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Alla fine, ormai è cosa nota, gli Animali devono in qualche modo pagare il prezzo della nostra stoltezza. E allora ecco che in Danimarca, un milione e mezzo di Visoni, già condannati a morte per la bellezza della loro pelliccia, verranno sterminati anzitempo per paura che il Coronavirus1, già diffuso negli allevamenti, possa mutare. A questi Visoni purtroppo cambia poco. Erano già morti viventi per la legge del profitto. Ora lo sono per un decreto sicurezza. Ma il punto, lo si dovrebbe intuire chiaramente, è un altro. Lo si riassume con una cifra: un milione e mezzo di Animali. Un milione e mezzo di Animali, che sono solo la punta di un iceberg. Allevati e ammazzati per un capo d’abbigliamento.

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Si riporta un testo del 2004 di David Nibert e Bill Winders (tradotto in italiano e pubblicato da Vocisinistre.com) che analizza la relazione diretta tra le politiche economiche relative al settore agroalimentare dei governi statunitensi dal secondo dopoguerra in poi, e l’aumento dello sfruttamento degli Animali.


Consumare il surplus: estendere il consumo di “carne” e l’oppressione animale

Abbiamo tradotto questo lavoro di David Nibert (Dipartimento di Sociologia, Wittenberg University) e Bill Winders (Scuola di Storia, Tecnologia e Società, Georgia Institute of Technology) pubblicato diversi anni fa sull’International Journal of Sociology and Social Policy. Il testo ricostruisce storicamente il legame tra il sempre crescente sfruttamento animale e le politiche economiche dei governi statunitensi dal New Deal in poi. Un lavoro estremamente importante per comprendere la fitta trama di interessi che si cela dietro lo sfruttamento degli animali non umani e per articolare una controffensiva efficace alle azioni di un Capitale che fagocita umani, non umani e la natura intera.

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Raramente un concetto è stato tanto distorto e divulgato in maniera errata quanto quello del veganismo. Sicuramente i media, nel loro perenne tentativo di spettacolizzare e creare arene televisive anziché fare informazione, hanno contribuito in gran parte a questa confusione, ma anche gli attivisti vegani, animalisti e antispecisti hanno la loro responsabilità. Troppo spesso, infatti, nel parlare di veganismo si tende a scivolare su quelli che comunemente vengono chiamati argomenti indiretti, cioè inerenti alla nostra salute o ai benefici che il veganismo arrecherebbe al Pianeta, dato l’elevato impatto inquinante e di consumo in termini di risorse idriche e devastazione territoriale causato dagli allevamenti, in questo modo però riducendolo a una semplice dieta vegetale da cui è stato del tutto espunto il concetto di antispecismo e di liberazione animale.

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Climate activists are vegan
In una Parigi blindatissima e gremita di agenti di polizia e soldati (molto attivi nel reprimere ogni tipo di manifestazione pubblica seppur pacifica) si sta svolgendo la Conferenza mondiale sul clima denominata COP211 (30 novembre – 11 dicembre 2015), in molti affermano che si tratti di una conferenza decisiva e che dai risultati che si otterranno, dipenderanno le sorti del pianeta Terra. Circa 150 capi di governo e di Stato (che non solo cureranno gli interessi dei loro Paesi, ma anche di numerose multinazionali, le quali hanno pesanti responsabilità della situazione che stiamo vivendo) si riuniscono per l’ennesima volta nel tentativo dichiarato di mantenere il surriscaldamento globale entro la soglia dei due gradi rispetto all’era preindustriale.

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