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Visitando il sito web Suicide Food, la prima cosa che attira l’attenzione è una curiosa legenda che categorizza gli articoli a seconda del grado di perversione che li caratterizza. Un cappio indica che l’articolo è “leggermente inquietante”, mentre cinque cappi, il punteggio massimo, connotano gli articoli dopo la lettura dei quali sarà necessario “andare a lavarsi gli occhi”.
Suicide Food è un blog americano che racconta lo specismo attraverso le immagini non tanto della carne felice, ma degli Animali che addirittura pare vogliano morire, che agiscono e si comportano come se non vedessero l’ora di essere consumati.
Psicologi come Leon Festinger hanno ampiamente descritto questo fenomeno parlando di dissonanza cognitiva: nel nostro caso il conflitto emotivo che suscita l’infliggere pena agli Animali è così grande che l’Umano deve dissociarsi dalla violenza, si spoglia del ruolo dell’oppressore e – con una macabra ironia – fa sì che gli Animali diventino i carnefici di se stessi.
Tale spiegazione però appare parziale di fronte alle immagini più violente che Suicide Food mostra. L’umiliazione a cui i corpi degli Animali sono sottoposti va oltre il meccanismo di riduzione di un conflitto emotivo e rappresenta chiaramente l’espressione della logica imperante del dominio dell’Umano nei confronti degli Animali. Non possono sfuggire le analogie con il sessismo e gli osservatori più attenti noteranno che gli occhi degli Animali rappresentati nelle immagini di seguito sono tutti femminili. L’Animale che vuole essere mangiato – così come la donna che vuole essere stuprata – cerca di sedurci e di provocarci.
La “corruzione dell’innocenza” è un altro dei temi che appare frequentemente in Suicide Food. Da una parte siamo incoraggiati dalla Sirenetta che risponde con un ampio sorriso alla vista dei suoi amici impanati, dall’altra parte come non possiamo empatizzare con il piccolo Baxter, il maialino che voleva essere kosher?
“Baxter vuole disperatamente partecipare alla cena dello Shabbat, il pasto del Venerdì sera che inaugura il giorno ebraico del riposo. […] Quando scopre che il maiale è un cibo proibito agli ebrei, si riempie la faccia di sottaceti kosher e di pane challah alle uvette, sperando di diventare kosher. Tenta persino, senza successo, di diventare una mucca”.
L’ironia della fiaba di Baxter risiede nel tentativo – specista – di passare un messaggio d’integrazione e accettazione del diverso: un Animale che per essere accettato cerca di farsi mangiare.Il progetto di Suicide Food di svelare gli orrori e i paradossi che legittimano la cultura della carne si è concluso nel 2011 dopo cinque anni in cui gli autori hanno raccolto migliaia di immagini di Animali deliziati dall’idea della morte imminente. “Abbiamo raggiunto il nostro limite”, spiega uno degli autori, “Il mondo non si esaurirà mai di animali che vivono per avere la loro chance di morire, animali che hanno come vocazione più alta la folle corsa verso la morte”.
Elisa Valenti
Referenze:
http://suicidefood.blogspot.it
Immagini tratte dal sito web: suicidefood.blogspot.it
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Inimmaginabile. Quando si pensa di avere toccato il fondo, ci si sbaglia.
Leggendo questo articolo, tra lo shock iniziale da parte di chi ha capito il difetto di questa società specista, si capisce perfettamente che ruolo svolge l’industria della carne insieme a tutto l’indotto compromesso. Non a caso girando per le strade cittadine spesso ci si imbatte in insegne o manifesti presso macellerie o luoghi d’intrattenimento dove liberamente viene rappresentata la figura “felice” di un Animale (Mucca, Pecora o Maiale…) ucciso a fette o addirittura suicidato lui stesso! Gli psicologi potranno definire queste azioni-immagini frutto di una certa dissonanza cognitiva, ovvero la sensibilità Umana viene confusa e a volte stravolta da un concetto naturale e contraddittorio ma che facilmente riporta ad un assuefazione dello stesso. Se naturalmente è permesso, scontato, plausibile che “alcuni” Animali possano morire per mano dell’essere Umano solo ed esclusivamentente per uno scopo alimentare e quindi di sopravvivenza personale…allora tutto diventa accettabile e quindi parte stesso del compromesso. Molti avranno sentito spesso la tipica frase: “Mi dispiace che muoiano dei cuccioli, ma a me piace la carne e non riesco a farne a meno!”. Oppure intenerirsi con i propri bambini davanti all’immagine di un Maialino…continuando poi a portarli al fast-food. O ancora definire gli asiatici degli assassini perchè uccidono i Cani simbolo dell’affezione domestica occidentale…non sapendo (fingendo) che nel resto del mondo si esegue la stessa identica pratica mortale.
Sembra che la sensibiltà Umana funzioni a tappe o a singhiozzi, e non sempre sia determinata da una concreta coerenza. Vige naturalmente il presupposto antropocentrico in cui ognuno esiste prima degli altri, ed in ogni caso è priorità assoluta cancellare (non vedere) il male commesso, anche indirettamente, in quanto esso giustifica l’azione mortale. Una sorta di legittima difesa estrema e psicotica in cui si compiono gesti ed abitudini ritenuti “normali” in un contesto produttivo dove si uccide liberamente e legalmente. Gli esempi sono innumerevoli: la vivisezione si applica per salvare vite Umane, carne e derivati sono utili ad una buona salute, il pellame nell’abbigliamento serve per istituzionalizzare la moda ed il lusso, i parchi naturali (acquari, zoo, circhi ecc.) sono luoghi di intrattenimento ed istruzione anche a carattere scientifico. Tutti concetti ingoblati erroneamente nelle coscienze e ritenuti quindi accettabili ed utili ad un sacrificio giusto e obbligatorio. Basta osservare le campagne di sensibilizzazione alle raccolte fondi dei vari istituti di ricerca mirate appositamente verso madri e padri coscienziosi a loro malgrado responsabili di un figlio malato. Non si mostra l’effettiva sperimentazione che avviene nei laboratori di ricerca, ma si allude comunque ad un sacrificio accettabile. Messa su questo piano la vivisezione è più che vincente. Abili strateghi agiscono proprio su questo aspetto per giustificare quindi tutto l’intrigato apparato.
Nell’effettiva realtà però non è assolutamente così! Che dire delle missioni spaziali e di tutte le vittime Animali? Che dire del genocidio negli allevamenti intensivi e di tutte le conseguenze ambientali e sociali? Che dire delle morti accettabili di prigionieri inconsapevoli del loro destino (per es. il Gorilla Harambe)? Che dire del bracconaggio e dei profitti annessi?
Il capitalismo attuale viene dunque considerato apoteosi dello sfruttamento Animale, e non sarebbe diversamente in un sistema che applica la mercificazione delle vite. Il problema reale, e troppo spesso inosservato, sta nell’indiffifferenza assoluta della correlazione tra tipi di violenze. Non esistono tipi di uccisioni, non esistono categorie di genocidi, non esistono considerazioni a parte. Esiste lo sfruttamento e la morte di esseri viventi senzienti, ovvero la distruzione arbitraria dell’ecosistema terrestre. E questo non è applicato dalla corretta evoluzione del pianeta, che potrebbe anche giustificare l’estinzione di specie come spesso è avvenuto in un recente passato. Questo non è coerente con la naturale predazione delle risorse. Ed è anche ignota la causa oltre ad un normale egoismo Umano fortunatamente non è presente totalmente in tutti gli individui, o meglio esistente ed in parte represso.
E’ un mistero perchè tutto ciò accada da poche migliaia di anni senza una ragionevole causa. Forse tutto questo massacro è indispensabile ad un progresso morale tanto atteso? Si aspetta e si spera che ciò avvenga in un futuro non troppo lontano.
A proposito di Suicide Food, dissonanza cognitiva e animali che vogliono essere consumati, la Tesco, catena di supermercati britannica, ha recentemente lanciato una campagna per promuovere il consumo di latte inglese. Tra i messaggi che si possono leggere al supermercato per incentivare i consumatori, c’è questo: “Every pint helps care for dairy cows”, ogni pinta (di latte) supporta il benessere delle mucche da latte… Ne emerge, quindi, anche in questo caso, la consueta (ossimorica) narrativa che gli Animali possano essere aiutati consumandoli…
Grazie elisa per questo tuo ottimo commento e per l’esempio che hai voluto riportare, che ancora una volta testimonia la terribile disonestà intellettuale – e commerciale – delle aziende che lucrano sullo sfruttamento animale.