Si legge in circa: 5 minuti
Chiudere Morini
La campagna contro Green Hill ha rappresentato una vittoria storica e di fondamentale importanza nella lotta contro la vivisezione.
Ma prima di questa un’altra battaglia è stata combattuta e vinta: quella contro il lager per Animali Morini, situato in provincia di Reggio Emilia.
L’allevamento Stefano Morini per decenni (l’azienda era nata nel 1953) ha allevato e venduto Cani, Conigli e Roditori per laboratori di vivisezione di tutta Europa finché, nel 2002, un camion carico di Beagle inviato in Austria non viene bloccato alla frontiera e i Cani fatti tornare al lager di San Polo d’Enza, fino ad allora pressoché sconosciuto.
La notizia rimbalza sui giornali e l’allevamento Morini (nel frattempo finito in mano alla vedova del titolare, Giovanna Soprani) diventa un caso nazionale.
In poco tempo prende vita una campagna (Chiudere Morini) che andrà avanti senza esclusione di colpi per la liberazione degli Animali prigionieri nel lager.
Prendendo esempio dalla campagna SHAC (Stop Huntingdon Animal Cruelty, nata in Gran Bretagna alla fine degli anni ’90 contro i laboratori di vivisezione di Huntington Life Science), la campagna contro Morini affiancherà alle manifestazioni di piazza una strategia volta a creare il vuoto attorno all’allevamento, invitando clienti, fornitori e collaboratori a interrompere ogni rapporto con l’ azienda di Giovanna Soprani.
E molti cedono, sotto la pressante richiesta di centinaia di mail, fax e missive e grazie a numerose ed efficaci azioni di protesta svolte di fronte le sedi delle ditte fornitrici.
Nel novembre 2002, 99 Cani vengono liberati con un’azione firmata dal Fronte di Liberazione Animale (A.L.F.).
Un’azione da cui le grandi associazioni istituzionali prendono le distanze (addirittura ponendo una taglia in denaro per chi potesse dare informazioni utili al ritrovamento dei Cani) ma che di fatto regala la libertà a 99 prigionieri non umani destinati altrimenti ai laboratori di vivisezione.
Durante una delle manifestazioni, nel 2004, in seguito a una sassaiola e a petardi lanciati da un gruppo esterno al corteo (alcune fonti riferiscono di poliziotti infiltrati, altre di gruppi anarchici o di provocatori), la polizia già schierata massicciamente sin dall’inizio e in assetto anti-sommossa, decide di caricare i manifestanti lasciandoli senza possibilità di fuga e rivolgendo la propria violenza contro chiunque: ragazze, bambini, persone umane disabili. Il clima di tensione attorno al caso Morini diviene molto pesante1.
Poco tempo dopo la questura proibisce ogni possibilità di manifestare davanti all’allevamento, limitando considerevolmente la possibilità di agire sul territorio.
Poi nel 2009 la svolta: il lager, provato da anni di campagna e dalla crisi economica, dopo sette anni di lotte, manifestazioni e azioni dirette contro l’azienda di Giovanna Soprani, annuncia la chiusura.
I Cani vengono riscattati dal Comune di San Polo D’Enza che li cede all’associazione Vita da Cani, come pure i Roditori e gli altri Animali detenuti.
Gli ex prigionieri di Morini sono Animali traumatizzati, devastati da una vita in prigionia e molto spesso malati, con patologie dovute alle gravi carenze igienico-sanitarie, oltre a soffrire di pesanti problemi comportamentali. Per loro si apre una speranza di vivere finalmente una vita degna.
Lillo
Quella che segue è la storia di Lillo, ex prigioniero di Morini, e della sua vita dopo la liberazione.
Non sappiamo quanti anni avesse Lillo quando è stato liberato dal lager di Morini, né quanti ne avesse quando, dopo essere stato ospitato per un breve periodo da Vita da Cani, arrivò in una casa. Era sicuramente molto vecchio e di quello che un giorno doveva essere stato un Cane, erano rimaste solo le sembianze.
Lillo passò i primi giorni dopo il suo arrivo in casa contro l’angolo di una parete, fissando il vuoto e rimanendo impassibile anche davanti agli stimoli degli altri Cani che lo cercavano e volevano socializzare con lui. Benché potesse accedere al giardino ogni volta che lo desiderava, decise di calpestare il prato solo dopo diversi giorni, rimanendo inizialmente pietrificato per la paura e lo stupore per la sensazione dell’erba sotto le zampe, imbambolato dagli odori e dagli stimoli che l’aria aperta gli regalava e che per lui erano sensazioni mai provate. Dopo un lungo periodo in cui spesso sembrava quasi catatonico iniziò a interagire, seppur in maniera molto limitata, con gli altri Cani, passando comunque gran parte delle sue giornate immobile, fisso a guardare chissà che.
Il contatto umano era ciò che più di ogni altra cosa lo terrorizzava: avvicinarlo era pressoché impossibile, i primi tempi dopo il suo arrivo era sufficiente guardarlo negli occhi un po’ più a lungo di quel che potesse sopportare, perché se la facesse addosso dalla paura. Se si provava a forzarlo un po’ si pietrificava, senza reagire, gettandosi a terra come morto, sopraffatto da un terrore nei confronti degli Umani che lo accompagnerà per tutta la vita. Era sereno solo quando si trovava in compagnia di altri Cani, come quando era imprigionato da Morini, la sua famiglia era il piccolo branco con cui viveva, gli Umani per un lunghissimo periodo erano stati solo un pericolo da cui proteggersi.
Ogni cosa nuova, ogni evento fuori dal suo controllo erano motivo di ansia e di crisi che lo portavano a latrare e a lamentarsi come se non riuscisse a gestire un’emozione in più: bastava una ciotola spostata, una persona nuova in casa e lui si trovava a girare come una trottola e a “urlare” tutta la sua confusione.
Le prime uscite, per Lillo, furono drammatiche: farsi toccare per mettere la pettorina era terribile, il senso di oppressione che provava quando era al guinzaglio lo paralizzava al punto che si buttava a terra, inerme. Con il tempo, pazienza e la presenza di altri Cani iniziò ad apprezzare le passeggiate, fino a mostrare felicità quando era il momento di uscire per andare a fare il bagno al fiume.
Lentamente, molto lentamente, si rese conto che gli Umani con cui si era trovato a convivere non avevano cattive intenzioni. Alle volte te lo trovavi vicino che ti guardava, ti leccava una mano e se ne andava, prima che potessi anche solo pensare di ricambiare il suo gesto di affetto con una carezza.
Lillo visse in una casa per tre anni, prima di crollare. In questo tempo imparò a dormire in casa, a varcare la soglia di casa senza paura e ad avvicinarsi a noi quanto bastava per prendere un boccone dalle mani, ma sempre stando molto attento a che nessuno lo toccasse. Essere toccato da un Umano era rimasta per lui la paura più grande, il gesto che più di ogni altro lo riportava a essere il “cane da laboratorio” che era destinato a diventare se qualcuno non lo avesse portato via assieme ai suoi compagni.
Iniziò ad accettare qualche piccola carezza solo poche settimane prima di morire, quando oramai era sopraffatto dalla malattia, dalla vecchiaia e da una vita passata all’interno un allevamento dal quale, se i Cani di Morini non fossero stati salvati, sarebbe uscito solo per finire all’interno di uno stabulario.
Lillo ha mostrato a tutti coloro che lo hanno conosciuto che la sofferenza inizia molto prima di entrare in un laboratorio. Il dolore, la paura, cominciano quando qualcuno decide di privare della libertà un altro individuo, disponendo della sua esistenza in base al proprio interesse. Ci ha insegnato che dopo una vita devastata dalla prigionia e dall’angoscia le cicatrici possono rimarginarsi, ma non potranno mai scomparire del tutto.
Lillo è stato “solo” uno dei tanti Animali fatti nascere e imprigionati, destinati a diventare cavie nelle mani di persone umane senza scrupoli. Lui ha avuto la fortuna di uscire, seppur per poco tempo, dal lager in cui si trovava. Per tanti altri suoi compagni (Cani, Ratti, Topi, Conigli, Scimmie… l’elenco sarebbe interminabile) l’incubo continua ogni giorno, ogni momento.
Veronica Corsini per Veganzetta
Note:
1) Ciò anche a causa d’insanabili spaccature in seno alla campagna – la cui organizzazione finisce per perdere il controllo della situazione – e del movimento animalista stesso, ma questo è un argomento che merita ben altra trattazione, N.d.R.
Se hai letto fin qui vuol dire che questo testo potrebbe esserti piaciuto.
Dunque per favore divulgalo citando la fonte.
Se vuoi Aiuta Veganzetta a continuare con il suo lavoro. Grazie.
Avviso legale: questo testo non può essere utilizzato in alcun modo per istruire l’Intelligenza Artificiale.
Grazie per questo articolo. Ho seguito la campagna e ho adottato ex Morini molto problematici. Due di loro, anziani e malati, sono vissuti con noi per poco più di un anno. L’altro, un tripode terrorizzato, dopo 3 anni è ancora intoccabile. E gli estranei non possono neppure guardarlo, scappa e se la fa addosso.
Perchè Morini non era “solo” un allevamento lager, era un inferno
Grazie LoVegan per quello che hai fatto per le vittime dell’ex lager Morini
“Per tanti altri suoi compagni… l’incubo continua ogni giorno, ogni momento.”
Mi chiedo se, all’interno di quelle strutture non ci fossero stati cani, saremmo qui a parlare dei casi Morini e Green Hill.
Molto probabilmente se in quei lager vi fossero stati dei Topi, noi saremmo qui a parlarne, ma molte altre persone non se ne sarebbero assolutamente curate. Anche questo è specismo.
“Lillo è stato “solo” uno dei tanti Animali fatti nascere e imprigionati, destinati a diventare cavie nelle mani di persone senza scrupoli.”
In tutta la sua crudezza e realtà, e soprattutto senza un concreto significato, questo triste caso dimostra in che modo l’essere umano cattura, imprigiona e tortura irrimediabilmente tutti gli Animali.
La storia di Lillo, e di tanti altri, andrebbe divulgata, raccontata e commentata all’infinito come un macabro esempio da riportare alle generazioni umane future. La sofferenza e il dolore sono palpabili in ogni singola parola qui descritta…e questo dovrebbe smuovere anche le coscienze più rigide.
Hai ragione Roberto: la storia di Lillo andrebbe divulgata, raccontata e commentata all’infinito per rispetto a Lillo e come monito per il futuro.