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le 10 grandi sorelle

Un articolo pubblicato da Basta delfinari sulla sua pagina facebook, utile a chiarire alcune questioni a coloro che ancora aderiscono entusiasticamente all’idea che il mercato dei prodotti cosiddetti “veg” possa in qualche modo contribuire alla causa vegana.


Il mercato alimentare negli ultimi anni sta spingendo verso scelte apparentemente “green” e propone sempre più spesso linee prive di ingredienti di origine animale.
Quella che per tanti è una scelta basata su principi di equità e rispetto per altri diventa un business, cercando di accaparrarsi sempre più consumatori, implementando nuove fette di mercato.

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unilever

Più volte abbiamo parlato della capacità del sistema consumistico di adattarsi alle esigenze dei nuovi consumatori vegani chiarendo che, al crescere del loro numero in Italia e nel mondo, esso ha creato un indotto di offerte, servizi e prodotti studiati ad hoc per le loro esigenze.
Più volte abbiamo chiarito che al crescere numerico di chi non consuma prodotti di origine animale non sempre corrisponde una crescita della coscienza connessa alle ragioni etiche del veganismo e dell’antispecismo e ci siamo trovati davanti a numerose e sintomatiche manifestazioni del boom economico connesso al “fenomeno vegan” che ha investito gli ambiti più svariati.

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Climate activists are vegan
In una Parigi blindatissima e gremita di agenti di polizia e soldati (molto attivi nel reprimere ogni tipo di manifestazione pubblica seppur pacifica) si sta svolgendo la Conferenza mondiale sul clima denominata COP211 (30 novembre – 11 dicembre 2015), in molti affermano che si tratti di una conferenza decisiva e che dai risultati che si otterranno, dipenderanno le sorti del pianeta Terra. Circa 150 capi di governo e di Stato (che non solo cureranno gli interessi dei loro Paesi, ma anche di numerose multinazionali, le quali hanno pesanti responsabilità della situazione che stiamo vivendo) si riuniscono per l’ennesima volta nel tentativo dichiarato di mantenere il surriscaldamento globale entro la soglia dei due gradi rispetto all’era preindustriale.

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