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Da Manifesto antispecista


Su sollecitazione di Ángel Sánchez si pubblica un testo tradotto dall’inglese dalla pagina web: http://animalethics.org.uk/painism.html, ciò per chiarire il concetto di Painismo citato all’interno del testo di “Manifesto Antispecista“. Appena possibile e sarà aggiunta al testo una nota esplicativa sul termine.


Il Painismo (Pain in Inglese significa dolore o sofferenza) è una teoria morale che aiuta a stabilire se un’azione che crea dolore è moralmente giusta o sbagliata. Aiuta a stabilire se compiere o no quell’azione. Il Painismo dichiara che la capacità di sentire dolore è il solo interesse moralmente rilevante – non fattori come il grado di coscienza, razionalità o intelligenza, come in un topo in rapporto ad un cane, o un cane in rapporto ad un umano – e che l’azione morale giusta dovrebbe essere basata sulla diminuzione della sofferenza di quegli individui che soffrono di più.

Il Painismo afferma che:

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INCONTRO PER LA LIBERAZIONE ANIMALE
31 Agosto, 1 e 2 Settembre 2012
Stupinigi (TO)


PROGRAMMA

VENERDI 31 AGOSTO

* 17.30-19.30
Oltre Green Hill: prospettive di lotta contro la vivisezione

La campagna contro Green Hill, che poteva rimanere una battaglia chiusa tra attivisti e un’azienda come la maggior parte delle campagne di protesta, è invece diventata un movimento pubblico che ha prepotentemente riaperto un dibattito sociale, mediatico e politico sul tema della vivisezione. L’acquisita libertà per 2.500 beagle è un fatto di una portata enorme e senza precedenti nel movimento internazionale e porta con se dei semi da far fruttare e su cui lavorare per la crescita di un movimento antivivisezionista determinato e intelligente.
In questo workshop il Coordinamento Fermare Green Hill analizzerà non solo i lati più entusiasmanti e le azioni più efficaci, ma anche i momenti più difficili di questa lotta e le problematiche nate con questo fermento antivivisezionista così ampio e diffuso.
Verranno inoltre presentati progetti e idee per una prospettiva a cui lavorare in futuro nella lotta alla tortura animale.

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Ogni percorso finito ha un suo punto di partenza ed un suo arrivo. Non fa eccezione la filosofia antispecista che come punto di arrivo ha la liberazione animale (umana e non) e di conseguenza una nuova società  umana libera, solidale ed egualitaria. Disquisire sul percorso e sul suo arrivo è già  un esercizio arduo, ma risulta impossibile se viene a mancare un requisito fondamentale: una partenza comune. Fuor di metafora ci preme come redazione della Veganzetta affrontare il tema delle radici comuni del pensiero antispecista, radici assai complesse e variegate, ciò perché senza una solida base da cui partire ogni sforzo per avanzare risulterebbe vano, e quanto sta accadendo, e quanto è accaduto di recente, lo dimostra.
Individuare un’unica origine generatrice dell’antispecismo non è possibile, proprio per il fatto che risulta chiara una sorte di commistione tra diverse anime e visioni a volte tra di loro anche poco compatibili. Storicamente si può ricondurre la nascita ufficiale del pensiero antispecista agli anni ’70 del secolo scorso, e precisamente al 1970 quando Richard D. Ryder, uno psicologo inglese, conia il termine “specismo”1. Analizziamo però una considerazione dalla quale si è evoluto molto del sentire comune antispecista:

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Il paradigma suggerito dall’antispecismo è la costruzione di una nuova società  umana non più verticale come l’attuale, ma orizzontale, dove empatia, giustizia, solidarietà, rispetto, assumono il loro significato più pieno ed inoltre allargato anche a coloro che attualmente non fanno parte della sfera dei “diritti umani”. Pensare ad un futuro dove ogni singolo atto può avere ricadute importanti se non nefaste per altri esseri senzienti o in generale viventi, potrebbe rimanere un puro esercizio di stile, se non si adottassero una serie di criteri pratici e comportamentali utili per allargare la sfera morale anche agli Animali.

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