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Jill Phipps
Attivista animalista inglese
15/01/1964 – 01/02/1995

Nell’inverno del 1994 cominciarono a partire dall’aereoporto di Coventry dei voli pieni di giovanissimi vitelli destinati alle gabbie degli allevamenti olandesi.
Jill Phipps sua madre Nancy e pochi altri, cominciarono un’estenuante protesta nei pressi dell’aeroporto. Cercavano di bloccare i camion o comunque di ritardare la loro partenza. Partivano anche otto aerei ogni giorno, carichi di vittime terrorizzate.
La polizia presente alle proteste era sempre poca e si limitava a tener lontani gli attivisti dai camion.
Il Primo febbraio 1995 come sempre, gli attivisti erano ai cancelli dell’aeroporto. Videro arrivare un camion, Jill e pochi altri riuscirono ad eludere la sorveglianza e gli corsero incontro. 

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Il corteo antispecista che vorremmo dovrebbe essere un corteo coeso, compatto e deciso, un corteo pieno di cartelloni, frasi e testi inneggianti alla liberazione animale e alla fine dello specismo della società umana; dovrebbe essere un corteo di persone umane libere e informate, che leggono, che pensano, che si scambiamo opinioni e idee, che si confrontano e – perché no? – che si scontrano per sostenere un’idea, ma sempre tenendo presente l’obiettivo finale, e sempre con la consapevolezza che mai nessun fine giustifica i mezzi.
Il corteo antispecista che vorremmo non è quello che si è tenuto a Correzzana il 20 ottobre 2012 contro il lager di Animali della Harlan: perché nonostante a tale corteo abbiano partecipato molte persone consapevoli e sinceramente spinte dal desiderio della lotta antispecista, esso è stato teatro di azioni e di comportamenti assolutamente inaccettabili. A poco serve dire che in definitiva coloro che si sono comportati da perfetti idioti erano una sparuta minoranza, perché anche solo una persona che urla “nelle foibe c’è ancora posto” è un idiota di troppo. Anche solo una persona umana tra mille che alza le mani per spingere o picchiare qualcuno, è un idiota di troppo.
E questo perché l’antispecismo è un’idea rivoluzionaria che intende cambiare alla radice la società umana, e per farlo non può, non deve, adottare gli stessi metodi di chi intende combattere: l’attacco violento.  

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