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L’entrata del continente europeo nella modernità  industriale ha causato, tra le altre cose, un mutamento di scala per molti fenomeni: le vittime umane (ed in primis i civili inermi) delle guerre sono aumentate dalle decine di migliaia ai milioni di individui e le vittime animali della schiavitù e della uccisione per sfruttamento dalle centinaia di migliaia ai miliardi. Questo processo di espansione non sarebbe potuto avvenire senza l’aumento delle capacità  industriali e meccaniche e della volontà  alla base di tale “progresso”, volontà  che trova il suo presupposto nel cambio di paradigma che ha consentito di non pensare più all'”altro” su scala individuale ma su scala massificata; l’individuo che diventa numero, cosa, ingranaggio (lo spirito del tempo si incarnò in opere quali il film Metropolis).

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E’ più importante dire che “sono vegano” o ha più senso concentrasi sul “io non voglio causare la morte di altri Animali con le mie azioni e voglio far in modo che questo comunque non accada?”. Potrebbe sembrare una sfumatura ma non lo è: è la differenza tra esprimere una propria identità  forte e far conoscere le proprie azioni. E non sempre le due cose coincidono. Possono esservi persone umane che si proclamano in un certo modo (cristiano, vegano, razzista) e fanno discendere da questa identificazione (e identità) il loro comportamento o meglio: ad un certo punto della loro esistenza tendono a dare più importanza all’aspetto identitario che all’agire ed alla riflessione sull’agire, “mi comporto così perché sono così”.

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Cercando la parola “vegan” in un motore di ricerca di immagini si troveranno per prime delle foto di vegetali (solitamente in funzione alimentare). Anche cercando libri riguardanti il “veganismo” ci si imbatte soprattutto in libri di ricette alimentari o relativi alla dieta. E non possiamo dimenticare l’evidenza del fatto che la radice semantica del termine stesso rimandi al “vegetale”. E non alla sofferenza e alla morte. Pare esservi insomma nella percezione collettiva e nella cultura una visione superficiale (nel senso quasi “geometrico” della parola) della pratica vegana: essendo consapevoli di come la “parola”, l’ “immagine” e la “comunicazione” abbiano il potere di plasmare la realtà, non si può che essere preoccupati.

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E’ salito agli onori (orrori) delle cronache un video amatoriale che ritrae un Umano in divisa da soldato che tiene in mano un neonato di Cane, lo mostra alla telecamera ridendo e poi lo getta in un crepaccio. Nelle prime sequenze si vede il volto di quel piccolo tenuto per la collottola da una mano umana guantata: nel suo volto vi è tutta la sincerità e la inconsapevolezza, il bisogno di amore che porta a fidarsi, di qualsiasi bambino.

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