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Volpi e nutrie rompono gli argini in Veneto così recita il titolo di un articolo sulle alluvioni in Veneto pubblicato da La Stampa. Prima o poi doveva capitare… Le Volpi e le Nutrie si sono alleate per distruggere l’habitat umano e ucciderci tutti.
In Veneto orde di Nutrie hanno lavorato incessantemente per scavare, perforare, distruggere gli argini di canali e fiumi causando poi esondazioni e distruzione sul tutto il territorio.
Nonostante l’amorevole cura che l’Umano ha prestato all’ambiente in tutti questi anni, c’è chi giura di aver visto Volpi terroriste aprire cave di ghiaia, tombinare fossi e canali di scolo, impedire agli Umani di buona volontà di ripulire argini e rive dei fiumi, e sfasciare un po’ ovunque il fragile equilibrio idrogeologico veneto.
Una scolaresca in visita didattica ha anche avvistato un gruppo di Nutrie sfaccendate intente ad urinare in un fiume nel tentativo di inquinarne le acque così ben salvaguardate dalle industrie umane.
Fortunatamente la società civile si sta mobilitando e già sono state costruite trincee e garitte lungo i principali fiumi patrii per contrastare questo infame attacco.
Chiaramente preoccupati gli intrepidi paladini della Natura: i cacciatori, che ora accusano gli animalisti di essersi venduti al nemico e di aver tramato contro la specie umana (ad alcuni le Nutrie pare abbiano promesso delle tane di due o tre locali con vista Piave a tassi agevolati).
Meno male che ci sono loro, altrimenti saremmo invasi da questi terribili Animali che tra l’altro non parlano nemmeno la nostra lingua.
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Anche se risale all’anno scorso invio questo contributo (purtroppo sempre attuale)
ciao
GS
VICENZA: ALTRO CHE LE NUTRIE!
NUOVA BASE AMERICANA E ALLUVIONI
Con una tecnica del “capro espiatorio” da manuale, sindaci e assessori leghisti* (sostenuti dalle associazioni dei cacciatori) hanno elaborato una versione moderna del “gatto nero” medioevale (o di altre povere creature criminalizzate e sterminate nel corso dei secoli: lupi, salamandre, rapaci notturni…). Stavolta è toccato alla pacifica e vegetariana nutria, cugina del castoro, accusata di aver provocato con le sue tane il crollo degli argini (in particolare quelli del del Timonchio e del Bacchiglione un paio di anni fa e più recentemente quelli del Retrone).
Altri presunti colpevoli, i tassi (praticamente scomparsi nelle campagne, sopravvivono solo sui Colli Euganei e Berici!) e le volpi. Per il momento nessuno ha ancora tirato in ballo le tane del martin pescatore. Tra le soluzioni proposte, rifornire di “buoni -benzina” (sarebbero già stati stanziati 13mila euro dalla Provincia) un migliaio di cacciatori vicentini (a cui finora venivano date solo munizioni) che potranno agire indisturbati contro i poveri roditori.
Se “la domesticazione degli animali ha posto le basi del pensiero gerarchico e fornito un modello e l’ispirazione per lo schiavismo” (“Un’eterna Treblinka. Il massacro degli animali e l’Olocausto” Charles Patterson, Editori Riuniti – 2003), questo atteggiamento spietatamente specista evoca i metodi delle pulizie etniche.
Quella delle nutrie è una balla. Gli argini si trovano a parecchi metri dalle rive e le poche nutrie rimaste in circolazione (quelle sfuggite alla campagna di sterminio iniziata già da qualche anno) preferiscono avere una tana sulle sponde, con facile e immediato accesso all’acqua.
Il Coordinamento protezionista vicentino aveva condotto una propria indagine nelle zone colpite dall’alluvione verificando come “l’acqua abbia rotto esclusivamente in zone dove di recente erano stati effettuati interventi”. Per esempio il Timonchio (un torrente a fondo sassoso dove non si segnalano nutrie) “ha trascinato a valle imponenti lavori di consolidamento e imbrigliamento realizzati a Molina di Malo da pochi mesi”. Questo per quanto riguarda Caldogno e Cresole. In altre zone l’acqua ha semplicemente esondato, superando le barriere a muro esistenti (a Vicenza, Debba, Montegalda…).
Sicuramente una delle cause principali delle devastanti alluvioni è la quasi totale cementificazione di una provincia dove il terreno non è più in grado di assorbire. Ormai si vorrebbe costruire zone artigianali e villette a schiera anche nel greto dei torrenti. In pochi anni il colore del territorio vicentino è passato decisamente dal verde dei campi al grigio dei capannoni. Chi in questi anni ha espresso allarme per il rischio inondazioni è stato, nella migliore delle ipotesi, tacciato di essere una “Cassandra” (dimenticando che, purtroppo per i Troiani, Cassandra aveva visto giusto). La situazione rischia di diventare ulteriormente drammatica nel Basso Vicentino, un’area a sud di Vicenza appena sopra il livello del mare, ricca d’acqua e destinata a diventare, grazie alla nuova autostrada in costruzione, un’immensa teoria di capannoni e depositi (nuove zone industriali tra Longare e Noventa, momentaneamente sospeso il progetto della Despar che avrebbe ricoperto un’area corrispondente a duecento campi, il nuovo poligono di tiro ad Albettone, oltre ad una infinità di caselli, raccordi, strade di collegamento, rotatorie, distributori…). Lo spettacolo lacustre di Montegalda, Montegaldella e Cervarese in seguito alla penultima alluvione dovrebbe aver mostrato cosa ci riserva il futuro se si continua a cementificare.
Per Vicenza e Caldogno (uno dei paesi più devastati a nord della città), dove l’acqua aveva toccato livelli mai raggiunti, appariva evidente che un elemento decisivo era rappresentato dalla nuova base americana Dal Molin. Per chi non conosce la zona, va ricordato che alcuni fiumi a carattere torrentizio scendono dalle alte montagne (Carega, Sengio Alto, Pasubio, Novegno, Pria Forà. Summano…) al confine tra la provincia di Vicenza e quella di Trento raccogliendo acque copiose provenienti dalle piogge e dalle nevi. Tra questi il Leogra, l’Orolo, il Timonchio e l’Astico (quello che poi confluisce nel Tesina). Le acque scorrono anche in profondità, attraverso i depositi di ghiaia, tornando in superficie nelle risorgive come il Bacchiglioncello che sgorga a Novoledo. Diventa poi Bacchiglione prima di entrare a Vicenza dove riceve l’Astichello e, dopo Porta Monte, il Retrone e la roggia Riello. Dopo pochi chilometri, a San Piero Intrigogna, incontra il Tesina dove è appena confluita la roggia Caveggiara. Insomma. un ambiente dove l’acqua non manca, anche per la presenza di una falda acquifera tra le più grandi d’Europa. Forse non è stato un caso che gli Usa abbiano tanto insistito (come confermano documenti divulgati da Wiki Leaks) per appropriarsi del Dal Molin che “poggia” (galleggia?) sulla falda stessa.
I lavori al Dal Molin (attorno a cui scorre il Bacchiglione alimentando, insieme alle piogge, la falda) hanno comportato, oltre alla cementificazione di una vasta area, uno spostamento del fiume, l’ampliamento dell’argine sul lato della base e l’inserimento nel suolo di un enorme quantità di pali in cemento (vere e proprie palafitte, stile Venezia) che, molto probabilmente, hanno funzionato come una “diga” sotterranea costringendo l’acqua a fuoriuscire. Con i risultati che sappiamo.
In origine i pali (mezzo metro di diametro) dovevano essere solo ottocento, ma alla fine ne sono stati utilizzati circa tremila. Piantati fino a18 metri di profondità.
Sembra che inizialmente i pali non reggessero proprio per la presenza della falda acquifera. Sarebbe interessante scoprire in che modo siano riusciti poi a piantarli.
Un’altra considerazione sulla nuova autostrada a sud di Vicenza (A31, Valdastico Sud), costruita in quattro e quattro-otto, dopo anni di polemiche e contenziosi, nonostante i vincoli paesaggistici. Osservando una carta topografica salta agli occhi come sia destinata a diventare un ottimo raccordo tra le varie basi statunitensi. Se la Ederle era già prossima al casello di Vicenza Est, la nuova base Dal Molin è comodissima alla Valdastico Nord. Restava defilata solo la base Pluto, a Longare, ma qui ora sorgerà un casello. Un altro casello verrà costruito ad Albettone, dove è previsto un poligono di tiro che utilizzeranno soprattutto i militari.
Altra ipotesi. Si sa che l’autostrada finisce in provincia di Rovigo, praticamente nel nulla. Però in quel “nulla” c’è una vecchia base militare abbandonata. Scommettiamo che non resterà tale per molto? Tra cementificazione, militarizzazione, sterminio di animali…tutto si tiene.
Parafrando quanto viene attribuito a Seattle “quando avrete ammazzato l’ultima nutria, sradicato l’ultima siesa (siepe, in veneto), ricoperto di cemento l’ultima prato, vi accorgerete di non poter mangiare il denaro e affogherete (profetico! ndr) nei vostri rifiuti”.
Gianni Sartori
* ma ultimamente anche il PD sembra essersi allineato (v. il sindaco di Vicenza Achille Variati, novello Rumor)
segnala che spesso (v. recentemente su vicenzareport) per articoli favorevoli allo sterminio delle nutrie vengono utilizzati immagini di lontre.
Personalmente giudico infame uccidere sia le nutrie che le lontre (ovviamente), ma è indicativo del livello (sub)culturale di chi si occupa della questione…insomma, almeno un po’ di rispetto per le specie protette…
tanto poi sappiamo che i cacciatori sparano a tutto…
ciao
Gianni
Che i giornalisti in generale siano ignoranti e che non si prendano la briga di controllare le notizie che pubblicano, è un dato di fatto. Sui cacciatori non c’è nulla da dire che già non si sappia.
Cari compagni, invio questo testo, risalente ad una decina di anni fa, dove si paventava la definitiva trasformazione di un ambiente naturale raro e prezioso (Lumignano e dintorni, sui Colli Berici) in “parco giochi” per frustrati , figli -legittimi o meno- della società della merce e dello spettacolo. Purtroppo da allora la situazione si è ulteriormente degradata (v. la zona sopra Nanto) e con la nascita di associazioni come “Liberici” (che nel nome vorrebbero richiamarsi ad una malintesa “Libertà”, ma sono in realtà espressione di un liberismo consumista di marca capitalista e borghese) potrà soltanto peggiorare . (GS).
ADDIO LUMIGNANO BELLA…
[…]
Un Paese civile e rispettoso delle proprie “radici” avrebbe tutelato in modo molto attento questo suo patrimonio [le particolari formazioni rocciose tra Costozza e Villaga], unico anche per le varietà endemiche di flora ( la Saxifraga berica ) e di fauna ( il Niphargus trevisiol). Da molti anni invece questi luoghi sono diventati una sorta di parco giochi per giovani edonisti che hanno colonizzato con chiodi a pressione e ferraglia tutte le pareti della zona, in nome dell’arrampicata “libera”, eufemismo per dire “datemi un trapano e vado dove mi pare”.
Sulle conseguenze negative per l’ecosistema di Lumignano (pareti, covoli e ambiente circostante) provocate da questa attività eravamo già intervenuti in passato, denunciando il caso limite del Broion, con alcune stalattiti di circa due metri abbattute per far posto a nuove vie di arrampicata, (pubblicate poi con risalto sulle riviste locali di alpinismo). L’autore del misfatto è ovviamente noto agli adepti, ma l’omertà di gruppo prevale. *
Purtroppo, anche se il ruolo di Cassandre non ci ispira particolarmente, avevamo ragione: scomparsa quasi totale dei rapaci qui nidificanti (in particolare il falco pellegrino) dato che le pareti sono quotidianamente frequentate da scanzonati arrampicatori, rarefazione della caratteristica flora dei covoli, concrezioni deturpate o addirittura divelte ecc.
Dopo aver invaso tutte le pareti attorno a Lumignano, si sperava che fosse finita, anche perché la stessa sorte era toccata anche alla scogliera sopra Barbararano e a quella di S.Donato.
Invece ormai anche le pareti dei Covoli di Castegnero sono state ricoperte di chiodi a pressione, placche metalliche, catene per sicura.**
Va ricordato che in questa zona, oltre a rapaci notturni -allocco- e diurni, al corvo imperiale e al picchio muraiolo (nel periodo invernale) in passato sono stati visti nidificare alcuni esemplari della rara rondine rossiccia (Hirundo daurica), diffusa soprattutto in Grecia e nella Penisola Iberica e quasi inesistente in Italia. Da quando era iniziata la colonizzazione dei Covoli di Castegnero sembrava proprio essere scomparsa. Così come era già avvenuto a Lumignano la vegetazione in prossimità e sulle pareti è stata estirpata. Sono quindi scomparsi anche rari esemplari di Saxifraga Berica, Campanula carnica, Lythrum hyssopifolia, Gnaphalium luteo-album, Adiantum capillus-veneris, Athamanta turbis…
Le pareti beriche rimangono frequentatissime anche nei periodi di nidificazione. E quando l’arrampicata viene giustamente limitata a Rocca Pendice (Parco Regionale dei Colli Euganei) aumenta il numero dei “F.C.” [Free Climbing] che si riversano a Lumignano.
Si conferma il fallimento del progetto di “autodisciplina” o autoregolamentazione (si può chiedere ai banditi di controllare gli assalti alla diligenza?) e anche la responsabilità morale di quelle associazioni che si occupano di alpinismo (ma evidentemente non di tutela ambientale) che hanno favorito lo sviluppo di una attività devastante per l’ambiente fragile della scogliera. ***
Quanto alla pubblicazione di una “guida” per le arrampicate (l’autore è un noto cultore del trapano in parete) potrebbe rappresentare la pietra tombale per gli ecosistemi del versante sud-orientale. Dato che gli editori si dicono impegnati nella “difesa della Terra”, ci sembra lecito chiedere maggior coerenza e meno antropocentrismo, almeno in futuro. ****
Unica soluzione, a nostro avviso: interdire ogni attività di F.C. (arrampicata “libera”) e rimozione della ferraglia per restituire un po’ di dignità alle pareti. Soprattutto STOP ad ogni nuova colonizzazione. Non mancano a livello europeo norme legislative in grado di proteggere un habitat così particolare; esiste anche una normativa che tutela le aree carsiche e i Colli Berici (con centinaia di covoli, doline, grotte …) vi potrebbero rientrare sicuramente.
Elena Barbieri Gianni Sartori
Movimento UNA (Uomo Natura Animali)Vicenza
Aggiungo qualche nota di aggiornamento:
* Da parte dei FC si sostiene (omertosamente dato che sanno chi è stato) che le stalattiti sarebbero “cadute da sole”. Ma guarda la coincidenza! Rimangono al loro posto per parecchie centinaia di anni e poi, tutte nello stesso periodo, “cadono” proprio quando le pareti del Broion vengono colonizzate da questi soidisant alpinisti e “amanti della natura”…
In realtà il taglio è perfetto e ora dove prima stavano le stalattiti passano alcune cosiddette “vie”.
** Al limita del ridicolo i patetici cartelli stradali (come altro definirli) che in vari punti dei Colli indicano la “mini-palestra di roccia”: un parco giochi, appunto.
*** Tra le ultime, devastanti, colonizzazioni quelle sopra Nanto, verso casa Leonardi, con tavolini ricavati abbattendo alberi, serie di scalinate dove prima la folta vegetazione consentiva la nidificazione (uno degli idioti responsabili ha raccontato di aver anche trovato un nido -di rapace, si presume- ancora con le uova, ma “abbandonato”. No comment…), eliminazione radicale di ogni arbusto (anche quelli protetti: pungitopo, scotano…) e fitta chiodatura dove prima si abbarbicavano edere quasi centenarie.
Ulteriore aggravante: circa quattro anni fa, prima che iniziassero a disboscare, qui aveva nidificato una solitaria coppia (e presumibilmente l’ultimissima sui Colli Berici) di rondine rossiccia.
****Ennesimo scempio: la recente chiodatura anche nella Grotta della Stria, uno dei luoghi più affascinanti, almeno prima della colonizzazione, dei Colli Berici.
Quanto ai ”Liberici”, anche se qualcuno si definisce “libertario” (perdonate loro, non sanno nemmeno quello che dicono oltre a quello che fanno!) e “insofferente di ogni limite imposto dall’autorità”, sono in realtà portatori (inconsapevoli ?) del virus “anarco-capitalista” (roba da far inorridire Durruti e Malatesta, chiaro), pionieri della definitiva trasformazione in merce (più o meno spettacolare) dell’esistente.
Sembra proprio di doverlo dire: Lumignano e dintorni si sono ridotti a sfogatoio (“discarica esistenziale”?) di chi, evidentemente frustrato per una sua vita fasulla, artificiale , virtuale…cerca compensazioni e viene a sfogarsi (appunto!) “in mezzo alla natura” fregandosene dei danni collaterali delle sue ingombranti attività (invece di lottare contro il sistema che lo ha addomesticato, ma sarebbe chiedere troppo, ne convengo) e portandosi appresso tutta l’immondizia, anche simbolica, ingerita (per ulteriori chiarimenti si consiglia l’attenta lettura de “La Società dello Spettacolo” del compianto G: Debord; leggere anche tra le righe).
E concludo con la solita raccomandazione: “Ma perché non andate ad arrampicare sui piloni dell’autostrada?”
G.S.
mi attacco, qui, per “sintonia” (magari potrà sembrare di minore interesse, di fronte all’ecocidio planetario, ma visto che si parla tanto, anche a sproposito, di “biodiversità”…)
buona giornata
GS
ULTIMO VIENE IL CORVO….
(Gianni Sartori)
In passato Lumignano (Colli Berici, Basso Vicentino) e dintorni erano luogo di nidificazione e riproduzione per falco pellegrino, rondine rossiccia, passero solitario…poi arrivarono i FC.
E’ ora giunto anche il turno del corvo imperiale?
Il titolo del racconto scritto da Italo Calvino, pubblicato nel 1949, mi è fatalmente tornato alla mente.
Vuoi perché Calvino mi è sempre piaciuto (“Marcovaldo” il preferito), vuoi perché nel racconto citato, un ragazzo con seri problemi socio-esistenziali, spara a tutto ciò che vola, si muove (un falchetto, un ghiro, pernici…) tranne che al corvo.
Ma cosa c’entra con Lumignano? Mi spiego.
A Lumignano (e dintorni: covoli di Castegnero, rupe di Barbarano, san Donato… ), in maniera subdola, non cruenta (almeno apparentemente) sta accadendo di peggio o quasi.
Dopo il falco pellegrino, la rondine rossiccia, il passero solitario…forse toccherà anche al corvo imperiale (corvus corax) sloggiare dalle maestose pareti, degradate al rango di “palestra” e diventate parco giochi per soidisant “alpinisti”.
Il ragazzo del racconto (sbandato, inconsapevolmente crudele, forse vagamente psicopatico) uccide per gioco*. In modo brutale, quasi senza rendersene conto (siamo all’epoca della II guerra mondiale e certe tematiche non erano ancora oggetto di dibattito).
A Lumignano invece la quotidiana frequentazione di massa delle “scogliere” da parte di FC in ogni periodo dell’anno ha provocato (gradualmente, ma sistematicamente) la graduale scomparsa di specie qui nidificanti da tempo immemorabile.
Oltre a quelli già citati, anche tra i notturni si registrano defezioni. Da quant’è che non si vedono barbagianni (in passato relativamente frequenti) tra i covoli e le pareti?**
Gli abitanti naturali del luogo hanno dovuto ripiegare e trasformarsi in profughi. Abbandonare questi siti per l’eccessiva frequentazione di scanzonati personaggi muniti di trapano (competitivi e poco rispettosi dell’habitat) che sulle pareti cercano presumibilmente una valvola di sfogo per la loro quotidianità alienata.
Anche in periodo di nidificazione. Anzi: soprattutto in periodo di nidificazione, quando il clima è favorevole per entrambe le categorie, quella legittima dei volatili e quella abusiva dei FC. Convergono sui Colli Berici decine (centinaia?) di padovani dato che, giustamente, a Rocca Pendice (Colli Euganei) per qualche mese l’arrampicata è proibita a norma di legge (e infatti il falco pellegrino è tornato a nidificare e riprodursi).
Sempre più numerosi poi quelli provenienti dall’Emilia. In passato ho anche cercato di spiegargli che, a mio avviso, uno che si fa due-trecento chilometri in auto per qualche ora “in mezzo alla natura” su una paretina di dieci metri o poco più (eravamo alla rupe di Barbarano) dovrebbe chiedersi se per caso non stia conducendo “una vita sostanzialmente di merda” (e scusate il francesismo), ma senza successo. Potenza della società dello Spettacolo e della Merce che riesce a spremere profitto anche dal tempo cosiddetto libero.
CORVO IMPERIALE A LUMIGNANO.USQUE TANDEM?
In febbraio, a seguito di osservazioni quasi quotidiane, ho potuto assistere ai tentativi, non dico disperati, ma sicuramente sempre più frenetici, di una coppia di corvi imperiali (una delle circa 3 mila presenti in Italia) in evidente stato di agitazione. Per ragioni che posso solo cercare di indovinare. (forse legate a fattori climatici o alle rumorose opere di disboscamento sottostanti) quest’anno non parevano intenzionati a nidificare nella zona sopra all’Eremo. Più volte li ho visti volteggiare e posarsi sul Broion, in particolare in una nicchia che sembrava ottima come rifugio e per la cova. Peccato si trovi su una delle pareti dove (non si sa in base a quali parametri) è consentito arrampicare in ogni periodo dell’anno. In realtà una pura ipocrisia, un alibi, dato che anche dove l’arrampicata non sarebbe, in teoria, consentita prima di luglio (vedi sempre sul Broion i covoli in alto a destra, per chi guarda) in questi giorni di febbraio 2017 la presenza di FC è stata costante e invadente. Ed è inutile segnalarlo ai frequentatori. Se ne fregano altamente, rivendicando uno “spirito libertario” (in realtà liberista) del tutto fuori luogo. ***
Ricordo che la parete del Broion, gradualmente colonizzata dai FC (con centinaia di spit) negli ultimi 15-20 anni, è quella che ha subito maggiori devastazioni. Tralasciando la questione saxifraga berica (avremo modo di riparlarne) e il brutale allontanamento del falco pellegrino (c’è chi ha assistito alla realizzazione di una via a colpi di trapano, con calata dall’alto ovviamente, in primavera mentre un falco nidificante lanciava inutilmente grida disperate) vorrei ricordare soltanto quella dozzina di stalattiti di notevoli dimensioni (da un metro a un metro e ottanta) che ornavano la volta di alcuni covoli. Stalattiti abbattute in due fasi successivi (fine anni novanta e inizio del millennio) per poter realizzare le “vie” che ora passano tra i moncherini delle concrezioni.
Non so se la coppia di corvi imperiali riuscirà alla fine a trovare un’alternativa e comunque nidificare e riprodursi o se dovrà cercare asilo definitivamente altrove.
Pensare di fermare per qualche mese l’arrampicata sul Broion, mi dicono, è alquanto improbabile. Troppi interessi e troppo potente la corporazione dei FC, coccolata da amministrazioni poco sensibili alle questioni ambientali. Per non parlare delle associazioni di categoria che da questa attività ricavano lustro e forse anche altro. Siamo arrivati al punto di organizzare vere e proprie gare in parete!
Quindi?
Ultimo viene il corvo, si diceva…speriamo che questo non sia l’ultimo corvo che viene.
Gianni Sartori
*nota 1:
“Era un bel gioco andare così da un bersaglio all’altro: forse si poteva fare il giro del mondo”.
**Nota 2:
sopravvivono invece gheppio (diurno) e allocco (notturno), forse più adattabili e prolifici
** *nota 3:
Un’analogia: se la caccia ha rappresentato in passato una valvola di sfogo, la possibilità di esercitare comunque una qualche forma, per quanto abietta, di “potere” da parte delle classi subalterne proletarie, al giorno d’oggi attività come quelle dei FC sono chiaramente compensatorie (o consolatorie?). Una vita alienata, virtuale, artificiosa se non propria artificiale, necessita appunto di compensazioni, sfoghi, alimentando lo stato complessivo di alienazione (marxianamente intesa) in cui versa, senza magari rendersene conto, buona parte della popolazione. E cosa c’è di meglio di attività apparentemente “alternative” come la presunta ”arrampicata sportiva” (“uno sport altro” ho sentito definirla) che vive sostanzialmente di rendita, ancora avvolta nell’alone eroico dell’alpinismo del passato?
Talvolta addirittura con echi “rivoluzionari”.
E’ di questi giorni (febbraio 2017) l’ingombrante permanenza di un grosso camper con targa tedesca dove spicca l’immagine enorme (copre tutta la fiancata posteriore) di un FC appeso e dove giganteggia la scritta “ACTION DIRECTE”. Nota bene: in francese, NON in tedesco. Un evidente richiamo all’omonimo gruppo armato clandestino che agiva in Francia negli anni settanta. Ambiguità voluta, frustrazione mai risolta, ammiccamento?
O semplicemente stupidità infantile di chi vorrebbe tanto sentirsi alternativo e quindi pesca spudoratamente perfino in quanto rimane dell’immaginario sovversivo degli anni settanta?
Comunque, ribelli di plastica!