In attesa di un serio commento critico al dossier “Antispecisti di destra?”


Si legge in circa:
6 minuti

Da più parti ci è stato riferito che sul sito web antispecismo.net era stato pubblicato un commento critico al dossier della Veganzetta “Antispecisti di destra?”.
In quanto coautore del dossier fornisco la mia risposta al commento  che è possibile leggere a questo indirizzo.

Prima di entrare nel merito vorrei fare alcune considerazioni sul metodo adottato.
Il dossier “Antispecisti di destra?” è stato scritto da persone umane che hanno esposto le loro idee e se ne sono assunte la responsabilità firmandosi con nome e cognome, è eccessivo chiedere a chi replica con un commento critico di firmarsi in modo da rendersi riconoscibili? Che serietà può avere un commento firmato da Cip &  Ciop (o da Cippa & Cioppa)? Per avviare un confronto costruttivo non ritengo opportuno celarsi dietro pseudonimi di comodo, la critica a volto scoperto, la verità anche urlata in faccia è la migliore medicina contro molti comportamenti ipocriti e falsi che tanto vanno di moda nella rete specchio della nostra società.
A ben pensarci se ci fossimo firmati come Gianni e Pinotto forse saremmo stati letti con maggior benevolenza dai due Scoiattoli.
Come seconda considerazione sul metodo con cui è stato reso pubblico tale testo di commento, desidero sottolineare che ritengo singolare il fatto che per criticare uno scritto prodotto da redattori di un giornale cartaceo che ha anche un suo sito web pubblico, si debba ricorrere ad uno spazio su un altro sito web. Ciò causa molto dispiacere perché la Veganzetta ha lasciato sempre lo spazio necessario e sufficiente per ogni considerazione.Per tale motivo la presente risposta non comparirà sul sito antispecismo.net, ma sul sito della Veganzetta.

Passando alle questioni di merito, tengo particolarmente a replicare a un passaggio dello scritto di Cip & Ciop in cui si descrive il “risultato sconcertante” a cui giungiamo, ossia che l’antispecismo incompatibile con la dottrina della destra sia solo quello derivante da una ipotetica variante da noi espressa, e non con l’antispecismo “di prima maniera” derivante dal pensiero di Singer e Regan. Il tutto riportando un frammento del testo del dossier che, estrapolato dal contesto generale del discorso, ben poco può dire. Ciò che è stato scritto nel dossier è esattamente quanto si può leggere di seguito:

“In realtà, se l’antispecismo si limitasse a denunciare la discriminazione arbitraria che subiscono gli Animali a causa della loro appartenenza a una specie diversa da quella umana, ossia una discriminazione basata unicamente su motivi biologici, ciò non basterebbe, ad esempio, a escludere la possibilità di un antispecismo di destra. Si potrebbe essere antispeciste/i di destra (ossia razziste/i e sessiste/i) senza cadere in contraddizione con la definizione sopra riportata.

Ciò che manca, infatti, è ancora un passaggio, passaggio costituito dall’analisi della seconda parte della corrispondenza biunivoca sopra citata tra valori e società. In altre parole: lo specismo non è solo un’idea, qualcosa di teorico, ma è anche una prassi. Per comprendere come questa prassi sia nata e si sia evoluta è pertanto necessario compiere una ricerca storica. Questa ricerca, a sua volta, consente di capire quali sono le reali condizioni in cui questa discriminazione si è sviluppata, ossia consente di capire come realmente la forma assunta dalla nostra struttura sociale ha influenzato il pensiero specista e, nel contempo, ci permette di rispondere alla domanda se il concetto stesso di specismo sia sempre stato qualcosa di immutabile nel tempo o abbia assunto, nel corso della storia, un significato diverso.

Le feconde e fondamentali intuizioni di Singer e Regan necessitano quindi di dover passare dal mondo delle idee, dalle stanze della filosofia, a quello reale, e fare questo ci consente di capire quali sono tutte quelle barriere (sociali, economiche, culturali, religiose, ecc.) il cui abbattimento costituisce la conditio sine qua non affinché tale trasposizione possa avvenire.

Alcune/i ritengono che tale passaggio sia qualcosa di indebito, di strumentale, effettuato con lo scopo di portare nella discussione antispecista concetti legati alle proprie ideologie politiche e che, così facendo, si finisce per mettere in secondo piano l’importanza della questione animale. L’accusa mossa è quella di utilizzare la lotta antispecista per “fini politici” riconducibili a ideologie da essa distanti.

È doveroso ammettere, in effetti, che questo pericolo esiste, ma non per questo tale analisi deve essere elusa, pena l’incapacità di comprendere appieno il fenomeno di cui stiamo parlando: non è pertanto qualcosa di indebito, bensì di necessario. E che non sia una forzatura lo si può vedere, ad esempio, facendo un confronto con il razzismo e osservando come tale concetto si sia modificato nel tempo.

La questione, è palese, è ben diversa da ciò che asseriscono Cip & Ciop. Il pensiero esposto non è che una constatazione a posteriori sulle possibili evoluzioni del pensiero utilitarista di Singer e giusnaturalista di Regan, il tutto calato nel contesto socio-culturale contemporaneo. Questo nel tentativo (del tutto parziale e limitato, e senza alcuna pretesa) di evidenziare la necessità di una rielaborazione in chiave politica, storica e sociologica contemporanea dell’antispecismo. Necessità che nasce dal fatto che né Singer, né Regan hanno affrontato tali questioni direttamente1. E ciò non significa che noi abbiamo in tasca la soluzione proponendo una nuova via dell’antispecismo, ma solo che dopo 37 anni dalla pubblicazione di Liberazione animale di Singer, il pensiero antispecista ha continuato il suo cammino teorico. Evidenziare che “Le feconde e fondamentali intuizioni di Singer e Regan necessitano quindi di dover passare dal mondo delle idee, dalle stanze della filosofia, a quello reale, e fare questo ci consente di capire quali sono tutte quelle barriere (sociali, economiche, culturali, religiose, ecc.) il cui abbattimento costituisce la conditio sine qua non affinché tale trasposizione possa avvenire.” non è né un peccato, né una sconfessione di quanto i due filosofi hanno prodotto con il loro lavoro. E’ anzi il riconoscimento del fatto che pur non rispondendo più a tutte le contemporanee esigenze del pensiero antispecista, sono e rimangono due pilastri dello stesso. In buona sostanza, senza alcuna velleità di creare nuove teorie antispeciste, si è tentata un’analisi per chiarire – a nostro avviso – l’impossibilità di un pensiero antispecista accostabile a quello della destra, perché semplicemente è questo che ci sta a cuore e che ci preoccupa.

Tutto il resto evidenziato da Cip & Ciop è solo un puro esercizio di stile e privo di motivazioni plausibili: ciò che ci si aspettava come risposta al dossier era l’avvio di un dibattito sulla tematica affrontata, proposte, idee, anche critiche se costruttive, il tutto solo ed esclusivamente a beneficio della causa antispecista. Ci si ritrova invece di fronte a una lunga e faziosa requisitoria di due persone (da buon antispecista reputo tali Cip & Ciop anche se sono dei Roditori) che non si capisce per quale astruso motivo si sono risentite a causa del nostro lavoro. Da quanto scrivono si evince solo una sconclusionata sequela di citazioni ed una spiccata acredine verso gli autori del dossier e verso Marco Maurizi (che non c’entra con quanto abbiamo scritto). Per tale motivo non ritengo né interessante, né utile rispondere punto per punto a quanto scritto dal duo disneyano.

Concludo puntualizzando che è davvero difficile ricevere critiche sulla questione femminile2 da chi nel testo antepone al cognome delle persone umane citate l’articolo determinativo (pittoresco IL Marx, mancava all’appello solo IL Leone Tolstoi…), come pure dopo tanto furore antispecista ci si sarebbe aspettati una chiusura meno specista senza l’utilizzo di Mosche cocchiere che credono di guidare una povera Mula che traina un carro… La strada da fare, è evidente, è ancora molta.

Adriano Fragano


Note:

1) Peter Singer, Una sinistra darwiniana. Politica, evoluzione e cooperazione, Edizioni di Comunità, 2000
A dire il vero Peter Singer scrisse un libello – sul quale non mi esprimo in questa sede – dal titolo Una sinistra darwiniana, in cui auspicava la nascita dalle macerie del crollo del muro di Berlino di una nuova sinistra da lui definita “darwiniana”.
In tale pubblicazione si può leggere:

La sinistra ha bisogno di un nuovo paradigma. Il crollo del comunismo e l’abbandono, da parte dei partiti socialdemocratici, del tradizionale obiettivo socialista della nazionalizzazione dei mezzi di produzione, hanno lasciato la sinistra priva degli obiettivi che hanno avuto un’importanza centrale nei due secoli in cui essa si è formata e sviluppata, fino a raggiungere una posizione di notevole potere politico e di grande influenza intellettuale. […] Ciò che vorrei prendere in considerazione, in questa sede, non è tanto la sinistra come forza politica organizzata, ma come grande corrente di pensiero, come insieme di idee che si propongono di raggiungere in qualche modo una società migliore. La sinistra in questo senso ha urgente bisogno di nuove idee e di nuovi approcci alla realtà. A mio avviso, nuove idee in grado di rivitalizzare la sinistra potrebbero derivare da un diverso approccio allo studio dei comportamenti sociali, politici ed economici umani, che si fondasse saldamente su una concezione moderna della natura umana. È tempo che la sinistra consideri seriamente il fatto che noi siamo animali evoluti, e che rechiamo le prove della nostra eredità non solo nella nostra anatomia e nel DNA, ma anche nel nostro comportamento. In altre parole, è tempo di promuovere la nascita di una sinistra darwiniana.
Peter Singer

2) faccio riferimento alla nota [5] di Cip & Ciop che recita:

Notevole il modo in cui, nel pensiero che i nostri autori vorrebbero radicale e rivoluzionario, l’oppressione delle donne, che ospita tutte le gamme dello sfruttamento capitalista, della schiavitù (domestica e sessuale) e della violenza (mutilazioni, uccisioni), venga ridotta ad una mera questione di… “denigrazione”


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2 Commenti
  1. Masque ha scritto:

    Bella risposta.
    Ancora un volta mi trovo quasi completamente d’accordo su questo punto. Solo due cose.
    I termini sinistra e destra tendono a creare ambiguità, dato che con essi si può intendere sia degli insiemi di ideologie (che comunque, cambiano a seconda della cultura in cui sono), sia come degli schieramenti politici. Con “politica” intesa come arte di governare. In questo secondo caso, anche antispecismo e sinistra, potrebbero non essere del tutto coerenti. Essendo che anche la sinistra politica fa parte di un sistema, il governo statale, che non potrebbe funzionare senza gerarchia e dominio. Si tratta sempre di ideologie del dominio: nel caso dello specismo, mi sento giustificato a dominare per via dell’appartenenza alla mia specie, nel caso del governo, mi sento giustificato a dominare perché delegato a ricoprire questo ruolo.

    La seconda: non sono affatto d’accordo sul discorso iniziale riguardo alla riconoscibilità e l’uso di pseudonimi. Penso che il modo in cui una persona si fa riconoscere (o non riconoscere, se preferisce rimanere anonimo), non dovrebbe influire in alcun modo il giudizio di terzi riguardo a ciò che essa scrive o dice. Purtroppo, questo non accade e si tende a dare maggior valore a ciò che viene scritto o detto da nomi che si considerano autorità, e meno valore a quello che proviene da degli anonimi qualunque.

    firmato: “Lei non sai si sono io!” Masque ;)

    22 Aprile, 2012
    Rispondi
  2. Veganzetta ha scritto:

    Ciao Masque,

    Grazie per il tuo commento.

    Molto brevemente per chiarezza:

    1) Più volte sulla Veganzetta si è scritto di orientamenti politici, ma mai si è detto che ciò corrisponde alla realtà partitica che teoricamente dovrebbe rappresentarli (?). Infatti tengo a sottolineare che non c’è alcuna differenza dal punto di vista antispecista tra partiti politici di destra, di centro o di sinistra. Si sta parlando meramente dal punto di vista ideale e ideologico. L’antispecismo chiaramente è politico ma assolutamente apartitico che i motivi che anche tu hai evidenziato.

    2) Pseudonimi. Nel tuo caso seppur utilizzando uno pseudonimo fornisci l’indirizzo web del tuo sito e chi vuole può farsi un’idea di chi tu sia e di cosa pensi. Nel caso del dinamico duo disneyano si tratta di uno pseudonimo di copertura per celare del tutto l’identità di chi scrive, e questo non è corretto.

    Saluti

    Firmato Veganzetta: pseudonimo/segreto di Pulcinella

    22 Aprile, 2012
    Rispondi

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