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Torno dopo tempo a trattare nuovamente il tema della carne “sintetica” o “coltivata”1, che attualmente è divenuto argomento di grande discussione e dibattito, per proporre una narrazione alternativa di tale fenomeno rispetto a quella mainstream, attraverso alcuni possibili scenari che potrebbero verificarsi in un futuro prossimo una volta che questo prodotto sarà lanciato sul mercato mondiale.
In particolar modo desidero rivolgermi a coloro che entusiasticamente appoggiano la diffusione di questa nuova fonte di cibo per motivi etici ed ecologici: un gruppo di persone umane fermamente convinte che la carne “sintetica” o “coltivata” condurrà finalmente alla fine degli allevamenti di Animali per scopi alimentari, che potrebbero però non aver valutato appieno l’impatto che essa potrebbe generare e cosa realmente significhi per la società umana specista.

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L’Europarlamento ha salvato il veggie burger. Nessuno degli emendamenti che intendevano limitare l’uso delle denominazioni di carne ai soli prodotti di origine animale è stato approvato. Resta lo status quo, con la possibilità di utilizzare termini come mortadella, salsiccia o hamburger per prodotti con ingredienti integralmente vegetali.
Sì all’hamburger vegano, dunque: può essere definito un hamburger. Sono stati bocciati gli emendamenti alla Politica Agricola Comune (PAC) che avrebbero proposto di vietare la definizione «carne» per i prodotti alimentari di origine vegetale, mettendo fine ad una battaglia furiosa tra le parti interessate nelle ultime settimane.

Così viene riportato in uno dei numerossissimi articoli pubblicati in questi giorni dalle testate giornalistiche a proposito della conclusione della diatriba sul nome di alcuni prodotti alimentari a base vegetale. La contesa sul cosiddetto “veggie burger” era arrivata fino all’Europarlamento a causa di quattro emendamenti presentati da Copa-Cogeca1 (un’enorme e potente lobby che tutela gli interessi dell’agrobusiness, ma soprattutto della zootecnia europea) con i quali si chiedeva che fosse impedito l’uso di termini riconducibili a prodotti alimentari a base di carne, in prodotti che invece sono a base vegetale. In soldoni: gli allevatori europei si ribellavano contro gli hamburger vegetali.

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despar-veggie

Molti grandi geni pensavano “veggie” anche Leonardo da Vinci

Questa è la scritta che campeggia a caratteri cubitali in una nuova pubblicità su megacartelloni che si può incontrare percorrendo le strade di alcune città del Veneto in questi giorni.
La pubblicità commerciale – a cura di Despar, Eurospar e Interspar, marchi del gruppo internazionale austriaco SPAR – si presenta così al pubblico per proporre una nuova linea di prodotti vegetariani e vegani (come se si trattasse della stessa cosa) che prende il nome di “Despar veggie“.
Un’idea geniale, il veggie che piace a tutti“, così recita il testo introduttivo alla linea sulle pagine del sito web Despar.it: in particolare con riferimento al bollino che ne contraddistingue i prodotti, si afferma che “Despar garantisce che in questo prodotto viene rispettata una filosofia e uno stile di vita bene preciso, improntato al massimo rispetto etico verso il mondo animale“. Gran bella frase ad effetto, perlomeno Despar dimostra di aver ben compreso, al contrario di molte persone umane vegane, che c’è differenza tra una filosofia e uno stile di vita.

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biscotto-antispecista

Se pensavate di aver visto ormai tutto, vi stupiremo con un effetto speciale: ecco a voi il biscotto antispecista.
Trovarsi tra le mani un prodotto alimentare la cui confezione reca una descrizione del genere, fa un certo effetto, inutile negarlo; si è già parlato molto in passato dell’esplosione del fenomeno vegan a livello commerciale, se n’è parlato mettendo in guardia gli entusiasti dello scaffale vegan da una grave deriva ideologica e di principi a favore del mero consumismo capitalista, paventando un possibile pericolo anche per l’ambito antispecista: come sempre però la realtà supera di gran lunga la fantasia.
Non si tratta di uno scherzo, l’immagine riporta un particolare della confezione di un prodotto alimentare in vendita nei punti vendita di una catena italiana di supermercati bio, e a tutti gli effetti è la prova provata che anche il termine “antispecismo” è entrato ufficialmente nelle grazie della GDO (Grande Distribuzione Organizzata). 

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