Lettera aperta della Veganzetta al futuro movimento antispecista: le radici comuni


Si legge in circa:
5 minuti

Ogni percorso finito ha un suo punto di partenza ed un suo arrivo. Non fa eccezione la filosofia antispecista che come punto di arrivo ha la liberazione animale (umana e non) e di conseguenza una nuova società  umana libera, solidale ed egualitaria. Disquisire sul percorso e sul suo arrivo è già  un esercizio arduo, ma risulta impossibile se viene a mancare un requisito fondamentale: una partenza comune. Fuor di metafora ci preme come redazione della Veganzetta affrontare il tema delle radici comuni del pensiero antispecista, radici assai complesse e variegate, ciò perché senza una solida base da cui partire ogni sforzo per avanzare risulterebbe vano, e quanto sta accadendo, e quanto è accaduto di recente, lo dimostra.
Individuare un’unica origine generatrice dell’antispecismo non è possibile, proprio per il fatto che risulta chiara una sorte di commistione tra diverse anime e visioni a volte tra di loro anche poco compatibili. Storicamente si può ricondurre la nascita ufficiale del pensiero antispecista agli anni ’70 del secolo scorso, e precisamente al 1970 quando Richard D. Ryder, uno psicologo inglese, conia il termine “specismo”1. Analizziamo però una considerazione dalla quale si è evoluto molto del sentire comune antispecista:

Il razzista viola il principio di eguaglianza attribuendo maggior peso agli interessi dei membri della sua razza qualora si verifichi un conflitto tra gli interessi di questi ultimi e quelli dei membri di un’altra razza. Il sessista viola il principio di eguaglianza favorendo gli interessi del proprio sesso. Analogamente, lo specista permette che gli interessi della sua specie prevalgano su interessi superiori dei membri di altre specie. Lo schema è lo stesso in ciascun caso.2

Tale posizione è nel contempo origine di gioie e dolori per il pensiero antispecista contemporaneo. Infatti troppo spesso ci si è fermati a questo concetto per formulare una definizione di antispecismo, e questa superficialità  di analisi ha generato delle pericolose derive sia in campo teorico che in quello pratico.
L’idea stessa che l’antispecismo sia una diretta derivazione di lotte sociali intraspecifiche come l’antirazzismo, l’antisessimo e similari, è del tutto fuorviante; infatti l’antispecismo per la prima volta si occupa non delle istanze di una minoranza o di un gruppo sociale, o etnia che rivendica i propri diritti, ma di una vastità  di esseri senzienti che non lo fanno perché non ne sono in grado. La differenza abissale tra le lotte per l’emancipazione umana e la lotta antispecista è questa: per la prima volta non c’è un gruppo che rivendica un diritto, e che lotta per esso, ma rappresentanti di una specie vivente che lottano per evitare che la loro stessa specie continui a sfruttare le altre. Ciò pone l’antispecismo su di un piano assolutamente diverso da quanto accaduto in precedenza nella storia delle lotte civili e sociali dell’umanità. Ed è per questo che sarebbe preferibile adottare una diversa definizione di antispecismo, o perlomeno un diverso concetto esplicativo, che consideri una naturale evoluzione di pensieri egualitari, e non una sua diretta derivazione da uno di essi. La differenza pare minima ma nella realtà è fondamentale.
Infatti una naturale evoluzione sarebbe da intendersi come l’elaborazione di una diversità  di concetti critici, una loro fusione, somma ed armonizzazione, elementi necessari per poter creare un pensiero del tutto nuovo e di ampiezza inedita. Una diretta derivazione da precedenti lotte di emancipazione sociale è quindi un errore concettuale che porterebbe a considerare il pensiero antispecista alla stessa stregua di quello antirazzista, antifascista o antisessista.
Ciò non può essere possibile perché, come detto in precedenza, l’antispecismo è la loro somma (e la somma di molto altro), e non una loro variante.

L’equazione antispecismo=antifascismo o antirazzismo è sbagliata e pericolosa. L’antispecismo è ANCHE antirazzismo, ANCHE antifascismo, ma non solo, l’antispecismo è un nuovo paradigma, una rivoluzione sociale e culturale che intende rifondare la società  umana, non può pertanto essere considerato da un unico punto di vista.

L’antispecismo nella sua complessità  coinvolge pensieri distanti e diversi, concetti complessi e deve essere considerato come un nuovo progetto.
Dall’anarchismo verde, a Earth First! e l’ecologismo radicale, da alcune teorie di Murray Bookchin, alla decrescita e all’ecologia profonda, dall’animalismo anglosassone all’animalismo di matrice anarchica libertario e individualista, e alla teoria e azione di Barry Horne, dagli scritti di Theodor Adorno ed Max Horkheimer (Scuola di Francoforte) in cui c’è molto dell’antispecismo moderno, ai testi di Rosa Luxembourg, per arrivare a Peter Singer, Tom Regan, David Nibert e Jim Mason, dalle considerazioni sul darwinismo di James Rachel, agli scritti ispirati di Anna Maria Ortese, dalla visione dei diritti degli Animali di Mark Rowlands, a Charles Patterson o Ralph Acampora, dal femminismo di Carol J. Adams, a Gary L. Francione, alla questione dell’animalità di Jacques Derrida, fino a considerare la nonviolenza di Gandhi e di Aldo Capitini.
Questo piccolo elenco in ordine sparso di contributi teorici non è assolutamente esaustivo, e molto altro vi si potrebbe aggiungere (basti pensare a quanto i pensatori classici e del passato ci hanno lasciato: da Platone, Pitagora, Teofrasto e Plutarco a Leonardo da Vinci fino a Voltaire e Bentham). Ciò solo per dimostrare quanto possa essere variegata la genia della filosofia antispecista, e quanto sia ancora in divenire.
Nessuno può e deve pertanto arrogarsi il diritto di considerare tale filosofia come figlia di un progetto politico, sociale o culturale. Considerare ad esempio l’antispecismo (come troppo spesso si sta facendo ultimamente) una variante dell’anarchismo libertario, e di conseguenza tentare una fusione tra idea ed azione anarchica ed antispecista è un’assoluta riduzione, un evidente passo indietro, nonché un grosso errore tattico e politico. L’antispecismo NON è anarchia, come NON è comunismo, ma trae ispirazione e forza anche da alcuni loro concetti, di sicuro non può essere assoggettato a strategie e pratiche da essi poste in essere, perché esso non può rappresentare in alcun modo il passato, bensì si propone di progettare un nuovo futuro assolutamente diverso e distante dallo status attuale e il più possibile slegato da ogni pensiero antropocentrico che ha permeato e permea anche le visioni rivoluzionarie più avanzate.
Le radici comuni, come per un albero che cresce vigoroso, sono numerosissime, in perfetta libertà  chi si occupa di antispecismo continuerà  a prediligerne alcune, ma è necessario tener ben presente che solo l’insieme delle radici potrà  continuare a sorreggere ed alimentare l’intero albero, e nessuna di esse potrà  mai sostituirne altre. Solo in questo modo potremo riuscire a definirci compagni, veri compagni di una nuova società  libera, e non compagni di coloro che rimangono ancora aggrappati a soluzioni parziali di un problema complesso che trascende la specie. Urge quindi un definitivo affrancamento dalle ideologie passate, senza rimpianti, senza dubbi, ma con la consapevolezza che qualcosa di nuovo di rivoluzionario è nato.

Concludiamo con la speranza che vi sia realmente una volontà  di collaborazione tra persone antispeciste, e che si intraprenda un cammino comune fatto di commistioni di diverse istanze e pensieri, a tal proposito proponiamo la lettura e l’analisi di una “cassetta degli attrezzi”3 per un futuro movimento antispecista, strumento utile ed aperto a critiche e contributi per l’avvio di una seria e costruttiva discussione.

Adriano Fragano per Veganzetta

Note:

1) Si legga la definizione di specismo in “Manifesto Antispecista. Teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera
www.manifestoantispecista.org/web/definizione-di-specismo
2) Peter Singer, Liberazione animale, Il Saggiatore, 2003, p.  24
3) La cassetta degli attrezziwww.manifestoantispecista.org/web/cassetta-degli-attrezzi


Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Estate 2010 / n° 1 del 30 maggio 2010, p. 3


Se hai letto fin qui vuol dire che questo testo potrebbe esserti piaciuto.
Dunque per favore divulgalo citando la fonte.
Se vuoi Aiuta Veganzetta a continuare con il suo lavoro. Grazie.

Avviso legale: questo testo non può essere utilizzato in alcun modo per istruire l’Intelligenza Artificiale.

20 Commenti
  1. Paolo XL ha scritto:

    Ciao a tutte/i
    trovo questa lettera molto interessante e ne condivido in toto i contenuti. Arriva al momento giusto, quando il movimento di liberazione animale si interroga su molti errori del passato e cerca di fare il passo verso un movimento maturo, un movimento antispecista. Effettivamente, anch’io credo che l’idea che l’antispecismo sia una derivazione delle lotte sociali interpecifiche fin qui condotte, sia sbagliato e limitante sulle vere potenzialità  rivoluzionarie di un movimento antispecista veramente maturo. Di certo è anche innegabile che l’antispecismo prenda anche spunto dall’anarchismo e da gruppi di opposizione al fascismo e razzismo, sessismo ecc… insomma nasce da gruppi che hanno condotto e che conducono battaglie sociali patrimonio delle sinistra radicale, che hanno compreso l’importanza di una visione più ampia nella critica al sistema capitalista, ma da qui in poi, qualcosa di nuovo è nato e si sta evolvendo, e la sua originalità  sta proprio nel prendersi carico della sofferenza degli individui appartenenti a specie diverse dalla nostra.
    L’antispecismo è la comprensione profonda che non si possano risolvere i grandi problemi che affliggono l’umanità  e il pianeta, trascurando quell’enorme sofferenza che la specie dominante reca alle altre. Da questa consapevolezza, la lotta per la liberazione animale diviene prioritaria ed indispensabile anche per le altre lotte di liberazione, e quindi, non più relegabile in un angolo di chi si occupa di lotte sociali.
    Costruire insieme, nelle nostre più disparate diversità , un nostra identità  antispecista, è quello che mi auguro per il prossimo futuro.

    10 Settembre, 2009
    Rispondi
  2. Marco ha scritto:

    Paolo, c’è una cosa che mi stona sempre.
    Tutto giusto, ma
    “L’antispecismo è la comprensione profonda che non si possano risolvere i grandi problemi che affliggono l’umanità  e il pianeta, trascurando quell’enorme sofferenza che la specie dominante reca alle altre. Da questa consapevolezza, la lotta per la liberazione animale diviene prioritaria ed indispensabile anche per le altre lotte di liberazione, e quindi, non più relegabile in un angolo di chi si occupa di lotte sociali.”
    Io non voglio andare in giro a dire questo a chi si batte per altre “cose”. Io voglio dirgli chiaramente che la sofferenza animale è un motivo sufficiente per rivoltarsi. Così gli stai dicendo che la liberazione animale non devono relegarla in un angolo non perchè gli animali soffrono come noi, ma perchè altrimenti non riescono a risolvere i problemi dell’umanità  e del pianeta (sottinteso: prioritari).
    Che la maggiorparte delle persone le considerino prioritarie, si sa, ma che anche chi (come te) mette sullo stesso piano sinceramente la sofferenza di tutti gli esseri senzienti implicitamente ammetta questo ordine di priorità  secondo me è sbagliato.
    Marco

    11 Settembre, 2009
    Rispondi
  3. Veganzetta ha scritto:

    La questione sul tappeto in realtà  è diversa.
    Il problema rilevato, problema che si spera di risolvere insieme, è la visione riduttiva dell’antispecismo che sta prendendo piede ultimamente in molti ambienti.
    Con la lettera aperta si è voluto semplicemente evidenziare che la filosofia antispecista trae la sua forza di mille rivoli diversi, e, anche se alcuni di essi hanno indubbiamente un maggior peso e importanza, nessuno può prevalere sugli altri. L’eguaglianza antispecismo=antifascismo è priva di senso se vista dal punto di vista antispecista. L’antispecismo è senza dubbio anche antifascismo, ma non solo, è moltissime altre cose. Mentre l’antifascismo non è per fornza antispecismo. Pertanto in quanto antispecisti siamo anche antifascisti, ma non è vero invece che ogni antifascista essendo tale sia anche antispecista. Ciò significa esattamente quanto detto, nulla di più. Serve a far capire a chi legge che l’antispecismo opera in un ambito enorme, umano ed extra umano, pertanto dovrebbe avere una propria identità  ben precisa, e non mutuata da altri.
    Giustamente Paolo scrive “Costruire insieme, nelle nostre più disparate diversità , un nostra identità  antispecista, è quello che mi auguro per il prossimo futuro.”
    Infatti nessuno vuole negare il diritto ad un antispecista di rivendicare le proprie origini politiche e culturali, ma da questo a far divenire tali origini l’elemento portante dell’azione antispecista ce ne passa.

    11 Settembre, 2009
    Rispondi
  4. anarchia ha scritto:

    ..se l’intenzione dell’articolo é quella di dire che gli antispecisti devono essere uniti al di là  del credo politico… bhé io non sono d’accordo. Ovviamente non é obbligatorio essere anarchici per essere antispecisti, però é sicuramente obbligatorio essere contro ogni tipo di discriminazione, quindi non si può essere razzisti, sessisti, classisti, ecc., altrimenti come si potrebbe mettere in atto quella rivoluzione (rivoluzione nel senso di radicale cambiamento dei rapporti tra umani e umani e tra umani e animali non umani) di cui si parla all’inizio dell’articolo? Non c’è nessun anarchico che crede che l’antispecismo sia una corrente dell’anarchismo.. l’antispecismo è un elemento importante, di completezza direi, dell’anarchismo.. si completano a vicenda. Quando compio un’azione antispecista sto automaticamente compiendo un’azione libertaria, esattamente come quando compio un atto antirazzista, anche avete fatto bene a distinguere le peculiarità  uniche dell’antispecismo rispetto a tutti gli altri anti… Ripeto, non è obbligatorio essere anarchici e mi rapporto bene con tutti, a patto che questi siano contro ogni forma di discriminazione. Chi discrimina non é antispecista.

    saluti libertari e antispecisti

    13 Settembre, 2009
    Rispondi
  5. Paolo XL ha scritto:

    Che tutti gli antispecisti debbano essere contro ogni tipo di discriminazione è pacifico, non ci piove, e traspare chiaramente dall’articolo in questione.
    Rispondo brevemente a Marco dicendo che ognuno è libero di andare in giro a dire ciò che vuole e non quello che penso io, addirittura anche tu puoi prenderti questa libertà  :-)) Anche per me ovviamente, la sofferenza animale è un motivo sufficiente per rivoltarmi, lo è sempre stato, ma forse non è una cosa chiara a tutti, nemmeno a molti che si battono per le lotte sociali e mangiano tranquillamente cadaveri di esseri senzienti. Non sto affatto dicendo a nessuno che la liberazione animale è importante perchè altrimenti non riescono a risolvere i problemi dell’umanità  e del pianeta (sottinteso: prioritari), ma che se la lotta per la liberazione animale viene vista come una causa secondaria, proprio perché riguarda i corpi di animali non umani, non si è ben compreso che tutte le lotte di liberazione hanno una grande importanza, compresa la liberazione animale, e che senza la liberazione animale quello per cui molti lottano non condurrà  alla radice del problema, cioè al principio dell’autoritarismo, lo specismo.
    Tutto qui.

    13 Settembre, 2009
    Rispondi
  6. Marco ha scritto:

    o al principio dello specismo, l’autoritarismo…
    non credi si potrebbe dire altrettanto? chi stabilisce se la critica dello specismo “contiene” la critica all’autorità , o viceversa? o se “racchiude” la critica al patriarcato o viceversa? ecc. ecc.
    non è una provocazione, voglio dire che è un problema serio dell’antispecismo che dobbiamo affrontare e di cui dobbiamo discutere. Però non è detto che il fine sia arrivare ad una posizione condivisa. Immagino, per fare un es., che ci saranno, anche dopo ampie discussioni su questo, antispecisti antiautoritari, antiautoritari antispecisti, antispeciste femministe, femministe antispeciste, e così via. Non so se è chiaro.
    Quello che non capisco è perchè diamo per scontato che l’antispecismo non possa avere la stessa eterogeneità  e le stesse contraddizioni, anche, di altri sistemi di pensieri o prassi, che non le hanno del tutto risolte ma non necessariamente ne hanno fatto un problema.
    Tornando alle tue parole, Paolo, come abbiamo avuto modo di discutere faccia a faccia, avrai notato che un’altra persona non trovava nulla di strano nella tua frase e la sottoscriveva. Ma il punto per me non è che un antispecista trovi qualcosa di sbagliato in tale frase; come hai spiegato tu, è condivisibile. Il valore di “argomento indiretto” che gli do io è ovviamente in altri contesti. Per es., se ad un corteo del 25 aprile si va in piazza sotto uno striscione “antispecismo è liberazione” e le persone chiedono “che cos’è sto antispecismo” (è successo :) ), io personalmente trovo fuorviante rispondere così, allo stato attuale delle cose, cioè in un momento storico in cui la questione animale (al di là  dell’antispecismo, parlo proprio in termini “animalisti”) è ignorata dal potere e dalle persone. Non so in effetti che cosa risponderei, ma sicuramente inizierei a dire che ci sono miliardi di persone non umane che vengono torturate e macellate ogni anno. E non sono sicuro che parlerei anche degli esseri umani che vengono uccisi ogni giorno nelle guerre, perchè questo lo sanno già  tutti, e tutti già  ritengono che sia sbagliato in linea di principio.

    14 Settembre, 2009
    Rispondi
  7. Paolo XL ha scritto:

    Ti dico la verità  Marco e questa volta senza ironia, che le tue argomentazioni spiegate di persona all’incontro di Bologna mi hanno convinto. Anche se continuo a concordare con quanto scritto nella lettera in questione e non ne vedo la contraddizione. Mi è piaciuta molto la tua distinzione fra argomenti indiretti usati in alcune circostanze solo in modo puramente utilitaristico, e argomenti indiretti da non usare in eventi politici, dove l’argomento diretto “la sofferenza animale” è l’argomento principe al quale far riferimento (se non ho compreso male, altrimenti correggimi). Per il resto è chiaro che si dovrà  continuare a discutere.
    Ciao

    15 Settembre, 2009
    Rispondi
  8. Veganzetta ha scritto:

    anarchia: “Ovviamente non é obbligatorio essere anarchici per essere antispecisti, però é sicuramente obbligatorio essere contro ogni tipo di discriminazione, quindi non si può essere razzisti, sessisti, classisti, ecc.”

    Questo è assolutamente ovvio (anche se purtroppo a volte pare che la questione non sia ancora del tutto chiara). Ciò non significa che chi crede in tali valori non possa sentirsi unito nell’antispecismo.

    anarchia. “Non c’è nessun anarchico che crede che l’antispecismo sia una corrente dell’anarchismo.. l’antispecismo è un elemento importante, di completezza direi, dell’anarchismo.. si completano a vicenda.”

    Non ne sarei del tutto sicuro, comunque ammesso e non concesso che sia così, non ritengo che antispecismo e anarchismo si completino a vicenda, bensì ritengo che l’antispecismo abbia un progetto ben più ampio di quello anarchico, e che molte delle sue peculiarità  le debba ad un certo tipo di anarchismo. Non li metterei sullo stesso piano.

    anarchia: “Chi discrimina non é antispecista.”

    perfettamente d’accordo.

    15 Settembre, 2009
    Rispondi
  9. Veganzetta ha scritto:

    Paolo xl: “proprio perché riguarda i corpi di animali non umani”

    Proprio una bella frase. Infatti la questione è anche questa: non parliamo di noi, dei nostri corpi, della nostra corporalità , ma di altri, diversi, a volte molto, da noi. E’ con tale diversità  che dobbiamo confrontarci e con le nostre azioni e la nostra società  verticale. Se si aiutano i più deboli, coloro che proprio con i loro corpi quotidianamente martoriati reggono i pilastri della nostra società , anche il resto dovrà  cambiare. ma questo (come già  evidenziato da Paolo) non certo per risolvere i nostri problemi intraspecifici, pena la ricaduta nella logica dell’antropocentrismo

    15 Settembre, 2009
    Rispondi
  10. Veganzetta ha scritto:

    Marco solleva un problema interessante parlando di antiautoritarismo e antispecismo. la questione però non è capire chi ha generato chi. La questione è invece capire che c’è una sequenza cronologica, ed è su questa che si dovrebbe lavorare: l’antispecismo è l’ultimo nato tra i pensieri antiautoritari, e come tale si è nutrito di ciò che esisteva prima. la grande opportunità  che abbiamo è quella di creare una visione allargata, moderna, generale e condivisa, e non tantissimi piccoli distinguo classica eredità  delle posizioni rivoluzionarie passate. Rileggendo il testo di Filippi proposto della lettera aperta si potrebbe ragionare su questo passo:

    “In questo senso, una definizione matura di antispecismo potrebbe riprendere quella di Joan Dunayer, modificandola nel modo seguente:

    Antispecismo, che necessariamente non può non includere in sé teorie emancipative intraspecifiche, è l’acquisizione nel modo di pensare o nella pratica quotidiana, della necessità  di accordare ai non appartenenti al proprio gruppo uguali considerazione e rispetto”

    Quindi l’antispecismo potrebbe davvero rappresentare un piano comune per tutte/i coloro che si battono per valori che – anche se visti da prospettive a volte diverse – sono uguali. Sono questo, potrebbero essere queste, le radici comuni.

    Frazionare l’antispecismo in mille prospettive diverse servirebbe a farlo divenire esattamente come altri “sistemi di pensiero o prassi”.

    Marco: “Quello che non capisco è perchè diamo per scontato che l’antispecismo non possa avere la stessa eterogeneità  e le stesse contraddizioni, anche, di altri sistemi di pensieri o prassi, che non le hanno del tutto risolte ma non necessariamente ne hanno fatto un problema.”

    Ma che – si potrebbe aggiungere – non hanno portato poi a risultati così eclatanti a giudicare dal mondo in cui viviamo oggi….

    15 Settembre, 2009
    Rispondi
  11. Paolo XL ha scritto:

    “L’antispecismo è la comprensione profonda che non si possano risolvere i grandi problemi che affliggono l’umanità  e il pianeta, trascurando quell’enorme sofferenza che la specie dominante reca alle altre.” Questa è la frase incriminata contestata da Marco. Direi che ripensandoci forse non ha tutti i torti, perché ripropone in modo sottile il concetto di differenza fra animale umano e non umano, il primo portatore di diritti, gli altri forse un giorno… In effetti se prendiamo per buono almeno il concetto di diritto non inteso come leggi scritte e concesse dalla società  umana, ma in un senso più ampio del termine, tenendo conto che noi non chiediamo diritti per gli animali, ma libertà . Dopo questa premessa, dicevo, che come si legge nell’opuscolo “riflessioni sul veggie pride”, come scrive David Oliver, sintetizzo: se considerassimo i nostri diritti come diritti animali – essendo noi animali? Nella società  ognuno difende i propri diritti e interessi, non viene compreso e accettato che ci si impicci degli interessi altrui. Se ci riconosciamo come animali – come esseri senzienti – superando quindi la diversità  di specie, ci dobbiamo identificare con loro. Ci riconosciamo come appartenenti allo stesso gruppo di cui fanno parte gli animali reclusi, torturati ed uccisi. A questo punto la richiesta di diritti essenziali prende un’altra luce.
    Quindi cambio la mia frase con “L’antispecismo è la comprensione profonda che tutti gli esseri senzienti sono portatori del diritto alla libertà  individuale, e che o ci salveremo tutti o non si salverà  nessuno”

    16 Settembre, 2009
    Rispondi
  12. Telin ha scritto:

    Raga, non mi ero accorta che di qua stavate parlando…personalmente così assolutamente non riesco a capire quanto possa essere utile procedere.

    Solo per questa frase di Marco “Io non voglio andare in giro a dire questo a chi si batte per altre “cose”. Io voglio dirgli chiaramente che la sofferenza animale è un motivo sufficiente per rivoltarsi.” ci sarebbe da discutere appositamente, dando risalto all’importanza di questa sola istanza snocciolando tutta la questione, ma non mi pare possibile così, quindi vi dico, vi voglio bene ma ci rinuncio :)

    Baci

    16 Settembre, 2009
    Rispondi
  13. Marco ha scritto:

    Adriano, tu dici:
    “Ma che – si potrebbe aggiungere – non hanno portato poi a risultati così eclatanti a giudicare dal mondo in cui viviamo oggi….”
    Cioè, l’eterogeneità  di certi movimenti (vissuta talvolta come una ricchezza, talvolta come un impaccio) è secondo te uno dei motivi del loro fallimento. Può darsi, non lo so.
    Insomma, se non ne hanno fatto un problema, forse secondo te avrebbero dovuto.
    Però se prendiamo quello di questi movimenti o ideologie che qui è al centro del discorso (l’anarchismo), troviamo che nella lettera aperta e altrove ci si lamenta del fatto che a volte l’anarchismo (in Italia) rivendica un ruolo “egemone” sull’animalismo radicale. Ha dei buoni motivi, storici e concettuali, ma non è detto che siano sufficienti. Per dire che non lo sono occorre dimostrare che l’antispecismo li ha. A parte questo, nel momento in cui l’anarchismo rivendica un ruolo egemone non si propone certo come teoria e prassi molto eterogenea, ma al contrario propone una visione particolare di anarchismo. Quindi supera questo supposto “limite”. Io personalmente non sono convinto che tale superamento sia positivo, ma capisci la contraddizione del discorso dell’antispecismo “forte”, che diventa pressappoco: “non è giusto che una teoria storicamente e concettualmente ben definita inglobi l’antispecismo perchè essa è troppo eterogenea mentre noi abbiamo bisogno di una teoria che sia (pur con mille radici) unica. O sbaglio?
    Entrando nel merito, capisco benissimo che l’antispecismo possa avere dalla sua il fatto che logicamente alcune categorie siano sottoinsiemi della specie (le razze umane, i generi umani, ecc. e comunque ci sarebbe da discutere), ma è tutta questione di punti di vista. Un anarchico ti direbbe che la categoria più ampia per eccellenza è quella di “potere” o di “dominio”, che la differenza fra “dominio specista”, “dominio patriarcale”, “dominio razziale”, ecc. sono categorie di livello inferiore. In quest’ottica, l’antispecismo è una nuova radice dell’albero vecchio ma sempre in crescita dell’anarchismo :)
    Mi pare poi che per superare questo ostacolo (che non dico sia insormontabile in sè) usi l’argomento dell'”età ” dell’idea antispecista (“l’antispecismo è l’ultimo nato fra i pensieri anti-autoritari”). A me questo convince poco.
    L’equivoco, forse, nella questione delle definizioni di antispecismo, è che siccome la definizione (letterale) originaria di antispecismo, lo pone allo stesso livello di antirazzismo e antisessismo, se ne cerca una definizione più generale, che però non parla più di specie. La definizione che hai trascritto sopra, infatti, parla di “non appartenenti al proprio gruppo”. E’ un’ottima definizione, ma allora perchè non chiamarlo “antispecismo ampliato”? e perchè non “antirazzismo ampliato”? o semplicemente “antidiscriminazionismo” o “egualitarismo ampio”? Non so se mi spiego. Dato poi che siamo tutti animali, un’etichetta interessante, che ultimamente a me piace molto è “animalismo” (questa è una provocazione, però neanche troppo).

    16 Settembre, 2009
    Rispondi
  14. Veganzetta ha scritto:

    Ciao Marco,
    Mi pare che siano stati evidenziati da te una serie di punti interessanti. A breve ti proporrò una mia risposta.

    22 Settembre, 2009
    Rispondi
  15. Veganzetta ha scritto:

    Ciao Marco,

    Basta pensare alla storia della sinistra in Italia per avere un esempio, al frazionamento in mille gruppi e gruppuscoli che ha sempre caratterizzato i movimenti rivoluzionari, alle loro infinite diatribe, una sorta di guerra fratricida che ha portato alla scomparsa di moltissime realtà  e alla paralisi politica in Italia. Non credo serva citare altri esempi per far capire che se da una parte l’eterogeneità  è senza dubbio una ricchezza, dall’altra può anche rappresentare una chiara volontà  di distinguersi e di essere sempre e comunque contro, anche nei confronti di chi non è né un nemico, né un avversario. Vogliamo fare la stessa fine? Già  morti prima di nascere? L’eterogeneità  troppo spesso è divenuta frammentazione, atomizzazione, conducendo sempre e solo ad un unico risultato: l’immobilismo.

    Il tuo ragionamento sull’egemonia dell’anarchismo in ambito antispecista fila, se non fosse per il fatto che si tende a considerare sempre più l’antispecismo come una delle tante visioni anarchiche (inglobandolo), e non invece l’anarchismo come una delle tante origini da cui si è evoluto l’antispecismo.
    Insomma una specie di metodo deduttivo: il postulato è che l’anarchia è l’origine di tutto, e quindi l’antispecismo altro non è che una delle sue tante emanazioni, e come tale deve essere trattato. Questo non solo,è errato, visto che come già  esposto nella lettera aperta vi sono moltissimi e importanti contributi alla storia (seppur breve) dell’antispecismo che derivano da autori e autrici non appartenenti al versante anarchico, ma è anche controproducente, ammesso e non concesso che tale postulato venisse accettato. Il problema infatti è che considerando l’antispecismo come uno degli aspetti dell’anarchia, si perde di vista il punto di partenza vero ed unico: l’Animale. Ci si concentra sull’ingiustizia, sulla società  dispotica e repressiva come causa di ogni male, ma non si parla più dell’Animale, della sua unicità . Quante volte ti sei trovato in situazioni in cui si parla di antispecismo e hai sentito qualcuno parlare di Animali? Di Mucche, di Galline, di Pecore? Temo ben poche. Quante persone considerano che quasi tutti gli antispecisti un tempo si definivano semplicemente animalisti (e tanti si definiscono ancora tali?)?
    E’ questo il punto fondamentale che distingue – e di molto – l’antispecismo da qualsiasi altro aspetto non solo dell’anarchismo, ma anche di altri pensieri rivoluzionari: l’empatia interspecifica, la solidarietà  totale tra Umano e Animale, che spinge il primo a mettersi in gioco, a criticarsi, a reinventarsi per liberare il secondo (e quindi anche se stesso). E’ questa la partenza (l’Animale), e solo da questa – la vera base – si potrà  scardinare una società  ingiusta che su di essa è stata costruita. La visione anarchica parte da un gradino più in alto, parte già  – volente o nolente – da una visione specista, come del resto anche quella comunista.
    Lo stesso termine “specismo”, quindi ciò che l’anti – specismo intende combattere, è stato coniato da Richard Ryder nel 1970 in un testo pubblicato ad Oxford: un testo di uno psicologo, docente universitario e liberal inglese, non certo un pensatore anarchico. Ciò solo per dimostrare che le origini antispeciste sono molteplici e anche molto diverse tra loro.

    Marco: “non è giusto che una teoria storicamente e concettualmente ben definita inglobi l’antispecismo perchè essa è troppo eterogenea mentre noi abbiamo bisogno di una teoria che sia (pur con mille radici) unica”.

    A mio avviso si dovrebbe in realtà  scrivere: “Non è giusto che una teoria storicamente e concettualmente ben definita ma pur sempre specista, inglobi l’antispecismo, perché essa non può fornire tutte le risposte e le soluzioni di cui una nuova teoria ha bisogno”. Ecco la questione come dovrebbe essere posta. Ecco perché l’antispecismo non è anarchia.

    E’ giusto invece che da essa si traggano idee ed insegnamenti, ma solo quelli utili a far avanzare un nuovo concetto antispecista, come è giusto che tale lavoro venga fatto con tutte le altre teorie che possono apportare qualcosa di utile alla causa.

    Tu parli di concetto di dominio. Io ti rispondo che anche la più libertaria e solidale delle persone è nei confronti degli Animali un dominatore. Quindi noi non siamo la parte buona dell’umanità  che tenta di spezzare il dominio umano vigente (contrapposizione noi-loro), noi siamo la parte consapevole dell’umanità  che lavora su se stessa per cambiare questo paradigma e per poi causare il cambiamento della società .
    Ecco l’esigenza della molteplicità : le radici comuni, tornando alla lettera, radici che sono molte e variegate, e che possono dare vita ad una visione unitaria (non a molteplici ed eterogenee visioni, pertanto molteplicità  per un’unità  di visione, per quanto possibile).

    Concludo dicendo che è vero che siamo tutti Animali e che quindi dovremmo essere tutti uguali (almeno a livello di diritti fondamentali) e tutti oggetto di interesse antispecista, ma ad oggi ci sono alcuni Animali più uguali degli altri (come diceva Orwell), e quegli Animali siamo noi. E per la prima volta – e questo nemmeno l’anarchia poteva prevederlo – dobbiamo combattere un avversario davvero incredibile, infatti per trovarselo davanti basta guardarsi allo specchio: per questa lotta la teoria anarchica non basta.

    24 Settembre, 2009
    Rispondi
  16. sgr ha scritto:

    “per la prima volta non c’è un gruppo che rivendica un diritto, e che lotta per esso, ma rappresentanti di una specie vivente che lottano per evitare che la loro stessa specie continui a sfruttare le altre”

    Mi ha colpito questa frase che pare voler dare all’antispecismo una connotazione diversa per importanza e peso morale.
    La moralità  è un metro di valutazione sia soggettivo che contestuale, ma soprattutto è un costrutto ideologico.
    Si tratta di un’elaborazione valida o invalida a seconda di come gli individui pensanti percepiscono ciò a cui la si attribuisce.
    Nella moralità  non c’è nulla di universalmente valido o necessariamente comprensibile per tutti.

    Prima osservazione: la percezione della sofferenza dell’altro (sia questo lo schiavo piuttosto che il proletario o un criceto) dipende dal grado di emancipazione dai bisogni fisiologici dei soggetti percepienti.
    L’empatia pura è un processo mentale e sociale superiore. E’ il prodotto di un equilibrio e di un benessere individuale che si raggiunge solo dopo avere messo a tacere i bisogni primari e quelli di autorealizzazione dell’individuo.
    L’empatia reale è uno stato psicologico e non può essere calata nelle persone come un’ideologia o un precetto morale.
    Per puntare al suo sviluppo bisogna lavorare al miglioramento delle condizioni di vita e intellettuali della società . Bisogna cercare di garantire a tutti gli umani le stesse possibilità  di emancipazione personale.
    Distinguo tra percezione pura, o originatasi da un processo positivo di sviluppo psicologico dell’individuo, e percezione distorta, originata da una qualche forma di identificazione tra persona e animale finalizzata ad alimentare tendenze masochistiche umane.

    La moralità  viene poi identifica con l’azione di un gruppo che lotta per una maggioranza più copiosa dei gruppi per cui le ideologie precedenti hanno o avrebbero lottato.
    Mi viene in mente una definizione di comunismo data da Marx che diceva su per giù “il comunismo è il movimento della grande maggioranza nell’interesse dell’enorme maggioranza”.
    Ci vedo una filiazione. La maggioranza è usata come criterio giustificante la superiorità  di un pensiero che diventa bene comune.
    Dal punto di vista logico questa è una fallacia. Dal punto di vista sociale un concetto pericoloso. Hitler fu eletto cancelleria ottenendo la maggioranza dei voti. Il PDL ci governa avendo ottenuto la maggioranza dei consensi elettorali. Nelle scuole sono stati imposti 3 minuti di silenzio per i militari morti in Afghanistan perché costoro stavano lavorando per il bene comune.

    La visione storica di una lotta progressiva (e qui ci sarebbe da citare una definizione di materialismo storico data da Mao) di cui l’antispecismo sarebbe l’avanguardia assoluta (sciolta, svincolata) in ragione della sua valenza morale addizionale, quasi fosse un figlio più illustre, mi suona irrealistica, astratta e gerarchica.

    Il concetto di maggioranza inoltre è un concetto umano, alla pari di quello di bene. Gli animali non umani vengono inclusi nel progetto di salvezza elaborato da un gruppo di umani senza essere coscienti di ciò, senza partecipare a questa idea superiore. Sono una massa amorfa di vittime che necessitano di un salvatore alla pari delle masse umane o de gruppi sociali per cui dicevano di operare i fautori delle grandi crociate politiche del passato.

    Arrivando al dunque mi sorge il dubbio che l’antispecismo, come sopra definito e formulato, sia la summa con le ali e la puzza sotto il naso delle ideologie del passato o peggio che sia considerato da un gruppo il tassello mancante per raggiungere la perfezione della totalità.

    25 Settembre, 2009
    Rispondi
  17. Paolo XL ha scritto:

    Non so con chi ho il piacere di dialogare, ma paragonare gli animali non umani alle masse amorfe umane è veramente bizzaro, questo si frutto di un antropocentrismo radicato. Poi come possano gli animali non umani prendere coscienza del loro stato di vittime e prigionieri me lo si deve spiegare. Questa teoria spiccia, scollegata totalmente dalla realtà  mi fa solo ridere per non piangere.
    Io che sono attivista antispecista la puzza sotto il naso ce l’ho davvero, quella della merda nei canili e nei santuari.

    25 Settembre, 2009
    Rispondi
  18. Veganzetta ha scritto:

    “Mi ha colpito questa frase che pare voler dare all’antispecismo una connotazione diversa per importanza e peso morale. La moralità  è un metro di valutazione sia soggettivo che contestuale, ma soprattutto è un costrutto ideologico. Si tratta di un’elaborazione valida o invalida a seconda di come gli individui pensanti percepiscono ciò a cui la si attribuisce. Nella moralità  non c’è nulla di universalmente valido o necessariamente comprensibile per tutti.”

    Non è così. Non si tratta di superiorità  morale, ma solo di evoluzione di pensiero. La moralità  è chiaramente un metodo di valutazione del tutto soggettivo.
    Vorrei precisare che per quanto mi riguarda non ho avversioni aprioristiche contro le ideologie, e non credo sia corretto parlare di universalità  in quanto si profilerebbe una visione assolutistica del problema.

    “Prima osservazione: la percezione della sofferenza dell’altro (sia questo lo schiavo piuttosto che il proletario o un criceto) dipende dal grado di emancipazione dai bisogni fisiologici dei soggetti percepienti.”

    E noi – cittadini dei paesi maggiormente industrializzati siamo in questa esatta situazione.

    “L’empatia pura è un processo mentale e sociale superiore. E’ il prodotto di un equilibrio e di un benessere individuale che si raggiunge solo dopo avere messo a tacere i bisogni primari e quelli di autorealizzazione dell’individuo.”

    Direi che queste affermazioni sono troppo categoriche. Asserire che “l’empatia è un processo mentale e sociale superiore” non vuol dire nulla, perché anche il concetto di superiore e inferiore è del tutto soggettivo, quindi non c’è motivo di considerare l’empatia un processo mentale superiore. Inoltre non credo proprio che sia sempre vero che si diventi empatici solo dopo aver soddisfatto i propri bisogni primari: gli esempi di empatia sia umana che non umana in situazioni di estremo disagio, se non di disperazione sono moltissimi. Questo discorso pertanto lo lascerei perdere.

    “L’empatia reale è uno stato psicologico e non può essere calata nelle persone come un’ideologia o un precetto morale.”

    Certo è che se un bambino nasce e cresce in un ambiente in cui l’empatia – e non la violenza e la sopraffazione – è un elemento fondamentale, sarà  molto facile che sia più portato a considerare le istanze altrui immedesimandosi nell’altro, piuttosto che badare ai fatti propri. Quindi se non si può parlare di precetti morali o di ideologie, di sicuro si può considerare una società  empatica che favorisca lo sviluppo di questo stato psicologico.

    “Per puntare al suo sviluppo bisogna lavorare al miglioramento delle condizioni di vita e intellettuali della società . Bisogna cercare di garantire a tutti gli umani le stesse possibilità  di emancipazione personale.
    Distinguo tra percezione pura, o originatasi da un processo positivo di sviluppo psicologico dell’individuo, e percezione distorta, originata da una qualche forma di identificazione tra persona e animale finalizzata ad alimentare tendenze masochistiche umane.”

    Francamente questa distinzione mi pare senza senso. Non capisco chi possa decidere, e con quale diritto possa farlo, se un comportamento empatico sia positivo o frutto di volontà  masochiste. Sarebbe come dire che c’è chi decide cosa è buono e cosa non lo è. Pertanto si tornerebbe al discorso sulla moralità .

    “La moralità  viene poi identifica con l’azione di un gruppo che lotta per una maggioranza più copiosa dei gruppi per cui le ideologie precedenti hanno o avrebbero lottato.
    Mi viene in mente una definizione di comunismo data da Marx che diceva su per giù “il comunismo è il movimento della grande maggioranza nell’interesse dell’enorme maggioranza”.
    Ci vedo una filiazione. La maggioranza è usata come criterio giustificante la superiorità  di un pensiero che diventa bene comune.”

    Non c’è nessun intento giustificativo nell’antispecismo, non serve alcuna giustificazione. La questione è assolutamente logica e lineare. Tornando alla questione della superiorità  di un pensiero, personalmente non credo che l’antispecismo sia IL pensiero o sia superiore ad altri, credo solo che sia più complesso per forza di cose.

    “Dal punto di vista logico questa è una fallacia. Dal punto di vista sociale un concetto pericoloso. Hitler fu eletto cancelleria ottenendo la maggioranza dei voti. Il PDL ci governa avendo ottenuto la maggioranza dei consensi elettorali. Nelle scuole sono stati imposti 3 minuti di silenzio per i militari morti in Afghanistan perché costoro stavano lavorando per il bene comune.”

    Potrei farti altri esempi in cui una minoranza ha preso il potere senza il consenso degli altri e ha fatto le stesse cose. E quindi?

    “La visione storica di una lotta progressiva (e qui ci sarebbe da citare una definizione di materialismo storico data da Mao) di cui l’antispecismo sarebbe l’avanguardia assoluta (sciolta, svincolata) in ragione della sua valenza morale addizionale, quasi fosse un figlio più illustre, mi suona irrealistica, astratta e gerarchica.”

    Non mi pare che qualcuno abbia detto che l’antispecismo è un’avanguardia assoluta sciolta dal resto, anzi la lettera aperta parla di radici comuni: l’esatto opposto. Si vuole evidenziare però che di radici ne esistono moltissime e non una sola come molti anarchici asseriscono.

    “Il concetto di maggioranza inoltre è un concetto umano, alla pari di quello di bene. Gli animali non umani vengono inclusi nel progetto di salvezza elaborato da un gruppo di umani senza essere coscienti di ciò, senza partecipare a questa idea superiore. Sono una massa amorfa di vittime che necessitano di un salvatore alla pari delle masse umane o de gruppi sociali per cui dicevano di operare i fautori delle grandi crociate politiche del passato.”

    Questa è la frase chiarificatrice: fino a quando non si capirà  il reale valore di questa “massa amorfa” non si potrà  considerare l’antispecismo per quello che è. Siamo noi che abbiamo ridotto gli altri esseri a massa amorfa e dolorante, a schiavi senza alcuna spiegazione e ragione, a oggetti. Per quale motivo ora dovremmo ancora esigere da loro una posizione chiara e consapevole? Non lo abbiamo fatto fino ad ora, perché trovare ancora scuse? Siamo noi a dover riparare i danni mostruosi che abbiamo causato e che stiamo ancora causando. Non serve affatto chiedere alle nostre vittime se sono consapevoli del fatto che stiamo tentando di riparare. Paolo ha ragione: serve anche stare un po’ tra la merda degli Animali prigionieri e disperati, serve sentire la puzza e vedere la loro sofferenza per capire che non serve affatto spiegare loro perché vogliamo liberarli.

    “Arrivando al dunque mi sorge il dubbio che l’antispecismo, come sopra definito e formulato, sia la summa con le ali e la puzza sotto il naso delle ideologie del passato o peggio che sia considerato da un gruppo il tassello mancante per raggiungere la perfezione della totalità .”

    Non ci siamo proprio…

    28 Settembre, 2009
    Rispondi
  19. sgr ha scritto:

    —- Non è così. Non si tratta di superiorità  morale, ma solo di evoluzione di pensiero. La moralità  è chiaramente un metodo di valutazione del tutto soggettivo.

    Il processo di evoluzione del pensiero non è un processo di massa, la società  è composta da individui. I processi empatici spontanei non nascono per imposizione sociale e non sono dati culturalmente. Ogni individuo ha una propria storia psicologica che ne condiziona la percezione (di sé e degli altri), i comportamenti e l’inserimento nella società .
    Nascere in una famiglia pacifista vegan non garantisce a nessuna persona un’evoluzione psicologica e psico-sociale ottimale. Se alle caratteristiche della famiglia pacifista e vegan si aggiungono le caratteristiche negative di famiglia anaffettiva oppure di famiglia dove uno dei genitori esercita un ruolo seduttivo nei confronti dei figli (è solo un’esempio), capirai che l’evoluzione psichica dei figli potrebbe essere compromessa e questi potrebbero sviluppare comportamenti devianti rispetto al nucleo familiare e all’ipotetica società  pacifista-vegana.

    Visti concretamente gli individui sono delle realtà  decisamente complesse, quando discutiamo dei processi del pensiero umano non possiamo dimenticare che il soggetto umano, esattamente come gli altri soggetti animali, è composto da corpo e psiche, bisogni e stati fisiologici e bisogni e stati psichici. La mentalizzazione porta spesso a scordare che gli umani sono un sottosistema del sistema biologico della natura con tutte le relazioni e conseguenze del caso.

    E’ troppo semplicistico credere che basti un’idea

    —-Vorrei precisare che per quanto mi riguarda non ho avversioni aprioristiche contro le ideologie, e non credo sia corretto parlare di universalità  in quanto si profilerebbe una visione assolutistica del problema.

    Le ideologie sono approssimazioni universalizzanti. Si basano sul raggruppamento degli esseri viventi in gruppi e categorie distinti in per etichette pregiudiziali.
    Sono una forma socializzata di “verità  implicita”, servono a spiegare la realtà  non per ciò che è ma per come un gruppo sociale vorrebbe che fosse. Hanno uno scopo auto giustificatorio e tranquillizzante. Sono bugie che ci tengono tranquilli e ci fanno credere di essere sulla “giusta” via.

    —E noi – cittadini dei paesi maggiormente industrializzati siamo in questa esatta situazione.

    Potresti dire che i tuoi bisogni sono risolti o che ritieni lo siano. Quelli altrui chi lo sa … Tra bisogni indotti e forme di percezione distorta dell’auto-realizzazione (c’è chi pensa che la telecrazia generi benessere o che la sagra della porchetta generi condivisione e benessere sociale …) il discorso è lungo.

    —-Direi che queste affermazioni sono troppo categoriche. Asserire che “l’empatia è un processo mentale e sociale superiore” non vuol dire nulla, perché anche il concetto di superiore e inferiore è del tutto soggettivo, quindi non c’è motivo di considerare l’empatia un processo mentale superiore.

    Superiore in senso sequenziale e non morale o astratto. Oltre allo stomaco pieno (o per meglio dire all’energia necessaria per lo svolgimento dei processi cognitivi) per pensare bisogna avere anche del tempo “libero” e la mente sgombra da preoccupazioni. La paura distorce la percezione, si sa.

    —-Inoltre non credo proprio che sia sempre vero che si diventi empatici solo dopo aver soddisfatto i propri bisogni primari: gli esempi di empatia sia umana che non umana in situazioni di estremo disagio, se non di disperazione sono moltissimi. Questo discorso pertanto lo lascerei perdere.

    La società  non si evolve attraverso processi casuali e non ripetibili, ma sistematici.
    Forse la mia memoria risente dell’attuale momento storico-politico, forse è l’effetto framing esercitato dai media, ma non riesco a ricordare i “moltissimi” esempi di empatia o casi di empatia che hanno modificato il contesto sociale contemporaneo.

    —- Francamente questa distinzione mi pare senza senso. Non capisco chi possa decidere, e con quale diritto possa farlo, se un comportamento empatico sia positivo o frutto di volontà  masochiste. Sarebbe come dire che c’è chi decide cosa è buono e cosa non lo è. Pertanto si tornerebbe al discorso sulla moralità .

    Se riconosci anche tu che l’empatia è un processo psicologico, come mi pare tu faccia sopra, dovresti ammettere che anche la percezione dell’empatia può essere soggetta a bias o errori al pari di tutti i processi psicologici.
    Non c’è alcuna accezione qualitativa in quel giusto o sbagliato, c’è solo l’espressione di una diversità  o meglio di una corrispondenza e non corrispondenza rispetto ad un modello processuale.
    Il risultato di un processo errato, cioè la non corrispondenza, non garantisce benessere. Tutto qua.

    —-Non c’è nessun intento giustificativo nell’antispecismo, non serve alcuna giustificazione. La questione è assolutamente logica e lineare. Tornando alla questione della superiorità  di un pensiero, personalmente non credo che l’antispecismo sia IL pensiero o sia superiore ad altri, credo solo che sia più complesso per forza di cose.

    Se non serve giustificazione, non serve persuasione, non serve confronto, di che cosa stiamo discutendo e perché tenti di convincere il tal gruppo ad accorparsi al tuo?

    Un anti antispecista potrebbe sfruttare impropriamente la tua fallacia per asserire fallacemente che un pensiero configurato come il tuo sopra sia fede.
    Io non te lo dico perché ho fiducia nelle tue facoltà  mentali e penso che approfondendo troverai migliori argomentazioni. Anzi il disturbo che ti arreco con questi interventi in qualche modo potrebbe aiutarti in ciò.

    —- Potrei farti altri esempi in cui una minoranza ha preso il potere senza il consenso degli altri e ha fatto le stesse cose. E quindi?

    Stai rispondendo a te stesso, la maggioranza non è un argomento valido per giustificare nulla, la minoranza nemmeno. Maggioranza e minoranza sono concetti numerici riferiti ad insiemi o gruppi considerati separatamente, parzialmente non in modo organico.
    Ritorniamo alle verità  implicite, alla necessità  di raccontarcela senza sforzo non sfruttando dignitosamente le nostre facoltà  cognitive.

    —-Non mi pare che qualcuno abbia detto che l’antispecismo è un’avanguardia assoluta sciolta dal resto, anzi la lettera aperta parla di radici comuni: l’esatto opposto. Si vuole evidenziare però che di radici ne esistono moltissime e non una sola come molti anarchici asseriscono.

    Se posto in un continuum o orizzontalmente sul piano dell’evoluzione storica e sociale, l’antispecismo non dovrebbe avere priorità , ma porsi in una prospettiva organica, e non gerarchica o concorrenziale, rispetto alle altre lotte.

    I figli ereditano dai genitori delle caratteristiche, ma sono individui differenti e autonomi. La filiazione è un processo ramificato, non orizzontale, e non garantisce in sé alcuna “evoluzione”.

    Lo sviluppo in senso orizzontale rappresenta invece l’evoluzione di un processo e il suo apliamento alla complessità .

    Ci sono argomentazioni antispeciste che non sono collegate al continuum delle lotte per l’emancipazione umana?
    Questo lo chiedo umilmente e con reale interesse, fuor di polemica.

    Se si, penso si possa ammettere che anche per il concetto di antispecismo ci troviamo di fronte ad un’astrazione non ancora (e forse mai) percepita universalmente allo stesso modo. Si ritorna per analogia al discorso dei diversi comunismi, del comunismo che non è socialismo, del comunismo che non si è mai realizzato secondo il modello prospettato da Marx, del socialismo reale, delle Internazionali in cui anarchici e comunisti si sono scannati, ecc.

    Disquisizioni astratte, ideologia lasciata ai movimenti mentre i delinquenti che non fanno ideologia, ma agiscono in modo pragmatico, depredano le risorse economiche di tutti i viventi non umani e umani.
    Torniamo sulla terra ragazzi … mentre ci si fa pippe ideologiche questi hanno imbarbarito il mondo “civilizzato” con l’uso di strumenti psicologici. Hanno studiato il funzionamento dei meccanismi fisiologici e pschici umani per modificare percezione, atteggiamento e comportamento. Questi tentano di prevedere il pensiero e di coartarlo impercettibilmente verso il loro interesse, studiando il nostro sistema nervoso e sperimentando le reazioni umane in laboratorio o en plain air sulle masse, mentre qui stiamo a tentare di persuaderci, tra 2 gatti, sulla base di quali argomentazioni? I concetti dei concetti …

    —–Questa è la frase chiarificatrice: fino a quando non si capirà  il reale valore di questa “massa amorfa” non si potrà  considerare l’antispecismo per quello che è. Siamo noi che abbiamo ridotto gli altri esseri a massa amorfa e dolorante, a schiavi senza alcuna spiegazione e ragione, a oggetti.

    Premetto che per “massa amorfa” intendevo il concetto erroneo che un gruppo vivente può crearsi di un altro gruppo vivente (animale umano o animale non umano) e quindi un astrazione ideologica. Massa amorfa è tutto ciò che raggruppato in blocco diventa privo di soggettività  e di possibilità  di essere individuato.

    L’animale leone non posso inserirlo tra coloro che non generano dolore, se lo inserisco insieme alla gazzella eseguo una generalizzazione molto ampia che travalica la sua natura carnivora e lo porta ad essere per me uomo vegetariano, solo un animale.
    Così non lo individuo per ciò che è realmente, cioè un carnivoro, ma lo piego alle mie esigenze argomentative di animale umano vegetariano.

    Francamente il grido di dolore mi pare fuori luogo e la generalizzazione di tutti gli animali in creature mansuete presta il fianco a tante stronzate dette dai carnivori a proposito della visione fiabesca e irrealistica dei vegetariani.

    La natura è fatta anche di dolore, la vita e la morte si compenetrano, questa è la realtà .

    Discutiamo invece di eliminare o, pensando meno in grande, di ridurre il dolore non necessario che possiamo evitare di generare con beneficio di tutto il sistema naturale.
    Volenti o nolenti pure noi vegan facciamo del male, basta poco per mortificare una persona, una animale che vive con noi o per spiaccicare sul proprio para brezza una creatura alata …

    —–Per quale motivo ora dovremmo ancora esigere da loro una posizione chiara e consapevole? Non lo abbiamo fatto fino ad ora, perché trovare ancora scuse? Siamo noi a dover riparare i danni mostruosi che abbiamo causato e che stiamo ancora causando.

    “Noi” non esiste, la tua percezione non è uguale a quella di Berlusconi o di pinco pallino. Ciò che per te è danno per loro può essere guadagno.

    Che la storia sia solo un danno mostruoso mi suona in contrasto con i “moltissimi” esempi di empatia di cui parli sopra, ma è sicuramente in linea con la linea del dolore avverso alla vita …

    —– Non serve affatto chiedere alle nostre vittime se sono consapevoli del fatto che stiamo tentando di riparare. Paolo ha ragione: serve anche stare un po’ tra la merda degli Animali prigionieri e disperati, serve sentire la puzza e vedere la loro sofferenza per capire che non serve affatto spiegare loro perché vogliamo liberarli.

    Retorica, pregiudizio e cos’altro?
    Spero l’esempio del leone sia stato illumunante come l’odore della popo’ miracolosa delle vittime di questo mondo in cui per portare luce tocca martirizzarsi, in cui la sofferenza e la mancanza di desiderabilità  delle cose (vedi la merda) portano salvezza.

    Una prospettiva rivoluzionaria più gioiosa e umanamente auspicabile non sarebbe più adatta?

    —–Non ci siamo proprio…

    Infatti, puoi dirlo forte, una simile prospettiva ideologica permeata di sofferenza e volontà  di martirio, è sintomo di stress e depressione, tutt’altra cosa è l’energia data da benessere interiore.

    1 Ottobre, 2009
    Rispondi
  20. Veganzetta ha scritto:

    Si risponde brevemente perché purtroppo (anzi per fortuna) lo strumento dei commenti agli articoli pubblicati sta diventando insufficiente, quindi per permettere alle lettrici ed ai lettori una maggiore fruizione dei testi invitiamo come redazione chi intende rispondere per esteso alla lettera ad inviare un documento via email, sarà  nostra cura pubblicarlo e replicare in modo completo ed esauriente.


    Detto questo passo a chiarire alcuni punti:

    Il processo di evoluzione del pensiero non è un processo di massa, la società  è composta da individui. I processi empatici spontanei non nascono per imposizione sociale e non sono dati culturalmente. Ogni individuo ha una propria storia psicologica che ne condiziona la percezione (di sé e degli altri), i comportamenti e l’inserimento nella società .

    Non credo che questa sia una frase che si posa condividere, l’influenza della società  sull’individuo è enorme, basti pensare ai danni che arrecano i media alle menti dei bambini. Ciò non vuol dire affatto che l’antispecismo debba fare una cosa del genere.

    E’ troppo semplicistico credere che basti un’idea

    Allora sarebbe troppo semplicistico anche parlare di comunismo ed anarchismo ad esempio…

    Le ideologie sono approssimazioni universalizzanti. Si basano sul raggruppamento degli esseri viventi in gruppi e categorie distinti in per etichette pregiudiziali.
    Sono una forma socializzata di “verità  implicita”, servono a spiegare la realtà  non per ciò che è ma per come un gruppo sociale vorrebbe che fosse. Hanno uno scopo auto giustificatorio e tranquillizzante. Sono bugie che ci tengono tranquilli e ci fanno credere di essere sulla “giusta” via.

    Anche quello che hai appena espresso suona molto di ideologico. Non è che asserendo che tutto è una bugia si eviti di cascare nella “trappola” ideologica.

    La società  non si evolve attraverso processi casuali e non ripetibili, ma sistematici.
    Forse la mia memoria risente dell’attuale momento storico-politico, forse è l’effetto framing esercitato dai media, ma non riesco a ricordare i “moltissimi” esempi di empatia o casi di empatia che hanno modificato il contesto sociale contemporaneo.

    Non si parla di esempi empatici che modificano il contesto sociale, ma di esempi di empatia in situazioni di estremo disagio o di disperazione. Ti basti pensare a Bashevis Singer e Kupfer-Koberwitz che hanno subito le persecuzioni naziste e hanno sviluppato una forte empatia proprio in quelle situazioni nei riguardi degli Animali.

    Se non serve giustificazione, non serve persuasione, non serve confronto, di che cosa stiamo discutendo e perché tenti di convincere il tal gruppo ad accorparsi al tuo?

    Confrontarsi non significa per forza giustificarsi, è possibile avviare un confronto senza dover giustificare le proprie posizioni. Nessuno tenta di accorpare alcun gruppo, questo è il blog di un giornale.

    Un anti antispecista potrebbe sfruttare impropriamente la tua fallacia per asserire fallacemente che un pensiero configurato come il tuo sopra sia fede.
    Io non te lo dico perché ho fiducia nelle tue facoltà  mentali e penso che approfondendo troverai migliori argomentazioni. Anzi il disturbo che ti arreco con questi interventi in qualche modo potrebbe aiutarti in ciò.

    Nessun disturbo, siamo sempre contenti quando le nostre proposte suscitano reazioni ed interesse, forse si potrebbe riuscire a fornire qualche spunto di riflessione anche a te.

    Se posto in un continuum o orizzontalmente sul piano dell’evoluzione storica e sociale, l’antispecismo non dovrebbe avere priorità , ma porsi in una prospettiva organica, e non gerarchica o concorrenziale, rispetto alle altre lotte.

    L’antispecismo non è concorrenziale, sono altri che purtroppo intendono sfruttarlo per proprie visioni ed interessi di parte.

    Ci sono argomentazioni antispeciste che non sono collegate al continuum delle lotte per l’emancipazione umana?
    Questo lo chiedo umilmente e con reale interesse, fuor di polemica.

    L’empatia animale, nessuna lotta di emancipazione umana ha mai considerato tale questione, proprio perché si trattava di attività  per l’emancipazione umana.

    Premetto che per “massa amorfa” intendevo il concetto erroneo che un gruppo vivente può crearsi di un altro gruppo vivente (animale umano o animale non umano) e quindi un astrazione ideologica. Massa amorfa è tutto ciò che raggruppato in blocco diventa privo di soggettività  e di possibilità  di essere individuato.

    In quanto premessa andava fatta prima :=)

    Francamente il grido di dolore mi pare fuori luogo e la generalizzazione di tutti gli animali in creature mansuete presta il fianco a tante stronzate dette dai carnivori a proposito della visione fiabesca e irrealistica dei vegetariani.
    La natura è fatta anche di dolore, la vita e la morte si compenetrano, questa è la realtà .
    Discutiamo invece di eliminare o, pensando meno in grande, di ridurre il dolore non necessario che possiamo evitare di generare con beneficio di tutto il sistema naturale.
    Volenti o nolenti pure noi vegan facciamo del male, basta poco per mortificare una persona, una animale che vive con noi o per spiaccicare sul proprio para brezza una creatura alata …

    Assolutamente d’accordo

    “Noi” non esiste, la tua percezione non è uguale a quella di Berlusconi o di pinco pallino. Ciò che per te è danno per loro può essere guadagno.
    Che la storia sia solo un danno mostruoso mi suona in contrasto con i “moltissimi” esempi di empatia di cui parli sopra, ma è sicuramente in linea con la linea del dolore avverso alla vita …

    Scusami ma questo è qualunquismo, sulla questione dei “moltissimi” leggi quanto scritto in precedenza.

    Retorica, pregiudizio e cos’altro?
    Spero l’esempio del leone sia stato illumunante come l’odore della popo’ miracolosa delle vittime di questo mondo in cui per portare luce tocca martirizzarsi, in cui la sofferenza e la mancanza di desiderabilità  delle cose (vedi la merda) portano salvezza.
    Una prospettiva rivoluzionaria più gioiosa e umanamente auspicabile non sarebbe più adatta?

    Da quanto scrivi si deduce che probabilmente hai avuto poco a che fare con il dolore animale. La soluzione umanamente auspicabile è una favoletta che serve a calmare i timori di chi non vuole davvero guardare in faccia alla realtà  e cambiare.

    Infatti, puoi dirlo forte, una simile prospettiva ideologica permeata di sofferenza e volontà  di martirio, è sintomo di stress e depressione, tutt’altra cosa è l’energia data da benessere interiore.

    Questo – come già  detto – è il sito di un giornale vegano antispecista e non di un gruppo di yoga :=) non è nostra intenzione approfondire gli aspetti derivanti dal benessere interiore, perlomeno non ora.

    Grazie per l’interessante confronto.

    2 Ottobre, 2009
    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *