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Quarta e ultima parte dell’articolo “a puntate” La lontananza uccide? Diritti animali e compassione di Filippo Trasatti. Buona lettura (leggi parte 1, parte 2, parte 3).


Emozioni e compassione

Proviamo a vedere in che modo le emozioni e in particolare la compassione possano convergere con l’elaborazione di un diritto interspecifico e quindi rafforzarne la possibile attuazione.
Innanzitutto bisogna forse partire dal superamento di una distinzione netta tra emozione e ragione, una distinzione che in qualche modo è parallela a quella tra umanità e animalità (razionalità/irrazionalità). Fino a un certo punto si è disposti a riconoscere che molti animali hanno certamente emozioni e le manifestano chiaramente.
Ora ci sono tutti gli strumenti teorici per pensare in modo diverso le emozioni e tra queste la compassione

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In un mio precedente articolo avevo fatto riferimento brevemente ai limiti di cui soffre un’impostazione dell’antispecismo in termini di filosofia morale. Su questo passo la redazione aveva espresso il suo dissenso. Proverò ora a sviluppare questo tema e motivare meglio quella affermazione.
Il centro del discorso è costituito dalla grossa differenza fra ciò che Marco Maurizi in un suo scritto di qualche anno fa chiamava antispecismo metafisico e l’antispecismo storico. L’antispecismo morale-metafisico, nel credere che l’evoluzione del pensiero determini i fatti della Storia, presuppone che l’Umano sia un Animale morale. Ma non è così: l’Umano al più è, come tutti gli Animali sociali, un Animale culturale, dove il suo essere tale si concretizza nel formulare modelli di cultura. Visioni del mondo che hanno lo scopo di giustificare a posteriori il suo agire. Lo specismo è il più evidente e attualmente generalizzato di questi modelli. Questa è la visione in cui si colloca l’antispecismo storico.

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Never doubt that a small group of thoughtful, committed people can change the world. Indeed, it is the only thing that ever has” (non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. In effetti, è la sola cosa che è sempre avvenuta).

Si è conclusa così, con una citazione della celebre antropologa americana Margaret Mead, la Lectio Magistralis – “Come vedo il futuro dei diritti animali” – tenuta dal Professor Tom Regan alla “Casa della Cultura” di Milano, ultima tappa del tour di presentazione della nuova edizione del suo libro “Gabbie Vuote – La sfida dei diritti animali”, giunto nel nostro Paese (primo al mondo) alla sua prima ristampa.
A margine della stessa, la Redazione ha avuto la possibilità  di porre al celebre filosofo americano alcune domande. Quella che segue è la traduzione dell’intervista rilasciataci.

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Terza parte dell’articolo “a puntate” La lontananza uccide? Diritti animali e compassione di Filippo Trasatti. Buona lettura (leggi parte 1 e parte 2).


Il dispositivo del diritto

Quel che avviene è che il diritto, sulla base di spinte sociali, di mutamenti di paradigma, di ripartizione di interessi e rapporti di potere, attraverso alcune operazioni soggettivizza e oggettivizza alcuni enti del mondo.
Il diritto, nel senso moderno, si fonda sul potere sotto un duplice aspetto:

1) il potere dell’individuo su se stesso (libertà) e sul suo ambiente (il diritto soggettivo) jus
2) il potere (divino o umano che sia ) di produrre regole che vincolano, che sono dei comandi (diritto
oggettivo) lex

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