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Non c’è la matematica certezza che sia lui, ma quasi. Molti esperti sono sicuri infatti che il Beluga, filmato nei giorni scorsi dalla squadra di rugby del Sudafrica in gita al Polo Nord, mentre insegue e riporta una palla ovale, non sia altro che Hvaldimir, lo stesso Beluga avvistato per la prima volta con l’imbracatura per fotocamera etichettata “Equipaggiamento di San Pietroburgo” (ne parlammo nell’articolo La storia del Beluga spia dei russi) e successivamente che riportava un cellulare caduto in acqua a una turista.

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La notizia è stata lanciata da un dossier del New York Times e ripresa dal giornale tedesco Bild: i costruttori di automobili tedeschi (praticamente tutti: Gruppo Bmw-Mini, Gruppo Daimler-Benz, Gruppo Volkswagen) hanno commissionato nel 2015 test su Scimmie per verificare la nocività dei gas di scarico delle automobili con motore diesel.
Su Repubblica.it a riguardo si legge:

[…] nel laboratorio della “Lovelace Respiratory Research Institute”, in New Mexico, dieci scimmie giavanesi sono state chiuse in una stanza per quattro ore: mentre veniva proiettato un cartone animato per distrarle, gli veniva fatta respirare aria inquinata con i gas di scarico delle auto. Secondo l’inchiesta della Bild tutte e dieci le scimmie sono ancora vive, ma “non si sa in quale stato di salute”.

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Su Il Fatto Quotidiano in data 27 gennaio 2015 è stato pubblicato un interessante articolo a firma di Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia (Compassion in World Farming).
L’articolo riferisce di un’inchiesta giornalistica svolta negli USA su esperimenti condotti su Animali che la società specista definisce “da reddito”, per conto del governo americano. Esperimenti aberranti e vergognosi che vanno denunciati e ostacolati in ogni modo e che sono la cifra del rapporto Umano/Animale che la società del dominio e dei consumi propone e impone. L’articolo potrebbe essere quindi considerato interessante e condivisibile, se non fosse per il fatto che Pisapia nell’ultimo paragrafo dell’articolo che è possibile leggere per intero di seguito, trae dalla vicenda delle conseguenze del tutto assurde affermando candidamente:

“Della diffusione di questo tipo di “prodotto” siamo tutti responsabili: perché con la fretta che abbiamo ogni giorno, quasi nessuno di noi ha più voglia di prendersi la briga di cucinare un pollo intero. La fettina di petto di pollo, meglio ancora se impanata o con altri aromi, è ben più allettante. E così si crea quel circolo vizioso per cui il mercato chiede crescentemente parti di pollo, a prezzo sempre più basso, e l’industria avicola intensiva risponde con carne di animali allevati come si diceva. Ma, se si vuole mangiare carne, non sarebbe meglio un bel busto di pollo allevato all’aperto? Che peraltro, anche egoisticamente parlando, a livello nutrizionale contiene fino al 50% dei grassi in meno del suo equivalente intensivo. Tante, davvero le ragioni per cambiare. Cosa aspettiamo-mi chiedo, un po’ tristemente.”

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