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La storia del Gorilla Winston, il secondo più anziano tra quelli attualmente detenuti negli zoo degli Stati Uniti, è salita agli onori della cronaca più generalista (in Italia ne ha parlato tra gli altri Repubblica) nel momento in cui il New York Times ha pubblicato un articolo dove, oltre a raccontarne la storia, la giornalista Paula Span, celebre reporter internazionale, intervistava gli addetti dello zoo di San Diego che si occupano di lui. Dall’intervista emergeva una storia su cui riflettere. Winston, 51 anni (la vita media di un Gorilla in Natura è di circa 35/40 anni) è senza dubbio longevo, ma anche gravemente malato di cuore ed è stato più volte operato per impiantare e cambiare periodicamente un pacemaker.
Inoltre ha un tumore al rene destro (inoperabile), è costretto ad assumere pillole tutti i giorni e ad essere sottoposto a continue TAC di controllo. In pratica la sua vita è come quella di un grave ospedalizzato tenuto in vita principalmente da una continua cura medica specializzata. Le sue condizioni hanno così sollevato due punti di discussione che hanno interessato l’opinione pubblica non solo americana: il primo punto è se sia giusto destinare a un Gorilla cure costosissime che, negli Stati Uniti, la maggior parte degli esseri umani non potrebbero permettersi e il secondo è se questo sia o non sia accanimento terapeutico. Naturalmente nessuno di questi punti ha una risposta facile, anche se c’è chi potrebbe pensare che dare il meglio a un Gorilla catturato in Natura nel lontano 1972, detenuto prima in Inghilterra da un privato e poi, dal 1984, affidato allo zoo di San Diego, è il minimo che si dovrebbe fare per “ripagarlo” almeno in piccola parte di averlo strappato alla sua famiglia, al suo ambiente e alla sua vita selvatica mezzo secolo fa. Sul secondo punto, è chiaro che occorre tenere in considerazione il fattore business. Un Gorilla della pianura occidentale (la sottospecie più piccola dei Gorilla) è un Animale sempre più raro (attualmente nello stato di conservazione viene indicato come “critico”) che ha un valore enorme per uno zoo (negli Stati Uniti in questo sono detenuti 343 Gorilla) e lo ha soprattutto per uno zoo come quello di San Diego dove, a detta degli stessi veterinari “Nessuno tra i Gorilla che abbiamo qui, è in grado di prendere il posto di un Silverback come Winston“. È chiaro quindi che l’eventuale accanimento terapeutico scaturisce anche da una questione di interessi e non solo dal bene di Winston. D’altra parte quanto costerebbe allo zoo dover trovare un sostituto? E soprattutto quanto ci metterebbe a diventare la maggiore attrazione per i visitatori come è diventato Winston? Definito un Gorilla “gentile” che ha insegnato nel corso di questi anni, il suo modo di essere anche ad altri Gorilla, Winston non è solo un prigioniero di uno zoo, è una star a San Diego e, di sicuro, incrementa non poco i già numerosi ingressi a pagamento. La sua storia però ci pone anche davanti a dubbi che riguardano a volte pure noi: quando è giusto lasciare andare gli Animali con cui spesso conviviamo? Quando il nostro “egoismo” se pur comprensibile, diventa “accanimento terapeutico”? Domande di non facile risposta. Ma soprattutto ci ricorda come gli Animali negli zoo subiscano trattamenti diversi in virtù del valore che viene loro attribuito – hanno un valore di mercato – e ciò è un punto cardine della forza dello specismo, così duro da essere superato. Difficile ad esempio credere che si sarebbero fatti altrettanti sforzi per una più comune Zebra o una Giraffa, mentre Winston è indubbiamente una miniera d’oro per lo zoo di San Diego.
Francesco Cortonesi
Fonti:
Fotografia in apertura: Winston in sala operatoria. Fonte: San Diego zoo Wildlife Alliance
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