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cowspiracy

Un testo di Paolo Scroccaro dell’Associazione Eco Filosofica in risposta alle numerose polemiche nate in ambiente ecologista a causa del documentario Cowspiracy.

Fonte: www.filosofiatv.org/news_files3/203_COWSPIRACY%20critiche%20FinchJ.pdf


Certe critiche a Cowspiracy vengono svolte in nome di un’idea depotenziata e addomesticata di sostenibilità, funzionale al sistema della crescita e del dominio.

Joshua Finch, che si occupa di agroecologia e permacultura, ha pubblicato in Dailykos un corposo documento contro Cowspiracy; successivamente, il testo è stato tradotto anche in italiano e pubblicato su vari siti, tra cui Effetto Risorse (ugobardi.blogspot.com), Transition Italia e Decrescita.com, con il titolo “Cowspiracy: l’assolutismo dei vegani”. Quanto a Greenpeace Italia, ha pensato di intervenire nella polemica, con una lettera pubblicata sul sito di Internazionale, intitolata “Cowspiracy è un documentario scorretto”.

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Su Il Fatto Quotidiano in data 27 gennaio 2015 è stato pubblicato un interessante articolo a firma di Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia (Compassion in World Farming).
L’articolo riferisce di un’inchiesta giornalistica svolta negli USA su esperimenti condotti su Animali che la società specista definisce “da reddito”, per conto del governo americano. Esperimenti aberranti e vergognosi che vanno denunciati e ostacolati in ogni modo e che sono la cifra del rapporto Umano/Animale che la società del dominio e dei consumi propone e impone. L’articolo potrebbe essere quindi considerato interessante e condivisibile, se non fosse per il fatto che Pisapia nell’ultimo paragrafo dell’articolo che è possibile leggere per intero di seguito, trae dalla vicenda delle conseguenze del tutto assurde affermando candidamente:

“Della diffusione di questo tipo di “prodotto” siamo tutti responsabili: perché con la fretta che abbiamo ogni giorno, quasi nessuno di noi ha più voglia di prendersi la briga di cucinare un pollo intero. La fettina di petto di pollo, meglio ancora se impanata o con altri aromi, è ben più allettante. E così si crea quel circolo vizioso per cui il mercato chiede crescentemente parti di pollo, a prezzo sempre più basso, e l’industria avicola intensiva risponde con carne di animali allevati come si diceva. Ma, se si vuole mangiare carne, non sarebbe meglio un bel busto di pollo allevato all’aperto? Che peraltro, anche egoisticamente parlando, a livello nutrizionale contiene fino al 50% dei grassi in meno del suo equivalente intensivo. Tante, davvero le ragioni per cambiare. Cosa aspettiamo-mi chiedo, un po’ tristemente.”

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