La storia di Cara, il Maiale che viveva rinchiuso in uno zoo


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5 minuti

Cara mentre dorme serenaFrancesco Cortonesi ci racconta una emozionante e indimenticabile esperienza di liberazione di un Maiale di nome Cara. Buona lettura.


La prima volta che ho visto Cara è stato nel settembre del 2014.

Stavo lavorando a un reportage sugli zoo e il mio obiettivo in quei giorni era lo zoo di Cavriglia che giaceva da anni semi abbandonato, nonostante alcuni Animali fossero ancora lì dentro, accuditi da un paio di addetti del Comune. In passato ho già raccontato più volte, anche qui su Veganzetta, tutta la storia della chiusura di quello zoo, della creazione di un gruppo chiamato IostoconBruno, nato in collaborazione con la Leal – Lega Antivivisezionista e di come, nonostante non tutto sia andato come speravamo, alla fine si sia arrivati alla completa chiusura dello zoo e alla ricollocazione degli Animali in rifugi e santuari.

A oggi quella di Cavriglia resta l’unica chiusura di uno zoo italiano in seguito a pressioni animaliste.

Ma torniamo a Cara, che, quando la vidi per la prima volta, si chiamava Peppa. Così l’avevano infatti soprannominata allo zoo, con riferimento a Peppa Pig (sic!). Come tutte le storie di quegli Animali con cui ho avuto a che fare in questi anni, per me ha un valore inestimabile, ma va detto che la sua, fra tutte, è senza dubbio una delle mie preferite. Vuoi perché Cara è stata la prima a essere liberata da uno zoo per poi trascorrere una lunga (visto l’età di partenza, che era di circa 14 anni) e meravigliosa vita presso il Santuario di Ippoasi, vuoi perché Cara con la sua caparbia resistenza a 15 anni di prigionia, ha ispirato molte persone umane.

Quello che segue è il breve resoconto, mai raccontato, degli ultimi giorni che ci portarono alla sua liberazione.

Ricordo che dopo aver fatto le fotografie a tutti gli Animali reclusi e averle poi pubblicate su facebook, il Comune di Cavriglia accettò di aprire una trattativa. E fu così che quando finalmente arrivammo al tavolo, Cara aka Peppa fu la prima che ci fu concesso di liberare. Erano gli ultimi giorni di ottobre e il Comune decise di accordare il trasferimento per dicembre. Le scartoffie burocratiche infatti sembravano infinite e anche se avevamo già un Santuario della Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia pronto ad accoglierla, il viaggio sembrava quasi essere quello per la Luna.

D’altra parte, quando si tratta di liberare un Animale, le istituzioni improvvisamente diventano estremamente puntigliose.

Arrivammo ai primi di dicembre con ancora la data incerta. Ricordo che già in quel periodo, quasi ogni giorno, mi facevo gli 80 km di strada necessari per andare a controllare come stavano gli Animali. D’altra parte l’ipotesi che potessero essere in pericolo, soprattutto in seguito all’attenzione mediatica che, nel frattempo, aveva ricevuto l’intera vicenda, era tutt’altro che campata in aria. Con il calar del sole lo zoo restava una specie di castello di fantasmi sulla vetta di una collina e chiunque poteva avervi accesso in qualsiasi momento.

Verso la metà del mese il trasferimento di Cara parve finalmente sbloccarsi.

Ricordo che una mattina il Sindaco dette appuntamento a me e Christian (all’epoca responsabile di Ippoasi) proprio davanti alla gabbia dove viveva rinchiusa Cara. Quando ci disse che l’accordo era stato firmato, io e Christian ci abbracciamo. Ci chiese subito una data possibile, e noi dopo aver fatto un paio di telefonate ci accordammo per il 24 dicembre, primo giorno utile per avere un trasportatore che potesse fare il viaggio. Ci parve un segno del destino: il regalo di Natale per Cara, che dopo 15 anni di gabbia in solitudine poteva finalmente andare a vivere in un rifugio, libera e in compagnia dei suoi simili. 

Il 22 dicembre però, quando tutto era ormai pronto, arrivò il contrordine. Il Sindaco ci impose di rimandare il viaggio perché durante le vacanze di Natale le mamme della zona avrebbero portato sicuramente i propri figli allo zoo e Peppa era un’attrazione (un Maiale in gabbia!) che non poteva essere cancellata. Credo mi abbiano sentito imprecare dall’altra parte del mondo.

Il 23 dicembre venne comunicato un’allerta meteo. Una grande nevicata era prevista per il 24 sera, quando cioè Cara avrebbe dovuto essere già in salvo.

Sicuramente non era la prima volta che nevicava allo zoo, ma purtroppo nel frattempo, quello che doveva essere un ricovero per Cara (una casetta di legno fatta con quattro assi in croce) aveva perso praticamente ogni abitabilità a causa delle forti piogge che avevano caratterizzato tutto il mese di dicembre. L’ipotesi che Cara restasse sepolta dalla neve era tutt’altro che fantasiosa.
Ricordo che in meno di 24 ore riuscimmo a radunare alcune persone umane del posto che si offrirono, dopo aver avuto l’ennesimo benestare del Comune, di costruire una nuova casetta tempo record.

Il 24 mattina, sotto un cielo color argento, entrammo dentro la gabbia di Cara e cominciammo i lavori.

Alle 12, quando ancora non avevamo terminato il ricovero, iniziò a nevicare. A quel punto divenne una vera e propria corsa contro il tempo, talmente affannosa che oggi non so come facemmo a finire tutto e a tornare a casa in tempo. Ricordo solo che mentre scendevo dalla tortuosa strada della collina circondata dai dirupi e mentre nevicava sempre più forte, più di una volta rischiammo di uscire di strada. Ricordo che avemmo tutti molta paura, ma eravamo anche felici per essere riusciti nell’impresa e forse sul momento non ci facemmo troppo caso.

Poi finalmente arrivammo a valle.

Nevicò per due giorni di seguito.

Quando riuscimmo a tornare allo zoo, il 30 dicembre, trovammo Cara felicemente addormentata nella casetta che avevamo costruito. Resta quella, immortalata in una fotografia, una delle più grandi emozioni dell’intera storia della chiusura dello zoo di Cavriglia. Passata l’emozione però ci demmo da fare. Dovevamo trovare un’altra data utile per il viaggio.

La partenza fu organizzata per l’8 gennaio. E questa volta non ci furono, per fortuna, colpi di scena.

L’8 mattina (era freddissimo) quando il trasportatore arrivò eravamo tutti in fibrillazione. Sapevamo che Cara si sarebbe molto spaventata e inoltre sapevamo che farla salire nel camion sarebbe stato tutt’altro che facile. Non potevamo infatti farla uscire dalla porta della gabbia perché il mezzo non poteva arrivare fino a lì. Dovevamo quindi tagliare la rete della sua prigione, costruire un corridoio e condurla così verso la salvezza. Che detta in questi termini sembra abbastanza facile. Ma posso garantirvi che non fu una passeggiata. Alla fine comunque ci riuscimmo e a quel punto, carichi di gioia, ci dirigemmo verso Ippoasi.

Cara è vissuta per 8 anni libera, accudita e amata presso il Santuario.

Ha lasciato la nostra dimensione il 14 gennaio del 2023.

Questo breve resoconto è dedicato alla sua memoria. Perché nessun Animale dovrebbe essere dimenticato e perché ogni liberazione dovrebbe essere raccontata perché ci dà la forza di andare avanti. Ciao Cara, amica mia, È stato un onore per me aprire quella gabbia.

Francesco Cortonesi



Fonte delle fotografie della galleria fotografica: Francesco Cortonesi


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2 Commenti
  1. Paola Drog ha scritto:

    Veramente una bella storia, peraltro impresa tutt’altro che semplice, essere riusciti a ridare a Cara una nuova vita, la rinascita dopo anni di reclusione, e il fatto che Cara sia sopravvissuta ben 8 anni la riprova che lì avesse trovato finalmente il proprio posto, un luogo sicuro dove vivere amata e rispettata, complimenti Francesco, grazie.

    Paola

    21 Febbraio, 2023
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao Paola,

      Grazie per il commento, l’autore dell’articolo ne sarà informato.

      22 Febbraio, 2023
      Rispondi

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