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Un articolo di Olmo Losca dedicato alla figura di Ivano Ferrari, autore della raccolta di poesie “Macello” e recentemente scomparso (il 28 aprile 2022).
Fonte: Frecceinversi
Oggi muore uno dei più sensibili ed esistenzialisti poeti italiani. Ivano Ferrari nasce a Mantova nel 1948 e ad appena ventisei anni entra a lavorare nel mattatoio cittadino. Sedici mesi in cui vede la ferocia contro gli altri animali. Dopo meno di due anni scappa letteralmente da quelle stanze inondate di sangue e preferisce fare qualsiasi altro lavoro, i più precari, pur di non rientrare in quel luogo devastato dal dolore. Nel 2004, a quasi trent’anni da quei momenti, esce il suo capolavoro poetico: Macello. Ci mette trent’anni a scrivere di quell’esperienza terribile. La sua è una poetica disincantata, imbevuta di realismo, graffiante e affilata come le lame dei coltelli del macello.
“Se un carnefice non è particolarmente sadico prima o poi crolla”. Così scriveva nel 2004 all’uscita della sua raccolta poetica edita da Einaudi. Ferrari aggiunge poesia autentica, sociale, in diversi tratti antispecista, violenta, inesorabile: poesia che non tralascia tuttavia momenti particolarmente lirici; questi emergono con forza nella sua raccolta. È lo stesso Ivano Ferrari ad affermare che:
La poesia ha un’urgenza che non è la tua. Non esce un capolavoro ogni volta che si scrive. Se è una poesia che vale non ha tempo. Quindi secondo me bisogna conciliare l’urgenza della poesia che è latente e spesso dilatata nel tempo con la propria, che imporrebbe di pubblicare all’istante. La distanza spesso paga. Non mi sento invece di dare giudizi sul lavoro degli altri, anche perché la storia della letteratura ci ha lasciato esempi eclatanti di grandi autori che hanno avuto un’esperienza opposta alla mia, penso a Svevo, a Rimbaud. È comunque vero che la tribù degli andanti a capo cresce a vista d’occhio. Il rischio è quello di logorare in maniera irreversibile la parola. Il poeta deve essere ostile con il mondo e deve verificare se all’interno della sua poesia è avvenuto il riscatto della parola. Certo la scolarizzazione di massa non ha aiutato questo riscatto.
“Il poeta deve essere ostile con il mondo” e Ferrari lo è stato; le sue poesie sono scarne, mettono a nudo l’inenarrabile, lo segmentano, lo attraversano, lo sezionano.
Edito da Einaudi, Macello, è una serie di poesie scelte sulle sue esperienze, il suo continuo chiedersi un perché, la sua destrutturazione degli stessi luoghi di morte. Un libro feroce che porta il lettore davanti ad uno specchio. Ancora oggi -Macello- è probabilmente, a livello internazionale, la raccolta poetica più illuminante e destabilizzante sui luoghi dove vengono smontati gli animali.
“Lo stanzino in fondo allo spogliatoio
è detto delle seghe
affisse a tre pareti foto di donne
dalla vagina glabra
nell’altra il manifesto di una vacca
che svela con differenti colori
i suoi tagli prelibati”
“La mia pelle ripulita e triste
il cuore glabro
il colorito bluastro
bene, io sono quello
che stabilisce la commestibilità
dei vostri miasmatici cibi”
“Dove nasconderà le lacrime?
Se la domanda pende sul cranio
sfondato di un puledro
sfumo affannando versi
subendo animali e cose”
“La carne morta rivive
nella sua grande miseria
col vento che riporta gli odori
ad un ordine sparso.
La carne morta è ricamata
da quelle sinuose presenze
che gli altri chiamano larve”
“È fuggito un toro nero
erra sul cavalcavia
impaurendo il traffico,
lo rincorriamo
impugnando coltelli
bastoni elettrici e birre
corre si ferma torna
arrivano i carabinieri coi mitra,
ora è steso su un velo d’erba
e sussurra qualcosa alle mosche”
“Per i problemi dell’anima
la sala stoccaggio:
coi quarti e le mezzene senza sangue
i cartellini del sesso
l’etichetta di destinazione
la delazione cosciente della bilancia.
Ci si confessa pestando reni di scarto
schegge d’ossa e strati di grasso
Più liberi, dopo, divoriamo
fettine di carne cruda
dei quarti più belli
appena un po’ di sale
e tanta devozione”.
Sono solo alcune delle liriche dolorose dell’autore. Un libro che non lascia scampo, ti obbliga a riflettere. Poesie sociali tra le più impervie sulla questione animale.
Nel 2014 vince il premio Pascoli per un’altra splendida raccolta poetica: La morte moglie.
Oggi ci lascia un grande poeta e siamo tutti e tutte più povere.
OlS
(Il quadro “Il Macello” è di Bartolomeo Passarotti -1580)
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Grazie, una sensibilità disarmante… che l’orrore ci frantumi gli occhi e ci corroda il cuore, nascere Animali accanto agli umani è un destino desolante.
Purtroppo pare che nascere non umani sia sempre un destino desolante, a prescindere dalla vicinanza.
…concordo nessun luogo è più sicuro per Animali l’idea che ci sia uno spazio un luogo dove non ci sia la presenza umana con la sua logica di potere e supremazia sui non umani è pura utopia , neppure tra chi ha la presunzione di salvarli purtroppo.
A dire il vero esistono alcuni luoghi fisici dove un rapporto il più possibile corretto tra Umani e Animali è realtà: si tratta dei rifugi antispecisti per Animali salvati.
Certamente sono zone chiuse (appunto rifugi), protette, che vivono di emergenza e di contingenza, ma al loro interno spesso è possibile sperimentare un nuovo tipo di rapporto più giusto con gli altri Animali, anche se questi ultimi non sono liberi, ma solamente dei rifugiati.
Ho letto le sue poesie. Sono un pugno nello stomaco. E’ già difficile leggere quelle descrizioni. Immaginiamo che cosa sia vederle.
Sì, sono tutte terribili e vere.