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“Veganismo di oggi” è un testo pubblicato su Veganzetta in cinque parti e tratto dal libro “Disobbedienza vegana. Ovvero il veganismo come potrebbe essere” di Adriano Fragano, Edizioni Veganzetta, 2024. pp. 49-65.
Questa è la quarta parte: I falsi veganismi – (leggi la prima parte, seconda parte, terza parte).
Buona lettura.
I falsi veganismi
La terza tipologia proposta è quello dei falsi veganismi. In tale definizione intendo raggruppare tutte le tendenze e i fenomeni socio-culturali che hanno preso vita nel tempo e che hanno raggiunto il loro apice negli ultimi anni (soprattutto riguardanti il consumo di cibo), caratterizzati da argomenti cosiddetti secondari o indiretti come la salute umana o l’ecologia, oppure impropri o fuorvianti, in vario modo riconducibili al veganismo.
Falsi veganismi sono pertanto tutte le pratiche legate esclusivamente ad argomenti salutistici, terapeutici, igienisti, ecologici, di moda o tendenza, energetici, spirituali o religiosi, sportivi, dietetici, culinari e via discorrendo.
La caratteristica principale dei falsi veganismi è l’assenza della motivazione animalista e di conseguenza il venir meno del riferimento agli Animali e al loro sfruttamento. In alcuni casi si riscontra un’adesione entusiastica alla società dei consumi, una totale acriticità o un’indifferenza rispetto a qualsivoglia problematica sociale (salvo argomenti quali la salute o l’impatto ambientale), la proposta di modelli comportamentali conformisti, egocentrici ed edonisti (il “volersi bene” e lo “stare bene con se stessi” innanzitutto).
I falsi veganismi quindi costituiscono un vasto ed eterogeneo gruppo di fenomeni sociali basati in generale su argomenti prettamente antropocentrici. Il focus dei falsi veganismi non è più la sofferenza e lo sfruttamento degli Animali, ma l’Umano e le proprie infinite esigenze (spesso indotte), che divengono purtroppo anche motivo di grande attenzione e speculazione commerciale.
La differenziazione sostanziale tra i falsi veganismi e le altre tipologie di veganismo proposte risiede nel fatto che, essendo scomparsa nei primi la motivazione animalista, non si ha solitamente l’esigenza di promuoverli, nell’intento di modificare la società umana o di eliminarne alcune pratiche ritenute ingiuste. Riducendo così il tutto a motivazioni relative alla sfera personale e alle scelte individuali. Qualora inoltre esistesse una volontà di cambiamento sociale, essendo l’attenzione centrata sulle esigenze umane, ogni sforzo verrebbe indirizzato all’ottenimento di diritti, vantaggi o benefici esclusivamente egoistici e antropocentrici. Per questi motivi i falsi veganismi si possono considerare legati a un generico concetto moderno di stile di vita (lifestyle).
Lo stile di vita a cui faccio riferimento viene comunemente inteso come una posizione riguardante una categoria di individui, che decidono di interpretare se stessi e il loro ruolo nella società secondo una determinata visione, ma che sono e rimangono ben inseriti nella società accettandone logiche e strutture. In quest’ottica vengono concepite, a esempio, tutte le pratiche tipiche del veganismo che possano apportare benefici alla salute, estrapolandole dall’ambito della lotta contro le ingiustizie subite dagli Animali. Si parla quindi di uno stile di vita sano, salutare, di benessere della persona umana, di diete, di prevenzione di alcune patologie umane. In generale non c’è nulla di male in tutto questo, lo stesso pensiero vegano ha sempre posto l’accento anche sul benessere della persona umana e sull’importanza della salute. Il problema nasce nel momento in cui la liberazione animale, da finalità fondamentale dell’idea vegana, nei falsi veganismi, come già affermato, perde ogni importanza scomparendo del tutto. L’agire vegano può apportare vari benefici per gli Umani, ma nasce ed esiste per esprimere una contrarietà nei confronti delle pratiche di sfruttamento degli Animali. I falsi veganismi sono quindi interpretazioni antropocentriche ed egoiste di alcune pratiche derivanti dalla filosofia vegana, da ciò il nome che sta semplicemente a indicare che non si tratta di vere manifestazioni del veganismo.
La soluzione a questo stato delle cose è banalmente un uso appropriato dei termini. Considerato che nella quasi totalità dei casi il problema in questione nasce in riferimento a un regime alimentare, un esempio di terminologia appropriata potrebbe essere il corretto uso del termine “dieta vegana”. Per “dieta vegana” si dovrebbe intendere esclusivamente una pratica etica legata alla filosofia vegana, negli altri casi si potrebbe più semplicemente parlare di “dieta 100% vegetale” o di “dieta a base vegetale”, eliminando così ogni rischio di sovrapposizione e confusione.
Peraltro esiste nel vocabolario italiano un termine caduto ormai in disuso, ma che potrebbe tornare molto utile per descrivere tutte le tendenza non propriamente vegane che si concentrano sull’utilizzo di una dieta a base vegetale: vegetalismo. Ossia una concezione dell’alimentazione umana che consiste in una forma rigorosa di vegetarismo, che esclude l’uso di tutti gli alimenti di derivazione animale (perciò anche uova, miele, latte e prodotti caseari), permettendo solo quelli di origine vegetale.
La dieta a base vegetale (o vegetalismo) potrebbe essere utilizzata anche per motivazioni di ordine ecologico o legate all’impronta ecologica e in generale per evitare il devastante impatto ambientale del cosiddetto “ciclo della carne”. Parlare di dieta a base vegetale o di vegetalismo e non di dieta vegana manterrebbe distinto l’ambito vegano da quello ecologista, che presenta finalità molto importanti, ma che purtroppo non tratta questioni legate ai diritti fondamentali degli Animali.
Un discorso a parte merita la questione spirituale. È possibile infatti che le persone umane si avvicinino alle pratiche vegane per motivi legati alla spiritualità. Indubbiamente esistono punti di contatto tra l’idea vegana originale e la visione spirituale del mondo: è palese, infatti, che nell’idea di pacificazione tra l’Umano e gli Animali proposta dal veganismo vi siano anche posizioni legate a un’interpretazione della Natura in chiave spirituale. Fermo restando che il fine rimane sempre quello della liberazione animale, è possibile quindi che vi siano persone umane vegane convinte di una visione materialista del mondo, come pure chi lo interpreta attraverso un’ottica spirituale. Ma nel caso in cui i motivi spirituali, che conducono all’adesione alle pratiche tipiche del veganismo, fossero dovuti a interessi legati al benessere personale e non a una ricerca di armonia e di pace con gli altri viventi, non si tratterebbe di adesione al pensiero vegano. Nuovamente sarebbe dunque corretto parlare di pratiche legate al benessere (questa volta interiore o spirituale) delle persone umane, ma non di pratiche vegane.
Rimarrebbe da affrontare un ultimo punto: l’adesione delle persone umane alle pratiche vegane per motivi religiosi. Il tema è complesso e non ritengo sia opportuno discuterlo in questa sede. Per onestà posso solo affermare che reputo la religione una delle principali responsabili dell’ottica antropocentrica e gerarchizzante vigente, e in particolar modo dei concetti specisti che permeano la nostra società. Per tale motivo ritengo (salvo rari casi del tutto particolari) che il veganismo e la religione con le sue gerarchie, dogmi e visioni suprematiste umane, siano due concetti tra di loro incompatibili. Pertanto l’adesione alle pratiche vegane per motivi religiosi, seppur improntata a una visione pacifica, si dovrebbe annoverare tra i falsi veganismi.
Continua…
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