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Si propone un interessante dibattito pubblicato su The Guardian su coloro che si considerano persone umane vegane pur mangiando uova: un’assurdità che – come vedremo – sta prendendo sempre più piede.


Si può essere vegan e mangiare le uova?

Un gruppo crescente di vegani ritiene che mangiare uova cruelty-free sia accettabile perché favorisce l’allevamento etico delle galline. Naturalmente, i veri vegani la pensano diversamente. Che il dibattito abbia inizio.

Fonte: www.theguardian.com/lifeandstyle/2016/feb/03/can-you-be-vegan-eat-eggs

Come lo chiamate un vegano che mangia le uova? A) non lo chiamate vegano o B) un vegano che è riuscito a conciliare le sue convinzioni etiche con una frittata ogni tanto. Tecnicamente è corretta la prima risposta, in quanto una dieta vegana esclude per definizione ogni alimento di origine animale. Tuttavia sono sempre più numerosi i “veggans” (parola composta da “vegan” e “egg”, uovo in inglese, N.d.T.): persone che si definiscono vegane, ma consumano uova cruelty-free.

Notizie dal mondo Veganismo


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Un topolino esce dalla tana

La serendipità si potrebbe definire come la capacità – o la fortuna – di fare un incontro felice o un’inattesa e positiva scoperta, mentre si sta cercando o facendo altro.
Un incontro del genere potrebbe anche essere quello con un Animale che a sua volta, ritrovandosi nella nostra stessa condizione e predisposizione mentale, mostra interesse o curiosità nei nostri confronti; camminare in un bosco e incrociare uno Scoiattolo o un Topo che da sopra un albero si ferma a guardarci con la stessa curiosità con cui lo guardiamo noi, passeggiare in riva al mare gustandosi i raggi del sole e ritrovarsi faccia a faccia con un Gabbiano intento a cercare cibo tra la sabbia che si ferma ad osservarci cercando di capire chi siamo: questi potrebbero essere dei semplici casi di serendipità a cui dovremmo tendere.

Antispecismo


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Interessante e condivisibile articolo pubblicato da Earth Riot e riguardante la sciagurata tendenza ad organizzare raccolte fondi per acquistare Animali dagli allevatori per salvarli dal macello e contribuendo così ad alimentare direttamente il fenomeno della zootecnia con tutte le sue atrocità.


Liberazione animale: necessario IBAN

Pagare gli allevatori per salvare gli animali dalla macellazione! Una nuova, inquietante moda si sta facendo largo in quell’ambiente animalista/animalaro, privo di ogni ideologia antispecista e di un minimo di percorso politico, lanciata e sostenuta da alcune realtà dal discutibile e dubbio operato che auspicano la liberazione animale a suon di assegni. Non è nostra intenzione generalizzare, ma fare un po’ di chiarezza su ciò che si dovrebbe intendere veramente quando si parla di liberazione animale e sul fine ultimo di questa lotta. L’abbiamo definita moda perché ci auguriamo che possa passare velocemente e senza danneggiare ulteriormente la causa e chi, realtà e singoli, si impegna realmente per il raggiungimento della liberazione animale, quella vera, a lungo termine, solida e duratura, basata sui principi dell’antispecismo e quindi della liberazione totale.

Animalismo Antispecismo


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Su Il Fatto Quotidiano in data 27 gennaio 2015 è stato pubblicato un interessante articolo a firma di Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia (Compassion in World Farming).
L’articolo riferisce di un’inchiesta giornalistica svolta negli USA su esperimenti condotti su Animali che la società specista definisce “da reddito”, per conto del governo americano. Esperimenti aberranti e vergognosi che vanno denunciati e ostacolati in ogni modo e che sono la cifra del rapporto Umano/Animale che la società del dominio e dei consumi propone e impone. L’articolo potrebbe essere quindi considerato interessante e condivisibile, se non fosse per il fatto che Pisapia nell’ultimo paragrafo dell’articolo che è possibile leggere per intero di seguito, trae dalla vicenda delle conseguenze del tutto assurde affermando candidamente:

“Della diffusione di questo tipo di “prodotto” siamo tutti responsabili: perché con la fretta che abbiamo ogni giorno, quasi nessuno di noi ha più voglia di prendersi la briga di cucinare un pollo intero. La fettina di petto di pollo, meglio ancora se impanata o con altri aromi, è ben più allettante. E così si crea quel circolo vizioso per cui il mercato chiede crescentemente parti di pollo, a prezzo sempre più basso, e l’industria avicola intensiva risponde con carne di animali allevati come si diceva. Ma, se si vuole mangiare carne, non sarebbe meglio un bel busto di pollo allevato all’aperto? Che peraltro, anche egoisticamente parlando, a livello nutrizionale contiene fino al 50% dei grassi in meno del suo equivalente intensivo. Tante, davvero le ragioni per cambiare. Cosa aspettiamo-mi chiedo, un po’ tristemente.”

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