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Appena aperti gli occhi alla luce del giorno, il cinghialetto vide i tre più bei colori del mondo: il verde, il bianco, il rosso, sullo sfondo azzurro del cielo, del mare e dei monti lontani.
In mezzo al verde delle querce le cime dei monti vicini apparivano candide come nuvole alla luna, ma già intorno al nido del cinghialetto rosseggiava il musco fiorito, e i macigni, le chine, gli anfratti rocciosi ne eran coperti come se tutti i pastori e i banditi passati lassù avessero lasciato stesi i loro giubboni di scarlatto e anche qualche traccia del loro sangue. Come non essere arditi e prepotenti in un simile luogo? Appena la giovane cinghialessa ebbe finito di lisciare e leccare i suoi sette piccini attaccati alle sue mammelle dure come ghiande, l’ultimo nato di essi, il nostro ardito cinghialetto, sazio e beato si slanciò dunque nel mondo, cioè al di là del cerchio d’ombra della quercia sotto cui era nato. La madre lo richiamò con un grugnito straziante; ma la bestiuola tornò indietro solo quando vide, sul terreno soleggiato, la figura di un altro cinghialetto col suo bravo codino in su, attorcigliato come un anello: la sua ombra.
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