Serendipità ovvero un Animale all’improvviso


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Un topolino esce dalla tana

La serendipità si potrebbe definire come la capacità – o la fortuna – di fare un incontro felice o un’inattesa e positiva scoperta, mentre si sta cercando o facendo altro.
Un incontro del genere potrebbe anche essere quello con un Animale che a sua volta, ritrovandosi nella nostra stessa condizione e predisposizione mentale, mostra interesse o curiosità nei nostri confronti; camminare in un bosco e incrociare uno Scoiattolo o un Topo che da sopra un albero si ferma a guardarci con la stessa curiosità con cui lo guardiamo noi, passeggiare in riva al mare gustandosi i raggi del sole e ritrovarsi faccia a faccia con un Gabbiano intento a cercare cibo tra la sabbia che si ferma ad osservarci cercando di capire chi siamo: questi potrebbero essere dei semplici casi di serendipità a cui dovremmo tendere.

Molte persone umane che s’interessano di antispecismo si pongono degli interrogativi sul nostro possibile nuovo rapporto con gli altri Animali in un ipotetico futuro aspecista: tra le varie risposte che si potrebbero fornire la serendipità potrebbe essere una di esse; lasciare che siano il caso, le vicissitudini quotidiane a governare il nostro incontro con gli Animali e i possibili rapporti (fugaci, temporanei o duraturi) che potrebbero instaurarsi.
Pensare la liberazione animale significa scardinare il concetto che sta alla base del nostro attuale rapporto con le altre specie animali, un rapporto fondato sul controllo, il dominio, la sudditanza nei nostri confronti e la costrizione a comportamenti innaturali. Anche l’antispecista più coerente non è quasi mai in grado – attualmente – di instaurare un reale rapporto paritario con un Animale: la società specista e la nostra morale nella quasi totalità dei casi lo impedisce. Un Animale è catalogato, incasellato e concepito all’interno di una logica gerarchizzante e ghettizzante che lo riduce a mero oggetto, ad Animale “da”, o al limite a “patrimonio indisponibile”.
Nella società dei recinti e dei confini, nessun Animale (nemmeno noi) è realmente libero e può davvero sottrarsi allo sguardo e al controllo umano: gli Animali “selvatici” per esempio sono per noi sinonimo di libertà, ma sono nella realtà relegati in aree circoscritte a loro destinate e gestite da noi, gli Animali “da compagnia” vivono nelle nostre case seguendo nostre regole e nostri comportamenti, totalmente estranei alla loro natura. Gli Animali “da reddito” conducono una non esistenza e nulla possono sperare se non una morte veloce e meno dolorosa possibile. Il concetto stesso di vita selvatica è puramente antropocentrico: immaginiamo e formalizziamo la vita selvatica (animale e vegetale) in luoghi che isoliamo e delimitiamo secondo le nostre necessità che non sono assolutamente quelle degli altri che non riconoscono i confini da noi imposti e da ciò scaturisce la quotidiana guerra contro tutto quello che è percepito da noi come estraneo.
Se tale terribile scenario deve cambiare, noi persone antispeciste per prime dovremmo reinterpretare il nostro rapporto con chi intendiamo liberare dal nostro giogo.
In un futuro mondo libero nessun Animale dovrebbe più essere “da”: ogni funzione, utilità, senso e destinazione a loro conferita dalla nostra logica dovrà essere spazzata via, per lasciare semplicemente un vuoto di senso che dovrebbe essere colmato solo dalla loro e nostra animalità. Secondo tale criterio gli amati Animali che abbiamo plasmato nei secoli per renderli rispondenti alle nostre esigenze e al nostro senso estetico, dovrebbero scomparire, cessare di essere proiezioni delle nostre voglie o tornare alla Natura – se possibile – senza ricoprire più alcuna funzione nella nostra quotidianità, semplicemente dovrebbero tornare a esistere per quel che sono.

Un futuro aspecista non dovrebbe prevedere più Animali nelle nostre case, nessuno di loro chiuso in un recinto, costretto a un rapporto forzato con noi, ma solo altri popoli animali diversi da noi con i quali convivere, co-esistere e confrontarsi.
Ciò nell’immediato chiaramente non appare possibile: i più fortunati tra gli Animali attualmente possono vivere nel loro ambiente naturale lontani da noi (perché ogni contatto significherebbe la riproduzione delle logiche di dominio di cui si è parlato in precedenza), quelli che convivono con noi possono al limite avere la fortuna di avere un Umano che funge da tutore – non un padrone – e che si prende cura di loro nel modo più rispettoso possibile, o ritrovarsi in un rifugio per Animali liberati che però è pur sempre una struttura concepita, gestita e organizzata dagli Umani.
Se si decide di aiutare un Animale in difficoltà, ci si prende carico della sua esistenza, possiamo al contempo custodire ma anche disporre della sua vita – ciò nonostante le nostre idee – perché nella maggior parte dei casi si tratta di esseri senzienti che hanno subito una trasformazione della loro natura mediante l’addomesticamento e la selezione genetica: si tratta di Animali pur sempre indissolubilmente legati alla nostra società, che da essa dipendono, incapaci di un’esistenza dignitosa autonoma. Per loro noi compiamo delle scelte e decidiamo ogni cosa. Ciò che si potrebbe – e di dovrebbe – fare in questa fase storica dell’antispecismo, è rendere la loro vita perlomeno serena e degna, fino alla sua naturale conclusione, senza contribuire a generare altri loro simili destinati a essere dipendenti da noi e senza essere la causa della sofferenza e la morte di altri Animali. Basti pensare all’annoso problema delle sterilizzazioni e del cibo di origine animale: vi sono molte scuole di pensiero, alcune delle quali fanno appello alla “naturalità” della procreazione e dell’alimentazione di tali Animali. Parlare però di naturalità di esseri che dipendono in tutto e per tutto da noi e che spesso hanno sembianze e caratteristiche anatomiche progettate da noi, pare francamente assurdo: appellarsi a un presunto diritto alla naturalità per esseri costretti a una vita non propria non ha una logica. Meglio sarebbe provvedere a loro cercando di non contribuire alla proliferazione mediante la sterilizzazione e nutrendoli con cibo che non sia stato la causa dell’uccisione di altri Animali, sacrificati ancora una volta per le nostre voglie o la nostra ricerca di affetto o compagnia.
Siamo noi ad aver causato questi enormi danni, siamo noi – quindi – che dobbiamo porre rimedio senza causarne degli altri, questa è l’unica vera responsabilità che abbiamo, gli altri Animali non ci devono nulla in nessuna forma e a loro non possiamo chiedere nulla.
Sicuramente l’argomento è doloroso, ma se si decide di farsi carico di un essere senziente, non possiamo permettere che ciò sia il motivo della sofferenza e della morte di altri senzienti, questo dovrebbe essere il concetto-guida da tenere sempre in considerazione.
Del resto la stessa nascita dei cuccioli di Animali che vivono con noi, spesse volte è semplicemente la soddisfazione di un nostro desiderio: ancora una volta ricadiamo nella spirale di autoreferenzialità a cui la società e l’educazione specista ci abituano, trasferendo sugli altri Animali nostri desideri e speranze, in definitiva usandoli come sempre abbiamo fatto.
Un esempio calzante potrebbe essere quello della cosiddetta “pet terapy”: un contatto con gli Animali che in qualche modo possa essere terapeutico per noi. Un incontro quindi finalizzato, non spontaneo ma indotto e gestito, con fini utilitaristici, dall’Umano in cui l’Animale ricopre come sempre il ruolo di mezzo per l’ottenimento di un fine. A pensarci bene anche gli altri Animali potrebbero godere di un effetto terapeutico incontrando noi: soprattutto i moltissimi Animali che hanno subito maltrattamenti, torture, ferite fisiche e psicologiche a causa nostra, perché non dovrebbe esistere una “human terapy” utile agli altri Animali? Ma forse l’unica che dovrebbe esistere è una terapia dell’incontro, mediante la quale entrambe le parti potrebbero trarre un giovamento in perfetta reciprocità.

Parlare di serendipità, quindi, attualmente non pare possibile, ma l’idea antispecista ci richiede continuamente uno sforzo di immaginazione che prescinde le nostre esigenze e il nostro punto di vista, solo in questo modo riusciremo – forse – in futuro a poter incontrare davvero un Animale libero che spontaneamente si avvicina a noi mentre facciamo o cerchiamo altro.
Per il momento impariamo a camminare nella Natura – o in ciò che ne rimane – e a incontrare, osservare, conoscere e rispettare gli altri viventi, senza dubbio potrebbe essere un esercizio finalmente utile non solo a noi.

Adriano Fragano


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4 Commenti
  1. massimo bassani ha scritto:

    bellissimo scritto,sono completamente in accordo con lei,grazie per aver dato parole a un pensiero anche mio. Grazie ancora

    7 Gennaio, 2016
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Caro Massimo,
      Grazie per il tuo commento. Pensare a ciò che facciamo – anche in buonafede e con ottime intenzioni – agli Animali è importantissimo. Da quanto faremo oggi dipende anche il futuro rapporto Umano-Animale.

      7 Gennaio, 2016
      Rispondi
  2. Sandra favero ha scritto:

    ho letto con calma il suo scritto-pensiero… spesso mi trovo ad osservare… queste meravigliose creature senza le quali io almeno non concepirei la mia vita e so che è il pensiero di molti… dovremmo essere i “custodi”… una presenza per loro più leggera di un battito d’ali… grazie per avermi anche interpretata… Sandra

    8 Gennaio, 2016
    Rispondi
  3. ANTONIO ha scritto:

    Ottimo articolo, molto chiaro.
    Grazie

    10 Gennaio, 2016
    Rispondi

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