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Il precipitoso ritiro della Nato (leggasi USA) dall’Afghanistan avvenuto in questi giorni, ha senza dubbio segnato la vita di milioni di esseri viventi.
Se, per quanto riguarda le persone umane, migliaia di articoli vengono battuti ogni ora dai giornalisti di tutto il mondo, nulla è stato, almeno in un primo momento, detto su ciò che riguardava chi umano non è.
Se per un verso è ovvio e inevitabile che, in un mondo antropocentrico come il nostro, sia così, dall’altro non si può non notare che la questione sia passata da “del tutto irrilevante” a “piuttosto spinosa” quando è trapelata la notizia (maldestramente smentita dalle fonti ufficiali governative statunitensi) dell’abbandono dei cosiddetti soldati K-9, i Cani addestrati per affiancare le truppe armate americane nelle operazioni di guerra. Addirittura Eric Pahon, portavoce della Difesa degli USA, si è prodigato a rilasciare una nota ufficiale per cercare di spazzare vie le accuse di abbandono da parte dei marines. Ma i Cani “militari”, si sa, godono presso l’opinione pubblica di un prestigio di gran lunga maggiore rispetto ai randagi. I “soldati” degli americani però non erano ovviamente gli unici Animali del Kabul.
Nel corso dei giorni precedenti alla tragica fuga dall’aeroporto della capitale, i pochi rifugi per Animali della zona avevano infatti inviato, tramite social, numerose richieste d’aiuto per far si che anche gli Animali, tanto faticosamente salvati dalla strada, non venissero abbandonati ai talebani che, soprattutto con i Cani, hanno dimostrato estrema spietatezza. Le storie dell’ex marine britannico Pen Farthing che è riuscito a portare a Londra, con un volo privato, circa 100 Cani e 70 Gatti, lasciando però a terra parte del suo staff umano e quella del Kabul Small Animal Rescue che invece si è conclusa con l’abbandono dei Cani in aeroporto da parte dei soldati americani, dopo la falsa promessa di farli imbarcare in uno dei voli, hanno suscitato sentimenti contrastanti.
Se l’idea di salvare persone animali al posto delle persone umane è apparsa blasfema ai più, dall’altra la disperazione e il coraggio di attivisti tipo Charlotte Maxwell-Jones fondatrice del Kabul Small Animal Rescue sono risultati impossibili da non considerare. Resta il fatto, quindi, che, ancora una volta, gli Animali finiscono per essere una linea del discrimine. Perfetti in questo caso, per sollevare lo sciocco tormentone che tanto viene sventolato da un buon numero di persone in varie occasioni: “vale più un animale o un essere umano?”.
E così, mentre vent’anni di violenze e un fiume di soldi buttati al vento o peggio trasformati in ordigni di morte scivolano lentamente nel dimenticatoio di una guerra insensata, pare assurdo, a chi questa guerra l’ha voluta a tutti i costi, prendere minimamente in considerazione una stiva per caricare un centinaio di randagi salvati a fatica da persone umane volenterose. Che poi, per inciso, bisognerebbe ricordare che il volo del britannico Pen Farthing è stato fatto principalmente a spese del rifugio (grazie anche a una colletta internazionale) e sono stati gli stessi umani volontari afghani a chiedere eroicamente di restare a Kabul e di portare in salvo gli Animali.
Ma tant’è, particolari a parte, il discorso finisce sempre per ruotare intorno all’idea che gli Animali siano amici quando ci fa comodo e accessori quando c’è da levare le tende in tutta fretta per salvarsi la pelle. Non ha molto senso, in questo caso, stare a chiedersi se gli Animali avrebbero o non avrebbero preso il posto di qualche civile, soprattutto quando la scelta su chi poteva salire negli aerei in partenza è stata tutt’altro che realmente umanitaria e affidata un po’ al caso e un po’ alla conoscenza diretta (si è scelto tra coloro che hanno collaborato più che tra i soggetti bisognosi). Ha senso semmai riflettere sulla costante narrazione tossica che vuole inevitabilmente contrapporre Animali a Umani, quasi fosse una guerra che non ha ancora un vincitore e che invece è caratterizzata dallo schiacciante predominio violento dei secondi sui primi.
Una narrazione che non considera gli Animali esseri senzienti ma piuttosto bagagli di cui, a mali estremi, si può fare tranquillamente a meno. Al netto di una situazione tragica che vede milioni di esseri viventi abbandonati al loro tragico destino, resta valida una considerazione: le volontarie e i volontari del Kabul Small Animal Rescue hanno scelto di restare a Kabul con gli Animali di cui si prendevano cura e stanno in queste ore provando a trovare un’alternativa per salvarsi e portarli in salvo.
Non sono forse loro a darci, in questa guerra, la lezione migliore?
Francesco Cortonesi
In apertuta una foto tratta dal profilo facebook ufficiale di Kabul Small Animals Rescue
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Veramente encomiabile rischiare la vita per dare conforto e sostentamento a queste povere creature che oltre a patire l’abbandono avranno vissuto l’angoscia del clima di violenza e sopraffazione vissuta dagli umani che di solito per gli animali è ancora più destabilizzante mi ricorda lun video dove si vedevano i cani stremati dalla fame che vagavamo come fantasmi x Sarajevo all’ epoca dell’assedio alla città negli anni 90,… più di recente lla notizia dell’abbandono subito da cani e gatti dopo la fine del lockdown che venivano riportati ai rifugi per animali o ai canili dove si spera che qualcuno sia riuscito a colmare il vuoto lasciato dall’ ennesimo tradimento degli umani…. Un esempio che va oltre l’altruismo quelli dei volontari del gruppo Kabul small Animals rescue !!!
Encomiabile ciò che fanno queste persone umane per gli Animali e vergognoso ciò che pensa in generale l’opinione pubblica – e in particolare le istituzioni – che in questi casi non fanno altro che produrre argomenti specisti e benaltristi in cui sempre e comunque si contrappongono gli interessi umani con quelli di qualsiasi altro vivente.
Non si fa altro che parlare delle associazioni umanitarie che soccorrono gli esseri umani, presentandole con parole encomiabili, ma se si tratta di associazioni che soccorrono gli animali, partono critiche e insulti a raffica.
E’ lo scoglio antropocentrico che ogni volta che serve ci mette “al riparo” da ogni pensiero in favore degli altri viventi che non appartengono alla nostra specie.
Il rispetto per gli animali è un segno di civilta’. Anche per chi non li ama. Se un essere soffre non vi sono *giustificazioni morali* per non considerare tale sofferenza. Il non averlo fatto nella situazione di Kabul è doppiamente immorale perchè non si è tenuto conto anche dello *sperpero di generosita’ e sentimento* profuso da quei magnanimi, caritatevoli volontari che hanno regalato il meglio di se’ anche ad *altri viventi*. Bisogna cambiare. Si dice. Lo dice qualcuno con le labbra. Ma va fatto dentro di noi. Io non so nemmeno se *cambiando miglioreremo*. Ma so per certo che *per migliorare dobbiamo cambiare*.