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“Never doubt that a small group of thoughtful, committed people can change the world. Indeed, it is the only thing that ever has” (non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. In effetti, è la sola cosa che è sempre avvenuta).
Si è conclusa così, con una citazione della celebre antropologa americana Margaret Mead, la Lectio Magistralis – “Come vedo il futuro dei diritti animali” – tenuta dal Professor Tom Regan alla “Casa della Cultura” di Milano, ultima tappa del tour di presentazione della nuova edizione del suo libro “Gabbie Vuote – La sfida dei diritti animali”, giunto nel nostro Paese (primo al mondo) alla sua prima ristampa.
A margine della stessa, la Redazione ha avuto la possibilità di porre al celebre filosofo americano alcune domande. Quella che segue è la traduzione dell’intervista rilasciataci.
D) Mr. Regan, “Gabbie Vuote” si apre con una dedica: “ai temporeggiatori, ovunque si trovino”. Ora che siamo alla prima ristampa avrebbe voluto cambiarla o la ritiene sempre attuale?
R) Per una maggiore chiarezza espositiva, mi sia consentito – prima di rispondere – premettere che indicherò con il termine Animali gli animali non umani e con il termine Umani gli animali umani.
Tornando alla sua domanda: no, non voglio cambiare la dedica. Come spiego nel libro, alcuni Attivisti per i Diritti degli Animali (d’ora in poi ARA, N.d.R.) sembrano essere nati con un cuore compassionevole che li porta a voler fermare lo sfruttamento degli Animali. Questi ARA non hanno bisogno di nulla da me. Altri diventano ARA a seguito di un’esperienza che cambia loro la vita – forse guardando una fotografia o un video – e proprio a seguito di questa esperienza hanno un cambio di percezione. Non sono così vanitoso da pensare che ciò che io scrivo abbia il potere di rendere i miei lettori delle persone diverse. D’altra parte, i Temporeggiatori (così li definisco io) sono individui che si muovono lentamente, un passo alla volta, per esempio perché vengono a conoscenza di cosa succede agli Animali. E’ questo il tipo di persona che spero di poter aiutare, incoraggiandoli a svegliarsi e a diventare la voce di chi è senza voce.
D) Il messaggio principale del libro è semplice e chiaro: si devono aprire le gabbie non renderle più grandi. Lei certamente è a conoscenza della disputa tra Martin Balluch e Gary Francione. Cito questo, ovviamente, non per chiederle una sua opinione al riguardo, ma perché la stessa è paradigmatica (riformismo contro abolizionismo) delle divisioni che minano dal proprio interno, indebolendoli, i vari movimenti animalisti. L’obiettivo finale è (o dovrebbe essere) lo stesso, ma le strategie per conseguirlo sono diverse e, al momento, inconciliabili. Come giudica questa situazione?
R) In primo luogo, io penso che ogni ARA, qualunque sia la sua posizione al riguardo, non dovrebbe svalutare le sincere intenzioni di coloro con i quali è in disaccordo. Nessuno di noi è “migliore” o “più puro” rispetto agli altri. Inoltre, personalmente penso che nessuno di noi abbia sufficienti conoscenze per poter affermare con certezza di essere nel giusto mentre coloro che si trovano in disaccordo stanno sbagliando.
Ciò detto, ritengo vi sia un modo per giustificare un approccio riformista pur perseguendo finalità abolizioniste. Si tratta, in questo caso, di fare una distinzione tra conseguenze volute e conseguenze prevedibili. Quando lavoro a favore di una riforma (ad esempio, l’abolizione delle stalle di gestazione nell’industria suina) il mio intento è quello di ridurre la sofferenza e la privazione degli Animali coinvolti. Naturalmente, sono consapevole che, se anche la riforma venisse attuata, i Maiali continueranno a essere sfruttati. Ma questa non è la mia intenzione. Se noi valutassimo la liceità di ciò che facciamo distinguendo tra conseguenze volute e prevedibili penso che, da un punto di vista morale, un approccio riformista possa essere difeso. Ma – mi affretto ad aggiungere – le questioni qui sono complicate e richiederebbero una riflessione più approfondita.
D) La stretta connessione tra diritti animali e diritti umani (essendo gli stessi parte dell’universo dei diritti morali) che costituisce il fulcro del suo ragionamento sembra far emergere una correlazione tra liberazione animale e liberazione umana. E’ corretta questa mia interpretazione?
R) Assolutamente. Una condizione necessaria per la liberazione dell’Uomo e degli Animali è il rispetto dei loro diritti. Dimostrare questo rispetto significa che né gli Uomini né gli Animali potranno essere trattati come semplici mezzi rispetto ai fini degli altri – quelli che detengono il potere, naturalmente. Solo quando i diritti di entrambi saranno rispettati, Umani e Animali saranno, veramente e profondamente, liberati.
D) A livello accademico, alcuni suoi colleghi l’accusano di dare troppa importanza ai cosiddetti “esseri umani marginali” (bambini piccoli che non sono ancora membri della comunità morale, persone anziane e cerebrolese che non lo sono più, persone con ritardi congeniti che non lo saranno mai). Secondo Roger Scruton, ad esempio, “le difficoltà che incontriamo con gli umani marginali non gettano alcun dubbio sulla distinzione morale fra persone e animali, al contrario la confermano”. Come risponde a queste accuse?
R) Non sono sicuro di aver capito la rilevanza di ciò che Scruton scrive. E’ naturale vi siano delle differenze tra esseri umani marginali e Animali. Non conosco alcun ARA che negherebbe ciò. Tuttavia, la questione è che vi sono delle somiglianze e, in questo caso, sono queste ultime, e non le differenze, che contano.
D) Come giudica la critica che da ambienti molto diversi – che vanno dal movimento (o parte di esso) della decrescita francese alla Dottrina Sociale della Chiesa – viene mossa all’antispecismo di essere in contrapposizione con l’Umanesimo?
R) Se ho capito correttamente la domanda, la mia risposta inizia partendo dalla constatazione che, in alcune interpretazioni dell’Umanesimo, vi è una netta contrapposizione tra quella visione e l’antispecismo. Mi riferisco a quella lettura dell’Umanesimo secondo la quale gli interessi umani e solo quelli sono moralmente rilevanti. Una tale visione non è solo antispecista: è l’essenza stessa dello specismo. Per questo, nella misura in cui gli insegnamenti della Chiesa sono specisti – come spesso in realtà sono – una diminuzione della sua influenza potrebbe rivelarsi auspicabile.
D) Rileggendo una sua vecchia intervista rilasciata a Patrice Greanville della rivista The Animal’s Agenda alla domanda sull’importanza per il movimento animalista di raggiungere gli studenti dei College Lei rispondeva: “i prossimi 5 anni saranno essenziali per la crescita del movimento perché se non ci stabiliamo permanentemente nei college dovremo sederci e chiederci “dove stiamo andando con questo movimento?'”. Era il 1986. Di anni ne sono trascorsi 23. Le chiedo: dove è andato da allora il movimento e dove sta andando?
R) Abbiamo avuto vittorie e sconfitte, progressi e battute d’arresto, la stessa dinamica che caratterizza tutti i movimenti di giustizia sociale. Un esempio di progresso: a volte paragono il mondo accademico a un castello, facendo notare come – fino a non molto tempo fa – non solo nel castello, ma neppure nel fossato, vi fosse alcuna discussione sui diritti degli Animali. Oggi, tuttavia, non solo in filosofia ma in tutte le discipline umanistiche, in tutte le scienze sociali, addirittura in quasi tutte le facoltà di giurisprudenza degli Stati Uniti, i diritti degli Animali sono entrati nel castello. Naturalmente, tutto ciò non significa che quanto abbiamo fatto, come movimento, sia tutto ciò che avremmo dovuto fare. Voglio dire che abbiamo compiuto dei veri e significativi progressi nel campo dell’educazione e questo lascia solamente presagire dei buoni risultati per il lavoro che faremo. Penso però che il problema principale che dobbiamo affrontare non sia attirare nuovi ARA bensì non perdere quelli vecchi. Per poter raggiungere i nostri scopi, i diritti degli Animali devono attrarre un numero molto grande, possibilmente enorme, di attivisti impegnati. Come riuscirci, naturalmente, è un grosso problema, uno di quelli che ho affrontato in Gabbie Vuote. Mi lasci dire che non diventeremo mai una forza capace di produrre un significativo cambiamento sociale finché per ogni nuovo attivista che riusciremo ad attrarre ne perderemo uno dei vecchi.
D) Ultima domanda. Malgrado i tanti sforzi fatti dal movimento animalista, il numero degli animali uccisi e sfruttati nel mondo è in continuo aumento e questo avviene anche se il numero dei vegetariani continua a crescere. Lei vede nel prossimo futuro una qualche speranza per la questione animale o, in caso contrario, non ritiene che questo possa essere un segnale che il modo in cui attualmente il movimento animalista conduce le proprie battaglie non sia adeguato?
R) Penso che dovremmo accogliere ogni “verità” che sia utile per il benessere degli Animali. Quindi sì, gli argomenti che riguardano i vantaggi della nostra salute dovrebbero essere i benvenuti. E sì, gli argomenti che trattano gli enormi costi ambientali che l’industria zootecnica produce dovrebbero anch’essi essere ben accolti, e lo stesso vale per gli argomenti che mettono in risalto la connessione tra la violenza sugli Animali e quella sugli Umani, ecc.. Come ho detto, ogni “verità” che lavora a vantaggio degli Animali dovrebbe essere la benvenuta. Penso che sia questo l’obiettivo. Gli ARA devono cercare di abolire lo sfruttamento degli Animali. Ma ci sono diverse strade che conducono a quell’obbiettivo, non solo quella che afferma che “gli Animali hanno diritti”. Se gli Animali potessero parlare, penso che direbbero “per favore unite le vostre forze, non disperdetele”.
Intervista di Sara Reginato e Luca Carli per Veganzetta
Traduzione di Luca Carli
Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Estate 2010 / n° 1 del 30 maggio 2010, p. 1
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