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«Da un grande potere derivano grandi responsabilità» la citazione di una famosa frase dell’Uomo Ragno è ovviamente in memoria di Stan Lee e sembra perfetta per il nuovo spot commerciale lanciato dalla società cinese di telecomunicazioni Huawei. Lo spot è costruito direttamente su una di queste nostri grandi responsabilità: quella che abbiamo (o meglio che dovremmo avere) nei confronti della Natura e degli Animali, che dobbiamo ad ogni costo preservare dalla nostra follia distruttiva.
Protagonisti dello spot sono un teenager che passeggia con alcuni amici in un bosco e un animaletto di specie ignota, forse un piccolo alieno o l’esemplare di una specie rimasta ancora sconosciuta, che viene scoperto dal giovane Umano. Il suo nome è “Gnu Gnu”.
La scoperta fortuita di “Gnu Gnu” non può che innescare un meccanismo automatico tipico del terzo millennio: telefono, fotografia e condivisione con gli amici. Il risultato è scontato e altrettanto tipico: caccia alla rarità e business. In men che non si dica spuntano app che riproducono le sue orecchie sui social, magliette, pupazzi, videogiochi. Di tutto. Il ragazzo diventa famosissimo, Gnu Gnu diventa famosissimo. Segue inevitabilmente la sua cattura e esposizione al pubblico. Il futuro di Gnu Gnu si chiama zoo. Ma tutto questo, colpo di scena, è solo un viaggio mentale. Il teenager dimostra infatti di aver imparato la lezione di Peter Parker e decide di non condividere la sua scoperta e mantenere il segreto. Cancella il filmato e Gnu Gnu è salvo nel suo bosco.
Alcuni hanno criticato questo spot sostenendo che il messaggio che passa è quello di una “scienza cattiva”. Mostrare gli scienziati come dei predoni che si lanciano (supportati dall’esercito!) nella cattura del piccolo Gnu Gnu per poi esporlo nello zoo cittadino, equivarrebbe a sostenere che gli Umani sono estremamente malvagi e che nella Natura non vedono altro che una fonte di guadagno. Che poi non è in fondo quello che abbiamo dimostrato nel corso della nostra storia? Un dato su tutti: Il 60% delle specie animali si sono estinte nei 40 anni che vanno dal 1970 al 2014. Questa cifra proviene dal Living Planet Report 2018, dossier curato dal WWF assieme a un gruppo di 50 esperti in collaborazione con la Zoological Society of London. Ci sono domande?
Altri questo spot lo hanno esaltato per la sua intelligente strategia di marketing: «Tutti condividono uno spot di uno smartphone che in qualche modo stigmatizza la condivisione, che avviene proprio attraverso lo strumento che lo spot promuove, uno smartphone la cui peculiarità è quella di fare bene le foto. Figata.» (cit. Linkiesta)
Altri ancora ne hanno evidenziato la positività del messaggio che pare voler responsabilizzare le giovani generazioni umane, nei confronti degli Animali e della Natura.
Piuttosto, si potrebbe discutere dell’ipocrisia della Huawei che con lo spot veicola un messaggio senza dubbio condivisibile, ma con finalità ovviamente commerciali e ben lontane dall’etica animalista, del resto altro non ci si potrebbe aspettare da una multinazionale.
I sentimenti nei confronti degli Animali sono diventati merce di scambio, “sensibilizzano” senza farlo davvero. Si comprende la storia, ci si commuove, si annuisce, ci si ripete che sì, è tutto vero, che “basta!”. Ma poi? Tutto resta come prima. Tutto anzi peggio di prima.
Stiamo cedendo all’idea che sia utile svendere in una moltitudine di modi (e questo pare essere uno dei tanti) la lotta per la causa animalista al sistema, perché non siamo in grado di portare avanti un messaggio autonomo efficace. Non ci rimane che bearci del lieto fine della storia inventata di Gnu Gnu.
Francesco Cortonesi
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Gli stessi commenti si potrebbero applicare a questo spot televisivo.
Bellissimo ed ignobile.
https://www.youtube.com/watch?v=55-WJKnHk_o
Purtroppo chiunque può appropriarsi ed usare l’immagine e gli ideali di qualcuno per fare enormi profitti. Gandhi non avrebbe mai dato il consenso.
Hai assolutamente ragione e l’esempio è calzante. In entrambi i casi si tratta di un chiaro uno strumentale di posizioni etiche a fini commerciali.
Che dire?
I mezzi di divulgazione di massa vengono strumentalizzati a proprio favore, da sempre.
Ma quello che dovrebbe indignare, osservando lo spot in questione, è proprio l’ipocrisia e la sfacciataggine con cui i proprietari del brand interessato si permettono di manipolare la sensibilità altrui. E’ ovvio, scontato e a dir poco banale che ognuno di noi (anche il più distratto) provi compassione nel vedere la triste sorte della creatura manipolata, sfruttata a dovere per l’egoismo e l’euforia irresponsabile di tanti spettatori paganti. Perchè in realtà la platea è costituita proprio da chi vuole che quel povero essere vivente stia in gabbia. E’ proprio quello che accade da sempre, ed ancora oggi in modo lecito e permissivo: le Orche di Seaworld, i Delfini dell’acquario di Genova, l’Orso chiuso in un centro commerciale in Cina…ed ogni Animale privato della propria esistenza solo per essere l’ignaro protagonista di uno scenario puerile.
Siamo tutti responsabili della sofferenza e della morte animale.
Ma quello che più stupisce, tra chi ha l’intelligenza di percepire l’inganno, è proprio il metodo utilizzato dai detentori del potere commerciale.
Si potrebbero utilizzare varie teorie per individuare meglio lo scopo finale dello spot. Ma se riflettiamo un attimo ogni iniziativa messa in atto dalle aziende capitaliste ha sempre un retroscena macabro e doppiamente opportunista, come del resto avviene da un po’ di anni a questa parte con la promozione del “benessere animale” (tanto in voga anche tra le varie associazioni animaliste).
Si tenta di porre rimedio a tutte le malefatte passate tramite una sofisticazione mirata ed acuta, tendente a colmare il genocidio in atto. Ma è solo un piccolo paravento che nulla ha da spartire con la concreta consapevolezza di non nuocere vittime.
Il punto caro Roberto è proprio questo: la consapevolezza. Spot come quello in oggetto mirano ad un pubblico che non riesce a distinguere la malefatta dal malfattore e lascia che quest’ultimo approfitti di questa ignoranza (o disinteresse) per sfruttare la compassione che suscita un piccolo Animale a fini commerciali. Se siamo ridotti a permettere che aziende del genere ci diano lezioni di morale, allora siamo davvero alla frutta. L’antidoto è sempre e uno solo: la consapevolezza mediante la quale possiamo leggere i miliardi di messaggi che ci investono quotidianamente e filtrarli secondo una visione critica e autonoma, solo in questo modo potremo sperare di sottrarci alle manipolazioni.