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Nel suo percorso morale che lo condurrà a rifiutare di cibarsi di carne in nome della giustizia e della compassione che dobbiamo agli Animali, Tolstoj racconta la sua visita al macello della città di Tula (avvenuta nel mese di giugno del 1891). Un resoconto straziante che descrive alla perfezione l’inferno di quel luogo, che va letto e fatto leggere.
Il testo proposto è la traduzione integrale dell’originale a cura del prof. Gino Ditadi che compare nella nuova edizione del libro Contro la caccia e il mangiar carne recentemente pubblicata.


Visita al macello di Tula

Recentemente ho visitato, nella città di Tula1, il macello. Si dice che siano costruiti secondo un nuovo modello perfezionato, come in tutte le grandi città, in modo che gli animali che vengono uccisi soffrano il meno possibile.

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Un ottimo articolo di Annamaria Manzoni su un importante argomento già trattato in passato su Veganzetta e purtroppo ancora attualissimo al giorno d’oggi: la degradazione del nemico umano per “ridurlo” a semplice Animale (ultimo gradino della nostra scala gerarchica dei senzienti) e in quanto tale poterlo perseguitare, colpire, sterminare senza remore morali. Ancora una volta la discriminazione specista degli Animali ci mostra il suo volto violento e funzionale alla nostra enorme propensione alla devastazione e al dominio, a partire proprio dallo stesso concetto distorto di Animale usato anche nei conflitti umani per insultare o degradare il nemico.

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Fonte: ilmanifesto.it/tra-anima-e-animale-una-questione-di-soglie


Tra anima e animale: una questione di soglie

Sempre più vedo il con­fine messo a divi­dere uomo e ani­male come inti­ma­mente con­nesso a una domanda cru­ciale, ine­lu­di­bile per chi abbia avuto in sorte di vivere dopo la Shoah: come si è arri­vati a pro­gram­mare e attuare l’eliminazione indu­striale di milioni di esseri umani, desti­tuen­doli della pro­pria umanità?

Se la moder­nità ci ha reso cie­chi al dolore, alla sop­pres­sione, al con­sumo e allo smal­ti­mento di esseri viventi pro­dotti e pro­ces­sati indu­strial­mente come cose, se non siamo capaci di rico­no­scere e lasciarci inter­pel­lare dal dolore del vivente, come pos­siamo rispet­tare gli esseri umani? Non si tratta solo di un pen­siero ani­ma­li­sta, ma di un ragio­na­mento pie­na­mente poli­tico che — in bilico tra filo­so­fia e scienza, nella defi­ni­zione di ciò che è “uomo” e ciò che non lo è, di ciò che attiene all’umano e di ciò che se ne disco­sta — ci porta a un nodo essen­ziale che si può rias­su­mere nell’invettiva di Scho­pe­n­hauer con­tro l’esclusione degli ani­mali dall’etica kan­tiana: «Sia dan­nata ogni morale che non vede l’essenziale legame fra tutti gli occhi che guar­dano il sole». 

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