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Segnaliamo la pubblicazione di un libro in cui tra gli altri argomenti si propone una possibile convergenza su molte tematiche tra decrescita ed antispecismo.


libro-decrescita.gifDecrescita
Idee per una civiltà  post-sviluppista

Sismondi editore

Autori: Gianni Tamino, Paolo Cacciari, Adriano Fragano, Lucia Tamai, Paolo Scroccaro, Silvano Meneghel.

Con una intervista a Fritjof Capra (a cura di Paolo Scroccaro e Flavio Cagnato dell’Associazione Eco-Filosofica). Traduzione a cura di Sonia Calza.

Prefazione: Sante Rossetto

Collana: I COSMONAUTI
Formato: 145 x 210 x 12
Pagine: 144
Prezzo: 10,00 euro

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Ogni percorso finito ha un suo punto di partenza ed un suo arrivo. Non fa eccezione la filosofia antispecista che come punto di arrivo ha la liberazione animale (umana e non) e di conseguenza una nuova società  umana libera, solidale ed egualitaria. Disquisire sul percorso e sul suo arrivo è già  un esercizio arduo, ma risulta impossibile se viene a mancare un requisito fondamentale: una partenza comune. Fuor di metafora ci preme come redazione della Veganzetta affrontare il tema delle radici comuni del pensiero antispecista, radici assai complesse e variegate, ciò perché senza una solida base da cui partire ogni sforzo per avanzare risulterebbe vano, e quanto sta accadendo, e quanto è accaduto di recente, lo dimostra.
Individuare un’unica origine generatrice dell’antispecismo non è possibile, proprio per il fatto che risulta chiara una sorte di commistione tra diverse anime e visioni a volte tra di loro anche poco compatibili. Storicamente si può ricondurre la nascita ufficiale del pensiero antispecista agli anni ’70 del secolo scorso, e precisamente al 1970 quando Richard D. Ryder, uno psicologo inglese, conia il termine “specismo”1. Analizziamo però una considerazione dalla quale si è evoluto molto del sentire comune antispecista:

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Assistendo alla presentazione del libro Fenomenologia della compassione di R. Acampora a cura di Massimo Filippi e Marco Maurizi tenutasi al Veganch’io 2008, è stato interessante constatare come Acampora consideri la questione della cessione dei diritti acquisiti ad altri che ne sono privi (nel nostro caso gli Animali). I curatori infatti parlavano della concessione dei diritti come atto intrinsecamente specista, una considerazione assolutamente condivisibile. La posizione di dominanza di chi concede dei diritti acquisiti ad altri è indubitabile.

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L’occuparsi di diritti degli Animali, trascendere (non dandole per assodate, ma ignorandole) tutte le problematiche legate alla società  umana, per concentrarsi sulle immensità  del dolore animale causato direttamente da tale società, rappresenta non solo un clamoroso errore strategico, ma anche un pericoloso cedimento concettuale.
Il problema di fondo – a nostro avviso – è la scarsità  di approfondimento della questione prettamente “umana” della filosofia antispecista; mentre sempre più persone possono senza difficoltà  dirsi d’accordo con il concetto di diritti animali, concetto affrontato da autori del calibro di Peter Singer, Tom Regan, Gary L. Francione, Jim Mason, James Rachels – solo per citare i più blasonati – pochi hanno ritenuto opportuno affrontare forse l’aspetto fondamentale dell’antispecismo, sempre citato, ma quasi mai indagato: la liberazione animale.

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