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Silvia Zanchetto. Nata nel 1987 a Jesolo, in provincia di Venezia. Si orienta verso studi artistici frequentando la sezione Arti della stampa all’Istituto Statale d’Arte di Venezia. Dopo il diploma si iscrive alla facoltà di Design e Arti allo IUAV di Venezia dove consegue la laurea in Design della moda. Decide di presentare una tesi di laurea in cui viene messo in evidenza lo sfruttamento di alcune specie di Animali da parte dell’industria della moda e l’insensibilità di un mondo che, se non con rare eccezioni, si preoccupa solo di far fruttare i propri interessi economici senza pensare alle conseguenze che questo ciclo produce sull’intero ecosistema globale.
Questo lavoro vuole essere un punto di partenza per futuri progetti il cui scopo principale sarà la valorizzazione di materie prime non provenienti da Animali, soprattutto in campo sartoriale.
Di seguito la presentazione della tesi e alcune tavole.
“Credo che il rispetto verso altri esseri viventi sia una sorta di empatia che rimane sopita nell’animo finché non arriva qualcosa a risvegliarla. Nel mio caso, ad esempio, ho avuto particolari riguardi verso gli Animali fin da piccola, ma non mi ero mai posta il problema di cercare la storia di quello – o meglio di chi – avevo nel piatto e di come c’era finito. Ciò che mi ha portato a riflettere sulla questione dello sfruttamento animale è stata proprio la fase di ricerca che ho dovuto affrontare per la mia tesi: la lettura obbligata di diversi testi e la visione di filmati che ancora oggi sono impressi nella mia memoria hanno fortemente determinato il cambiamento della mia vita, a partire dall’alimentazione. In campo estetico ho sempre trovato indegno e di cattivo gusto il fatto che degli Animali dovessero soffrire e morire per soddisfare la vanità degli Umani. Questo disgusto viene alimentato oggi in modo ancora più marcato in quanto i progressi di cui si avvale l’industria tessile hanno portato alla creazione di fibre artificiali che non hanno nulla da invidiare a quelle di origine animale. Ma la maggior parte delle persone è convinta che artificiale e sintetico siano ancora sinonimi di scarsa qualità. Non amo imporre le mie scelte ad altri, ma penso che ognuno abbia una responsabilità in termini di rispetto verso ciò che gli sta intorno.”
Treblinka for fashion
A seguito delle continue discussioni avute con dei miei coetanei riguardo l’intelligenza e l’emotività animale, decisi che la mia tesi di laurea sarebbe stata incentrata sul tema della vita animale e il consumo che ne viene fatto da parte dell’Umano. Naturalmente, in linea con il mio percorso di studi, l’aspetto che verrà approfondito in questo lavoro riguarda il settore manifatturiero e della moda, ma analoghe considerazioni potrebbero essere fatte per il comparto alimentare e quello dell’intrattenimento. Una trattazione completa dell’argomento non poteva inoltre prescindere dalla valutazione degli inevitabili “effetti collaterali” che questo uso comporta. L’elaborato si sviluppa in quattro capitoli, ognuno dei quali esamina un aspetto diverso. Partendo dal concetto di modernità, concetto che evolve di epoca in epoca, e analizzandolo dal punto di vista stilistico, si vede come possa essere considerata discutibile la “contemporaneità” di un indumento come la pelliccia. A differenza dei nostri antenati che la usavano per proteggersi, nella società odierna indossare una pelliccia è divenuto un modo per esprimere uno status sociale ed economico. Ad un’evoluzione tecnologica non è quindi seguita un’evoluzione etica che abbia imposto un cambio di mentalità.
Nel secondo capitolo si analizza nello specifico il processo produttivo di questo materiale. Si dimostra come questo ricalchi le barbarie subite dai prigionieri dei campi di sterminio della Seconda Guerra Mondiale. Il parallelo con il lager di Treblinka anziché con il più conosciuto campo di Auschwitz, vuole rappresentare il “massacro silenzioso” di milioni di Animali che avviene ogni anno.
Segue poi un approfondimento di carattere più scientifico sull’impatto ambientale della produzione di pellicce. Secondo recenti studi, i processi necessari ad avere un prodotto commerciabile sono fonte di considerevoli danni ambientali, a causa delle sostanze chimiche usate. Oltre a questo, altri danni sono causati dalle tonnellate di deiezioni degli Animali allevati che emettono nell’aria monossido di azoto e ammoniaca. Anche lo smaltimento dei cadaveri, che avviene tramite incenerimento, rilascia elevati livelli di anidride carbonica. Oltre all’inquinamento provocato dagli allevamenti, esiste anche quello dovuto dalla cattura degli Animali selvatici: trappole, trasporto degli Animali catturati, ecc. Ciò che deve allarmare ancora di più riguarda l’impiego di sostanze cancerogene in quasi tutte le fasi della produzione. Uno studio del 1998 effettuato da dipendenti dell’American Journal of Industrial Medicine ha rivelato che l’utilizzo di prodotti in cuoio e pelliccia può essere associato ad un incremento del rischio di cancro. L’utilizzo dei composti derivati dal petrolio risulta indispensabile anche per la produzione di pellicce sintetiche, ma confrontando le risorse spese per la produzione di una pelliccia naturale con una composta da fibre sintetiche, al contrario di quanto si possa pensare, emerge che l’impatto ambientale di quest’ultima risulta essere fino a trenta volte minore.
L’ultimo capitolo è dedicato al potere influenzale della moda nella società e come, attraverso questo potere, si potrebbe “dare il buon esempio”. Esistono infatti, già dagli anni ’60, tecnologie tessili in grado di riprodurre fedelmente i manti utilizzati nell’industria pellicciaia. Queste tecnologie, se sfruttate al meglio, possono essere un sostanziale punto di partenza per la sperimentazione di nuove tipologie di tessuti e colori che non esistono in natura, fornendo così costanti spunti per designers e stilisti.
Silvia Zanchetto
Galleria fotografica fornita dall’artista
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