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In the Blink of an Eye è un progetto artistico di grande creatività e portata ideato dall’artivista Alfredo Meschi e dal fotografo Massimo Giovannini. Il progetto ha avuto – e continua ad avere – grande risonanza anche a livello internazionale. Sul sito web ufficiale è possibile visionare tra le altre cose il manifesto, il format proposto e la corposa galleria fotografica delle persone umane che hanno partecipato direttamente agli eventi artistici organizzati.
Di seguito si riporta la traduzione in italiano di un’interessante analisi teorica e artistica di In The Blink of an Eye a cura di David Bruno a conclusione del suo percorso di studi in storia dell’arte presso il prestigioso Courtauld Institute of Art di Londra.
Grazie di cuore gli autori di In The Blink of an Eye (ed in particolar modo l’amico Alfredo Meschi, già ideatore di Progetto X) per aver considerato il testo del Manifesto Antispecista, come uno dei riferimenti teorici per sviluppare il loro lavoro artistico. L’artivismo espresso da questo progetto è un esempio concreto di quanto sia potente ed efficace l’espressione artistica per la diffusione dell’idea antispecista.
Buona lettura.
In che modo il progetto iterativo di Alfredo Meschi e Massimo Giovannini “In the Blink of an Eye” promuove la liberazione totale?
di David Bruno
Storia dell’Arte
Courtauld Institute of Art
La maggior parte degli oggetti di cui ci circondiamo sono spesso destinati a essere trascurati perché presi in considerazione principalmente per la loro funzione utilitaristica, tuttavia possono nascondere un notevole potenziale espressivo che può accendersi se integrati in discorsi creativi più ampi.
L’artista toscano contemporaneo Alfredo Meschi ha incorporato la X, un segno quotidiano apparentemente irrilevante che comunemente usiamo per spuntare una lista, nel suo progetto iterativo In The Blink of an Eye, come strumento politico attraverso il quale può promuovere la liberazione totale. Ha unito le sue forze a quelle del fotografo trentino Massimo Giovannini per sviluppare e documentare il loro primo programma artistico e la comunità che si è progressivamente costruita attorno a questo lavoro artistico.
La liberazione totale può essere concepita, come esaurientemente sottolineato dal professore di studi ambientali David Naguib Pellow, come “l’etica della giustizia e dell’anti-oppressione per le persone, gli animali non umani e gli ecosistemi; anarchismo; anticapitalismo; e l’adozione di tattiche di azione diretta”.1
Questo credo politico rifugge la violenza contro ogni forma di vita, umana o animale non umana, e mira a smantellare le strutture gerarchiche nate dall’oppressione sistematica delle persone nere e indigene di colore, degli individui neurodivergenti e disabili, nonché delle donne e della comunità LGBTQIA+. Infatti, tale principio prevede un quadro intersezionale, vale a dire l’interconnessione delle lotte sociali in uno sforzo globale contro i sistemi di potere.2
Essa implica anche un approccio rispettoso dell’ambiente che rifiuta il consumo e lo sfruttamento degli esseri non umani e propone un sistema alternativo al consumismo, in cui le risorse naturali sono gestite con attenzione per soddisfare le necessità e la produzione di beni non inquina in modo significativo il pianeta.
Un aspetto fondamentale della liberazione totale riguarda il riconoscimento degli animali non umani come individui titolari degli stessi diritti degli esseri umani poiché il loro status morale è spesso dimenticato o sminuito nei discorsi sociali. Alfredo Meschi, ispirandosi al trattato filosofico Manifesto Antispecista di Adriano Fragano, si fa portavoce dei diritti degli animali non umani attraverso la realizzazione di In The Blink of an Eye. Fragano sottolinea che «L’antispecismo […] non può essere considerato abolizionista (non si avanzano alle istituzioni richieste di modifiche di leggi, norme e regolamenti), bensì liberazionista, ossia si aspira alla liberazione degli individui animali nella sua accezione più ampia».3
La liberazione degli esseri, in questo modo, comporta la piena autonomia di scelta, la fine di ogni sovrastruttura politica che potenzialmente può minare le libertà personali, e il controllo sul proprio corpo. Questi concetti sono alla base del progetto in quanto forniscono la punti di riferimento teorici che hanno ispirato Alfredo Meschi a creare un’opera artistica che potesse sconvolgere la coscienza collettiva e sensibilizzare alla liberazione totale, utilizzando gli animali non umani come baluardo di questa campagna. Il suo approccio deriva anche dalle tecniche del Teatro Immagine di Augusto Boal, grazie alle quali ha assimilato le specificità delle performance non verbali e lo ha portato a utilizzare la X come simbolo politico, affidandosi al potenziale interpretativo degli oggetti quotidiani proprio come il drammaturgo brasiliano ha insegnato nel suo metodo del Teatro dell’Oppresso.
Questo testo indagherà infatti come il progetto In the Blink of an Eye stia dando forma a una comprensione comune della necessità di decostruire le idee occidentali di civiltà e la sua natura antropocentrica e specista. Le opere di Meschi e Giovannini verranno analizzate alla luce dei più ampi quadri teorici di Adriano Fragano e Augusto Boal per comprendere come si relazionano al raggiungimento della liberazione totale.
Il rapporto tra la X e l’elaborata ricerca artistica condotta da questi intellettuali italiani risiede nel valore associativo di questo segno, che emerge con veemenza nel loro manifesto artistico.
La Malattia X. «Con questo termine vogliamo rappresentare la consapevolezza che una grave epidemia internazionale può essere causata da un agente patogeno di cui attualmente non conosciamo la capacità di provocare malattie”. Nel lontano 2018, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito per la prima volta con queste parole il riferimento ad una “Malattia X” nell’elenco delle malattie infettive potenzialmente pandemiche dalle quali l’umanità non potrebbe difendersi».5
«Due anni dopo, a partire dal gennaio 2020, sembrava che il Coronavirus avesse dato un nome all’ignota X. Questa pelle, questo corpo imbalsamato, apparteneva a un artista contemporaneo, che in mezzo al caos e al panico sosteneva che la vera pandemia fosse l’Antropocene stesso».6
Secondo Meschi la X incarna qualcosa che va oltre la misteriosa malattia che tormenta la comunità scientifica. La recente pandemia causata dal virus Covid-19, inizialmente considerata la ‘Malattia X’, è stata il sintomo di un problema molto più ampio: l’Antropocene. Questo concetto scientifico afferma che attualmente viviamo in un’epoca geofisica instabile in cui gli esseri umani sono diventati la principale forza globale il cui modo di vivere sfruttatore sta causando il progressivo decadimento dell’ambiente.7 In questo senso, un segno apparentemente ordinario come la X può acquisire un significato più profondo, che ci mette in guardia da una dirompente malattia infettiva capace di autosabotare e annientare qualsiasi fonte di vita: l’umanità stessa. Meschi denuncia come le persone abbiano abdicato alle proprie responsabilità personali e inquinato l’ambiente circostante fino ad intossicarsi. Le sue X sono in primo luogo il simbolo delle conseguenze catastrofiche della civiltà umana e del carattere patologico della vita moderna, un ciclo di consumo infinito di beni e individui che alla fine imploderà.
Il manifesto, infatti, identifica una diffusa mancanza di consapevolezza riguardo ogni forma di vita, sia umana che animale non umana, che diminuisce l’interconnettività tra le specie. In un’ulteriore sezione di In the Blink of an Eye questo concetto diventa più chiaro attraverso le parole dell’artista: ‘Viviamo in una società che ci provoca gravi episodi di amnesia. La nostra coscienza dell’ingiustizia, della compassione, dell’empatia non fluisce in modo fluido come dovrebbe. Per questo cercavo un modo per mantenere il flusso di coscienza, per non dimenticare nemmeno per un secondo. Ogni secondo conta perché in questo breve lasso di tempo 40.000 anime non umane vengono uccise solo per soddisfare il nostro appetito. Il mio scopo era fermare questo istante o, meglio ancora, mantenerlo pulsante sulla pelle per esserne sempre consapevole. “X” è un segno semplice, un marchio semplice, una lettera neutra. È il segno che usiamo nella nostra lista delle “cose da fare” quando finiamo di fare qualcosa, di contare qualcosa, di uccidere “qualcosa”’.8
Pertanto le X non servono solo a ricordare il potere devastante dell’umanità, ma anche le vite che perirono a causa dell’appetito senza fondo dell’umanità. Inoltre attirano l’attenzione sul fatto che, a differenza degli individui umani, i non umani vengono facilmente dimenticati perché appartengono ad altre specie, non sono degni di essere ricordati e nel complesso le loro vite possono essere semplicemente “cancellate” dalla lista degli esseri degni di rispetto, della vita e della capacità di scegliere in modo indipendente.
Dal punto di vista dell’artista, la causa principale che ha catalizzato l’alba dell’Antropocene risiede nel maltrattamento e nell’abuso degli animali non umani e dell’ambiente naturale a favore del vantaggio personale. I sintomi della malattia collettiva delle società postindustriali sono l’incoscienza che accompagna le proprie azioni e l’apatia verso gli esseri viventi. L’appagamento del proprio appetito con la carne di individui non umani è il risultato della catena di mercificazione delle loro vite, della successiva trasformazione delle loro parti e dell’amnesia definitiva che separa l’esperienza superflua del piacere umano dalla carneficina.
Per promuovere la liberazione totale, Alfredo Meschi si è tatuato per la prima volta nel 2016 40.000 X nere (Fig. 1) come un modo per esprimere il suo dissenso e trasformare il suo aspetto fisico in un’opera d’arte performativa, che lui stesso definisce come ‘artivista’.9 L’artivismo è in effetti un nuovo linguaggio artistico basato sul recupero dell’attività artistica con finalità di intervento sociale immediato.10 Le sue X, infatti, generano disordine visivo e shock nello spettatore perché hanno lo scopo di stimolare la riflessione, mirano a incitare le persone a comprendere perché l’artista si è ricoperto permanentemente dello stesso motivo e, in definitiva, svolgere un ruolo educativo nell’insegnare il valore della vita a tutti gli individui. Il suo lavoro supera anche le azioni convenzionali dell’attivismo politico, che avvengono prevalentemente in spazi sociali come piazze o strade, perché è pensato per diventare un elemento fisso nell’ambiente: Meschi indossa i suoi valori personali su tutta la superficie della sua pelle, trasformando il suo corpo in un manifesto socio-ambientale non verbale. Le X hanno un aspetto permanente che supera la natura transitoria delle performance politiche e questo permette all’artista di diventare un punto di riferimento duraturo nel contesto del cambiamento sociale perché il tempo non può minare il suo lavoro. Ogni X, apparentemente mascherata dal suo aspetto semplice, nasconde l’imperativo morale di ricordare a noi stessi quanto siano distruttivi gli esseri umani e quante vite siano cessate a causa dell’avidità della civiltà (umana, N.d.T.). Questo audace stratagemma visivo è il primo tentativo creativo di plasmare la coscienza collettiva poiché lo spettatore rimane sbalordito di fronte al corpo dell’artista e si sente obbligato a indagare il significato dietro la sua apparenza. Lo scopo di tale incontro è condurre lo spettatore ad una sequenza di interrogativi, ad un lavoro introspettivo e a un confronto con il tema della liberazione totale, che inevitabilmente emerge dal disagio evocato dall’opera artivista di Meschi.
Per cogliere appieno il complesso vocabolario visivo delle X, è di fondamentale importanza comprendere i quadri teorici che hanno fornito contenuti educativi chiave agli artisti e successivamente hanno plasmato le qualità formali delle loro opere. Il libro di Paulo Freire La pedagogia degli oppressi ha svolto un ruolo primario nello sviluppo delle performance di Meschi e nella promozione della liberazione totale, in particolare del suo concetto di conscientização. Il termine si riferisce all’imparare a percepire le contraddizioni sociali, politiche ed economiche e ad agire contro gli elementi oppressivi della realtà.11 Questo processo si colloca al centro di un discorso più ampio riguardante la creazione della propria coscienza e il modello educativo “bancario” da cui, secondo Freire, tutti siamo toccati.12 Questo concetto implica una relazione di potere sbilanciata tra un insegnante o una figura di spicco, e lo studente, che è influenzato dalla natura imponente del soggetto che forzatamente pone la sua conoscenza nella mente del ricevente e non permette di essere contraddetto.13 Di conseguenza, lo studente è oppresso da questo modello educativo e perde non solo la capacità di fornire un’interpretazione critica a ciò che percepisce, ma soccombe anche al potere dell’insegnante che manipola la sua coscienza secondo le sue regole. La pedagogia degli oppressi si pone quindi come antidoto a questa filosofia, una pedagogia umanista e libertaria, con due fasi distinte.14 Nella prima, gli oppressi svelano il mondo dell’oppressione e attraverso la prassi si impegnano nella sua trasformazione. Nella seconda fase, in cui la realtà dell’oppressione è già stata trasformata, questa pedagogia cessa di appartenere agli oppressi e diventa una pedagogia di tutti i popoli nel processo di liberazione permanente.15
Alfredo Meschi ha infatti riconosciuto che il “mondo dell’oppressione” era interconnesso, nel senso che ogni lotta sociale poteva essere unita sotto un unico movimento di vasta portata che lotta contro i sistemi di potere. Decide allora di trasformare la realtà del suo stesso corpo con le X per trasformare lo spazio fuori da se stesso, sperando che questo possa diventare uno strumento di educazione, una pedagogia viva in grado di insegnare alle persone come allontanarsi da ogni forma di oppressione. Il metodo corretto per raggiungere questo obiettivo risiede nel dialogo e nella convinzione degli oppressi che devono lottare per la propria liberazione come risultato della propria conscientização.16 Alfredo Meschi è la prova vivente di come la prassi possa essere perseguita, anche attraverso mezzi artistici. La sua pelle tatuata funziona come conduttore di coscienza e questo approccio dialogico consente alla lotta per la liberazione totale di diffondersi e amplificarsi attraverso la reazione dello spettatore al lavoro dell’artista. Lo shock e la confusione provocati dal corpo di Meschi servono ad attirare le persone a indagare sul motivo per cui si è coperto di X. Vuole agire sulla loro coscienza stimolando la loro curiosità a saperne di più, ad istruirsi su qualcosa di cui magari non sono ancora consapevoli, soprattutto sul loro senso morale.
In realtà questo intellettuale si pone anche al di fuori del quadro teorico dell’”industria della coscienza” di Hans Haacke, vale a dire dell’influenza di musei e gallerie nella formazione di idee collettive su questioni morali.17 Le istituzioni culturali possono decidere cos’è moralmente accettabile o meno consentendo a determinati artisti di mostrare le loro opere in ambienti molto specifici: ciò convaliderebbe la loro posizione nel settore e soprattutto le idee che esprimono.
La natura performativa dei tatuaggi di Meschi rompe la relazione site-specific tra opere d’arte e spazi espositivi: la sua pelle è la tela su cui opera, quindi non ha bisogno di essere ammessa all’interno di determinati ambienti culturali. Esiste semplicemente indipendentemente da qualsiasi sovrastruttura sociale.
La capacità di sconvolgere la coscienza risiede dunque nel dialogo muto tra il manifesto vivente che Meschi indossa e la catena di domande e reazioni che sorgono dalla mente dell’osservatore, capaci di spostare la sua prospettiva sul rapporto tra umani e animali non umani.
La forza di questo approccio dialogico risiede nella capacità della presenza corporea di creare significati e suscitare sensazioni senza i vincoli della parola. Questa tecnica deriva dall’approccio socio-politico del Teatro immagine di Augusto Boal e dalla filosofia artistica sovversiva.
Il drammaturgo brasiliano, ispirandosi ai saggi pedagogici di Freire, propone un’alternativa rivoluzionaria all’idea borghese di teatro, che impone una netta separazione tra pubblico e attori, a favore di un’alternativa proletaria, in cui le persone possono impegnarsi attivamente nella realizzazione dello spettacolo, o meglio, con sue parole, spett-attori.18
Nel suo libro Il teatro dell’oppresso sviluppò un’analisi marxista del teatro secondo la quale gli individui oppressi potevano emanciparsi conquistando i mezzi di produzione teatrale. «La poetica degli oppressi è essenzialmente la poetica della liberazione: lo spettatore non delega più ai personaggi il potere né di pensare né di agire al suo posto. Lo spettatore si libera; pensa e agisce per se stesso! Il teatro è azione! Forse il teatro non è di per sé rivoluzionario; ma non abbiate dubbi, è una prova generale della rivoluzione!».19
Questa affermazione è la prova di come Boal concepiva l’arte: uno strumento pedagogico capace di risvegliare la coscienza degli oppressi. Ha anche fornito una serie di tecniche per stimolare l’autoriflessione, l’azione e il dialogo nel contesto delle rappresentazioni teatrali. Tra questi, il Teatro Immagine è stato identificato come “la base analitica del sistema del Teatro dell’Oppresso del regista teatrale brasiliano Augusto Boal”.20 Questo approccio non verbale nasce dalla consapevolezza che l’uso esclusivo del corpo e della sua corporeità costituiva un’alternativa al linguaggio, un sistema di comunicazione inaffidabile che poteva causare ambiguità a causa della natura mutevole della varietà dei linguaggi e della loro semiotica. Come accuratamente descritto da David Grant, «l’approccio olistico di Boal sfida la saggezza convenzionale che tratta il linguaggio verbale come unico mezzo per il pensiero, facendo crollare la distinzione tra linguaggio e gesto e portandoci verso una comprensione della creazione delle immagini e della lettura che è almeno altrettanto tanto fenomenologico quanto semiotico: da qui l’idea che possiamo “sentire” il significato».21
Una volta che uno spettatore è incuriosito dalle X e decide di cercarne attivamente i significati, ad esempio leggendo le interviste dell’artista, controllando il suo sito web, o partecipando a una di queste performance, può maturare la capacità di percepire il dolore insito nelle X perché la vista è allenata a riconoscere qualcosa che va oltre un oggetto ordinario.
In effetti, Alfredo Meschi ha incorporato con successo queste nozioni nelle sue opere stimolanti, utilizzando la X come mezzo di coscientizzazione e il suo corpo come uno spett-attore autocosciente. La X incarna il messaggio antispecista di liberazione totale e rivela la condizione oppressa degli individui mentre la qualità corporea della sua pelle tatuata, la sua immobilità e natura performativa non verbale, esprime l’angoscia collettiva delle soggettività non umane perite a causa della mancanza di empatia e amnesia indotta dell’umanità.
Questo elaborato linguaggio visivo, inizialmente definito come Progetto X, è il fondamento di quello che poi si è evoluto in In the Blink of an Eye, il progetto continuo e iterativo sviluppato da Alfredo Meschi e Massimo Giovannini nel 2017. Il format del programma consiste in una serie di passaggi attentamente ponderati che sono delineati sul sito web del progetto. “Ogni performance del progetto In the Blink of an Eye è divisa in 3 fasi principali: Alfredo disegna la X (da 1 a max 4), il tatuatore la trasforma in un tatuaggio e lo shooting fotografico di Massimo. Ogni partecipante riceverà la versione elettronica dei propri ritratti pronta per essere stampata in alta risoluzione, postata pochi giorni dopo l’evento. Ogni tatuatore, oltre ad apparire sui nostri social network e nelle pubblicazioni digitali e cartacee, diventa un referente locale per persone che in seguito vorranno partecipare alla comunità ‘In the Blink of an Eye’”.22
La partecipazione a questo programma artistico è strutturata secondo un principio di equità in quanto tutti sono i benvenuti indipendentemente dal proprio aspetto o dalle proprie idee personali. Le fotografie di Massimo Giovannini, infatti, testimoniano l’universalità di questo progetto: giovani (Fig.2) e anziani (Fig.3), partecipanti maschi (Fig.4) e femmine (Fig.5), noti attivisti vegani (Fig. 6) e anche allevatori di conigli (Fig.7); hanno tutti un posto all’interno del gruppo, tuttavia, il linguaggio visivo delle foto cancella virtualmente le loro differenze a favore del messaggio politico che trasmettono.
Questi lavori performativi possono avvenire ovunque purché ci sia un luogo adatto per tatuare e fotografare. La maggior parte del materiale viene caricato e pubblicizzato online perché Internet è lo strumento più veloce e accessibile per promuovere eventi al più vasto pubblico possibile.
Inoltre, le qualità formali delle opere, principalmente la luce, e la composizione, rispecchiano la finalità sociale del progetto: promuovere la liberazione totale. La sequenza dei dittici è volutamente pensata per appiattire le figure dei partecipanti, utilizzando un filtro monocromatico che allo stesso tempo il tempo permette che la resa complessiva delle opere sia omogenea e non nasconda le caratteristiche delle persone coinvolte. Ciò incarna l’utopia anti-civilizzatrice di una società senza strutture gerarchiche, un luogo in cui il potere è distribuito equamente tra i suoi abitanti, sia animali umani che non umani. Giovannini concepisce un vocabolario visivo sorprendente che gioca con l’interazione di due immagini in un formato coeso in cui il volto dell’individuo, la sua caratteristica più riconoscibile, è associato al tatuaggio, il dispositivo politico che contiene un messaggio antispecista nascosto (Fig. 2- 7).
Il trattamento della luce rimane il medesimo per tutta la durata del progetto per mantenere la coerenza ed evitare che un’identità prevalga sull’altra, rompendo così gli equilibri di potere all’interno del gruppo. L’artista scatta con una lampada a luce diurna ARRI da 200W o leggermente più luminosa da 575W, a seconda della luce dell’ambiente, e senza diffusori, per creare un contrasto più intenso nella fotografia e per evidenziare le caratteristiche dei partecipanti. Questa scelta nasce dall’esigenza di trovare un compromesso tra la specificità del luogo in cui opera l’artista e la distanza tra il soggetto e la macchina fotografica, circa due metri, che potrebbe influenzare l’intensità della luce e sfocare i lineamenti fisici della persona ritratta.
Il formato di una singola foto è 4:3 in verticale ed è implementato nel dittico con una proporzione di 6, 3:4 per rispettare le peculiarità dell’individuo che potrebbe avere i capelli lunghi, un aspetto particolarmente imponente o non sentirsi a proprio agio davanti all’obiettivo. La possibilità di giocare con la vicinanza e la distanza consente all’artista di inquadrare completamente il partecipante ma mantenendo l’uniformità come principio guida con modifiche minime alle proporzioni delle opere. Il fotografo suggerisce anche la postura dei soggetti, solitamente seduti con i gomiti appoggiati sulla parte superiore delle gambe e il viso proteso in avanti, tuttavia alcune persone scelgono di sedersi dritte perché non ritengono tale posa naturale. Giovannini combina tutti questi diversi modi di sedersi perché non influenzino le qualità formali delle foto: lo scopo delle opere è quello di ritrarre una rappresentazione esteticamente equilibrata della comunità e soprattutto di catturare l’attenzione dello spettatore attraverso la forza magnetica degli sguardi delle persone.
Per quanto riguarda la sezione tatuaggi, l’artista lavora senza regole prestabilite poiché la posizione delle X, il tipo di abbigliamento indossato dai soggetti e in generale la loro presenza, necessitano di aggiustamenti da valutare caso per caso. Questo progetto coinvolge un corpus variegato di corporeità (Fig.8-9), espressioni facciali (Fig.10-11) e gesti (Fig.12-13-14) che rispecchiano la realtà multiforme dell’umanità, che reca sulla pelle il suo manifesto socio-politico. Le qualità formali di questi scatti, come l’omogeneità delle fonti di luce e la regolarità del formato, imitano la struttura organizzativa lineare ed egualitaria di una società antispecista in cui gli esseri viventi possono apprezzare la propria differenza, essere trattati equamente e praticare l’empatia a livello comunitario.
Le basi teoriche che hanno guidato questo progetto, insieme all’aspirazione verso una società pienamente emancipata, risiedono nell’indagine filosofica di Adriano Fragano sulla liberazione totale. L’intellettuale italiano, che ha avuto un ruolo importante nella formazione dell’opera di Meschi e Giovannini, ha scritto un manifesto che è anche una guida strategica per una società più etica e utopica dove ogni forma di oppressione sia stata sradicata.
Lo scopo del suo libro è quello di proporre un nuovo rapporto con gli animali basato su un concetto egualitario e di rompere la dicotomia ontologica ‘Umano-Animale’, fortemente radicata nella nostra cultura, attraverso degli strumenti teorici.23
Tale atteggiamento è chiaramente rispecchiato dalla capacità dei due artisti di far crescere una comunità basata su questi esatti principi, dove ogni partecipante è accolto nel gruppo e la sua individualità è genuinamente rispettata. Lo comunica anche la qualità formale delle fotografie, la cui uniformità si allinea ai concetti di equità e unità decantati da Fragano.
Il messaggio politico di In The Blink of an Eye beneficia della lucida analisi del Manifesto Antispecista in quanto quest’ultimo fornisce la terminologia e le conoscenze necessarie per contrastare i danni dell’Antropocene in modo pratico e teorico.
In primo luogo, l’autore italiano dichiara che l’antropocentrismo è l’ideologia di dominio che rappresenta il fondamento della moderna società umana. Pertanto, chi è contrario, mira ad assumere atteggiamenti e comportamenti che possano influenzare la società e ad attivarsi attraverso iniziative culturali, sociali, dirette e personali per la creazione di una nuova società umana, più giusta, solidale, orizzontale e compassionevole: una società umana libera.24
Tali idee hanno incentivato la creazione di una rete di persone che possano partecipare attivamente a questa trasformazione: ogni persona tatuata può essere identificata non solo come attivista ma anche come agente di cambiamento, un dispositivo di trasmissione della coscienza che influenza ciò che lo circonda attraverso un fenomeno culturale, un’autentica prassi freiriana.
La liberazione totale è infatti lo scopo primario della lotta antispecista e Meschi e Giovannini, insieme alla loro comunità in crescita, stanno perseguendo questa idea grazie al loro progetto iterativo, spostandosi da un luogo all’altro e accogliendo nuovi individui disposti a unirsi alla loro iniziativa e collaborare alla costruzione di una nuova società.
Questo programma non si limita a stimolare le persone a riconsiderare la relazione tra esseri umani e animali non umani, ma sfida ogni aspetto dell’interconnessione tra le specie. Ciò stimola le persone a riconoscere lo status degli animali non umani come esseri senzienti, rifiutando così l’autoproclamata superiorità morale che storicamente ha indotto gli esseri umani a sfruttare altre forme di vita. Tale nozione è ampiamente discussa nel Manifesto dove Fragano propone una nuova serie di comportamenti responsabili che mirano ad annullare il carattere patologico di quella che Meschi chiama “Malattia X”. Prevede 5 principi: dell’autodifesa, la possibilità di compiere un atto di violenza contro un Animale come soluzione estrema di legittima difesa; della proporzionalità, ossia il rapporto tra interessi fondamentali e non fondamentali dei soggetti coinvolti, dove quanto indispensabile per mantenere in vita un soggetto non è mai oscurato da controparti inessenziali; del minimo danno, il principio secondo cui è possibile agire per soddisfare interessi non fondamentali intrinsecamente compatibili con l’interesse fondamentale altrui se l’azione comporta il minor impatto possibile; il principio della giustizia distributiva, implica che un’azione può prevalere quando è valutata come la più positiva se i suoi effetti vanno a beneficio dell’intera comunità degli esseri viventi e non soddisfano soltanto gli interessi di una delle parti; ed infine il principio della giustizia restitutiva, considerando la condizione nella quale è assolutamente inevitabile arrecare danno ad un individuo (o ad un gruppo di individui). Riconosce che l’individuo (o il gruppo di individui) ha diritto ad un risarcimento che sia, per quanto possibile, direttamente proporzionale al danno subito.25
Tali principi sono concetti chiave per l’arte di Meschi: sebbene non possano essere desunti direttamente osservando solo le X, fanno parte della conoscenza dell’artista e lo hanno spinto a creare il progetto. I partecipanti, confrontandosi con Meschi durante le performance, si imbatteranno in queste nozioni in quanto forniscono un sistema di comportamenti che possono essere messi in pratica quando si ha a che fare con animali non umani. C’è anche uno spazio online sul sito web In the Blink of Eye dove le persone possono dialogare, guardare le foto e condividere materiali sul tema della liberazione totale. Le molteplici interviste e commenti sia dei partecipanti che degli artisti stessi trasmettono un forte senso di giustizia, equità e impegno per una causa comune, ma lasciano anche spazio all’autoriflessione e all’interpretazione personale. In un articolo pubblicato di recente Alfredo Meschi afferma con fermezza come etichette quali vegano, anti-civ e anarchico non forniscano necessariamente un sistema affidabile di categorizzazione e rischino di fornire un’interpretazione fuorviante di In the Blink of Eye.26 Sebbene queste visioni del mondo garantiscano un quadro teorico che può guidare una persona nell’identificazione di ciò che è accettabile o meno, creano anche barriere ideologiche che impediscono ai nuovi arrivati di unirsi alla comunità accettando soprattutto la liberazione totale come principio guida. «Ognuno di noi è grondante di contraddizioni. La mia arte non è una gara di purezza. La libertà di esprimermi senza censure, da quelle fisiche a quelle ideologiche, è il mio antidoto all’ipocrisia».27 Testimonianza vivente di questa affermazione è la fotografa italiana Chiara Cunzolo, titolare di Spazio Coworking, associazione culturale con sede a Livorno. Entrata a far parte della comunità, tuttavia, afferma nel blog: «Io al momento non sono vegana ma credo che tutti noi per fare un lavoro profondo sulla nostra identità dovremo accogliere tutte le idee diverse dalle nostre, preferenze sessuali diverse dalle proprie, decisioni di vita diverse, scelte alimentari diverse… Tutto ciò può consolidare la nostra identità oppure può renderci consapevoli della necessità di un cambiamento.
Accogliere è qualcosa in più del condividere».28
Questo lavoro iterativo è infatti la prova che i fenomeni culturali hanno la capacità di riunire un panorama umano straordinariamente diversificato che può lavorare in modo cooperativo su un’alternativa alla società postindustriale alienante e antropocentrica che tormenta il nostro presente. Riconosce la necessità di esplorare le nostre identità ma promuove anche cambiamenti radicali, come quelli adottati dal tatuatore Michele Beretta. Nel blog racconta «Ogni X che stavo tatuando sulla pelle del mio cliente, si trasformava nella sofferenza di ogni singola creatura a cui pensavo…
Dopo cento X ho sentito la mia anima gelarsi e ho iniziato a tremare. Non sono riuscito a finire il tatuaggio.
Dopo quindici giorni ho ricominciato e in quelle X questa volta ho visto gli animali che erano sopravvissuti semplicemente non mangiandoli.
Da onnivoro mi sono trasformato direttamente in vegano».29
Di conseguenza, il progetto si pone in uno stato intermedio, beneficiando delle basi filosofiche di Fragano, Freire e Boal, ma sfruttando anche le possibilità delle creazioni artistiche e la loro intrinseca natura ambigua e sfaccettata. Le opere di Massimo Giovannini e Alfredo Meschi stanno acquistando sempre più rilevanza all’interno della sfera artistica grazie al messaggio rivoluzionario che silenziosamente plasma la coscienza degli individui che cercano la libertà dallo stato di oppressione in cui si trovano. In the Blink of an Eye non è quindi solo un sofisticato esperimento culturale ma anche l’impegno a risvegliare l’empatia, a creare un “senso di noi”, un sentimento duraturo di unione tra gli esseri.
NOTE
1) David Naguib Pellow, “Justice for the Earth and All Its Animals”. In Total Liberation: The Power and Promise of Animal Rights and the Radical Earth Movement, (University of Minnesota Press, 2014), pp. 61-92.
2) Kimberlé Crenshaw, “Demarginalizing the intersection of race and sex: a black feminist critique of antidiscrimination doctrine, feminist theory and antiracist politcs”, (University of Chicago Legal Forum, 1989), 1, pp. 139–167.
3) Adriano Fragano, “Epigrafe”, Manifesto Antispecista. Teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera, ed. 15, (Edizioni Veganzetta, 2022), p. 8.
4) Augusto Boal, Theater of the Oppressed, (1974).
5) Prioritizing diseases for research and development in emergency contexts. sito web World Health Organization. https://www.who.int/activities/prioritizing-diseases-for-research-and-development-in-emergency-contexts citato in Alfredo Meschi, Manifesto, https://www.intheblink.org. Ultimo accesso 18/08/2022.
6) Alfredo Meschi, Manifesto in https://www.intheblink.org. Ultimo accesso 18/08/2022.
7) Will Steffen, Paul J. Crutzen, John R. McNeill “The Anthropocene: Are Humans Now Overwhelming the Great Forces of Nature”, AMBIO: A Journal of the Human Environment 36 (8), (1 December 2007), p. 614-621.
8) Alfredo Meschi, Manifesto in https://www.intheblink.org. Ultimo accesso 18/08/2022.
9) Comunicazione personale con Alfredo Meschi condotta dall’autore David Bruno il 27/07/2022 via Microsoft Teams, dalle 16 alle 17 CEST.
10) Marcelo Exposito. “La potencia de la cooperación. Diez tesis sobre el arte politizado en la nueva onda global de movimientos”, Barcelona: MACBA (2013).
11) Paulo Freire, “Preface”, Pedagogy of the Oppressed, (1968), pp. 34-35.
12) Freire, Pedagogy, p.83.
13) Freire, Pedagogy, p.83.
14) Freire, Pedagogy, p. 54.
15) Freire, Pedagogy, p. 54.
16) Freire, Pedagogy, p.67.
17) Hans Haacke, “Museum, Managers of Consciousness”, Theories and Documents of Contemporary Art: a sourcebook of artist’s writings. ed. Peter Howard Selz e Kristine Stiles (Berkeley: University of California Press, 1996), pp. 876-877.
18) Augusto Boal, “Conclusion. Spectator: a bad word”, Theater of the Oppressed (1974), pp. 134-135.
19) Augusto Boal, Theater of the Oppressed, pp. 134-135.
20) Adam J. Perry, “A Silent Revolution: ‘Image Theatre’ as a System of Decolonisation”, Research in Drama Education: The Journal of Applied Theatre and Performance 17 (2012): (1), pp. 103–119.
21) David Grant, “Feeling for meaning: the making and understanding of Image Theatre”, The Journal of Applied Theatre and Performance (2017), pp. 3-4.
22) Alfredo Meschi and Massimo Giovannini, Il Format in https://www.intheblink.org.
23) Adriano Fragano, “Epigrafe”, Manifesto Antispecista. Teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera, ed. 15, (Edizioni Veganzetta, 2022), p. 8.
24) Fragano, Manifesto Antispecista, p.13.
25) Fragano, Manifesto Antispecista, pp. 25-27.
26) Alfredo Meschi, Alfredo Meschi (26 Agosto 2022), Blog in https://www.intheblink.org/blog.
27) Alfredo Meschi, Alfredo Meschi (26 Agosto 2022), Blog in https://www.intheblink.org/blog.
28) Chiara Cunzolo, Welcoming is something more than sharing (22 Giugno 2022), Blog in https://www.intheblink.org/blog.
29) Michele Beretta, From omnivorous I turned directly into vegan (15 Giugno 2022), Blog in https://www.intheblink.org/blog.
BIBLIOGRAFIA
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FOTOGRAFIE
Fig. 1 – Massimo Giovannini, Fotografia di Alfredo Meschi per Project X, 2016
Fig. 2 – Massimo Giovannini, Dittico di un giovane partecipante a In the Blink of an Eye, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 3 – Massimo Giovannini, Dittico di un anziano partecipante di In the Blink of an Eye, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 4 – Massimo Giovannini, Dittico di un partecipante maschile di In the Blink of an Eye, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 5 – Massimo Giovannini, Dittico di una partecipante di In the Blink of an Eye , 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 6 – Massimo Giovannini, Dittico della popolare attivista vegana Alice Olivari di In the Blink of an Eye , 2022, 11000×8000 px, ARRI Sunshine 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig.7 – Massimo Giovannini, Dittico di un allevatore di conigli di In the Blink of an Eye, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig.8 – Massimo Giovannini, Dittico di un partecipante maschio curvy di In the Blink of an Eye, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig.9 – Massimo Giovannini, Dittico di una piccola partecipante femminile di In the Blink of an Eye, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig.10 – Massimo Giovannini, Dittico di un partecipante maschile di In the Blink of an Eye con una faccia sorridente, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 11 – Massimo Giovannini, Dittico di un partecipante maschile di In the Blink of an Eye con espressione seria, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 12 – Massimo Giovannini, Dittico di un partecipante maschile di In the Blink of an Eye che si copre gli occhi con le mani, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 13 – Massimo Giovannini, Dittico di una partecipante di In the Blink of Eye che mostra il dito medio, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fig. 14 – Massimo Giovannini, Dittico di una partecipante di In the Blink of an Eye posa nuda, 2022, 11000×8000 px, ARRI Day 575 con proporzione 6, 3:4 su formato .IIQ
Fotografie in apertura e nella galleria di: Massimo Giovannini
Traduzione a cura di Veganzetta
Testo originale (privo di note): https://www.intheblink.org/blog/dlvwbl144cnoif3lv4b16b2jfx9zfb
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