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Il cosiddetto “allevamento etico” nasce come risposta alle esigenze del consumatore umano che – pur non volendo assolutamente rinunciare al consumo di prodotti animali – voglia rivolgere i propri acquisti verso prodotti ottenuti con metodi diversi da quelli industriali. Purtroppo, oggi, sono molte le associazioni che propongono questa tipologia di sfruttamento come alternativa valida all’allevamento industriale perché, a loro dire, questa garantirebbe non solo un minor impatto ambientale e una maggiore qualità del prodotto ottenuto ma, addirittura, un maggiore rispetto delle esigenze etologiche e comportamentali degli Animali.

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Climate activists are vegan
In una Parigi blindatissima e gremita di agenti di polizia e soldati (molto attivi nel reprimere ogni tipo di manifestazione pubblica seppur pacifica) si sta svolgendo la Conferenza mondiale sul clima denominata COP211 (30 novembre – 11 dicembre 2015), in molti affermano che si tratti di una conferenza decisiva e che dai risultati che si otterranno, dipenderanno le sorti del pianeta Terra. Circa 150 capi di governo e di Stato (che non solo cureranno gli interessi dei loro Paesi, ma anche di numerose multinazionali, le quali hanno pesanti responsabilità della situazione che stiamo vivendo) si riuniscono per l’ennesima volta nel tentativo dichiarato di mantenere il surriscaldamento globale entro la soglia dei due gradi rispetto all’era preindustriale.

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L’Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – parte integrante dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità  – ha pubblicato in questi giorni un rapporto sulla relazione tra consumo di carne rossa e lavorata e l’insorgenza di tumori nell’essere umano.
Secondo tale rapporto le carni rosse e quelle lavorate aumentano la probabilità per chi le consuma di ammalarsi di tumore, le carni lavorate in quanto a pericolosità vengono affiancate al fumo e all’amianto.
Associazioni, gruppi, singole persone attiviste animaliste, vegan e vegetariane gioiscono per la notizia. I giornali e i programmi televisivi danno gran risalto alla questione e si scatena il dibattito – penoso e ipocrita – che vede come protagonisti oncologi, dietisti, nutrizionisti, esponenti del mondo zootecnico, guru del salutismo e allevatori: tutti a prodigarsi in assicurazioni, distinguo e precisazioni per convincere il pubblico che la carne derivante da Animali schiavizzati in Italia sia migliore delle altre. Il colpo per la filiera del massacro potrebbe essere pesantissimo, ci sono in ballo migliaia di posti di lavoro e miliardi di euro: sfruttare e ammazzare gli Animali è sempre stato un grande affare per l’Umano, oggi più che mai si vive – e bene – grazie alla sofferenza e morte degli altri.

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È difficile immaginare l’orrore di un allevamento ed è ancora più difficile viverlo. Dopo innumerevoli video sulla sofferenza degli Animali non umani mi credevo preparata all’impatto provocato dalla vista di migliaia di esseri senzienti ammassati in un luogo del tutto estraneo al loro habitat naturale, ma mi sbagliavo. Gli odori, la putrefazione, l’asfissia mischiati con il terrore negli occhi di molte giovani anime torturate minuto dopo minuto, non appartengono a ciò a cui ci si possa abituare guardando dei video sullo schermo: sono delle esperienze difficili da descrivere, ciò nonostante cercherò di raccontarle.

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