e scontata – tanto scontata da farci, forse, cinicamente l’abitudine – che ci sono esseri umani che vivono patendo la fame e che questo molto spesso accade non all’altro capo del mondo, ma in molte strade delle nostre città, dove emarginati, disadattati, vinti dalla vita o, meglio ancora, vinti nella lotta per la vita cercano di riempirsi una pancia che, però, rimane sempre vuota. Tutto questo avviene ogni giorno perché chi ha in mano le leve del potere spende soldi in armi sempre più micidiali, anziché in cibo che sfami chi ne ha bisogno. È un fatto assurdo, illogico, paradossale tanto quanto è vero, innegabile, verificabile. Contro questa follia contemporanea, FNB non propone paroloni ad effetto o discorsi roboanti, ma agisce concretamente portando cibo nelle strade – perché è nelle strade, nei parchi, nelle nicchie di cemento poco illuminate, nei ghetti e nei vicoli che si muovono i poveri, gli esclusi del e dal “mondo perfetto” –, mettendo in piedi situazioni, eventi dove “improvvisi”, ma non improvvisati, banchetti della “mano con la carota” offrono zuppe, pane, caffè caldo senza chiedere nulla: né soldi, né tessere.
Il cibo che adopera FNB, strano ma vero, non è stato comprato, ma per la maggior parte è stato raccolto facendo il giro di supermarket, mercati, forni, che, quotidianamente, buttano via tonnellate di cibo ancora buono e utilizzabile quando, ripetiamolo, in molti casi letteralmente dietro l’angolo, c’è chi per colazione, per pranzo, per cena ha sempre, se va bene, lo stesso tozzo di pane, solo più secco, più vecchio, più sporco. E qui sta l’altro mostruoso paradosso del nostro “mondo perfetto”. Viviamo in una società che in buona parte, statistiche mediche alla mano, si avvia all’obesità e che, nello stesso tempo, è schiava della “nevrosi Weight Watchers” e del fitness ad oltranza ma che, indifferente ed egoista com’è, assolutamente non si preoccupa dell'”altra metà del cielo” che ha fa la fame tutti i giorni dell’anno. È una società ipocrita, sedotta e corrotta dall’iper-consumo, miope e sprecona, che s’ingozza e fagocita a più non posso per far muovere gli ingranaggi del mercato globale e dei suoi capitali (il cibo, in questo caso, è davvero paradigma perfetto dello sperpero di risorse acquifere, energetiche, ambientali del nostro tempo postmoderno, postindustriale, ma per molti aspetti ancora pre-umano e certamente ipo-lungimirante). L’azione di FNB mira a contrapporsi, in un modo semplice, diretto, minimale, ma concreto, alle follie di un mondo che si vuole presentare e rappresentare – col contributo pseudo-intellettuale di apologisti da strapazzo – come “il miglior mondo possibile”. FNB raccoglie, prepara e distribuisce cibo a tutti gli esseri umani che riesce a raggiungere, esseri umani in difficoltà e bisognosi di aiuto anche perché, semplicemente e drammaticamente, affamati.

Questo è quello che fa FNB, quello che fanno gli oltre 170 gruppi FNB sparsi nel mondo. Gruppi, collettivi, che si muovono come cellule autonome del tutto indipendenti e degerarchizzate tra di loro, andando al più a formare una rete organizzativa informale (scambio d’informazioni, esperienze, strategie, consigli pratici ecc.). Ciò vuol dire, sostanzialmente, che chiunque può formare un gruppo FNB senza aver bisogno di iscriversi ad alcunché, senza aver bisogno di tessere di partito o di certificati d’appartenenza. Basta “solo” averne voglia e, una volta messo in piedi un gruppo, non c’è nessun superiore a cui si debba rendere conto di quello che si fa o non si fa, se non alla propria coscienza. Le regole, l’organizzazione interna, le pratiche d’azione variano a seconda delle persone che formano ogni specifico collettivo, del contesto sociale, della città, del quartiere in cui ci si trova ad operare. Parallelamente, esistono alcune linee guida che specificano meglio l’impianto ideologico di FNB:
– tentare di coinvolgere attivamente gli individui che ricevono il cibo, invitandoli, ad esempio, a recuperarlo a loro volta. In questo modo si vuole superare quella dimensione unidirezionale passivo-caritatevole che alla lunga può risultare avvilente per chi la “subisce”, specie se accompagnata da lunghe e umilianti trafile burocratiche e da segreganti definizioni ed etichettature sociali; modalità, purtroppo, spesso caratterizzanti i servizi d’assistenza pubblica istituzionale;
– praticare sempre interventi nonviolenti. Così facendo, tra l’altro, si evita di appiattire il concetto di azione diretta nell’angusta riserva dell’azione violenta o vandalica, mettendo contemporaneamente in serio imbarazzo, agli occhi dell’opinione pubblica, le forze dell’ordine che si trovano, nelle loro azioni repressive, a brandire manganelli e scudi contro chi offre ciotole di zuppa e caffè caldo;
– essendo contro ogni forma di violenza, non utilizzare nessun prodotto animale perché frutto anch’esso della violenza brutale dei forti sui deboli, cioè degli uomini sugli animali. Si supera in questo modo un’ottusa ottica puramente antropocentrica a favore di una nuova etica laica fondata sul rispetto di tutti gli esseri viventi, supportando allo stesso tempo la diffusione di una cultura gastronomica vegetariana, che, non dimentichiamolo, se applicata in larga scala permetterebbe di risolvere buona parte del terribile problema della fame del mondo – se tutti i terreni coltivabili della terra venissero esclusivamente usati per produrre non foraggi, ma frutta, verdura e cereali (negli USA., ad esempio, ben il 90% dei cereali, tra quelli prodotti e quelli importati, viene impiegato per nutrire animali destinati al macello), si potrebbe sfamare una popolazione 5 volte superiore a quella attuale;
– vincere, nell’atto stesso di formare un gruppo FNB, l’indifferenza verso il prossimo, l’individualismo assolutizzato, la solitudine insita nella società dell’uomo-consumatore, e favorire al contempo una pratica aggregativa e collaborativa che aspira, facendo “qualcosa insieme”, ad una collettività più umana e altruista. In definitiva, chi sceglie, chi vive FNB cerca, citando le parole di C.T. Butler e Keith McHenry, di essere “le stesse persone che stiamo cercando di servire”.

Furono queste idee, questo modo di intendere l’impegno politico come qualcosa di indissolubilmente connesso ad una pratica sociale attiva, concreta e solidale a farci decidere, due anni fa, di fare qualcosa per supportare FNB. Non essendo allora in grado di formare un collettivo nella nostra città, decidemmo di “sfruttare” il fatto di essere, come Kafka, un gruppo di persone da tempo impegnato nella scena punk-hardcore. Grazie ai nostri contatti e, soprattutto, alla disponibilità di altre ventidue band del nostro “giro” – italiane, europee e statunitensi – riuscimmo a realizzare un cd compilation benefit, “Still a plastic culture in the 21th century”, i cui ricavati sarebbero stati destinati, con tutta probabilità, ad un collettivo FNB in Europa, non esistendo nessun gruppo FNB italiano. Nello stesso tempo, in diversi concerti, portammo cibo che vendemmo a prezzo “politico”, per raggranellare altri soldi da aggiungere a quelli ottenuti con la vendita del cd benefit. Ma proprio perché, in Italia, FNB è praticamente sconosciuto, furono gli stessi C.T. Butler e Keith McHenry a suggerirci di investire il denaro ricavato nella pubblicazione italiana del libro di FNB, favorendone così, si spera, la sua diffusione anche nella nostra penisola.

Il libro, infatti, fornisce tutte le indicazioni necessarie per creare un gruppo FNB. Nelle sue pagine, accanto alle parti dedicate all’ideologia, alla storia, alle battaglie nonviolente del movimento della “mano con la carota”, si danno un’infinità di consigli e supporti pratici un po’ di tutti i generi: come e con quali criteri raggruppare i componenti di un possibile gruppo; come strutturare e gestire la divisione delle operazioni da compiere (raccolta, preparazione, distribuzione) per la riuscita delle azioni; come rapportarsi agli enti di assistenza già attivi sul proprio territorio; come gestire le ingerenze delle forze dell’ordine; di quali mezzi e oggetti non si può fare a meno (dal furgone al tipo di pentole più idoneo); come far girare la voce che si ha intenzione di distribuire cibo; come e dove organizzare materialmente il banchetto della distribuzione (il numero e la gestione delle pentole, la scelta dei piatti di plastica o no, l’uso dei thermos, la richiesta di eventuali offerte ecc.). C’è persino un piccolo ricettario per far rendere al massimo gli alimenti e i prodotti recuperati nel corso della fase di raccolta. Tutto è spiegato con una dovizia di particolari davvero scrupolosa, la dovizia di chi ha sperimentato sul campo cosa sia meglio fare e cosa si debba evitare in ogni fase, in ogni momento, in ogni circostanza, in ogni imprevisto che si può presentare quando si agisce, quando si effettua un’azione diretta, non-violenta, che incide nettamente sulla vita reale.
È quindi un libro fortemente pratico, che considera il fare, l’evento, la situazione concreta come l’unica forma possibile di realizzazione politica. È un libro che non sa di accademia e neppure di teoresi rivoluzionaria chiacchierata in un comodo café o in una calda biblioteca; è un libro che, in ogni sua pagina, sa di zuppa, di caffè caldo, di vento preso in faccia in un banchetto d’inverno, d’impegno per ridurre la sofferenza letta negli occhi di chi ha fame; è un libro che sa d’amore e di rivoluzione messa in pratica e non solo a parole. Non è certo un libro da scaffale di libreria, ma è un libro d’azione di strada, un libro di prassi rivoluzionaria che vuole aiutare chi vuole fare e non solo riempirsi la testa e la bocca di parole e slogan più o meno ribelli e bellicosi. In questo senso, anche quando parla di quanto sale occorra in pentola a seconda che si cucini per dieci, cinquanta, cento persone è, prima di tutto, un libro politico, un libro di pratica e militanza politica. “Quelli che parlano di rivoluzione e di lotta di classe senza riferirsi esplicitamente alla vita quotidiana, senza comprendere ciò che c’è di sovversivo nell’amore e di positivo nel rifiuto delle costrizioni, costoro si riempono la bocca di un cadavere“. (Raoul Vaneigem, filosofo intellettuale situazionista)

Kafka Collective
Genova, febbraio 2002


Prefazione alla seconda edizione americana

di C.T. Butler, Keith McHenry

Nel 1992, quando questo libro fu pubblicato la prima volta, non potevamo certo immaginare quale ampiezza avrebbe raggiunto Food Not Bombs alla fine del secolo. Pensavamo di poter avere un ruolo nel cambiamento della società, ma non avremmo mai potuto prevedere che volontari in più di 175 comunità nel mondo avrebbero lavorato sotto il nome Food Not Bombs. È stata una crescita massiccia, che ha avuto luogo proprio nel periodo in cui Food Not Bombs ha dovuto affrontare forti interventi della polizia, inclusi più di 700 arresti e dozzine di pestaggi solo a San Francisco. Questa storia straordinaria è stata sostanzialmente ignorata dai media nazionali; ma Food Not Bombs non dipende da loro. Il suo messaggio ha viaggiato in tutto il mondo attraverso parole, volantini, video, fanzines, Internet e la musica. La gioia di condividere cibo gratuito con gli affamati ha spinto i volontari a superare gli ostacoli della povertà e del terrorismo burocratico. Il sogno di un mondo in pace e con cibo in abbondanza sembra possibile nel momento in cui si pratica Food Not Bombs: la sua magia continua ad essere un’ispirazione, ed il farsi coinvolgere in questa esperienza ha cambiato la vita di molte persone.
La maggior parte dei movimenti radicali che nascono negli USA sono schiacciati o cooptati dal governo, ma questo non è successo a Food Not Bombs. La decentralizzazione, una struttura non gerarchica e la democrazia diretta sono un aiuto efficace per sopravvivere ed evitare la cooptazione. I fondatori di Food Not Bombs pensavano che ci dovesse essere un modo per porre fine alle guerre e alla povertà, e che il teatro e il reciproco aiuto sulle strade costituissero il modo più efficace per utilizzare il proprio tempo e le proprie risorse. In breve, stiamo cercando un modo per raggiungere un pubblico che non ha familiarità con i modi alternativi di organizzare la società e di rapportarsi agli altri esseri umani. Crediamo che ogni scodella di zuppa che un volontario di Food Not Bombs dà ad un affamato sia un passo in questa direzione.
Dopo 20 anni Food Not Bombs ha raggiunto una vita propria. Nei primi tempi noi (C.T. e Keith) proponevamo raduni ed azioni, ma il ruolo di leader in un movimento non gerarchico e decentralizzato ci metteva a disagio. Man mano che Food Not Bombs è cresciuto, ci siamo tirati indietro per lasciare che nuove persone prendessero il nostro posto. Oggi ci sono persone che organizzano gruppi, raduni ed eventi, che non erano ancora nate quando cominciammo Food Not Bombs. Chissà dove arriverà il movimento Food Not Bombs? È possibile che, da subcultura colorata, si trasformi in una parte delle fondamenta di una nuova società di pace, giustizia e benessere? Lo dirà solo il tempo.

Fonte: http://web.tiscali.it/EditFFE/books/recefoodnotbombs.htm


Tra i gruppi F.N.B. in Italia si sono distinti per efficacia e intraprendenza le attiviste e gli attivisti di Food Not Bombs Romagna (FNBRomagna), un gruppo non più attivo, ma che ha lavorato moltissimo e bene in passato sin dal 2002. Di seguito la loro presentazione scritta che espone il pensiero che animava le persone del gruppo (grazie per ciò che avete fatto ragazze/i).


La società capitalista produce per sua natura un notevole spreco di cibo, gran parte del quale potrebbe essere recuperato e ridistribuito, migliorando le condizioni di vita di molte persone.
Questo in sostanza è quello che fa un gruppo F.N.B. Non si tratta di semplice carità. E’ un tentativo di rendere consapevoli tutti i soggetti interessati e coinvolgerli attivamente della risoluzione del problema.
E’ necessario comprendere che la povertà è una forma di ricatto del sistema e che è necessario minare alla base ciò che la produce. Questo era lo spirito che ispirò i primi gruppi americani nei primi anni ’80 ed è lo stesso spirito che anima centinaio di gruppi F.N.B. nati in tutto il mondo.

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COME FUNZIONA UN GRUPPO FOOD NOT BOMBS

I gruppi F.N.B. partono dal presupposto che non sia necessario chiedere autorizzazioni per distribuire cibo agli “affamati”. Interagire con le autorità significa limitare il proprio campo d’azione e riduce sostanzialmente il risultato finale. I gruppi F.N.B. sono informali, non hanno una gerarchia interna bensì un’organizzazione orizzontale dove ognuno ha lo stesso peso e dove le decisioni vengono perse secondo il consenso e non per maggioranza.
I gruppi distribuiscono esclusivamente cibo vegan (la pratica diffusa del mangiar carne è una delle principali cause della fame del mondo) e possibilmente biologico; la distribuzione del cibo viene effettuata dove gli “affamati” si riuniscono, per renderli più visibili e non “rinchiuderli” in spazi lontani dagli occhi di tutti. I gruppi F.N.B. non effettuano alcun tipo di discriminazione nei confronti chi si presenta di fronte ai banchetti.
I gruppi F.N.B. inoltre si propongono di fornire cibo gratuito durante altre attività quali manifestazioni e presidi…

FOOD NOT BOMBS ROMAGNA

Dal 2002 il gruppo Food Not Bombs Romagna (F.N.B.R.) è attivo sul territorio di Forlì e Cesena ma non solo, in questi anni e soprattutto nel primo periodo abbiamo supportato in prevalenza iniziative quali manifestazioni antimilitariste, iniziative animaliste, concerti benefit contro la repressione, etc. Con il passare del tempo, con l’affiatamento tra le persone e grazie alla crescita individuale che queste esperienze ci hanno portato abbiamo deciso che era giunto il momento di arrivare a coloro che più ne hanno bisogno e che sanno effettivamente cosa sia la parola fame. Il primo passo è stato quello di scendere per le strade di Cesena periodicamente a distribuire, zaini in spalla, piatti di cibo a chi elemosinava, ai venditori ambulanti extracomunitari, agli zingari, a chiunque cerca nelle persone un po’ di amore.
Un sentimento che il mondo ha ormai dimenticato e preferisce benedire la sfortuna di vivere in condizioni difficili propinando squallida carità fine a se stessa. F.N.B.R. non fa carità, non elemosina e non benedice, semplicemente cerca di recuperare il cibo che verrebbe sprecato da stupide leggi di mercato e lo distribuisce a chiunque. Il Cibo è un diritto di tutti.
Riteniamo questa pratica un “non-consumo”, un essere al di fuori di qualsiasi mercato/sfruttamento, uno svincolo totale dal denaro, un’azione diretta concreta nel riappropriarsi delle proprie libertà. Il secondo passo è stato quello di allargare la pratica a Forlì, gestendo diversamente la distribuzione del cibo. Abbiamo constatato come due piccole e simili realtà sociali quali Cesena e Forlì abbiano grosse differenze. Modellarsi con fantasia in base ad ogni contesto sociale è uno dei punti di forza di Food Not Bombs. La strada percorsa fino ad ora ha regalato momenti indimenticabili e nuove amicizie, i passi sono ancora tanti… aspettando i sorrisi di domani!

VOLANTINO DISTRIBUITO DURANTE LA DISTRIBUZIONE CIBO:

Il cibo che hai ricevuto sarebbe stato gettato perché non più conforme alle leggi di vendita (una piccola ammaccatura, qualche foglia un po’ appassita, dimensioni non standard, ecc.) Ciò che facciamo noi semplicemente è recuperare questo cibo, cucinartelo e portartelo. Teniamo a precisarti che tutto questo non è carità, non è altro che restituzione di cibo a chi ne ha diritto ovvero tutti. Il gruppo FOOD NOT BOMBS ROMAGNA non è religioso, non è razzista e non sfrutta animali, è un gruppo di persone senza alcun vincolo gerarchico che si auto gestisce in tutte le sue iniziative. Cerchiamo di rivalutare l’importanza dell’azione individuale e diretta nella riconquista delle proprie libertà e dei propri innati diritti e il diritto al cibo è uno di questi.


Il progetto F.N.B. può sembrare appartenere ormai a un passato glorioso del veganismo militante, nella realtà è più attuale che mai, un esempio pratico è il grande lavoro svolto dai gruppi F.N.B. a New Orleans dopo l’uragano Katrina: la Croce rossa dava il loro numero di telefono alle persone per risolvere nell’immediato le necessità alimentari, dato che erano gli unici a essere presenti con più di venti cucine popolari nel territorio del disastro. Oppure si può citare la rinascita di un notevole movimento di produzione e scambio di cibo dal basso negli Usa della crisi economica e sociale dei nostri giorni.


Per avere maggiori informazioni e notizie sul progetto F.N.B., si consiglia di visitare il sito web ufficiale: www.foodnotbombs.net

 

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4 Commenti
  1. Elisabetta Angelin ha scritto:

    Ciao, vorrei sapere, prima di procedere all’acquisto, se “Food not bombs” edito da Frilli – collana Contromercato – è interamente in italiano o ha solo la prefazione nella nostra lingua… grazie!

    26 Dicembre, 2014
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Cara Elisabetta,

      Il libro è completamente tradotto in italiano e corredato da bellissime illustrazioni.

      26 Dicembre, 2014
      Rispondi
      • Elisabetta ha scritto:

        Grazie!

        28 Dicembre, 2014
        Rispondi
  2. Veganzetta ha scritto:

    Dichiarazione di Keith McHenry cofondatore del movimento Food Not Bombs sul suo propfilo facebook in data 24 maggio 2022


    THE FOOD NOT BOMBS MOVEMENT STARTED ON MAY 24TH

    When a billion people go hungry each day, how can we spend another dollar on war?
    The eight college age anti-nuclear activists who started the first Food Not Bombs collective when our friend Brian was arrested at the May 24th Occupation Attempt of Seabrook Nuclear Power station. A man with means bailed Brian out and our idea was to raise the money needed to repay him by holding bake sales. We came across a poster about the military holding a bake sale to buy a bomber and we bought military uniforms and started our street theater.
    We planned to organized to influence the Boston area community to resist the threat of cuts in social services and escalation in military funding promised by presidential candidate Ronald Reagan and his Wall Street backers. Policies that we believed would magnify the trend that was already forcing many into poverty.
    We marched against the threat of nuclear war in a demonstration cosponsored with the Cambridge City Council. We delivered groceries to public housing across the Boston area and organized our first Free Concert for Nuclear Disarmament in Sennet Park, becoming the model for what our poet friend and volunteer Dimond Dave would call Soupstock 1989.
    After four decades the goals of Food Not Bombs have grown more urgent as the world faces the threat of a nuclear confrontation pushed in the media, and hundreds of millions of people are sinking into deeper poverty. Billions of dollars are poured into buying lethal aid for wars in Europe, the Middle East, Asia and Africa while people become homeless and struggle to feed themselves.
    We could never have imagined we would grow into a global movement of volunteers who 42 years later was still busy recovering food that would otherwise be discarded and sharing our free meals with the hungry in over 1,000 cities in more than 65 countries.
    We have never been a charity. From the first days when we held our theatrical “bake sales to buy a bomber” we have been dedicated to seeking an end to the crisis of corporate domination and exploitation by taking nonviolent direct action so no one is forced to stand in line to eat at a soup kitchen or live in the streets. Our slogan “Solidarity Not Charity” graces our social media and flyers.
    Food Not Bombs was transformed in 1988 when we started a second group in San Francisco, where the police started to arrest our volunteers for the “crime” of making a political statement ultimately making over 1,000 arrests. The police also arrested our volunteers for feeding the hungry in a number of other cities including Middletown, Connecticut, Ft Lauderdale, Tampa and Orlando, Florida, Arcata, Los Angeles, California, Moscow, Russia and Minsk, Belarus. A Federal Appellate Court in the 11th Circuit ruled that our Food Not Bombs meals are protected by the First Amendment and may order the City of Ft Lauderdale to pay our lawyers $1.5 million dollars.
    The violent campaign in San Francisco against our volunteers resulted In Amnesty International declaring that any Food Not Bombs volunteer sentenced to prison would be considered a “Prisoner of Conscience” and that they would work for our unconditional release.
    One of our first actions was to set up a soup line outside of the Federal Reserve Bank to protest the policies of the Bank of Boston and their investments in nuclear weapons, nuclear power and property speculation. Volunteers have continued our protests against the exploitation by the banks, hedge funds and the globalization of the economy by providing meals at protests against the World Trade Organization, International Monetary Fund and World Bank. You may have eaten with us at the anti-globalization protests in Seattle, Cancun, Miami, Gutenberg, and Toronto. We helped organize and feed Occupy Wall Street and local Occupy camps in hundreds of cities. We are continuing our four decade resistance to globalization, organizing against the social control of the new Central Bank Digital Currencies. Our struggle against the implementation of a global corporate dystopian future continues.
    When capitalism failed to respond to its disasters Food Not Bombs has been there. We organized the food relief effort for the survivors of Hurricane Katrina and Sandy. Our volunteers provided the only free meals for the first three days after the Loma Prieta Earthquake, helped after the Northridge Earthquake and we were among the first to respond to Typhoon Magkhut in the Philippines and the Christmas Tsunami in Indonesia.
    Volunteers also provided hot vegan meals to the rescue workers in New York after 9/11, started animal rescue shelters in Slovakia, fed Camp Casey in Texas, border camps in Palestine, Poland and Mexico; striking workers in Korea. Our chapter in Reykjavik helped initiate the protests that overthrew the banker government of Iceland. We have provided food and material support to Aboriginal Tent Embassies and their efforts to protect the environment from mining and Australian military exercises. Our volunteers have been providing the only meals that the poor and unhoused could access during the pandemic. The Santa Cruz chapter has provided hot meals every day since March 14, 2020. Even more amazing our groups in Myanmar not only provided food during the pandemic but did so while under the martial law of the military dictatorship.
    Food Not Bombs activists have also started many other autonomous projects like Indymedia, Bikes Not Bombs, Homes Not Jails, Food Not Lawns, the free radio movement, Really Really Free Markets, and Anarchists Against the Wall in Palestine.
    Our independence from state and corporate control is at the core of our power and a threat to the institutions of war and exploitation. Our freedom from authority and our work to divert military funding to health care, housing and education seemed to worry the FBI – Joint Terrorism Task Force who sent a memo to the San Francisco Field Office on August 29, 1988, claiming we were a credible national security threat. In a 2009 lecture at Tufts University an Obama State Department official compared Food Not Bombs to Al-Qaeda, stating we were a greater danger to the United States because we were seeking to reduce the military budget and use the savings to fund domestic social needs.
    Food Not Bombs works in coalition with groups like Earth First!, Codepink, the American Indian Movement, and the National Union of the Homeless.
    We invite you to join Food Not Bombs in taking direct action towards creating a world free from domination, coercion and violence.
    Food is a right, not a privilege… Solidarity not charity.

    27 Maggio, 2022
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