La liberazione dei sentimenti


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Il mattino del 30 settembre 2015 trovai Blanche morta nella sua cuccia: pareva addormentata. Meno di dodici ore prima, sempre dalla stessa cuccia lei aveva assistito insieme a me alla morte di Mukko, il suo compagno canino di una vita; il suo corpo stanco e il suo cuore appesantito, forse non avevano retto all’idea che Mukko non ci fosse più, o forse aveva semplicemente deciso che era l’ora di andarsene insieme a lui. Questo non potrò mai saperlo.
Gli Animali hanno un rapporto con la vita e la morte più diretto, sincero e in definitiva profondo del nostro: non hanno paura di vivere come non hanno paura di morire. Quando è il momento lo sentono, lo annusano e si lasciano andare, decidono di chiudere gli occhi senza traccia del terrore che in queste situazioni attanaglia la maggior parte degli Umani. Così aveva fatto la mia Blanche lasciandomi un vuoto dentro incolmabile che persiste intatto e monolitico ancora oggi. È proprio di questo senso di mancanza, di questo vuoto che vorrei parlare cogliendo l’occasione della morte di un Animale che è stato una presenza fissa nella mia vita e nella mia famiglia per quattordici anni. Il vuoto dentro a cui faccio riferimento è quello che si genera quando si perde una persona cara, è un vuoto emotivo istintivo e subitaneo che deriva da un sentimento d’amore, di amicizia descritto in mille modi meravigliosi e struggenti dalla letteratura di ogni tempo, ma quasi sempre avente come causa scatenante la morte o l’assenza di un Umano.
Ma il vuoto che provo oggi è la diretta conseguenza della mancanza fisica di un Animale non umano, le cose pertanto, per via della visione discriminante ed esclusiva propinata dalla società umana specista, si complicano.
Ciò che sto cercando di descrivere in questo preciso momento viene solitamente definito “elaborazione del lutto”, in questo caso è un’elaborazione che travalica la barriera di specie e circonda la figura di una persona non umana per me molto importante. Mi rendo conto che ciò che provo non è mediato (per fortuna) da precetti culturali che mi impediscono di comprendere e sentire con sincerità il vuoto di cui parlavo in precedenza, ed è parte integrante e rilevante di un mondo che l’antispecismo nella sua elaborazione teorica spesso dimentica o pone in secondo piano (quasi si trattasse di un argomento di cui vergognarsi): quello dei sentimenti.

Emozioni e sentimenti sono espressioni complesse della nostra animalità, se i primi sono istintivi, immediati, fisici e insiti nei nostri geni, i secondi sono reazioni ai primi derivanti da associazioni mentali, esperienze personali e mediati dalla cultura e variano enormemente da soggetto a soggetto. Le emozioni che gli Animali ci provocano sono moltissime e scaturiscono dal nostro intimo e dalla nostra stessa natura animale: gioia, paura, entusiasmo, rabbia sono emozioni che fluiscono dentro di noi senza o quasi controllo, mentre i sentimenti sono più complessi e legati all’esperienza di vita e dal retroterra culturale. È proprio in questa ultima caratteristica che risiede un grande problema irrisolto: le nostre esperienze, la nostra storia, la cultura, le tradizioni derivanti dalla società umana in cui viviamo, influenzano pesantemente la nascita e la gestione dei sentimenti (frenando quelli positivi e favorendo quelli negativi) nei confronti degli Animali.

La felicità e l’amore sono due sentimenti, ma siamo abituati a considerare quelli derivanti da un rapporto con un Umano sostanzialmente diversi dagli stessi sentimenti che possiamo provare grazie a un Animale, questo solo perché per l’appunto parliamo di un soggetto non umano. Ancora oggi paragonare il dolore per la perdita di un Cane a quello derivante dalla perdita di un Umano è quasi blasfemo: la tristezza causata dalla morte di un Animale viene spesso accolta con ilarità o sufficienza, la frase “ti è morto il gatto?” come stupido motto di spirito rivolto a chi ha un’aria triste, viene utilizzata a dimostrazione che la morte di chi non è umano ha ben poco valore, tanto che ci si può scherzare su. Ma l’amore per un Animale e il dolore per la sua perdita sono sentimenti reali, intensi e vivi, castrarli perché culturalmente è disdicevole provarli è solo una vergognosa pratica specista che ci allontana dal nostro lato emozionale animale e ci distacca dagli altri. Se siamo in grado di provare tali sentimenti positivi, è necessario ammettere ciò che molte delle persone umane che leggeranno questo testo sanno già da tempo: non dovrebbero esistere sentimenti condizionati in base al destinatario degli stessi. Un sentimento dovrebbe poter nascere, crescere e vivere dentro di noi a prescindere dal soggetto che lo ha fatto scaturire. Se i sentimenti sono condizioni cognitivo-affettive di più lunga durata rispetto alle emozioni e derivanti dalla storia ed esperienza individuale, è fondamentale allora rielaborare la nostra visione dell’esistente in modo da permettergli di manifestarsi nella loro interezza: senza barriere concettuali, senza condizioni e liberi da convincimenti e posizioni razionali causa della catalogazione e gerarchizzazione dei viventi.

La morte di Blanche ha generato in me un sentimento persistente e duraturo, dovuto alla scomparsa di una persona non umana che indubbiamente amavo e per la quale provavo una profonda amicizia. La cultura specista in cui siamo immersi ci diseduca a questo genere di sentimenti e ci obbliga a condizionamenti innaturali, tali per cui arriviamo a reputare inconcepibile provare sentimenti così profondi per chi non è umano; ritengo invece che i sentimenti debbano essere parte fondamentale dell’idea antispecista, perché sono indissolubilmente legati a due elementi cardine per la costruzione di un nuovo rapporto Umano-Animale: l’empatia e la compassione. Paradossalmente in ambito antispecista molto si tratta proprio di empatia e compassione, ma ben poco dei sentimenti ad esse correlati: ma senza una corretta e libera gestione dei sentimenti, non potremo giungere a provare una reale empatia nei confronti degli Animali. Questo – tengo a specificare – nulla ha a che fare con l’antropomorfizzazione degli Animali e i rapporti patologici che da essa derivano a cui spesso assistiamo al giorno d’oggi, ma è semplicemente la constatazione che non dovrebbero esistere sentimenti ritenuti inopportuni perché rivolti all’esterno dell’esclusivo ambito umano.
La lotta per la liberazione animale dovrebbe essere condotta anche attraverso una lotta di liberazione dei nostri sentimenti positivi che dovremmo poter vivere appieno e senza remore o castrazioni, spogliandoli finalmente da sovrastrutture mentali e da condizionamenti speciste che ci impediscono di esprimerli senza vergogna alcuna.

Adriano Fragano


Nella foto: Blanche che riposa al sole


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11 Commenti
  1. cristina ha scritto:

    Bellissimo post che condivido appieno. La cultura ci condiziona fin da piccoli ostacolando le naturali emozioni che proviamo rispetto agli animali. Da adulti diventa più difficile liberarcene ma è doveroso farlo, per rendere loro giustizia e scoprire una nuova dimensione di noi stessi, e questo si può fare a partire dalla compassione ma andando oltre come giustamente analizzi.

    1 Ottobre, 2018
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao Cristina, grazie per il tuo commento.
      I condizionamenti che subiamo dal punto di vista dei sentimenti sono terribili. Sin da piccoli veniamo addestrati a reprimere i sentimenti e addirittura le emozioni, che vengono in generale considerate come sinonimo di instabilità e debolezza. I maschi vengono abituati a reprimere e sopprimere la loro componente sentimentale in modo da divenire dei “veri uomini”, alle femmine è riservata solo una gamma di sentimenti che permetta loro di assumere il ruolo che la società patriarcale ha deciso. Sopra tutto c’è la questione animale: da bambini amiamo gli Animali, siamo attratti da loro, li vediamo con occhi diversi rispetto gli adulti e spesso instauriamo rapporti di vera amicizia, tutto ciò viene spazzato via con l’educazione specista ed è quello che dobbiamo recuperare.

      1 Ottobre, 2018
      Rispondi
  2. Silvana ha scritto:

    Quando siamo venuti a casa vostra ho sentito molto il loro vuoto e sono convinta che anche gli altri Animali abbiano sofferto della loro assenza e forse continuano a cercarli. Baci Silvana

    1 Ottobre, 2018
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Cara Silvana è proprio così: anche gli altri hanno sofferto per la loro assenza e li ricordano ancora, questo è sicuro. Un abbraccio.

      1 Ottobre, 2018
      Rispondi
  3. Roberto Contestabile ha scritto:

    Il fatto stesso che molti dicano “è solo un animale” la dice lunga sull’attuale situazione.
    Gli Animali sono ben lontani da noi e dalle nostre più basiche priorità. Non ci curiamo di loro e, seppur tramite la domesticazione, non ne garantiamo una vita degna e proficua. La distanza che ci separa è enorme e non solo fisica. Esiste un gap emozionale molto profondo che separa le nostre vite (dalle loro). La colpa è da attribuire a tradizioni consolidate, cultura tramandata, e ad uno sviluppo commerciale drammaticamente conseguente. Non è solo una questione di preferenze: gli Umani agli Animali, soprattutto se quest’ultimi li consideriamo solo tali.
    Tutte le vittime che muoiono a migliaia di km di distanza non fanno parte delle nostre tragedie. Ma anche gli immigrati che annegano nei nostri mari non sono di primaria importanza.
    Quindi non solo una questione di singole persone bensì di diverse tipologie, ovvero una sorta di razzismo predeterminato che ci obbliga a scegliere chi salvare, e quindi preferire piuttosto che demonizzare. Alcuni meritano la nostra attenzione ed ogni tutela e salvaguardia, altri possono anche soffrire e morire senza disturbarci minimamente.
    La gravità di tali azioni è nella sola natura Umana e non ha precedenti nel mondo Animale. La drammaticità di questo comportamento è intrinseco e dettato da bramose logiche di sopravvivenza ben lontane da un’intelligenza concreta.
    Emozioni e sentimenti certamente sono i mezzi più altamente risolutivi per attuare significativi cambiamenti, ma spetta a noi decidere in quale direzione porli a beneficio o a dispetto. Tutto sta nell’imparare, apprendere, gestire la nostra sfera emotiva e con essa tutta una serie di caratteri empatici. Se avessimo una maggiore predisposizione verso gli altri (sconosciuti) può darsi che l’antispecismo attecchirebbe maggiormente. Per ora è solo parte di un insolito gruppo di sparuti, purtroppo.

    Dice bene Adriano quando menzioni i bambini e la loro predisposizione (empatica) verso gli Animali. I bambini amano gli Animali perchè rappresentano un mezzo per apprendere nuove emozioni e stimoli. Si divertono e giocano con loro, difficilmente arrecano loro un danno. Il classico esempio viene da un bimbo dentro una culla insieme ad un cucciolo ed una mela (la conclusione è ben scontata).

    1 Ottobre, 2018
    Rispondi
    • Ivana ha scritto:

      in realtà i bambini sanno essere molto crudeli con gli animali non dobbiamo dimenticarlo …

      12 Ottobre, 2018
      Rispondi
  4. Paola Re ha scritto:

    Ciò che hai scritto è molto commovente.
    Chi ha vissuto con un animale un rapporto profondo, capisce al volo le tue riflessioni e le condivide.

    2 Ottobre, 2018
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      E’ importante fare i conti con i propri sentimenti nei confronti degli Animali, solo così sarà possibile viverli pienamente.

      4 Ottobre, 2018
      Rispondi
  5. katia ha scritto:

    Per quanto mi riguarda nell’amore e nel dolore non ci sono regole, gli animali possiedono l’intelligenza emotiva che noi abbiamo perso….quello che noi cerchiamo di fare con la mente loro la fanno col cuore…..ciao Blanche pelosa umana! Katia

    3 Ottobre, 2018
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Soprattutto il loro è un agire privo delle barriere mentali che ci contraddistinguono.

      4 Ottobre, 2018
      Rispondi

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