Tutto l’orrore del tethering


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3 minuti

pesce che subisce il tethering

Questa fotografia, scattata nell’agosto del 2019 dalla celebre fotoreporter Jo-Anne McArthur, ci mostra tutto l’orrore del tethering. È stata scattata in un mercato ittico di Taipei e ritrae la “tecnica” utilizzata per rendere i Pesci più appetibili agli acquirenti. I Pesci vengono legati ancora vivi a mezzaluna, con una corda che va dalla bocca alla coda e poi esposti sui banconi. Il loro corpo è quindi forzatamente arcuato e la corda lentamente taglia la loro carne. Dopo un po’ il sangue inizia a fuoriuscire anche dalla bocca e per questo si sceglie una corda rossa, in modo da renderla meno invasiva per i clienti più “sensibili”. Sembra assurdo, ma è così.

A Taiwan si ritiene che questa “tecnica” sadica permetta ai Pesci di restare freschi più a lungo. In realtà questa tortura non fa altro che prolungarne l’agonia. I Pesci, infatti, generalmente sopravvivono in questi condizioni fino a 10 ore. Si ritiene che il tethering sia praticato su circa 3 milioni di Pesci Persico di mare ogni anno a Taiwan. I Pesci, noti anche come Barramundi o Spigole Asiatiche, sono catturati da una delle tante aziende acquicole di Persici marini che si trovano nella costa sud-occidentale.

Molte persone umane non si rendono conto di quanto sia diffusa questa pratica. Solo nel 2012 sono state pescate 25.524 tonnellate di Pesce Persico. Nel primo semestre del 2019 le tonnellate erano già 20 mila. Ogni giorno circa 40.000 di questi Pesci subiscono questa tortura: 8-10 ore di agonia.
Poi la morte.

Curiosamente tale pratica, che risalirebbe addirittura a duecento anni fa, alla dinastia cinese Ming, è illegale. Eppure a Taiwan, come del resto in gran parte del mondo, non c’è quasi nessuna applicazione della legge che tutela il benessere dei Pesci, e quindi il tethering è tranquillamente praticato nei mercati di tutto il Paese.

A questo punto, l’ovvia (e giusta) domanda è: cosa possiamo fare per fermare tutto questo? Come sappiamo le nostre possibilità d’azione sono limitate, soprattutto quando si parla di realtà che riguardano altri Paesi, ma già far conoscere ciò che accade può sensibilizzare chi legge sulla sofferenza non solo dei Persici, ma dei Pesci in generale. Infatti, ancora oggi, in Italia, molti considerano i Pesci dei “non Animali”, tanto che è particolarmente diffusa la convinzione che la “dieta vegetariana” li comprenda. I Pesci sono tra gli ultimi Animali a cui si pensa quando si parla di sofferenza animale. Eppure, le ossa di questi Persici, quando i loro corpi vengono così orrendamente piegati, si spezzano esattamente come le nostre. La loro agonia è talmente palese che chiunque può constatarne l’evidenza. Se qualcuno ne dubita, non può che essere in mala fede.

D’altra parte anche tutte le prove scientifiche indicano ormai che i Pesci non solo provano dolore, ma anche angoscia. Sappiamo inoltre che sono estremamente intelligenti, hanno comportamenti sociali complessi e che alcuni sono in grado di usare degli strumenti. Di recente, una specie ha persino superato il test dello specchio: una chiara dimostrazione di autoconsapevolezza. Far conoscere queste violenze può quindi risultare efficace anche per una sensibilizzazione in “casa nostra”, dove i Pesci non subiscono certo sorte migliore rispetto a quelli di Taiwan.

Per chi volesse saperne di più, il sito web We Animals ha dedicato alcuni video e un importante reportage a questa terribile realtà.
Vistando questa pagina è possibile approfondire l’argomento e condividere i filmati:

Versione per facebook:

Ulteriore approfondimento sul sito del giornale The Guardian:

Attivisti animalisti di Taiwan che lottano per fermare questa pratica:

Francesco Cortonesi


Fotografia di apertura di Jo-Anne McArthur – We Animals


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Un commento
  1. Paola Re ha scritto:

    Non ne sapevo nulla.
    Non è credibile tanta crudeltà.
    Mi vengono in mente quelle persone che dicono “Non mangio carne ma il pesce sì” pensando di essere a buon punto.
    Ovviamente “il pesce” al singolare.

    15 Novembre, 2019
    Rispondi

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